R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

N.4820/2005

Reg. Dec.

N. 6672 Reg. Ric.

Anno 1998 
 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 6672/1998 proposto da .... e .......  rappresentati e difesi dagli avvocati Giuseppe Saverio Sorda e Salvatore Coronas e presso lo studio dell’ultimo elettivamente domiciliati in Roma Via G. Ferrari n. 4;

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma Via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento

   della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale  per il Lazio – II Sez. 3 luglio 1997 n. 1130;

   Visto il ricorso con i relativi allegati;

   Visto l’atto di costituzione e la memoria della Amministrazione;

   Visti gli atti tutti della causa;

   Relatore alla Udienza del 21 giugno 2005 il Consigliere Antonino Anastasi; udito l’avvocato Coronas e l’avvocato dello Stato Palmieri;

   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

F A T T O

Gli odierni appellanti, all’epoca in servizio nel Corpo della Guardia di Finanza col grado di appuntato scelto, hanno conseguito la nomina ad ufficiale di Polizia Giudiziaria in seguito alla frequenza di apposito corso interno.

Per l’effetto gli stessi hanno domandato di essere inquadrati nel grado di vicebrigadiere – ruolo sottufficiali.

Essendo state le relative istanze respinte dal Corpo, gli interessati hanno adito il TAR Lazio con separati ricorsi, chiedendo in via principale l’inquadramento quali vicebrigadieri ed in via subordinata la corresponsione delle differenze stipendiali ad essi spettanti in virtù delle superiori mansioni svolte in dipendenza della qualifica di U.P.G.

A sostegno dei gravami i ricorrenti hanno dedotto la violazione di legge (con particolare riferimento alla L. n. 121 del 1981 e alla L. n. 189 del 1959) osservando in sostanza che la legge di riforma della Polizia di Stato prevede come normale la progressione del personale di grado semplice nel superiore ruolo dei sottufficiali, mentre analoga possibilità non è contemplata per i militari della Guardia di Finanza.

Ne deriva una grave disparità di trattamento in danno dei finanzieri i quali, pur svolgendo funzioni analoghe a quelle del personale della Polizia di Stato con qualifica di Ufficiale P.G., non hanno possibilità di transitare nel ruolo sottufficiali.

Sotto tale profilo, gli interessati hanno prospettato l’illegittimità costituzionale della normativa di riferimento, ove diversamente interpretata in senso restrittivo.

Si è costituita nel giudizio di primo grado l’Amministrazione finanziaria la quale ha eccepito l’inammissibilità dei ricorsi, dei quali ha comunque richiesto il rigetto.

Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale ha riunito i ricorsi e li ha respinti nel merito, dichiarando assorbita l’eccezione di inammissibilità.

La sentenza è impugnata col ricorso in appello all’esame dai militari sopra indicati, i quali ne hanno chiesto l’integrale riforma tornando a riproporre le cesure già dedotte in prime cure.

Si è costituita l’Amministrazione la quale chiede il rigetto dell’appello, riproponendo altresì l’eccezione di inammissibilità dei ricorsi originari. 

All’udienza del 21 giugno 2005 l’appello è stato trattenuto in decisione.

D I R I T T O

L’appello è infondato e va perciò respinto, con conferma della sentenza impugnata.

Preliminarmente deve però scrutinarsi l’eccezione di inammissibilità dei ricorsi di primo grado già versata in primo grado dalla Amministrazione, assorbita dal TAR e qui riproposta.

Sostiene al riguardo l’Amministrazione che la posizione giuridica del pubblico dipendente il quale aspiri ad ottenere un migliore inquadramento (e quindi la modifica del suo status giuridico come definito da provvedimenti ormai inoppugnabili) ha consistenza di interesse legittimo e non può essere quindi fatta valere mediante azione di accertamento. 
La tesi dell’Amministrazione è in generale senz’altro fondata.

Come da tempo acquisito in giurisprudenza, infatti, e' inammissibile l'azione volta all'accertamento del diritto all'inquadramento del pubblico dipendente in una qualifica superiore, essendo tale azione proponibile in sede di giurisdizione esclusiva solo quando viene fatta valere una posizione di diritto soggettivo, mentre la materia dell'inquadramento nel pubblico impiego si connota per la presenza di atti autoritativi, con la conseguenza che ogni pretesa al riguardo, in quanto radicata su posizioni di interesse legittimo, può essere azionata solo mediante la tempestiva impugnazione dei provvedimenti che si assumano illegittimamente incidenti su tali posizioni (ex multis IV Sez. 4.2.2004 n. 387 e VI Sez. 11.9.2001 n. 4716).

