Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 3 ottobre 2005, n. 5244
FATTO
1.- Con la sentenza appellata il TAR ha accolto il ricorso
proposto dall'odierno appellato - già Ingegnere Capo Servizio dell'Ufficio
Tecnico del Comune di Formia - per l'annullamento del provvedimento 17 gennaio
1994, n. 4, con il quale il Sindaco lo ha provvisoriamente assegnato alla
Direzione di Polizia municipale.
Per il Comune appellante la sentenza sarebbe erronea sia perché i primi giudici
avrebbero dovuto accogliere le eccezioni, dal medesimo sollevate, di
inammissibilità dell'originario ricorso, sia perché, nella specie, non poteva
ritenersi violata la disciplina sulla comunicazione dell'avvio del procedimento;
inoltre, sarebbero state, comunque, prive di consistenza anche le ulteriori
censure svolte dal ricorrente in primo grado.
Si è costituito in giudizio l'appellato che insiste per il rigetto dell'appello
e la conferma della sentenza appellata.
Con memorie conclusionali le parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.
DIRITTO
1.- Con la sentenza appellata il TAR ha accolto il ricorso
proposto dall'odierno appellato - già Ingegnere Capo Servizio dell'Ufficio
Tecnico del Comune di Formia - per l'annullamento del provvedimento 17 gennaio
1994, n. 4, con il quale il Sindaco lo ha provvisoriamente assegnato alla
Direzione di Polizia municipale.
Il TAR ha accolto il primo motivo di censura, di violazione dell'art. 7 della
legge n. 241/1990, per omessa comunicazione dell'avvio del procedimento.
Per il Comune appellante la sentenza sarebbe erronea sia perché i primi giudici
avrebbero dovuto accogliere le eccezioni, dal medesimo sollevate, di
inammissibilità dell'originario ricorso, sia perché, nella specie, non poteva
ritenersi violata la disciplina sulla comunicazione dell'avvio del procedimento;
inoltre, sarebbero state, comunque, prive di consistenza anche le ulteriori
censure svolte dal ricorrente in primo grado.
L'appello è infondato.
2.- Quanto alla eccepita inammissibilità dell'originario ricorso, che si
correlerebbe al fatto che il provvedimento impugnato poggiava su più ordini di
motivazioni e che le censure lo avrebbero investito solo in parte, mentre non
avrebbero aggredito l'atto stesso nella parte relativa alla sussistenza dei
presupposti per l'assegnazione ad altro Servizio, vi è da rilevare che la
censura di violazione del citato art. 7 della legge n. 241/1990 investiva il
provvedimento impugnato non solo in parte, ma nella sua interezza; donde
l'infondatezza dell'eccezione sollevata in primo grado e qui ribadita con il
primo motivo di gravame.
3.- Quanto alla eccepita omessa impugnativa di atti successivi, con i quali il
posto dell'interessato sarebbe stato assegnato ad altri dipendenti, va rilevato
che l'interesse che radicava il ricorso era alla rimozione dell'atto di
assegnazione del ricorrente ad un differente Servizio; provvedimento in cui non
era segnalata in alcun modo l'assegnazione a terzi del Servizio in precedenza
ricoperto dall'interessato; con la conseguenza che non erano sussistenti, in
origine, posizioni di controinteressati e che successivi provvedimenti di
assegnazione ad altri funzionari del Servizio in precedenza ricoperto
dall'originario ricorrente non dovevano essere fatti oggetto, a loro volta, di
impugnativa, in quanto destinati, se del caso, ad essere travolti dall'eventuale
accoglimento del ricorso.
4.- Quanto all'interesse sostanziale alla positiva definizione dell'originario
ricorso - di cui l'appellante dubita - lo stesso rileva sia sotto il profilo
dell'interesse morale (la rimozione dalla preposizione al servizio di cui si
tratta si ricollega direttamente ad una vicenda di rilievo penalistico in seno
alla quale l'interessato ha assunto, per un certo periodo di tempo, la veste di
indagato, ma che si è conclusa senza rinvio a giudizio e con l'archiviazione,
disposta dal GIP nel 1996, dell'azione promossa nei confronti dell'interessato
medesimo), sia sotto quello sostanziale (in quanto l'appellato ha verosimilmente
patito un pregiudizio patrimoniale riconducibile, quanto meno, alla percezione
di indennità di funzione in misura largamente minore rispetto a quella che,
altrimenti, avrebbe percepito se non assegnato a differente servizio); donde
l'interesse alla rimozione dell'atto impugnato e alla conseguente restitutio in
integrum o al risarcimento del danno, conseguibili, peraltro, dall'interessato
solo previo accoglimento dell'originario ricorso e annullamento dell'atto
impugnato.
5.- L'appello è infondato anche per quanto attiene ai profili di merito.
Nella specie, infatti, non ricorrevano requisiti di urgenza tali da consentire
alla P.A. di non dare corso alla previa comunicazione di avvio del procedimento.
L'originario ricorrente è risultato essere indagato per reati di corruzione e
concussione (procedimento, poi, archiviato dal GIP senza richiesta di rinvio a
giudizio); in tale situazione, di semplice pendenza di indagini - ancorché per
reati gravi se correlati allo specifico esercizio di funzioni pubblicistiche -
l'amministrazione, prima di assumere una determinazione atipica, quale quella di
assegnazione dell'interessato ad altro servizio, avrebbe dovuto porre il
medesimo in grado di conoscere gli intendimenti che la stessa andava a
concretizzare per consentire al dipendente di esporre le proprie argomentazioni
difensive.
Il provvedimento adottato, del resto, non riveste alcun carattere vincolato;
anzi, per la sua atipicità, appare il frutto di una scelta di carattere
ampiamente discrezionale, ciò che pure implicava la previa comunicazione di
avvio del procedimento.
In presenza di indagini penali, del resto, la via ordinaria che
l'amministrazione è normalmente chiamata a seguire è, ove ne ritenga sussistenti
i presupposti, quella dell'avvio del procedimento disciplinare e della correlata
sospensione cautelare facoltativa dal servizio (quando non ricorrano, come nella
specie, motivi di sospensione obbligatoria); non essendosi attivata in tal
senso, ma avendo scelto la differente, prudenziale strada della rimozione da un
Servizio e assegnazione ad altro, l'amministrazione avrebbe dovuto
preliminarmente far conoscere i propri intendimenti all'interessato, comunicando
debitamente l'avvio del procedimento nei suoi confronti.
In mancanza di che, deve convenirsi con i primi giudici in merito alla
illegittimità del provvedimento impugnato.
6.- Per tali motivi l'appello in epigrafe appare infondato e, per l'effetto,
deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione
Quinta, respinge l'appello in epigrafe.
Condanna l'appellante al pagamento, in favore dell'appellato, delle spese del
grado, che liquida in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.