N.4689/05 REG.DEC.
N. 7181 REG. RIC.
ANNO 2004

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente

 

decisione

sul ricorso in appello n.7181 del 2004, proposto dalla Soc. SESIT PUGLIA S.P.A, in persona del Presidente, legale rappresentante in carica, Sig. Romeo Rodiglio, nonché ai fini del presente giudizio, per impedimento del Presidente in persona del V. Presidnete in carica, Rag. Luciano Giannelli (come da atti specificati in ricorso), rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Damascelli, con domicilio eletto in Roma, via L. Arbib Pascucci n. 66, presso lo studio dell’Avv. Prof. Vincenzo Del Pozzo;

contro

la Soc. MAJOR PLASTIC, S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Fulvio Mastroviti, con domicilio eletto in Roma, Via Ennio Quirino Visconti, presso lo studio del’Avv. Maria Stella Lo Pinto;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sez. I, n. 2331/2004, del 26 maggio 2004, notificata in data 16 giugno 2004, avente ad oggetto provvedimento di fermo di autoveicolo per mancato pagamento di cartelle tributarie;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Soc. MAJOR PLASTIC S.r.l.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 22 marzo 2005, il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani; uditi!Fine dell'espressione imprevista, altresì, l’Avv. Damascelli per l’appellante e l’Avv. Lofoco in sostituzione dell’Avv. Mastroviti per l’appellata;!Fine dell'espressione imprevista

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

1. La Sezione I del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, con sentenza n. 2331/2004, del 26 maggio 2004, - disattesa l’eccezione di inammissibilità per difetto di giurisdizione della resistente soc. SESIT PUGLIA, attuale appellata immediatamente resa, in forma semplificata, a seguito della camera di consiglio del 19 maggio 2004, fissata per l’esame della domanda cautelare, ha accolto il ricorso proposto dalla Soc. MAJOR PASTIC avverso la comunicazione di fermo dell’autoveicolo Martoletti ML 10, effettuata dalla suddetta soc. SESIT PUGLIA, in qualità di concessionaria della riscossione della Provincia di Bari, per mancato pagamento di carichi a ruolo scaduti, portati in due cartelle di pagamento regolarmente notificate, riferiti a precedenti avvisi di liquidazione notificati a cura dell’Agenzia delle entrate di Brindisi, impugnati dalla interessata davanti alla competente CTP. Parte resistente è stata altresì condannata al risarcimento del danno e delle spese giudiziarie in favore della ricorrente.

Avverso l’anzidetta sentenza si grava la SESIT PUGLIA, la quale deduce in primo luogo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo chiedendo che la sentenza appellata venga riformata, con declaratoria di inammissibilità, sul tale base, del ricorso di primo grado, o, subordinatamente, con reiezione nel merito, per mancanza di fondamento del suddetto ricorso, in ogni caso, con vittoria di spese del doppio grado del giudizio.

Si è costituita in giudizio l’appellata che resiste all’appello, chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

La Sezione ha dapprima accordato al tutela cautelare richiesta dall’appellante, sospendendo, con ordinanza motivata n. 4356/2004 del 24 settembre 2004, l’efficacia della sentenza appellata. Successivamente la causa è stata chiamata all’udienza di merito del 22 marzo 2005 e trattenuta in decisione.

2. L’appello è manifestamente fondato nella parte in cui è volto, in via principale, a denunciare il difetto di giurisdizione.

Come sopra precisato, la controversia investe il fermo amministrativo disposto da una concessionaria della riscossione di entrate tributarie, a norma dell’art. 86 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, introdotto (nella formulazione anteriore alla riforma di cui all’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193) dall'art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, che ha modificato l’intero titolo II del D.P.R. n. 602 del 1973.

La sezione I del Tribnale amministrativo Regionale della Puglia, sulla scia di propri precedenti in termini (ord. n. 216 del 5 marzo 2003 e sent. n. 1567 del 3 aprile 2003) ha ritenuto la giurisdizione amministrativa, sul presupposto della natura provvedimentale della misura adottata e della relativa comunicazione.

La tesi è erronea e deve essere disattesa.

L’innovazione che il decreto legislativo del 2001 ha introdotto alla disciplina dell’istituto, quale originariamente previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, con le modifiche succedutesi fino al 1999, non ha innovato la natura giuridica del fermo, essendo intervenuta, esclusivamente a svincolare il concessionario dalla intermediazione della direzione regionale delle entrate e dal previo esperimento negativo del pignoramento del bene mobile registrato, conferendogli direttamente la possibilità di disporre il fermo dei beni mobili registrati, sul solo presupposto della scadenza del termine stabilito dal primo comma dell’art. 50 dello stesso decreto, senza attribuire al concessionario poteri di natura amministrativo-tributaria, propri dell’Amministrazione, bensì muovendosi nella logica – propria del diritto comune – della attribuzione (al creditore) di strumenti idonei a ricercare e conservare i cespiti del patrimonio del debitore idonei a garantire, in sede esecutiva, la soddisfazione del credito, sia pure con la peculiarità connesse al titolo per il quale si procede alla riscossione coattiva.

Invero, nella stesura originale del D.P.R. n. 602 (e cioè prima della riforma del 1999), l’istituto del fermo amministrativo è stato aggiunto, al testo del D.P.R. del 1973, dall'art. 5, D.L. 31 dicembre 1996, n. 669 (art. 91 bis), per i veicoli a motore ed alcune categorie di autoscafi, attribuendosene la competenza a disporlo alla direzione regionale delle imposte sui redditi, allorché il concessionario avesse dimostrato l’impossibilità di eseguire il pignoramento per mancato reperimento del bene.

Nel più ordinato assetto della riscossione coattiva, impresso dalla riforma del 1999, il fermo amministrativo si estende alla generalità dei beni mobili registrati, ma conserva l’originaria connotazione di strumento inteso alla conservazione del bene alla soddisfazione del credito tributario, affidato alla determinazione dell’ufficio finanziario regionale, allorché l’esecuzione forzata non sia stata possibile, per mancato reperimento del bene.

