R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

N.413/2005

Reg. Dec.

N. 3210 Reg. Ric.

Anno 1995

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

Sul ricorso r.g.n. 3210/1995 proposto in appello dal Ministero delle Finanze, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia ope legis in Roma alla via dei Portoghesi n.12,

contro

(omissis), rappresentato e difeso dall’avv. Maurizio Gargiulo, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma alla piazza Bologna n.2,

per l’annullamento

della sentenza n.1289/1994 pronunziata in data 19/10/94 dalla seconda sezione del TAR Lazio, di accoglimento della domanda intesa ad ottenere l’accertamento e la condanna per il diritto al trattamento economico previsto dall’art. 1 L.100/1987.

Visto il ricorso in appello del Ministero delle Finanze con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Relatore alla udienza pubblica del 16 novembre 2004 il Consigliere Sergio De Felice;

Uditi gli avvocati M. Gargiulo e l'Avvocato dello Stato De Felice;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;

FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio l’odierno appellato chiedeva l’accertamento del suo diritto a percepire il trattamento economico previsto dall’art. 1 L.100/1987 per il personale trasferito d’autorità, perché il trasferimento presso le sezioni di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica deve considerarsi, alla stregua della normativa in materia, come trasferimento “d’autorità” e non invece come trasferimento a domanda, come qualificato dall’amministrazione.

Con la impugnata sentenza il giudice di primo grado accoglieva il ricorso.

Avverso tale pronuncia ha proposto appello il Ministero delle Finanze, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 1 L.1987/100, in quanto il trasferimento dell’appellato doveva qualificarsi come trasferimento “a domanda”.

Si è costituito l’appellato con memoria nella quale ha chiesto il rigetto dell’appello perché infondato.

L’amministrazione statale appellante ha depositato nota nella quale deduce e rappresenta che la legge finanziaria 24.12.2003, n.350, all’art. 3, comma 74, proprio al fine di dirimere dubbi originati dal contenzioso della specie per cui è causa, da intendersi quale norma di interpretazione autentica, ha stabilito che “l’art. 8 del D.Lgs. 28 luglio 1989, n.271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli Ufficiali e dagli agenti di Polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, è da considerare, ai fini della applicazione della L. 10 marzo 1987, n.100, come domanda di trasferimento di sede”.

Alla udienza pubblica del 16 novembre 2004 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’art. 1 L.100/1987 stabilisce che “a decorrere dal 1 gennaio 1987, al personale delle Forze Armate dei Carabinieri e della guardia di Finanza, trasferito d’autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall’art. 13 L.1979 n.97, come sostituito dalla L.1981 n.27”.

Il decreto legislativo 28 luglio 1989 n.271, che ha introdotto le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, agli articoli 7 e 8, ha previsto uno speciale procedimento di copertura dei posti vacanti presso le neocostituite sezioni di polizia giudiziaria, procedimento che avviene a seguito della pubblicazione delle vacanze, con apposita domanda del dipendente interessato alla assegnazione.

Tali domande dovevano essere indirizzate alla amministrazione di appartenenza indicando eventualmente le sedi di preferenza, e dovevano essere inviate di ufficio al Procuratore della Corte di Appello nel cui distretto era stata dichiarata la vacanza; tuttavia, tali istanze sarebbero state prese in considerazione solo se avessero raggiunto un numero non inferiore al triplo delle vacanze. In caso contrario, era riservato alla amministrazione il potere di individuare i dipendenti da prendere in considerazione ai fini della assegnazione alle sezioni.

Nella fattispecie, il dipendente aveva dichiarato nei termini previsti dalla legge di essere disposto alla assegnazione alle sezioni di polizia giudiziaria, ai sensi dell’art. 8 D.Lgs.271/1989, ed in esito al procedimento suddetto, veniva assegnato a tale servizio.

Successivamente chiedeva la corresponsione della indennità prevista dalla l.100/1987, art. 1, per i destinatari dei trasferimenti di autorità, negata dalla amministrazione sul presupposto che nella specie non ricorresse tale situazione.

L’art. 8 D.LGs.271/1989 stabilisce che gli interessati alla assegnazione presso le sezioni di polizia giudiziaria presentano domanda alla amministrazione di appartenenza entro trenta giorni dalla pubblicazione delle vacanze (indicando, se lo ritengono, anche tre sedi di preferenze).

Il thema decidendum del presente giudizio verte, quindi, sulla definizione di trasferimento di ufficio ai fini della corresponsione della indennità continuativa di missione, di cui al suddetto articolo 1 L.100/1987, nel caso di assegnazione di personale militare alle sezioni di polizia giudiziaria istituite presso le Procure della Repubblica.

Deve precisarsi che la distinzione tra trasferimento a domanda e trasferimento di autorità non dipende dal fatto che nella singola fattispecie vi sia stata una manifestazione di volontà del dipendente, nella quale questi ha espresso il suo assenso al tramutamento di sede o il proprio gradimento alla sede di assegnazione.

Anche nei trasferimenti di autorità è infatti prassi che l’amministrazione consideri nei limiti del possibile le personali aspirazioni dei dipendenti, verificando preliminarmente se essi siano soggetti disponibili al trasferimento, essendo irrilevante che detto accertamento venga effettuato informalmente o a seguito di procedimento di interpello e selezione specificamente previsto.