In particolare, gli atti di inquadramento dei pubblici dipendenti hanno carattere autoritativo sia quando implicano un apprezzamento delle mansioni svolte dall'interessato sia quando si risolvono nel semplice confronto formale fra la precedente posizione e quella di nuova attribuzione.

Pertanto, occorrendo in ogni caso l'eliminazione del provvedimento di inquadramento che si assume illegittimo, è inammissibile il ricorso proposto per l'accertamento del diritto ad una qualifica diversa da quella che sia stata attribuita con deliberazione divenuta nel frattempo inoppugnabile.

Tanto chiarito, occorre però rilevare che nel caso in esame gli appellanti hanno domandato (oltre all’inquadramento nel ruolo sottufficiali) in subordine il riconoscimento del loro diritto a percepire il migliore trattamento economico spettante per effetto dell’esercizio delle mansioni superiori di ufficiale di P.G., azionando quindi contestualmente una pretesa di carattere patrimoniale o paritetico, quindi suscettibile di una pronuncia di accertamento.

In tale contesto ritiene perciò il Collegio di dover disattendere l’eccezione versata dall’Amministrazione, affrontando il merito della controversia.

Nel merito, come anticipato, a giudizio del Collegio le pretese avanzate dagli appellanti sono infondate e la dedotta questione di legittimità costituzionale risulta anch’essa manifestamente infondata.

Al riguardo va innanzi tutto osservato che la legge 1.4.1981 n. 121 – con la quale è stato disposto lo scioglimento del militarizzato Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza e l’istituzione della Polizia di Stato ad ordinamento civile – pur ascrivendo il Corpo della Guardia di Finanza al novero delle Forze di Polizia per il concorso al mantenimento dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica (art. 4) nulla ha innovato per quanto riguarda le modalità di reclutamento del personale appartenente al ruolo sottufficiali del Corpo stesso e di individuazione del relativo status funzionale, all’epoca definite dalla legge 11.2.1975 n. 627 e successive modifiche.

In forza di tale normativa e con riferimento ad epoca anteriore all’entrata in vigore del D. L.vo n. 199 del 1995, deve escludersi che gli appuntati scelti esercitassero funzioni omogenee rispetto a quelle dei sottufficiali, per l’evidente motivo che gli appuntati – pur nominati ufficiali di P.G. – non potevano conseguire la qualifica di ufficiali di Polizia tributaria.

D’altro canto, proprio la attribuzione di tale qualifica – riservata in via esclusiva ai sottufficiali oltre che agli ufficiali della Guardia di Finanza – dimostra la specialità dell’ordinamento del Corpo rispetto alle altre Forze di Polizia, connotate in definitiva da caratteristiche strutturali ed ordinamentali ben differenti.

A tal riguardo, del tutto correttamente la sentenza impugnata individua la qualifica di ufficiale di P.T. come peculiare attribuzione ed elemento distintivo del personale del Corpo della Guardia di Finanza il quale, a differenza degli appartenenti ad altri corpi sia militari che civili, risulta in possesso di una particolare specializzazione in materia di repressione delle violazioni finanziarie e tributarie.

Una volta chiarito che gli appuntati della Guardia di finanza non hanno titolo a conseguire la qualifica di Polizia tributaria appare evidente da un lato l’infondatezza sostanziale della pretesa degli appellanti all’inquadramento nel ruolo sottufficiali per effetto del conseguimento del diverso titolo di P.G.; dall’altro (anche a prescindere da ogni considerazione in ordine al rilievo economico delle mansioni superiori svolte in via di fatto nell’ambito del pubblico impiego) che le mansioni svolte dagli appuntati-ufficiali di P.G. non possono essere equiparate a quelle dei sottufficiali, proprio perchè solo questi ultimi possiedono il titolo di Polizia tributaria.

Come si è detto in narrativa, gli appellanti tornano a prospettare l’illegittimità costituzionale della normativa di riferimento - artt. 16 e 36 L. n. 121 del 1981; art. 43 stessa legge; art. 3 legge delega n. 216 del 1992 - per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Le questioni di costituzionalità sono però manifestamente infondate.