Esso è stato inserito, sistematicamente, negli atti della riscossione (Titolo II) e, specificamente, al Capo III, espressamente intitolato “Disposizioni particolari in materia di espropriazione di beni mobili registrati”, in immediata successione al capo intitolato “Espropriazione forzata” (capo II), nella cui Sezione I sono contenute le disposizioni generali in tema di riscossione coattiva, , fra cui quelle dettate dall’art. 50 (termine per l’inizio dell’esecuzione), il cui comma 1 è espressamente richiamato nel comma 1 del vigente testo dell’art. 86.

La precedente disciplina – con l’attribuire la competenza di disporre il fermo alla direzione regionale delle entrate ed il condizionarne l’esperimento al mancato reperimento del bene da pignorare – lasciava l’iniziativa del fermo all’Amministrazione titolare del diritto di credito, ed al concessionario la sua esecuzione, mediante l’iscrizione nel pubblico registro, dopo di che quest’ultimo non era esonerato dal perseguire il bene attraverso la procedura di pignoramento, con le conseguenti responsabilità.

Ciò rallentava ovviamente, in maniera sensibile il procedimento di riscossione coattiva, accentuando l’aleatorietà del recupero; l’attribuzione diretta, al concessionario, della potestà di dare corso alla misura conservativa, con il solo limite del decorso del termine stabilito dall’art. 50 comma 1 e salve, in ogni caso, le dilazioni o le sospensioni di pagamento accordate, si inserisce nel quadro delle misure di semplificazione ed accelerazione delle procedure, che il legislatore nazionale ha, nella più recente produzione normativa, delegato al Governo, in questa come in altre materie.

Sia prima, sia successivamente alla riforma del 2001, peraltro, il fermo amministrativo dei beni mobili registrati assolve ad una funzione di conservazione del cespite patrimoniale del debitore, in vista della espropriazione forzata intesa alla realizzazione del credito tributario, per molti versi assimilabile (con le peculiarità dovute alla natura del bene) alla iscrizione ipotecaria sui beni immobili prevista dall’art. 77 dello stesso decreto.

Come appare evidente, dalla collocazione sistematica e dal testo della norma che lo prevede (nella formulazione attuale ed in quelle precedenti) lo strumento, pur non collocandosi ancora nella fase della esecuzione, o degli atti esecutivi, costituisce un mezzo cautelativo ed anticipatorio degli effetti espropriativi dell’esecuzione, che sottrae il bene innanzitutto all’uso al quale è destinato (e da cui potrebbero derivare conseguenze dirette sulla idoneità a soddisfare, con l’esecuzione, la realizzazione coattiva, totale o parziale, del credito) ed alla circolazione giuridica in danno del creditore.

In tale contesto, l’enunciato secondo cui, trascorso il termine previsto dal primo comma dell’art. 50 (sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento) il concessionario “può” disporre il fermo amministrativo del bene mobile registrato, conferisce, al soggetto responsabile della riscossione, non già un singolare potere autoritativo e discrezionale in vista degli interessi pubblici specifici affidati alla cura dell’Amministrazione concedente, bensì una potestà che si colloca (concettualmente) nel quadro dei diritti potestativi del creditore (ossia quella di promuovere atti conservativi sul patrimonio del debitore in vista della esecuzione forzata) che trovano nel diritto comune la naturale collocazione e nel giudice ordinario quello naturale, in quanto la soggezione del debitore all’esercizio della potestà ha la sua fonte nel debito certo, liquido ed esigibile, che vincola il debitore alla sua estinzione (con i mezzi ordinari o con l’esecuzione forzata), e nel rapporto obbligatorio la sua intrinseca giustificazione.

Come correttamente dedotto dall’appellante, la controversia relativa al fermo, sia nella fase della sua esecuzione che in quella della sua disposizione, della quale viene dato avviso al debitore, non riguarda né il tributo per il quale si procede alla riscossione, né la materia del pubblico servizio anche nella più lata accezione assunta dal testo dell’art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 (come sostituito dalla legge n. 205 del 2000,e prima dell’intervento demolitore della Corte costituzionale), ma si muove su di un binario del tutto differente, che ha nel giudice ordinario l’autorità giurisdizionale deputata a conoscere delle relative controversie (nel limite in cui le stesse non siano sottratte alla cognizione di alcun giudice) come specificato dall’art. 57 del D.P.R. n. 602 del 1973 (che non ammette le opposizioni di cui all’art. 615 c.p.c., fatta eccezione per quelle relative alla pignorabilità dei beni).

E’ stato osservato (TAR Campania, Sez. I, n. 12025 del 16 settembre 2004) che l’esecuzione del fermo, affidata ora direttamente al concessionario, non costituisce altro che l’espressione dello jus eligendi (diritto di scelta) ordinariamente riconosciuto, nelle procedure esecutive, al creditore procedente tra i diversi mezzi di aggressione del patrimonio dell’esecutato o tra diversi beni passibili di esecuzione forzata; si tratta, dunque, di una facoltà di diritto comune destinata ad incidere nella sfera giuridica del debitore (ne non vi si può sottrarre se non con l’estinzione del debito), accostabili alle potestà amministrative, soltanto per il tratto comune della soggezione di chi è destinato a subirle, senza che, per questo, il potere esercitato esca dalla sfera delle relazioni intersoggetive per essere ricondotto ai rapporti governati dal diritto pubblico, la cui tutela appartiene alla cognizione del giudice amministrativo.

Deve dunque concludersi nel senso che il fermo amministrativo è atto funzionale alla esecuzione, che - pure con le connotazioni particolari derivanti dalla natura del rapporto obbligatorio in forza del quale il debitore è tenuto al pagamento e della legislazione speciale che lo prevede, accordando poteri extra ordinem al creditore ed allo stesso incaricato della riscossione - deve comunque essere inquadrato (per di più nella sistemazione più corretta derivante dalla riforma del 2001, che ha opportunamente individuato nello stesso responsabile della riscossione il soggetto abilitato a disporlo) fra gli strumenti di conservazione dei cespiti patrimoniali sui quali può essere soddisfatto coattivamente il credito, che l’ordinamento ordinariamente appresta alla generalità creditori (in base alla scelta politica, di carattere generale e di diritto comune, di una tutela più incisiva degli interessi dei creditori, nel rapporto intersoggettivo debito-credito), così come prodromica all’esecuzione è la notificazione della cartella esattoriale che assolve, nel procedimento di riscossione, alla medesima funzione della notificazione del precetto di pagamento di diritto comune.