Questa sezione, pertanto, ha, in passato, ritenuto che, al fine di differenziare le due tipologie di trasferimenti non potesse reputarsi decisiva o meno la sussistenza di un interesse pubblico alla assegnazione del dipendente ad una diversa sede, in quanto anche il trasferimento a domanda postula una valutazione positiva della amministrazione alla rispondenza del trasferimento al pubblico interesse.

Il discrimine tra trasferimento di ufficio e trasferimento a domanda, in linea generale, deve quindi piuttosto cogliersi nel rapporto che intercorre nelle due ipotesi tra interesse pubblico e interesse personale del dipendente, nella misura in cui nel primo caso il trasferimento è reputato indispensabile per realizzare l’interesse pubblico, mentre nel secondo caso è solo riconosciuto compatibile con le esigenze amministrative.

Il trasferimento di ufficio è quindi connotato dalla prevalenza dell’interesse pubblico sul dipendente, per cui il gradimento di quest’ultimo si configura quale mero assenso alle determinazioni dell’amministrazione.

In questa prospettiva, qualificando come d’ufficio il trasferimento per soddisfare propriamente l’interesse pubblico, nei casi di assegnazione a funzioni superiori, o a sedi diverse o di maggiore responsabilità, rispetto a quelle precedentemente ricoperte, senza che rilevino le eventuali dichiarazioni di disponibilità, veniva riconosciuta la indennità di trasferimento di cui all’art. 1 L.100/1987 (in tal senso C. Stato, IV; 12 dicembre 1997, n.1435, 15 dicembre 2000 n.6624).

D’altro canto, va osservato che il trasferimento a domanda è  contraddistinto, da par suo, da una prevalente considerazione per le necessità familiari del dipendente, e l’interesse pubblico assume pertanto rilievo quale limite di compatibilità al sopravvenire di tali esigenze.

La tesi dell’appellato, accolta dal primo giudice, e corrispondente anche a precedente giurisprudenza di questo giudice di appello, consiste nel ritenere, come detto, che il trasferimento di unità di personale presso le sezioni di polizia giudiziaria abbia pertanto natura di trasferimento di autorità, in quanto destinato a soddisfare propriamente l’interesse dell’amministrazione, mentre la “domanda” prevista dall’art. 8 del D.Lgs.271/1989, altro non è, ai fini che qui interessano, una dichiarazione di assenso o di disponibilità alla assegnazione alle suddette sezioni.

I trasferimenti alle sezioni di polizia giudiziaria sono configurati dalla legge come indirizzati a realizzare un primario interesse pubblico, e tale dato, non l’eventuale gradimento dell’interessato, li connoterebbe giuridicamente ai fini della distinzione tra trasferimenti di ufficio e trasferimenti a domanda, senza rilievo, al suddetto fine, alla dichiarazione di assenso o di disponibilità al tramutamento di sede o alla indicazione di preferenze di sede, da parte dell’interessato (in tal senso C. Stato, IV, 1 ottobre 2001, n.5174).

In questo contesto, tuttavia, sulla questione, come dedotto e rilevato dall’amministrazione statale appellante, è intervenuta la legge finanziaria 24.12.2003, n.350, che all’art. 3 comma 74, al fine di dirimere i dubbi originati dal contenzioso, interpretando autenticamente, prevede che “l’art. 8 del D.Lgs. 28 luglio 1989 n.271 si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli Ufficiali e dagli agenti di Polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, è da considerare, ai fini della applicazione della L. 10 marzo 1987 n.100, come domanda di trasferimento di sede”.

Una norma ha carattere interpretativo, con conseguente efficacia retroattiva, quando, pur rimanendo immutata la formulazione letterale della disposizione interpretata, se ne chiarisca e precisi il significato, giacchè è necessario e sufficiente che la scelta ermeneutica imposta dalla legge interpretativa rientri tra le varianti di senso compatibili col tenore letterale del testo interpretato, stabilendo un significato che ragionevolmente possa essere ascritto alla legge anteriore.

Dalla interpretazione autentica fornita dal legislatore successivo, non può che concludersi per la non spettanza della richiesta indennità, trattandosi di trasferimento di sede da intendersi a domanda dell’interessato e non disposto di ufficio.

Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va accolto, con conseguente rigetto della domanda proposta in primo grado.

Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio del doppio grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, così provvede:

accoglie l’appello, e in riforma della impugnata sentenza, rigetta il ricorso proposto in primo grado. Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 novembre 2004, con l’intervento dei magistrati:

Stenio Riccio,     Presidente

Dedi Rulli,      Consigliere

Bruno Mollica,    Consigliere

Carlo Deodato,     Consigliere

Sergio De Felice,     Consigliere, est.

     L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

     Sergio De Felice    Stenio Riccio 
 

IL SEGRETARIO

Rosario Giorgio Carnabuci

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

14/2/2005

(art. 55, L. 27.4.1982, 186)

      per Il Dirigente

   dott. Giuseppe Testa 
 
 

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N.R.G.  3210/1995


 

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