Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 20 ottobre 2004, n. 6879
FATTO E DIRITTO
1. È impugnata la sentenza specificata in epigrafe con la quale il T.A.R.
della Puglia ha dichiarato inammissibile l'actio ad exhibendum promossa
dall'appellante.
2. Giova premettere succintamente in fatto che l'Elefante aveva domandato al
giudice pugliese di poter accedere, nella forma dell'estrazione di copia, ai
documenti, oggetto dell'istanza depositata presso il Comune il 20.06.03,
relativi all'affidamento (giusta delibera di Giunta n. 76 del 15.05.03 e
susseguente determinazione del Settore tecnico n. 452 del 06.06.03) a certa
società Catucci (evocata nel primo giudizio) del servizio di gestione dei
rifiuti speciali provenienti da attività di demolizione, produttive e
commerciali.
2.1. A siffatta istanza il Comune non aveva dato risposta nel termine di
legge.
2.2. In dettaglio, nella richiesta in parola, l'Elefante aveva esposto di aver
titolo all'accesso quale contribuente della TARSU comunale (la cui tariffa era
stata asseritamente aumentata in misura pari al 30% anche allo scopo di
finanziare il servizio affidato alla Società controinteressata).
2.2. Il T.A.R., pur riconoscendo l'astratta idoneità del titolo dedotto dal
ricorrente (l'essere cioè soggetto passivo della TARSU) a legittimarne
l'accesso alla documentazione richiesta, nondimeno dichiarava il ricorso
inammissibile ritenendo ostativa all'accoglimento delle pretese avanzate
dall'Elefante la mancata dimostrazione da parte del ricorrente:
a) della propria posizione di contribuente;
b) dell'effettivo aumento del 30% della tariffa TARSU;
c) dell'incidenza di tale aumento sulla spesa affrontata dal Comune per
l'espletamento del servizio in questione, (ovverosia dell'omessa dimostrazione
che tale servizio fosse finanziato, anche in parte, con il prelievo fiscale di
cui si lamentava l'incremento).
3. Avverso la decisione insorge in appello l'Elefante.
3.1. Questi, dopo aver dato atto dell'ottenimento medio tempore di copia della
delibera n. 76/2003 (che dunque rimane estranea all'oggetto della lite
devoluto in secondo grado), insiste nella domanda di accesso limitatamente
agli altri atti richiesti con l'istanza originaria e, segnatamente, alla
«copia... di ogni altro atto propedeutico, cioè relazioni tecniche di calcolo
costi, relazioni giuridico-politiche sull'opportunità di addebitare i costi
per raccolta e smaltimento rifiuti speciali agli utenti del servizio N.U. e
ogni altro connesso alla scelta effettuata dall'Amministrazione e occorrente
allo scrivente che lo indicherà alla visione dell'intero fascicolo
accessibile; ed inoltre copia della/delle autorizzazioni urbanistiche
comunali, e di quelle precedenti regionali e/o provinciali allo svolgimento
dell'attività affidata dal Comune alla ditta privata Cantucci su quella che la
delibera e la determina citate definiscono "area ecologica di proprietà
Cantucci"» (così l'istanza del 20.6.2003).
3.2. Soggiunge l'appellante che il T.A.R. avrebbe comunque dovuto accogliere
il ricorso a norma degli artt. 6 d.lgs. n. 39/1997 e 10 d.lgs. n. 267/2000.
4. L'appello è infondato e soggiace alla relativa declaratoria di reiezione.
4.1. Occorre subito sgombrare il campo dalle argomentazioni difensive da
ultimo spiegate.
4.2. L'Elefante sostiene l'illegittimità dell'implicito diniego opposto
dall'ente civico appellato all'istanza di accesso, per violazione dell'art. 10
del d.lgs. n. 267/2000.
4.3. Secondo l'opinione del deducente tale disposizione, a differenza
dell'art. 22 della legge n. 241 del 1990, consentirebbe una sorta di accesso
indiscriminato agli atti dei comuni e delle province da parte dei cittadini
residenti nelle rispettive circoscrizioni territoriali, senza alcuna necessità
di allegare un interesse giustificativo della domanda, fatte soltanto salve le
esigenze di tutela della riservatezza di terzi.