In tale quadro, la cognizione delle controversie ad esso relativo si sottrae alla giurisdizione del giudice amministrativo, sia a quella costitutiva di legittimità (non essendovi provvedimento amministrativo lesivo di interessi legittimi del titolare del bene che ne assoggettato) sia a quella esclusiva, eccezionalmente demandata a tale giudice.

Una certa propensione a ricondurre l’istituto nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, chiarissima in talune non condivisibili pronunce di primo grado del giudice amministrativo, fra cui quella in esame (Tar Abruzzo, Pescara, 19 luglio 2004, n. 704; Tar Puglia, Bari, sez. I, 6 maggio 2004, n. 2065, 16 aprile 2003, n. 1764, 8 aprile 2003, n. 1812, 3 aprile 2003, n. 1567; Tar Puglia, Lecce, sez. I, 7 luglio 2004, n. 4880) e percepibile anche nell’ordinanza cautelare della Sezione IV del Consiglio di Stato n. 3259 del 13 luglio 2004 (che, invero, non contiene una motivazione espressa sul punto della giurisdizione) è ormai risolta, in radice, in senso contrario, dal ridimensionamento delle attribuzioni del giudice amministrativo, conseguente alla sentenza della Corte costituzionale 5-6 luglio 2004, n. 204, che ha significativamente modificato il testo dell’art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 (come sostituito dalla legge n. 205 del 2000), dichiarandone, tra l'altro, l'illegittimità del primo comma, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli» anziché «le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché».

Deve, dunque, darsi atto che è invece, corretto l’orientamento prevalente (oltre al TAR Campania, sopra citato, TAR Emilia Romagna, n. 2516 del 25 novembre 2003; TAR Calabria n. 2110 del 20 giugno 2003; TAR Lombardia, n. 1140 del 5 maggio 2003, TAR Veneto, n. 886 del 30 gennaio 2003), che, coerentemente alla giurisprudenza di merito del giudice ordinario (Tribunale di Novara, 9 maggio 2003) nega, in materia, la giurisdizione amministrativa.

3. L’appello, pertanto, deve essere accolto, e, conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere interamente riformata, con declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione, e condanna della originaria ricorrente (resistente in questo grado), in favore dell’appellante, alle spese di entrambi i gradi del giudizio, che si liquidano in dispositivo.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma totale della sentenza 2331/2004 del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sezione I, dichiarata inammissibile, per difetto di giurisdizione, il ricorso n. 848/04 Reg. Gen. TAR Puglia;

Condanna la soc. MAJOR PASTIC s.r.l. in persona del legale rappresentante in carica, al pagamento, in favore dell’appellante, delle spese dei due gradi del giudizio che si liquidano in complessivi 3.000,00= oltre IVA e CPA, come per legge;

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 22 marzo 2005, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:

Raffaele CARBONI PRESIDENTE

Giuseppe FARINA CONSIGLIERE

Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Est. CONSIGLIERE

Paolo BONVINO CONSIGLIERE

Goffredo ZACCARDI CONSIGLIERE

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

F.to Chiarenza Millemaggi Cogliani F.to Raffaele Carboni

IL SEGRETARIO

F.to Antonietta Fancello

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13 settembre 2005

(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)

IL DIRIGENTE

F.to Antonio Natale

 

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER L’EMILIA-ROMAGNA

 

composto dai Signori:

BARTOLOMEO PERRICONE Presidente

GIORGIO CALDERONI Cons. , relatore

ROSARIA TRIZZINO Cons.

ha pronunciato la seguente


 

SENTENZA

Ex art. 9 legge n. 205/2000


 

nella Camera di Consiglio del 20 Novembre 2003


 

V Visto il ricorso 1312/2003 proposto da:

...


 

rappresentato e difeso da:

FALBO AVV. ROSARIO

TOTARO AVV. ANNAMARIA

con domicilio eletto in BOLOGNA

P.ZZA CARDUCCI 5

presso

TOTARO AVV. ANNAMARIA


 

 

contro


 

COMUNE DI BARICELLA, non costituito in giudizio;


 

e nei confronti di

GEST LINE SPA, rappresentata e difesa dall’avv. Enrico Ventura ed elettivamente domiciliata in Bologna, Via Zanardi n.7;


 

 

per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione

del provvedimento 6.10.2003 di fermo amministrativo di autoveicolo;

Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;

Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;

Relatore il Cons. GIORGIO CALDERONI;

Uditi, per la ricorrente, l’Avv. R. Talbo e l’Avv. A. Totaro, anche in merito all’eventuale adozione di una sentenza succintamente motivata, ai sensi dell’art. 26 della Legge 6 dicembre 1971 n. 1034, come modificato dall’art. 9 legge n. 205/2000;

Ritenuta l’applicabilità al caso di specie della suddetta disposizione, essendo immediatamente ravvisabile il difetto di giurisdizione di questo Giudice, come recentemente già ritenuto dalla Sezione (1.10.2003, n. 1714) per le seguenti considerazioni:

