N.5222/2004

Reg. Dec.

N. 3691 Reg. Ric.

Anno 2003 
 

R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

   Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso iscritto al NRG 3691\2003, proposto da .........., rappresentato e difeso dall’ avvocato Paolo Accardo ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via G. Bazzoni, n. 3;

contro

Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, Comando generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato e presso questa ex lege domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione I, n. 1519 del 2002.

Visto il ricorso in appello;

visto l'atto di costituzione in giudizio delle intimate amministrazioni;

visti gli atti tutti della causa;

data per letta alla pubblica udienza del 18 maggio 2004 la relazione del consigliere Vito Poli, uditi gli avvocati Accardo e Giordano (Avvocato dello Stato);

ritenuto e considerato quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso ritualmente notificato, l’appellante – sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri – insorgeva contro la sentenza del T.A.R. indicata in epigrafe, che aveva confermato la decisione del Comando generale dell’Arma dei C.C. circa la non spettanza dell’indennità di cui all’art. 1, l. n. 100 del 1987, nel presupposto del suo stato di celibe, con obbligo di accasermamento fino al 15 aprile 1992.

2. Si costituivano le intimate amministrazioni deducendo l'infondatezza del gravame in fatto e diritto.

3. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 18 maggio 2004.

4. L’appello è infondato e deve essere respinto.

5. La questione oggetto del presente giudizio consiste nello stabilire se al sottufficiale celibe dell’Arma dei C.C., che antecedentemente al 15 aprile 1992 sia stato trasferito autoritativamente per ragioni di servizio, spetti o meno l’indennità prevista dall’art. 1, l. n. 100 del 1987.

6. La sezione, sul punto, non ha ragione di discostarsi dai propri precedenti – richiamati espressamente dall’impugnata sentenza – in forza dei quali l’indennità in contestazione spetta anche al personale dei carabinieri, salvo che si tratti di soggetto celibe obbligato, prima della novella apportata al relativo regolamento interno a decorrere dal 15 aprile 1992, ad alloggiare in caserma (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 1998, n. 262).

7. E’ vero che il ricorrente, a sostegno del proprio appello, cita un difforme precedente di questa sezione (decisione 14 luglio 2000, n. 5199, pressocchè non motivata sul punto), ma tale richiamo non scalfisce l’opposta conclusione, per le seguenti ragioni:

a) l’art. 1, comma 3, l. n. 100 del 1987, stabilisce con chiarezza che l’indennità non compete al personale di leva ed a quello celibe obbligato ad alloggiare in caserma;

b) l’art. 48, d.P.R. n. 545 del 1986 – regolamento di disciplina militare – dispone che i sergenti, i graduati e i militari semplici hanno l’obbligo di fruire degli alloggiamenti di reparto, salvo diversa autorizzazione del comandante di reparto e ferme restando le particolari disposizioni vigenti per il personale dell’arma dei C.C.;

c) l’art. 264 del regolamento generale dell’Arma dei C.C., nel testo vigente al momento del trasferimento dell’appellante, prevedeva che i sottufficiali, gli appuntati ed i carabinieri celibi fossero alloggiati in caserma, salvo quanto previsto dal successivo art. 336; quest’ultimo sanciva che le stesse categorie di personale << … possono, a richiesta, alloggiare fuori caserma …>> con l’osservanza di taluni obblighi;

d) successivamente il menzionato art. 264 ha subito ulteriore modifica e (nella 18° versione vigente a far data dal 15 aprile 1992) ha previsto espressamente che il personale celibe in s.p.e. non ha l’obbligo di alloggiare in caserma, pur dovendo sempre rispettare gli obblighi minimi previsti dall’art. 336, qualora richieda di alloggiare fuori (dimora nel comune di stanza del reparto, comunicazione del recapito, pronta disponibilità);

e) dall’esame diacronico delle su riferite norme emerge che per i sottufficiali dell’Arma, fino all’aprile del 1992 sussisteva, come regola generale, l’obbligo di accasermamento, derogabile previa richiesta (cui non può che corrispondere una autorizzazione del comandante di reparto o di corpo) e previo accertamento del rispetto degli obblighi minimi dianzi illustrati;

