R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

N.375/2004

Reg. Dec.

N. 5555 Reg. Ric.

Anno 1997

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello iscritto al NRG. 5555 dell'anno 1997 proposto dal MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 

c o n t r o

XXXXXXXXX, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Liguria, sezione I, n. 111 del 15 aprile 1996;

     Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Relatore alla pubblica udienza del 3 giugno 2003 il consigliere Carlo Saltelli;

     Udito l’avvocato dello Stato Bachetti;

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

Con ricorso notificato il 17 febbraio 1989, il sig. XXXXXXXXXX agente di custodia in servizio presso la Casa Circondariale di Genova, dopo aver premesso che la congerie di norme disciplinanti il rapporto di impiego gli aveva impedito di rendersi conto dell’esatto ammontare della retribuzione spettantegli, e lamentandosi del fatto che l’Amministrazione di grazia e giustizia gli aveva, perciò, negato il giusto inquadramento retributivo – funzionale, omettendo di corrispondergli i dovuti miglioramenti economici, il giusto compenso per le c.d. festività soppresse e quello relativo alle prestazioni di lavoro straordinario feriale e festivo reso (tant’è che solo con nota del 18 dicembre 1987 gli era stato comunicato l’adozione in suo favore del provvedimento di corretto inquadramento retributivo - funzionale, in applicazione delle leggi n. 312 del 1980, n. 121 del 1981, n. 34 del 1984 e del decreto legge n. 283 del 1981), chiedeva al Tribunale amministrativo regionale della Liguria l’accertamento del proprio diritto :

  1. all’esatta applicazione dell’articolo 140 della legge 11 luglio 1980, n. 312, con conseguente corretto inquadramento nel livello retributivo in rapporto all’anzianità di servizio ed al grado rivestito, dal 1° luglio 1978 o dalla data di assunzione in servizio;
  2. alla corresponsione dei miglioramenti economici previsti dal decreto – legge 6 giugno 1981, n. 283, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 1981, n. 432, con decorrenza dal 1° febbraio 1981 o dalla data di assunzione in servizio;
  3. alla rideterminazione del nuovo stipendio, sulla base del livello retributivo e classi in godimento dal 1° gennaio 1983, in applicazione della legge 20 marzo 1984, n. 34; del nuovo trattamento economico previsto dall’accordo 13 febbraio 1987, recepito con D.P.R. 10 aprile 1987, n. 150, nonché alla corresponsione dei benefici e degli incrementi retributivi previsti dal D.L. 21 settembre 1987, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472 ;
  4. alla esatta liquidazione dei compensi per lavoro straordinario, festivo e notturno, prestato, nonché di quelli inerenti alla mancata fruizione delle festività pregresse (con la maggiorazione spettante per il lavoro svolto nelle festività infrasettimanali non godute) e di quelli relativi alle ore di permanenza sul luogo di lavoro alla fine dell'ordinario turno di servizio.

  A sostegno della propria domanda il ricorrente deduceva:

  1. « Violazione e mancata applicazione del D.P.R. 25 giugno 1983, n. 344; D.P.R. n. 69 del 27 marzo 1984; legge n. 34 del 20 marzo 1984; art. 43 legge n. 121 del 1° aprile 1981; D.P.R. n. 422 del 22 luglio 1977 », in quanto – a suo avviso – l’Amministrazione aveva erroneamente quantificato il compenso orario spettantegli a titolo di lavoro straordinario (festivo e notturno prestato, ivi compreso quello relativo alle giornate di riposo), applicando il principio di omogeneizzazione del trattamento economico con le altre forze di polizia solo dal 1° gennaio 1987;
  2. « Violazione ed errata applicazione della legge n. 607 del 4 agosto 1971; della legge n. 284 del 27 maggio 1977 e dell’art. 145 della legge n. 312 dell’11 luglio 1980 », atteso che il compenso per le ferie e i riposi settimanali non fruiti (e non recuperati con altrettanti riposi compensativi), liquidato dall’amministrazione in misura forfettaria, andava determinato invece sulla base della effettiva retribuzione in godimento;
  3. « Violazione e falsa applicazione della legge n. 937 del 23 dicembre 1977; legge n. 135 del 28 aprile 1975; legge n. 715 del 17 novembre 1978; D.P.R. n. 310 del 9 giugno 1981; legge n. 668 del 10 ottobre 1986 e D.P.R. n. 150 del 10 aprile 1987 », evidenziando che a titolo di compenso per le c.d. festività soppresse era stato liquidato soltanto il compenso forfettario di £. 8.500 giornaliere, senza considerare la spettanza anche dell'indennità giornaliera d’istituto, rapportata alla presenza in servizio con le relative maggiorazioni;
  4. « Violazione e falsa applicazione dell’art. 64 della legge n. 121 del 1° aprile 1981; D.P.R. n. 782 del 28 ottobre 1985; della legge n. 768 del 10 ottobre 1986», rilevando che l’istituto della disponibilità non poteva costituire uno strumento per la ordinaria organizzazione del servizio in contrasto con i fondamentali principi dell’integrità psico – fisica del lavoratore, con la conseguenza della necessaria liquidazione del compenso per lavoro straordinario per le ore prestate a titolo di disponibilità.