Per quanto riguarda gli artt. 16 e 36 legge 1.4.1981 n. 121 (che hanno permesso agli agenti della Polizia di Stato di essere inquadrati nel ruolo sovrintendenti e che prevedono una equiparazione funzionale tra gli addetti ai vari Corpi) – il Collegio condivide infatti quanto già rilevato dal Tribunale circa l’ambito di applicabilità di una normativa che non incide sull’autonomia di cui gode la Guardia di finanza in ordine all’organizzazione e all’impiego del proprio personale.

In tal senso, è sufficiente ricordare come a più riprese la Corte costituzionale abbia riconosciuto la piena legittimità delle differenziazioni esistenti nell’ordinamento delle varie Forze di Polizia.

In particolare, con l’ord.za 21.7.1993 n. 324 la Corte ha già specificamente chiarito che le situazioni degli appuntati del disciolto Corpo delle guardie di pubblica sicurezza non sono comparabili con quelle degli appuntati del Corpo della Guardia di finanza ed ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 16 e 36 L. 1 aprile 1981 n. 121, i quali, appunto, pur comprendendo fra le forze di polizia gli appartenenti al Corpo delle guardie di finanza, riconoscono lo scorrimento ad un grado superiore agli appuntati appartenenti al Corpo di polizia, ma non prevedono la possibilità di inquadramento nel grado di brigadiere degli appuntati appartenenti al Corpo della guardia di finanza.

Per quanto riguarda l’art. 43 della citata legge n. 121 del 1981 – ai sensi del quale il trattamento economico previsto per il personale della Polizia è esteso agli appartenenti alle altre Forze – la stessa sentenza della Corte 12.6.1991 n. 277, più volte richiamata dagli appellanti, ha chiarito che l’omogeneizzazione stipendiale non pregiudica la discrezionalità del Legislatore per quanto attiene alla scelta dei sistemi e delle procedure di progressione in carriera dei dipendenti pubblici interessati, salvo il limite ex art. 97 della compatibilità di tale scelta col principio di buon andamento della P.A.

Per quanto riguarda infine l’art. 3 della legge 6.3.1992 n. 216 – recante delega al Governo per l’emanazione di decreti legislativi finalizzati all’equiordinazione dei compiti e del trattamento economico del personale delle Forze di Polizia – è sufficiente osservare come, in attuazione di tale disposizione, sia stato emanato il D. L.vo 12.5.1995 n. 199 in forza del quale gli appellanti sono stati inquadrati nell’ambito dei sottufficiali – ruolo sovrintendenti e grado di brigadiere.

Contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, tale ruolo non costituisce un ulteriore genus intermedio tra la categoria militare di base e quella dei sottufficiali, ma rientra in quest’ultima, come espressamente indicato dalla disposizione citata e come dimostra la circostanza (richiamata dall’Amministrazione) che i sovrintendenti possono conseguire – a differenza di quanto avveniva per gli appuntati nel pregresso ordinamento – anche la qualifica di ufficiale di Polizia tributaria.

La questione di costituzionalità dedotta sull’errato presupposto della non inclusione dei sovrintendenti nella categoria dei sottufficiali è quindi manifestamente infondata.

Peraltro, sul piano dell’interesse, non risulta comprensibile la ragione delle critiche mosse dagli interessati al citato decreto, considerato il favorevole inquadramento in base ad esso conseguito.

Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va perciò respinto.

Le spese del grado seguono come di norma la soccombenza e sono liquidate forfettariamente in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione IV, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe.

Condanna gli appellanti in solido al pagamento di Euro 3.000,00 (tremila//00) oltre IVA e accessori in favore dell’Amministrazione per le spese del grado.

   Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

   Così deciso in Roma il 21 giugno 2005 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera di Consiglio con l'intervento dei Signori:

   Filippo PATRONI GRIFFI    Presidente, f.f.

   Antonino ANASTASI estensore            Consigliere

   Aldo SCOLA     Consigliere

   Anna LEONI                      Consigliere

   Bruno MOLLICA    Consigliere                                         

L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE f.f.

Antonino Anastasi    Filippo Patroni Griffi

                               IL SEGRETARIO

Rosario Giorgio Carnabuci

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

20 settembre 2005

(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)

     Il Dirigente

     Giuseppe Testa

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N.R.G. 6672/1998


 

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