f) in chiave comparata occorre rilevare che analoga soluzione del problema era stata approntata per il Corpo della G. di f. (sia pure con un ambito temporale diverso), tanto che la giurisprudenza della sezione non ha mancato di rilevare, costantemente, che ai sottufficiali finanzieri celibi era imposto l’obbligo di alloggiare in caserma ex art. 7, d.m. 30 novembre 1991, senza poter fruire dell’indennità in esame, fatta salva l’autorizzazione del comandante di reparto ad alloggiare fuori sede (cfr. ex plurimis sez. IV, 25 gennaio 2003, n. 384; 1 febbraio 2001, n. 419);

g) è costituzionalmente legittimo che l’obbligo di alloggiamento in caserma possa discendere esclusivamente da una disposizione regolamentare, stante: I) l’assoluta peculiarità dell’ordinamento militare che riceve speciale menzione dalla stessa Carta costituzionale – art. 52, comma 3-; II) il suo esprimersi in un corpus omogeneo e completo di regole, all’interno dell’ordinamento giuridico generale, in cui trovano collocazione disposizioni intese a far fronte ad esigenze organizzative, di coesione interna e massima operatività che attengono a mere modalità di svolgimento del servizio sul territorio, il chè esclude la configurabilità di una mancanza di tutela di diritti fondamentali della persona (cfr. ex plurimis sez. IV, n. 384 del 2003 cit.; n. 1677 del 2001).

8. Deve essere affrontata e respinta – perchè manifestamente infondata – la questione di costituzionalità della norma sancita dal terzo comma dell’art. 1, l. n. 100 cit., sollevata dall’appellante sotto plurime angolazioni  (disparità di trattamento e contrasto con l’art. 3 Cost. nella misura in cui ricomprende tra i beneficiari del trattamento: i divorziati e i vedovi senza prole; i sottufficiali con grado di brigadiere o superiore laddove sono invece ricompresi quelli delle altre Armi dell’Esercito, nonché il personale della Polizia di Stato; coloro che pur non tenuti, alloggiano in caserma).

Oltre gli aspetti di sicura costituzionalità messi precedentemente in luce, è evidente che il legislatore, in presenza di situazioni differenti sotto il profilo oggettivo e soggettivo, ha esercitato in modo ragionevole la propria discrezionalità normativa affidando alle singole Armi e Corpi di polizia ad ordinamento civile e militare (con l’intermediazione dell’esercizio della potestà regolamentare), il compito di bilanciare le contrapposte esigenze di vita, di servizio e finanziarie (queste ultime espressamente poste in risalto dal quarto comma dell’art. 1 cit.), avuto riguardo all’erogazione dell’indennità in questione.

Anche il richiamo operato dalla difesa appellante alla disciplina legale dell’indennità divisata dalla successiva l. n. 86 del 2001 (inapplicabile ratione temporis), rafforza il giudizio sulla manifesta infondatezza della dedotta questione di incostituzionalità: allorquando la legge ha voluto considerare (in una certa misura) il personale celibe nel novero dei beneficiari, lo ha fatto espressamente, modellando in modo originale i presupposti oggettivi e soggettivi di erogazione della nuova provvidenza economica.

9. In conclusione l’appello deve essere respinto.

Nelle oscillazioni giurisprudenziali sopra illustrate, la sezione ravvisa giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunziando sull’appello, meglio in epigrafe indicato, così provvede:

- respinge l'appello proposto, e per l'effetto conferma la sentenza indicata in epigrafe;

- dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 maggio 2004, con la partecipazione dei signori:

Stenio Riccio   - Presidente

Costantino Salvatore - Consigliere

Dedi Rulli   - Consigliere

Vito Poli Rel. Estensore - Consigliere

Carlo Saltelli   - Consigliere

L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

     Vito Poli      Stenio Riccio  
 

                               IL SEGRETARIO

Maria Grazia Nusca

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

19 luglio 2004

(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)

     Il Dirigente

     Giuseppe Testa