   L’intimata Amministrazione di grazia e giustizia si costitutiva in giudizio, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avversa domanda e depositando la documentazione relativa all’inquadramento del ricorrente nel livello retributivo – funzionale spettantegli in applicazione delle leggi 11 luglio 1980, n. 312, e 20 marzo 1984, n. 34, nonché del decreto legge 6 giugno 1981, n. 283, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 1981, n. 432, precisando, peraltro, che in favore dello stesso ricorrente era stata altresì disposta la ricostruzione della carriera, ai sensi del decreto – legge 7 gennaio 1992, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 6 marzo 1992, n. 216.

  L’adito Tribunale (sez. I), con la sentenza n. 110 del 15 aprile 1996:

  a) dichiarava cessata la materia del contendere in ordine alle richieste concernenti l’esatto inquadramento nel livello retributivo – funzionale, la corresponsione dei benefici economici di cui al decreto – legge 6 giugno 1981, n. 283, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 1981, n. 432, e la rideterminazione del nuovo stipendio, ai sensi della legge 20 marzo 1984, n. 34, del D.P.R. 10 aprile 1987, n. 150 e del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472, quanto alla sorte capitale, condannando l’Amministrazione intimata al pagamento di interessi legali e rivalutazione monetaria, calcolata secondo gli indici ISTAT, sulle somme riconosciute per effetto del decreto – legge 7 gennaio 1992, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 6 marzo 1992, n. 216;

b) respingeva la domanda relativa alla esatta liquidazione del compenso per lavoro straordinario, essendone stato correttamente determinato l’ammontare orario da parte dell’amministrazione;

c) dichiarava cessata la materia del contendere circa la pretesa spettanza del compenso per le c.d. festività soppresse, già effettivamente ed integralmente corrisposto;

d) dichiarava, infine, inammissibile la domanda relativa al preteso compenso per la c.d. disponibilità, stante la assoluta genericità del petitum e della causa petendi.

      Avverso tale statuizione ha proposto appello il Ministero di grazia e giustizia, con atto notificato il 21 maggio 1997, chiedendone la riforma relativamente al capo che aveva riconosciuto al ricorrente il diritto ad ottenere la liquidazione degli interessi legali e della rivalutazione monetaria sul trattamento economico determinato ai sensi del decreto legge 5 gennaio 1992, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 6 marzo 1992, n. 216.

     Attraverso un solo motivo di gravame, rubricato « Violazione di legge per erronea e falsa applicazione artt. 2, comma 2 e 3, del D.L. 5/92, conv. nella legge 216/92 in combinato disposto con gli artt. 429 c.p.c. e 1282 c.c. », l’Amministrazione appellante ha sostenuto che, essendo stato disposto il pagamento di quanto spettante all’interessato secondo le scadenza temporali previste dal decreto legge 5 gennaio 1992, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 6 marzo 1992, n. 216, nulla era dovuto all’interessato a titolo di interessi legali e rivalutazione monetaria, non essendosi verificato alcun ritardo nel pagamento.

     L’appellato non si è costituito in giudizio.           

D I R I T T O

     I. La questione controversa portata all’esame della Sezione consiste nello stabilire se, sulle somme tardivamente corrisposte al ricorrente per effetto della ricostruzione di carriera conseguente all’applicazione in suo favore delle disposizioni contenute nel decreto legge 7 gennaio 1992, n. 5, convertito con modificazione dalla legge 6 marzo 1992, n. 216, siano dovuti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria.

     Il Ministero di Grazia e Giustizia ha, infatti, chiesto la riforma della sentenza n. 110 del 15 aprile 1996 del Tribunale amministrativo regionale della Liguria (sez. I), che ha riconosciuto la spettanza di tali emolumenti accessori a decorrere dalla data di competenza del trattamento economico fissato nel provvedimento di ricostruzione di carriera: ad avviso dell’Amministrazione appellante mancherebbe del tutto il presupposto per il riconoscimento di tali somme, atteso che la sorte capitale spettante all’interessato non sarebbe stata liquidata con ritardo, ma secondo le puntuali scadenze fissate dalle disposizioni legislative sulla base delle quali si era provveduto alla ricostruzione di carriera in favore dell’interessato.