  1. il provvedimento di fermo “a fini fiscali” risulta previsto e disciplinato (dall’art. 86 D.P.R. n. 602 del 1973 e successive modificazioni) con lo scopo di “congelare” il veicolo iscritto in pubblici registri, al fine del suo pignoramento (e quindi per la successiva vendita in sede di esecuzione forzata), a meno che il contribuente non provveda ad estinguere il proprio debito, così come accertato nella cartella esattoriale, in precedenza notificatagli (da oltre sessanta giorni);
  2. l’emanazione di siffatto provvedimento è, dunque, temporalmente successiva alla notifica della cartella di pagamento ed è preordinata al buon esito del (futuro ed eventuale) procedimento di esecuzione forzata, rivestendo natura insieme rafforzativa dell’obbligo di pagamento (già accertato e non più discutibile) e cautelare-funzionale al pignoramento;
  3. detta natura non muta per il solo fatto che la nuova formulazione dell’art. 86 - introdotta dall’art. 1, comma 2, lett. q) del D. Lgs. n. 193/2001 - ha eliminato ogni riferimento alla previa, obbligatoria ricerca del bene da pignorare (ed al suo mancato reperimento) e ha colorato di discrezionalità le attribuzioni del concessionario, stabilendo che lo stesso “può disporre il fermo”;
  4. tale dunque essendo la natura dell’atto di cui si tratta, ne consegue la sua assoggettabilità alla giurisdizione del giudice ordinario, come hanno di recente e convergentemente ritenuto – sulla base dello schema motivazionale più sopra riportato – tanto il Giudice amministrativo (cfr. TAR Veneto, sez. I, 30 gennaio 2003, n. 886), quanto quello ordinario, il quale (Tribunale di Novara, 9 maggio 2003, Autocorriere Didino S.n.c./Sestri S.p.a.) ha, altresì e significativamente, riconosciuto la competenza in materia del Giudice dell’esecuzione civile;
  5. il Collegio non ritiene, invece, di poter concordare con il diverso avviso espresso da altro Giudice amministrativo (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I), il quale – dapprima in sede cautelare (Ordinanza 5 marzo 2003, n. 216, rassegnata in copia all’odierna Camera di Consiglio dalla difesa del ricorrente) e poi di merito (sentenze 18 aprile 2003, n. 1764 e, da ultimo, n. 3000, n. 3002 e n. 3004 del 2003) – ha, viceversa, affermato la propria giurisdizione, facendo leva sul tenore letterale della menzionata novella legislativa dell’art. 86 e concludendo per la natura discrezionale del potere (amministrativo) esercitato dal concessionario: il Collegio dissente, invero, da questa impostazione, poiché ritiene che in materia debba piuttosto essere attribuito valore decisivo alla funzione complessiva svolta dall’istituto (così come innanzi delineata sub “a” e “b”), secondo la sua sequenza cronologica di attivazione (dopo la notifica della cartella esattoriale) e la sua vocazione anticipatoria e cautelare di una procedura di esecuzione forzata;
  6. infine, è da escludersi la giurisdizione del Giudice tributario, per le ragioni condivisibilmente addotte nella menzionata pronuncia n. 886/2003 del TAR Veneto: e, cioè, che l’art. 2 del D. Lgs. n. 546 del 1992, nel testo introdotto dall’art. 12, comma 2, della l. n. 448 del 2001, eccettua dalle controversie (concernenti i tributi di ogni genere e specie) attribuite al Giudice tributario proprio quelle "riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria, successivi alla notifica della cartella di pagamento";

Ritenuto, in conclusione, che:

    1. la presente controversia rientra nella giurisdizione dell’A.G.O., siccome concerne l’impugnativa di un provvedimento di fermo (di un autoveicolo), successivo alla notifica di diverse cartelle, di cui quella di importo più rilevante riguarda un credito dell’Ufficio delle Entrate di Bologna;
    2. di conseguenza, il presente ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
    3. in considerazione, tuttavia, della compresenza di orientamenti giurisprudenziali non univoci, le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti;


 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo per l’Emilia-Romagna, Sezione I, pronunciandosi sul ricorso in epigrafe ai sensi dell'art. 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205, lo dichiara INAMMISSIBILE per difetto di giurisdizione.


 

Spese compensate.


 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Amministrazione.


 

Così deciso in Bologna, il 20 novembre 2003.


 

Presidente f.to Bartolomeo Perricone


 

Cons. Rel. Est. f.to Giorgio Calderoni


 

Depositata in Segreteria in data 25 NOV. 2003


 

Bologna, li 25 NOV. 2003


 

Il Segretario

f.to Luciana Berenga

 

TAR Veneto, Sez. I sentenza 30.01.2003 n° 886
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Ric. n. 2840/02 Sent. n. 886/03

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sezione prima, con l’intervento di

Stefano Baccarini Presidente

Fulvio Rocco Consigliere

Marco Buricelli Consigliere, rel. ed est.

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

in forma semplificata ex articolo 26, comma quarto, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come sostituito dall’articolo 9, comma primo, della legge 21 luglio 2000, n. 205;

sul ricorso n. 2840/02 proposto da ....., rappresentato e difeso dagli avvocati Marta Martini e Francesco Casellati, con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Venezia, S. Polo 3079/B;

c o n t r o

UNIRISCOSSIONI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Maurizio Franzoni e Francesco Curato, con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Venezia, Piazzale Roma 468/B;

per l'annullamento

del provvedimento di fermo amministrativo in data 8 ottobre 2002, di cui si è avuta notizia con la notifica di esecuzione di fermo amministrativo n. 4890 del 12 ottobre 2002, disposto da Uniriscossioni s.p.a. –Servizio riscossione e tributi della Provincia di Treviso, relativo all’automezzo serie A, targa .......;

visto il ricorso, notificato il 7 dicembre 2002 e depositato presso la Segreteria il 30 dicembre 2002, con i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio di Uniriscossioni s.p.a., con i relativi allegati;

vista la domanda cautelare presentata in via incidentale dal ricorrente;

visti gli atti tutti della causa;

uditi, nella camera di consiglio del 15 gennaio 2003, fissata per l’esame e la decisione della domanda cautelare (relatore il consigliere Marco Buricelli), gli avvocati Tondo, su delega di Casellati, per il ricorrente, e Curato per la società Uniriscossioni;

visti gli articoli 3 e 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205;

rilevata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria e ritenuto di poter definire il giudizio nel merito con sentenza in forma semplificata e succintamente motivata;

sentite sul punto le parti costituite;