4.4. La tesi patrocinata dall'Elefante non può essere condivisa.
4.5. L'appellante interpreta erroneamente l'art. 10 del d.lgs. n. 267/2000. Ed
invero, il primo comma di tale articolo, sancendo il principio della generale
pubblicità degli atti delle amministrazioni locali («tutti gli atti
dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici», ad eccezione di
quelli riservati per legge o dichiarati tali da un atto del sindaco o del
presidente della provincia allo scopo di tutelare la riservatezza delle
persone, dei gruppi o delle imprese), non implica affatto una configurazione
del diritto di accesso in termini differenti da quelli ricavabili dall'art. 25
l. proc. amm. e nemmeno regola secondo modalità diversificate l'esercizio del
"diritto".
La disposizione succitata stabilisce piuttosto che, in linea di massima, gli
atti comunali e provinciali non sono riservati ed inaccessibili (fatte salve
le esclusioni ivi contemplate), mentre nulla dispone riguardo ai requisiti di
accoglimento della domanda che, pertanto, non si discostano da quelli
stabiliti nella disciplina generale contenuta negli artt. 22 e seguenti del
Capo V della l. 7 agosto 1990, n. 241.
Detto altrimenti, l'art. 10 t.u. ee. ll. contiene una deroga all'art. 24 l. n.
241/1990 e non anche all'art. 22 della stessa legge.
4.6. Contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante, quindi, anche per tali
atti vale la norma da ultimo citata secondo cui il diritto di accesso è
riconosciuto unicamente a chi vanti un interesse per la tutela di situazioni
giuridicamente rilevanti.
Nemmeno convince la tesi, pure adombrata dall'appellante, di un diritto di
accesso agli atti dei comuni e delle province libero per i soli residenti,
posto che una siffatta esegesi, comunque non evincibile dal richiamato dettato
normativo, non sarebbe in linea con la fondamentale direttiva costituzionale
sull'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
4.7. Non ha maggior pregio l'invocazione dell'art. 6 del d.lgs. n. 39/1997,
attuativo della direttiva 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso alle
informazioni in materia di ambiente, che recita: «Contro le determinazioni
amministrative concernenti il diritto di accesso alle informazioni in materia
ambientale e nel caso previsto al comma 6 dell'articolo 4 [per i casi di
rifiuto e di limitazione dell'accesso] è dato ricorso in sede giurisdizionale
secondo la procedura di cui all'articolo 25, comma 5, della l. 7 agosto 1990,
n. 241».
4.8. Sennonché, secondo quanto espressamente allegato dal ricorrente
nell'istanza di accesso succitata, la richiesta di esibizione trovava
fondamento, non già in un interesse di natura ambientale, ma - si cita
testualmente - «Al fine di poter esperire ogni azione avverso tale illecita
spesa in danno degli utenti del servizio RSU».
4.9. Appare evidente, pertanto, che siffatta allegazione assegnava
espressamente all'istanza una valenza strumentale alla tutela, futura ed
eventuale, di interessi meramente patrimoniali, di natura esclusivamente
tributaria.
4.10. Quanto testé considerato trae seco l'ulteriore conclusione che la
conoscenza dei vari atti autorizzativi dell'attività di smaltimento dei
rifiuti, rilasciati all'impresa Cantucci, si presentava del tutto ininfluente
rispetto ai dichiarati obiettivi dell'accesso.
5. L'originaria istanza di esibizione nemmeno era suscettibile di
accoglimento, nella parte diretta ad ottenere in visione ed in copia gli altri
documenti dei quali l'Elefante ebbe a pretendere l'ostensione, sotto il
diverso profilo dell'assoluta genericità della stessa, non potendosi ammettere
un accesso indiscriminato a tutti gli atti di un procedimento amministrativo,
con riserva di selezionare, soltanto nel corso della seduta eventualmente
fissata dall'amministrazione, quelli risultanti d'interesse; l'ipotetica
adesione alla tesi patrocinata dall'appellante condurrebbe infatti ad un
completo travisamento dell'istituto configurato dagli artt. 22 e ss.,
trasformandone di fatto l'intimo finalismo di incentivazione alla trasparenza
amministrativa in un indebito strumento per soddisfare mere curiosità degli
amministrati o per perseguire interessi emulativi o, peggio ancora, per
operare un controllo generalizzato sulla legalità dell'azione amministrativa.
6. La mancata costituzione del Comune intimato preclude al Collegio ogni
pronuncia sulle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,
definitivamente pronunciando, respinge l'appello.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.