     Questi, malgrado la tempestiva e rituale notifica del gravame, non si è costituito in giudizio.

     II. In via preliminare, stante la mancata costituzione in giudizio dell’appellato, la Sezione ritiene opportuno rilevare che l’atto di appello risulta tempestivamente e ritualmente notificato (oltre che correttamente depositato), nei termini di decadenza, alla parte presso il suo difensore di primo grado nel domicilio per il giudizio di primo grado.

     III. Passando all’esame del merito del gravame, la Sezione rileva quanto segue.

     III. 1. Con il decreto legge 7 gennaio 1992, n. 5, è stata autorizzata la spesa necessaria alla perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri in relazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 277 del 3 – 12 giugno 1991 e all’esecuzione dei giudicati formatisi al riguardo, nonché alla perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle altre forze di polizia.

     In particolare, per quanto qui interessa,  l’articolo 3, al comma 1, ha stabilito l’attribuzione ai sovrintendenti della Polizia di Stato e della Polizia Penitenziaria, nonché ai sottufficiali del Corpo Forestale dello Stato, con le stesse decorrenze previste per il personale dell’Arma dei Carabinieri ai precedenti articoli 1 e 2, del trattamento economico corrispondente ai livelli retributivi ivi indicati.

     Il successivo articolo 4, poi, dopo aver previsto al comma 1, che al personale di cui al precedente articolo 3, ed a quello dei ruoli superiori proveniente dal ruolo dei sovrintendenti o equiparati, era attribuito dal 1° gennaio 1987 (o dalla data successiva di conseguimento della qualifica o dei gradi interessati) il trattamento economico più favorevole tra quello risultante dall’applicazione dell’articolo 3 e quello eventualmente spettante a seguito di promozione o inquadramento nel ruolo superiore, ha stabilito – al secondo comma – che le competenze arretrate, spettanti per effetto dell’applicazione della disposizione del precedente comma 1, sarebbero state pagate secondo precise scadenze temporali, ed in particolare: a) nell’anno 1992 mediante un anticipo di una somma non superiore a £. 500.000 in una sola volta, a valere sull’acconto previsto nel 1993; b) nell’ano 1993 mediante la corresponsione di un primo acconto pari al 35% dell’importo spettante; c) nell’anno 1994 mediante la corresponsione di un ulteriore acconto pari al 35% dell’importo spettante; d) nel 1995 mediante la corresponsione del rimanente 30% dell’importo spettante.

     III. 2. La legge 6 marzo 1992, n. 216, oltre a convertire in legge con modificazione il decreto - legge 7 gennaio 1992, n. 5 (recante, come già riportato, “Autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell’Arma dei carabinieri in relazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 277 del 3 – 12 giugno 1991 e all’esecuzione dei giudicati, nonché di perequazione dei trattamenti economici relativi al personale corrispondenti categorie delle altre forze di polizia), ha altresì conferito al Governo delega per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego delle Forze di Polizia e del personale delle Forze armate nonché per il riordino delle relative carriere, attribuzioni e trattamenti economici.

     In particolare, però, l’articolo 3, dopo aver stabilito ai primi tre commi l’oggetto della delega conferita, il termine in cui essa doveva essere esercitato, nonché i relativi principi e criteri direttivi, contiene al comma 4 una speciale disposizione di immediata applicazione, finalizzata alla concreta perequazione del trattamento economico del personale delle forze di polizia, che: 1) attribuisce al personale in possesso della qualifica di agente o equiparata alla data di entrata in vigore della legge stessa il trattamento economico corrispondente al V livello retributivo a decorrere dal 1° gennaio 1993; 2) attribuisce, sempre con decorrenza dal 1° gennaio 1993, il trattamento economico corrispondente al VI livello retributivo agli assistenti capo o equiparati in possesso della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, previa collocazione degli stessi in posizione transitoria fino alla istituzione di un apposito ruolo, anche in soprannumero; 3) prevede la corresponsione, per l’anno 1992, al personale con la qualifica di agente, agente scelto e di assistente capo ufficiale di polizia giudiziaria e con qualifiche o gradi equiparati una somma una tantum non superiore a £. 500.000 ciascuno.