1.premesso che, in relazione alla mancata riscossione di un credito di imposta iscritto a ruolo pari a circa 260 euro, per omesso pagamento di sanzioni IVA (rif. cartella esattoriale notificata il 14 aprile 2001), la società Uniriscossioni –Servizio riscossione tributi per la provincia di Treviso, con atto in data 8 ottobre 2002, trascritto al pubblico registro automobilistico il 10 ottobre 2002, ha disposto, ai sensi dell’art. 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, il fermo “della motrice di proprietà dell’azienda del (C.), esercente attività di autotrasportatore”;

che avverso il provvedimento di fermo il C. ha formulato cinque censure, concernenti violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, e che la difesa della società Uniriscossioni ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice tributario o, in ogni caso, del giudice ordinario e, comunque, l’infondatezza del ricorso nel merito;

2.-considerato in diritto che il ricorso è manifestamente inammissibile per carenza di giurisdizione dato che la controversia rientra nella giurisdizione del giudice ordinario ai sensi dell’art. 2 del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nel testo sostituito dall’art. 12, comma 2, della l. 28 dicembre 2001, n. 448, tenuto anche conto di quanto dispone l’art. 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602;

che l’art. 2, comma 1, del d. lgs. n. 546 del 1992, nella sua nuova formulazione, stabilisce, per quanto qui più interessa, che “appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie…Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento…”;

che l’art. 86 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 -Disposizioni particolari in materia di espropriazione di beni mobili registrati -Fermo di beni mobili registrati, dispone, per quanto qui più rileva, che decorso inutilmente il termine di cui all'articolo 50, comma 1, dello stesso d.P.R. n. 602 -il quale a sua volta prevede che il concessionario procede ad espropriazione forzata quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento-, il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri; che il fermo si esegue mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari a cura del concessionario, che ne dà altresì comunicazione al soggetto nei confronti del quale si procede; e che con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e dei lavori pubblici, sono stabiliti le modalità, i termini e le procedure per l'attuazione di quanto previsto nello stesso articolo 86;

che, in base a quanto dispone l’art. 3 del regolamento in materia di fermo amministrativo dei veicoli a motore e degli autoscafi, approvato con d.m. 7 settembre 1998, n. 503, la richiesta di disporre il fermo del mezzo presuppone un pignoramento negativo –il “mancato reperimento del veicolo a motore” cui si fa cenno all’art. 3, comma 2, del d. m. cit.;

che, quindi, stando alla normativa suindicata, l’emanazione di un provvedimento di fermo di bene mobile iscritto in pubblici registri, ex art. 86 d.P.R. n. 602 del 1973, è posteriore alla notifica della cartella di pagamento e rientra quindi nella procedura di esecuzione forzata tributaria, con la conseguenza che le liti in tema di fermo di beni mobili registrati ex art. 86 cit. vanno attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario (conf. TAR Calabria –Catanzaro, ordinanza 22 febbraio 2001 n. 174), e ciò indipendentemente dalla discrezionalità “il concessionario può disporre il fermo” che caratterizza le attribuzioni del concessionario nel disporre il fermo dei beni mobili del debitore;

che, nella specie, il fermo della motrice è stato disposto in seguito alla infruttuosa notifica, avvenuta il 14 aprile 2001, di una cartella esattoriale relativa a un debito per sanzioni IVA non pagate;

che dunque la controversia non rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo;

che non appare forse inutile aggiungere che la lite non va nemmeno attribuita alla giurisdizione del giudice tributario poiché l’art. 2 del d. lgs. n. 546 del 1992, nel testo introdotto con l’art. 12, comma 2, della l. n. 448 del 2001, attribuisce (sì) al giudice tributario le controversie concernenti i tributi di ogni genere e specie (ma) con l’eccezione delle “controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento”;

che pertanto dev’essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo ma che concorrono giusti motivi per compensare per metà le spese e gli onorari del giudizio;

che per la restante metà le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo;

P. Q. M.

il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione prima, definitivamente decidendo sul ricorso in premessa, dichiara il proprio difetto di giurisdizione.

Spese compensate per metà.

Per la restante metà il ricorrente viene condannato a rimborsare alla società Uniriscossioni le spese e gli onorari del giudizio, che si liquidano nella misura di mille euro (€ 1.000), oltre IVA e CPA.

La presente sentenza verrà eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 15 gennaio 2003.

Il Presidente L'Estensore
 

Il Segretario
 


 


 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

Il Tribunale di Novara

in persona del dott. Edoardo Barelli Innocenti

ha pronunciato la seguente Sentenza

nella causa civile iscritta al n. 607/2003 R.G.A.C. e promossa da: ...... in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Alliata del foro di Novara nel cui studio è elettivamente domiciliato come da mandato a margine dell’atto di opposizione del 5/3/2003

- attrice opponente -contro

Sestri Spa – Servizio Riscossione Tributi Concessione di Novara, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Tuccillo del foro di Novara nel cui studio è elettivamente domiciliato come da procura generale alle liti in atti

- convenuta opposta -

Oggetto: opposizione al fermo amministrativo di autoveicolo e alla esecuzione esattoriale

********

Conclusioni delle parti costituite.

Per l’attrice l’avv. Alliata concluse come da comparsa conclusionale depositata il 29/4/2003.

Per la convenuta l’avv. Tuccillo concluse come da comparsa di costituzione e risposta.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di opposizione alla esecuzione esattoriale del 5/3/2003, poi ritualmente notificato, la ......, proponeva opposizione alla esecuzione esattoriale promossa dalla Sestri Spa, concessionaria della Provincia di Novara, ed in particolare al fermo amministrativo del veicolo Mercedes 413 targato BK 134 EE eseguito in data 19/2/2003 per un carico esattoriale di €.200.541,67 per contributi INPS e INAIL e per sanzioni pecuniarie per contravvenzioni al Codice della Strada.

L’opponente deduceva la violazione dell’art.86 4° comma del DPR n.602/73, come modificato dal DLGS n.46/99, perché non era mai stato emanato, come previsto dall’ultimo decreto legislativo, il regolamento attuativo del fermo e perché il precedente regolamento di cui al D.M. 7/9//98 n.503 era antecedente alla modifica di legge. In secondo luogo deduceva la impignorabilità dell’automezzo perché indispensabile all’esercizio della professione di autotrasportatore, mezzo che era pignorabile solo per i crediti tributari ex art.2759 C.C. e non per quelli assicurativi e previdenziali azionati dalla Sestri Spa. Inoltre si opponeva ex art.483 CPC al cumulo dei mezzi di espropriazione forzata avendo la Sestri Spa iscritto ipoteca sulla abitazione del socio amministratore il cui valore era di molto superiore al credito azionato.

