CONSIGLIO DI STATO

SEZIONE QUINTA

SENTENZA 11 ottobre 2005 n. 5475

(Pres. Elefante, Est. Millemaggi Cogliani)


FATTO E DIRITTO

1. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, con sentenza n. 673 del 1990 ha respinto il ricorso proposto dal Sig. A.D.– dipendente comunale, il quale è stato assegnato, con ordine di servizio del 9 novembre 1985, agli uffici della Conciliazione di Catanzaro, successivamente formalizzato con apposita deliberazione - avverso il silenzio rifiuto serbato dall’Amministrazione comunale sulla sua richiesta di inquadramento nella VII qualifica funzionale in ragione delle mansioni svolte di cancelliere della conciliazione, con ogni conseguenza di carattere economico e per l’accertamento del diritto alla corresponsione, a carico dell’intimata amministrazione comunale, delle differenze stipendiali tra la IV qualifica di appartenenza e la VII qualifica, alla quale le mansioni di cancelliere della Conciliazione sarebbero riconducibili.

 

L’interessato ha proposto appello avverso l’anzidetta sentenza sviluppando, con l’unico motivo dedotto, argomenti difensivi esclusivamente intesi a sindacare la parte della decisione che nega il diritto alle differenze retributive fra quelle proprie della qualifica di appartenenza e quelle della VII qualifica cui sarebbero ascrivibili le mansioni espletate. Nella successiva memoria difensiva, lo stesso appellante adombra la reviviscenza della pretesa di uno status conforme (l’inquadramento nella VII qualifica), non trattata nell’atto introduttivo.

 

Si è costituito il Comune di Catanzaro resistendo all’impugnazione.

 

Successivamente, la causa, chiamata alla pubblica udienza del 10 maggio 2005, è stata trattenuta in decisione.

 

2. La questione di status non riproposta con il ricorso introduttivo, ma semplicemente trattata in memoria non notificata, è chiaramente inammissibile.

 

L’appello è manifestamente infondato.

 

Già con decisione n. 267 del 10 marzo 1998 la Sezione ha avuto modo di chiarire che le funzioni di cancelliere presso l' Ufficio di conciliazione espletate dal dipendente comunale, non interagiscono sulla posizione di lavoro o la qualifica formale già assegnata al dipendente in seno all' apparato burocratico del Comune, e non possono di per sé determinare l' attribuzione di qualifica funzionale e retributiva superiore, in corrispondenza alle mansioni svolte.

 

In epoca più recente, in relazione a pretesa analoga a quella azionata in questa sede (Cons. Stato, Sez. V, n. 476 del 6 febbraio 2001), è stato chiarito che la giurisprudenza nel frattempo consolidata ha escluso l’operatività ex sé, in materia di pubblico impiego, dell’art. 36 Cost., occorrendo una espressa norma che attribuisca rilievo alla mansioni superiori svolte dai pubblici dipendenti, e che tale rilievo può essere riconosciuto soltanto nei limiti da essa norma sanciti, comunque occorrendo il duplice presupposto dell’atto formale di conferimento e del posto vacante ( e cioè, necessariamente, a monte previsto) in organico (cfr. tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, n. 1056 del 14 settembre 1999).

 

Il procedimento logico attraverso cui, nel caso in esame, il giudice di primo grado è pervenuto alla decisione di rigetto, è ineccepibile e deve essere condiviso.

 

Sull’inquadramento nell’odierno dipendete nella IV qualifica si è formato il giudicato per effetto della sentenza dello stesso Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria n. 295 del 20 aprile 1993, che ha respinto l’impugnazione proposta dal dipendente avverso l’atto dell’Amministrazione.

 

La successiva sentenza n. 1110 del 18 novembre 1994 concerneva esclusivamente la formalizzazione dell’assegnazione del dipendente all’Ufficio di conciliazione di Catanzaro e non già, come preteso da parte ricorrente il conferimento delle funzioni, che deve farsi risalire, piuttosto che ad un atto dell’amministrazione comunale di appartenenza cui fanno carico i servizi di conciliazione, al decreto del Presidente del Tribunale che ha attribuito le funzioni nell’ambito dell’Ufficio di conciliazione di Catanzaro. In ciò è sufficientemente esplicativa la sentenza citata che sottolinea espressamente che la qualifica dell’interessato restava quella formalmente conferita e cioè la IV qualifica funzionale.

 

Ciò posto ha rilevato il giudice di primo grado che l’eccezionalità che riveste l’adibizione del dipendente allo svolgimento delle mansioni superiori è destinata ad assumere rilievo nei soli casi in cui le mansioni espletate siano in qualche modo riconducibili alla idoneità professionale del dipendente medesimo a svolgere le mansioni eccedenti la qualifica rivestita, la quale può presumersi, ordinariamente, soltanto in capo al "dipendente di fascia funzionale immediatamente inferiore, in base alla comune regola di esperienza che il titolare di una determinata qualifica sia, si norma, in possesso di sufficiente preparazione tecnica per svolgere compiti propri della qualifica successiva".

 

Nel caso in esame ci si trova a decidere sulla pretesa di un dipendente comunale di IV qualifica di vedersi attribuire la retribuzione del VII qualifica sulla sola base della ascrivibilità contrattuale a tale livello delle mansioni di "cancelliere" espletate per un periodo di tredici anni.

 

Orbene, alla stregua della giurisprudenza sopra richiamata, la pretestuosità della pretesa emerge, oltre che dalla impraticabilità di un riconoscimento per saltum, dalla ineludibile circostanza che, nell’assetto organizzativo del Comune di Catanzaro non esisteva, nel periodo cui si riferisce la pretesa, il profilo professionale di "Cancelliere di conciliazione".

 

Il dato chiarisce in maniera definitiva che le funzioni espletate non trovano corrispondenza in una posizione organica del Comune che, in definitiva, si è limitato ad "assegnare" all’Ufficio di conciliazione il dipendente in questione, mentre, al contrario, le funzioni espletate attengono al rapporto istaurato presso il detto Ufficio, per effetto del decreto del Presidente del Tribunali che le ha assegnate.

 

Per i fini che interessano i rapporti intercorrenti fra l’Amministrazione comunale ed il dipendente, l’eventuale ascrivibilità di dette mansioni ad una qualifica superiore a quella formalmente rivestita dall’attuale appellante non assume rilevanza, né ai fini della rivendicazione di un differente riconoscimento di status né a quelli retributivi.

 

L’appello, pertanto, deve essere respinto.

 

Le spese del giudizio, che si liquidano in dispositivo, devono essere poste a carico dell’appellante ed in favore del Comune di Catanzaro.

 

P. Q. M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe;

 

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del giudizio, che si liquidano in € 3.000,00, oltre IVA e CPA, in favore del Comune di Catanzaro.

 

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma, addì 10 maggio 2005,, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:

 

Agostino ELEFANTE PRESIDENTE
Giuseppe FARINA CONSIGLIERE
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Est. CONSIGLIERE
Cesare LAMBERTI CONSIGLIERE
Michele CORRADINO CONSIGLIERE

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

 

F.to Chiarenza Millemaggi Cogliani F.to Agostino Elefante

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 11 OTTOBRE 2005.