     Infine, l’articolo 4 della legge 6 marzo 1992, n. 216, contiene le disposizioni necessarie ad assicurare la copertura finanziaria delle somme occorrenti a dare attuazione agli oneri derivanti sia dall’articolo 4 del decreto – legge 7 gennaio 1992, n. 5, sia dall’articolo 3 della stessa legge.

     III. 3. Sulla base del delineato substrato normativo, l’appello è infondato e deve essere respinto.

     Invero, pur dovendo astrattamente ammettersi che la pronuncia dei giudici di primi cure, avversata dall’Amministrazione di grazia e giustizia, non abbia gli auspicati caratteri della chiarezza e dell’univocità, dall’esame del provvedimento di ricostruzione di carriera dell’interessato, prodotto dalla stessa amministrazione fin dal giudizio di primo grado, deve rilevarsi che la fattispecie in esame non concerne l’applicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 3 del decreto – legge 7 gennaio 1992, n. 5, riguardanti la perequazione del trattamento economico spettanti ai vice – sovrintendenti (livello VI) della Polizia di Stato e alle qualifiche superiori (sovrintendenti principale (livello VI bis) e sovrintendente capo (livello VII), così che è del tutto errato il riferimento al tempestivo pagamento degli arretrati, asseritamente avvenuto secondo la tempistica fissata dal successivo articolo 4.

     Il provvedimento di ricostruzione di carriera riguardante l’interessato, invero, come emerge dalla lettura della relativa motivazione, risulta finalizzato a dare piena e completa attuazione al principio della equiparazione del trattamento economico delle forze di polizia, stabilendone il corretto inquadramento nei livelli retributivi previsti dall’art. 43, comma 7, della legge 1° aprile 1981, n. 121 (con effetti giuridici dal 25 giugno 1982 ed economici dal 1° gennaio 1987, fatti salvi eventuali più favorevoli trattamenti conseguenti a decisioni degli organi giurisdizionali).

     Perchè non è stata indicata dall'Amministrazione appellante alcuna disposizione normativa, secondo cui gli arretrati spettanti all’interessato per effetto del predetto provvedimento di ricostruzione di carriera andassero corrisposti nel rispetto delle scadenze indicate dal decreto legge 7 gennaio 1992, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 6 marzo 1992, n. 216, e poichè lo scaglionamento temporale previsto dall'art. 4, comma 2, è riferito solo alle competenze arretrate derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui al precedente comma 1, e cioè al trattamento economico del personale dei ruoli dei sovraintendenti o superiori tra i quali non è ricompreso il ricorrente, non v'è dubbio che essi siano stati corrisposti in ritardo e che sugli stessi, quindi, competano interessi legali e rivalutazione monetaria, così come stabilito dai primi giudici, decorrenti dalle singole scadenze mensili del nuovo trattamento economico fino alla data dell’avvenuto effettivo pagamento, trattandosi di un credito retributivo derivante direttamente dall’applicazione di una norma di legge e non da un’attività discrezionale dell’Amministrazione.

     IV. Alla stregua di tali osservazioni, l’appello in esame deve essere respinto.

     Non vi è luogo a pronuncia sulle spese del presente grado di giudizio, stante la mancata costituzione dell’appellato.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero di grazia e giustizia avverso la sentenza n. 110 del 15 aprile 1996 del Tribunale amministrativo regionale della Liguria, sez. I, lo respinge.

     Nulla per le spese. 

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in camera di consiglio il 3


 

giugno 2003, con l’intervento dei seguenti signori:

RICCIO            STENIO            - Presidente

RULLI   DEDI   MARINELLA    - Consigliere

SCOLA             ALDO              - Consigliere

CARINCI          GIUSEPPE       - Consigliere

SALTELLI        CARLO             - Consigliere, est

     L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE 
 

IL SEGRETARIO

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

04/02/2004

(Art.55, L. 27.4.1982 n. 186)

          Il Dirigente 
 


 

 

MASSIMA

     Spettano al pubblico dipendente interessi legali e rivalutazione monetaria sulle somme corrisposte tardivamente dall’Amministrazione in applicazione di un nuovo trattamento economico, di cui la legge ha fissato presupposti esclusivamente vincolati, ivi compresa la decorrenza, senza lasciare all’amministrazione stessa alcun margine di discrezionalità.

     Non può in alcun modo giustificarsi il ritardo nell’adempimento da parte dell’Amministrazione nell’attribuzione al proprio dipendente del nuovo trattamento economico riconosciutogli direttamente dalla legge, quanto quest’ultima sia temporalmente precedente alla decorrenza del beneficio stesso, ragione per cui l’Amministrazione ha avuto un lasso di tempo sufficientemente lungo per provvedere.