Il G.E. con decreto del 6/3/2003 sospendeva l’esecuzione e l’efficacia del fermo amministrativo fissando la comparizione delle parti al giorno 11/4/2003. A tale udienza si costituiva la Sestri Spa chiedendo la inammissibilità della opposizione perché il fermo amministrativo era da considerarsi una misura cautelare e non esecutiva e, comunque, chiedendo il rigetto, nel merito, della opposizione, perché il fermo del veicolo a motore non poteva provocare l’arresto dell’attività della società avendo questa altri veicoli adibiti al trasporto delle merci. Infine la convenuta sottolineava che il bene immobile ipotecato era stato stimato di valore inferiore al credito azionato.

Il Giudice si riservava e con ordinanza del 12/4/2003 confermava la sospensione degli effetti del fermo amministrativo del veicolo sopra indicato fissando la data del 18/4/2003 per la precisazione delle conclusioni. Quindi la causa, con la documentazione prodotta e sulle conclusioni delle parti come sopra meglio riportate, passava in decisione all’udienza del 9/5/2003 avendo chiesto le parti l’udienza di discussione ex art.618 bis CPC, trattandosi di questione inerente essenzialmente crediti previdenziali e assicurativi. Solo la opponente depositava delle note conclusive in data 29/4/2003.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via pregiudiziale occorre qualificare giuridicamente il provvedimento di fermo amministrativo, ovvero se lo stesso abbia natura di atto cautelare o di atto esecutivo, o le caratteristiche di entrambi, e ciò al fine di verificare se questo giudice dell’esecuzione civile è competente a provvedere sulla domanda dell’opponente e, in seguito, anche se il fermo amministrativo è attuabile per i crediti INPS e INAIL per cui procede il concessionario Sestri Spa.

Per far ciò occorre inquadrare le norme che prevedono il fermo amministrativo dei beni mobili registrati.

L’art.86 del DPR n.602/73, come modificato dal DLGS n.46/99 all’art.16 – intitolato "Fermo di beni mobili registrati" e posto subito dopo il Capo III, relativo a "Disposizioni particolari in materia di espropriazione di beni mobili registrati" – al comma 1° prevedeva che "Qualora non sia possibile, per mancato reperimento del bene, eseguire il pignoramento di beni mobili del debitore e dei coobbligati iscritti in pubblici registri, la direzione regionale delle entrate ne dispone il fermo". La norma riprende – semplificandolo – il testo del precedente art.91 bis del DPR n.602/73 che si riferiva ai soli veicoli a motore e agli autoscafi e non, in generale, ai beni mobili iscritti nei pubblici registri (ivi compresi gli aeromobili).

Il fermo viene eseguito mediante iscrizione del provvedimento nei registri mobiliari a cura del concessionario che ne dà comunicazione al soggetto nei confronti del quale si procede; una volta fermato il bene mobile registrato non può circolare e chiunque si trovi alla guida dello stesso viene sanzionato ai sensi dell’art.214 comma 8 del DLGS n.285/92. Al 4° comma l’art.86 prevede che "con decreto del Ministro delle Finanze, di concerto con i ministri dell’Interno e dei lavori pubblici, sono stabiliti le modalità, i termini e le procedure per l’attuazione di quanto previsto nel presente articolo", quindi anche, e soprattutto, la disciplina del fermo amministrativo.

Senonché tale ultimo decreto non è mai stato emanato e l’unico regolamento tuttora in vigore è rimasto quello di cui al D.M. n.503/98, relativo però al fermo previsto dall’art.91 bis del DPR n.602/73, prima della riforma dell’art.86 del DPR n.602/73 di cui al DLGS n.46/99, ulteriormente modificato dal DLGS 27/4/2001 n.193, che, all’art.1, comma 1, lettera Q), prevede che "decorso inutilmente il termine di cui all’art.50 comma 1 il concessionario (60 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento- ndr) può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle entrate (DRE) ed alla regione di residenza" (del debitore).

L’opponente afferma che il fermo amministrativo non può essere attuato senza il regolamento nuovo previsto dal 4° comma dell’art.86 DPR n.602/73 modificato dal DLGS n.46/99 e dal DLGS n.193/01. Tuttavia se si optasse per tale soluzione si lascerebbe inattuata una norma legislativa per la mancanza di una norma regolamentare non emanata dall’Esecutivo (che, però, in tal modo potrebbe inficiare, ovvero rendere non operativa, un norma dettata dal Parlamento, ovvero dal potere Legislativo).

Appare quindi corretta la soluzione di ritenere tuttora applicabili le norme del precedente regolamento di cui al D.M. n.503/98 in quanto compatibili con la nuova disciplina (soluzione adottata anche dal Tribunale di Catanzaro con sentenza del 18/2/2003 – che però non convince questo giudice circa la adozione del provvedimento ex art.700 CPC per l’opposizione al fermo amministrativo come si dirà infra).

Orbene, se è vero che si può ancora applicare il vecchio regolamento (per non creare vuoti normativi), è anche vero che deve però esaminarsi lo spirito di quest’ultimo, ovvero lo scopo per cui era stato disciplinato il fermo amministrativo con il D.M. n.503/98.

Intanto nel preambolo a detto regolamento si legge che "visto l’art.91 bis del DPR n.602/73 con il quale è stato disciplinato il fermo dei veicoli a motore e degli autoscafi non reperiti dal concessionario della riscossione in fase di esecuzione forzata", ..

mentre all’art.3 si prevede (al 2° comma) che "entro 60 giorni dall’apposizione del visto di cui al comma 1 (con cui si comunicano al concessionario l’eventuale esistenza di veicoli a motore del contribuente) il concessionario della riscossione, in caso di mancato reperimento del veicolo a motore indicato nel visto stesso, richiede alla direzione regionale delle entrate (DRE), in relazione al luogo in cui si procede all’esecuzione, di disporre il fermo del mezzo; i 60 giorni decorrono dalla data del verbale di pignoramento negativo o insufficiente..

Al comma 3 si legge che "la richiesta di emanazione del provvedimento di fermo non esonera il concessionario dall’obbligo di porre in essere le ulteriori azioni esecutive prescritte dalle norme vigenti".

L’art. 4 prevede che il concessionario, una volta ottenuto il provvedimento di fermo dalla direzione generale delle entrate (DRE), esegua il fermo entro 60 giorni mediante iscrizione nel pubblico registro dandone comunicazione al contribuente entro 5 giorni dall’esecuzione del fermo … in tal comunicazione sono precisati gli estremi del carico tributario per riscuotere il quale è stato emesso il provvedimento di fermo.

All’art. 5 si prevede che gli atti di disposizione del veicolo sottoposto a fermo non sono opponibili al concessionario se di data successiva all’iscrizione del fermo, e che è vietata la circolazione del veicolo fermato. Al 3° comma dello stesso articolo è previsto che "qualora … sia stata disposta la custodia del veicolo sottoposto a fermo, l’organo procedente (forza pubblica) entro 10 giorni ne dà comunicazione al concessionario che ha effettuato l’iscrizione del fermo. Quest’ultimo entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione dà corso al pignoramento del mezzo."Da quanto sopra riportato non vi è alcun dubbio che il provvedimento di fermo sia stato previsto e disciplinato con lo scopo di bloccare il mezzo iscritto in pubblici registri, al fine del suo pignoramento, e quindi per la successiva vendita in sede di esecuzione forzata, a meno che il contribuente non provveda ad estinguere il proprio debito.

Con la nuova norma del DLGS n.193/01 è stato eliminato ogni riferimento al mancato reperimento del bene e il fermo è disposto direttamente dal concessionario della riscossione – che ora non deve ricercare, obbligatoriamente prima del fermo, il bene da pignorare - ma la natura del fermo amministrativo non muta solo per questo, perché esso è sempre diretto a garantire l’esecuzione forzata sui beni del debitore, ovvero ha natura cautelare e rafforzativa dell’obbligo di pagamento già accertato e non più discutibile.

Tuttavia proprio per questa sua natura cautelare e rafforzativa dell’obbligo di pagamento il fermo amministrativo non può rimanere tale indefinitamente perché avverso di esso non sarebbe possibile alcun reclamo o ricorso, mentre lo è avverso il pignoramento del bene, quanto meno avverso la sua pignorabilità, come nella fattispecie.

Pertanto un fermo amministrativo disposto dal concessionario della riscossione senza che ad esso non segua un pignoramento sarebbe illegittimo e una norma legislativa o l’interpretazione di una norma in tale senso sarebbe incostituzionale e censurabile dinanzi alla Corte Costituzionale per palese violazione del diritto di difesa, ex art.24 della Costituzione.

Invece, interpretando, alla luce della Costituzione e dei principi dell’ordinamento giuridico (in cui non è ammessa una misura cautelare che non trovi conferma da parte del giudice che l’ha disposta o, comunque, un termine di efficacia) la nuova norma di cui al DLGS n.193/01 - che afferma che il concessionario "può disporre il fermo amministrativo" (e quindi esercita un potere discrezionale che deve trovare una sua giustificazione legale, rinvenibile nello scopo della norma e del regolamento attuativo, che, seppur datato, deve ispirare non solo l’interpretazione del giudice ma anche e soprattutto l’azione dei concessionari) – deve affermarsi che ancora oggi al fermo amministrativo deve seguire il pignoramento.

Infatti il 3° comma dell’art.5 del D.M. n. 503/98 afferma che il concessionario, una volta avvisato (entro dieci giorni) dall’organo (forza pubblica) procedente al fermo che abbia disposto la custodia del bene (che quindi presuppone il blocco del bene), deve e non "può" dar corso al pignoramento entro 60 giorni dalla ricezione della predetta comunicazione.

Orbene, ora che è stata consentita al concessionario la disposizione del fermo direttamente, senza che lo stesso sia disposto dalla direzione regionale delle entrate –DRE- (che comunque deve essere avvisata, così come la Regione di residenza del debitore – con un evidente riferimento implicito ai tributi statali o regionali per cui si procede, mentre nella fattispecie si procede per contributi INPS e INAIL nonché per una contravvenzione al Codice della Strada), e senza che vi sia la necessità di cercare di reperire il bene mobile registrato prima del fermo, a maggior ragione, si diceva, a seguito della iscrizione del provvedimento del fermo deve seguire il pignoramento - il quale è rafforzato dalla presenza degli effetti del fermo perché il veicolo non può circolare ai sensi del comma 2 dell’art.5 del D.M. n.503/98 e avverso il quale però è espressamente prevista la possibilità di ricorrere al giudice ex art.57 e 58 del DPR n.602/73 come modificato dal DLGS n. 46/99 - entro un termine ragionevole, che, in mancanza di un riferimento esplicito e del nuovo regolamento, non può che essere individuato in quello di 60 giorni dalla esecuzione del fermo (ora mediante solo l’iscrizione al pubblico registro, di cui deve essere data comunicazione al contribuente, ex art.4 del D.M. n.503/98 entro cinque giorni), pena la sua inefficacia, trattandosi di misura cautelare prodromica alla esecuzione forzata, come si evince dall’ordinamento e dallo spirito del regolamento appena citato.

D’altra parte un fermo amministrativo con natura cautelare (diretta a garantire l’effettività dell’esecuzione forzata sui beni del debitore) non può restare efficace senza alcun limite quando lo stesso pignoramento, a cui è preliminare, "perde efficacia quando dalla sua esecuzione sono trascorsi 120 giorni senza che sia stato effettuato il primo incanto", come previsto dall’art.53 del DPR n. 602/73, così modificato dall’art. 16 del DLGS n. 46/99.

Pertanto con la comunicazione del fermo del veicolo il debitore (contribuente) – che viene istituito custode del bene mobile registrato (non potendone disporne né utilizzarlo per circolare) come previsto dall’art.64 del DPR n.602/73, modificato dal DLGS n.46/99, (che vale per il pignoramento ma anche per il fermo, avendo questo natura cautelare in vista del pignoramento) - saprà che per svincolare il bene dovrà pagare, entro 60 giorni, il proprio debito o mettere a disposizione del concessionario il bene soggetto a fermo perché sullo stesso si proceda al pignoramento e alla successiva vendita, conscio però che, avverso il pignoramento (che seguirà entro 60 giorni dal fermo), potrà far valere le sue ragioni in ordine alla eventuale impignorabilità del medesimo ex art.514 CPC e art.57, comma 1°, lett.A) del DPR n.602/73 e così pure un terzo ex art.58 del citato DPR e art.619 CPC.

Da quanto sopra ricostruito e affermato discende che il Giudice dell’esecuzione civile è competente a provvedere sulla sospensione degli effetti del fermo amministrativo – che si inserisce in un procedimento di esecuzione forzata come preliminare e cautelare in vista di un pignoramento - come alla sospensione della esecuzione cui il fermo è preliminare per accertare se il bene mobile registrato e soggetto al fermo è (successivamente) pignorabile o no.

La soluzione proposta dal Tribunale di Catanzaro nella citata sentenza del 18/2/2003 – ricorso ex art.700 CPC per la cancellazione del fermo – non trova consenziente questo giudice perché il provvedimento d’urgenza ex art.700 CPC è diretto ad anticipare gli effetti della decisione sul merito e quindi dell’accertamento del diritto che si vuole affermare o tutelare. Tuttavia, nella specie, il diritto di credito per la cui riscossione è stato incaricato il concessionario è già accertato e il ruolo è già un titolo esecutivo che apre una fase espropriativa in cui il fermo si inserisce come provvedimento cautelare e rafforzativo della pretesa fatta valere dal concessionario in virtù dell’incarico.

Un eventuale provvedimento d’urgenza dovrebbe poi trovare conferma in un processo di cognizione ordinaria (di merito) susseguente all’accoglimento dell’istanza di tutela cautelare: davanti a quale giudice dovrebbe svolgersi questo procedimento di cognizione per un diritto di credito già accertato ? Dinanzi al giudice di pace per i crediti derivanti da sanzioni irrogate per contravvenzioni al codice della Strada? O dinanzi al giudice del lavoro per crediti concernenti contributi INPS o INAIL ? E ancora dinanzi alle Commissioni Tributarie per i crediti tributari ?.

La soluzione proposta non appare realisticamente percorribile nell’attuale ordinamento, per cui il rimedio più corretto appare quello del ricorso al giudice dell’esecuzione civile a cui anche il DLGS n.46/99 sul riordino delle disciplina della riscossione mediante ruolo riserva (insieme alla giurisprudenza della Suprema Corte in tema di aumento del sesto nella vendita all’incanto di un bene immobile e di conversione del pignoramento) un potere di intervento non irrilevante nel procedimento di esecuzione esattoriale.

Ricostruito il sistema attuale alla luce delle modifiche di legge, del vecchio regolamento e dei principi dell’ordinamento, deve domandarsi ancora se il fermo amministrativo sia consentito per bloccare i beni mobili registrati del debitore per crediti riscossi mediante ruolo ma non aventi natura tributaria.

A tale domanda non può essere data risposta positiva perché, come si è cercato di evidenziare sopra, il fermo amministrativo veniva disposto dalla DRE in caso di mancato reperimento del veicolo a motore (indicato nel visto emesso ai sensi dell’art.79 del DPR n.433/88) e ora che il concessionario può disporlo senza prima tentare di reperire il bene, lo stesso concessionario deve però darne notizia alla DRE e alla Regione di residenza del debitore, con un evidente riferimento ai crediti di natura tributaria dello Stato o delle Regioni. Infatti nessuna comunicazione o notizia è prevista per altri enti i cui crediti possono però essere riscossi mediante ruolo, come nella fattispecie, nella quale si procede per contributi previdenziali INPS e assicurativi INAIL nonché per una pena pecuniaria derivante dalla violazione di una norma del Codice della Strada.Deve allora riconoscersi che per questi crediti – che non hanno il privilegio speciale di cui agli artt.2758 e 2759 C.C. (ai sensi del 1° comma dell’ultimo articolo citato anche su beni strumentali che servono all’esercizio dell’impresa commerciale)- non è ammissibile il fermo amministrativo, con la conseguenza che il concessionario dovrà necessariamente ricercare il bene e pignorarlo al fine di venderlo e così soddisfare, sul ricavato, il credito per cui procede.

Nella fattispecie non poteva essere effettuato il fermo amministrativo dell’autoveicolo della opponente e siccome non vi è prova che a detto fermo sia seguito, nei termini di cui sopra (60 giorni), il pignoramento, deve dichiararsi l’inammissibilità del fermo e la cancellazione del medesimo dal pubblico registro ove è stato iscritto (PRA).

Quanto sopra esonera il giudice dall’esaminare le altre questioni sollevate dalle parti in ordine alla pignorabilità del veicolo, a detta della ricorrente necessario per l’attività d’impresa.

Infine data la novità delle questioni e l’incertezza normativa dovuta alla mancata emanazione del nuovo regolamento previsto dal 4° comma dell’art.86 DPR n.602/73, come modificato successivamente dal DLGS n.46/99 e dal DLGS n.193/2001, appare equo che le spese di giudizio siano interamente compensate tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale di Novara, in composizione monocratica, in persona del dott. Edoardo Barelli Innocenti, definitivamente pronunciando, affermata la propria competenza, dichiara inammissibile il fermo amministrativo dei veicoli a motore per i crediti non tributari e pertanto dichiara la inefficacia del fermo amministrativo iscritto dalla Sestri Spa al PRA per il veicolo Mercedes 413 targato BK 134 EE di proprietà della società ricorrente ....., ordinandone la immediata cancellazione presso il Pubblico Registro Automobilistico competente.

Dichiara interamente compensate le spese del presente giudizio.

Dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva per legge tra le parti in causa.

Così deciso in Novara il 9/5/2003

Il Giudice

Il Cancelliere