Privacy enti pubblici: il D.lgs 267/2000 non pone diversità con legge 241/90
(Consiglio di Stato Sezione V, Sentenza 20 ottobre 2004, n. 6879)

L'art. 10, comma 1, del d.lgs. 267/2000, nel sancire il principio della generale pubblicità degli atti delle amministrazioni locali, non implica una configurazione del diritto di accesso in termini differenti da quelli ricavabili dall'art. 25 della l. 241/1990, né regola secondo modalità diversificate l'esercizio di tale diritto. (Si ringrazia il portale Eius – www.eius.it – per la segnalazione ed il commento)

Consiglio di Stato

 

Sezione V

 

Sentenza 20 ottobre 2004, n. 6879

 

 

 

 

 

FATTO E DIRITTO

 

1. È impugnata la sentenza specificata in epigrafe con la quale il T.A.R. della Puglia ha dichiarato inammissibile l'actio ad exhibendum promossa dall'appellante.

2. Giova premettere succintamente in fatto che l'Elefante aveva domandato al giudice pugliese di poter accedere, nella forma dell'estrazione di copia, ai documenti, oggetto dell'istanza depositata presso il Comune il 20.06.03, relativi all'affidamento (giusta delibera di Giunta n. 76 del 15.05.03 e susseguente determinazione del Settore tecnico n. 452 del 06.06.03) a certa società Catucci (evocata nel primo giudizio) del servizio di gestione dei rifiuti speciali provenienti da attività di demolizione, produttive e commerciali.

2.1. A siffatta istanza il Comune non aveva dato risposta nel termine di legge.

2.2. In dettaglio, nella richiesta in parola, l'Elefante aveva esposto di aver titolo all'accesso quale contribuente della TARSU comunale (la cui tariffa era stata asseritamente aumentata in misura pari al 30% anche allo scopo di finanziare il servizio affidato alla Società controinteressata).

2.2. Il T.A.R., pur riconoscendo l'astratta idoneità del titolo dedotto dal ricorrente (l'essere cioè soggetto passivo della TARSU) a legittimarne l'accesso alla documentazione richiesta, nondimeno dichiarava il ricorso inammissibile ritenendo ostativa all'accoglimento delle pretese avanzate dall'Elefante la mancata dimostrazione da parte del ricorrente:

a) della propria posizione di contribuente;

b) dell'effettivo aumento del 30% della tariffa TARSU;

c) dell'incidenza di tale aumento sulla spesa affrontata dal Comune per l'espletamento del servizio in questione, (ovverosia dell'omessa dimostrazione che tale servizio fosse finanziato, anche in parte, con il prelievo fiscale di cui si lamentava l'incremento).

3. Avverso la decisione insorge in appello l'Elefante.

3.1. Questi, dopo aver dato atto dell'ottenimento medio tempore di copia della delibera n. 76/2003 (che dunque rimane estranea all'oggetto della lite devoluto in secondo grado), insiste nella domanda di accesso limitatamente agli altri atti richiesti con l'istanza originaria e, segnatamente, alla «copia... di ogni altro atto propedeutico, cioè relazioni tecniche di calcolo costi, relazioni giuridico-politiche sull'opportunità di addebitare i costi per raccolta e smaltimento rifiuti speciali agli utenti del servizio N.U. e ogni altro connesso alla scelta effettuata dall'Amministrazione e occorrente allo scrivente che lo indicherà alla visione dell'intero fascicolo accessibile; ed inoltre copia della/delle autorizzazioni urbanistiche comunali, e di quelle precedenti regionali e/o provinciali allo svolgimento dell'attività affidata dal Comune alla ditta privata Cantucci su quella che la delibera e la determina citate definiscono "area ecologica di proprietà Cantucci"» (così l'istanza del 20.6.2003).

3.2. Soggiunge l'appellante che il T.A.R. avrebbe comunque dovuto accogliere il ricorso a norma degli artt. 6 d.lgs. n. 39/1997 e 10 d.lgs. n. 267/2000.

4. L'appello è infondato e soggiace alla relativa declaratoria di reiezione.

4.1. Occorre subito sgombrare il campo dalle argomentazioni difensive da ultimo spiegate.

4.2. L'Elefante sostiene l'illegittimità dell'implicito diniego opposto dall'ente civico appellato all'istanza di accesso, per violazione dell'art. 10 del d.lgs. n. 267/2000. 

4.3. Secondo l'opinione del deducente tale disposizione, a differenza dell'art. 22 della legge n. 241 del 1990, consentirebbe una sorta di accesso indiscriminato agli atti dei comuni e delle province da parte dei cittadini residenti nelle rispettive circoscrizioni territoriali, senza alcuna necessità di allegare un interesse giustificativo della domanda, fatte soltanto salve le esigenze di tutela della riservatezza di terzi.

4.4. La tesi patrocinata dall'Elefante non può essere condivisa.

4.5. L'appellante interpreta erroneamente l'art. 10 del d.lgs. n. 267/2000. Ed invero, il primo comma di tale articolo, sancendo il principio della generale pubblicità degli atti delle amministrazioni locali («tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici», ad eccezione di quelli riservati per legge o dichiarati tali da un atto del sindaco o del presidente della provincia allo scopo di tutelare la riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese), non implica affatto una configurazione del diritto di accesso in termini differenti da quelli ricavabili dall'art. 25 l. proc. amm. e nemmeno regola secondo modalità diversificate l'esercizio del "diritto". 

La disposizione succitata stabilisce piuttosto che, in linea di massima, gli atti comunali e provinciali non sono riservati ed inaccessibili (fatte salve le esclusioni ivi contemplate), mentre nulla dispone riguardo ai requisiti di accoglimento della domanda che, pertanto, non si discostano da quelli stabiliti nella disciplina generale contenuta negli artt. 22 e seguenti del Capo V della l. 7 agosto 1990, n. 241.

Detto altrimenti, l'art. 10 t.u. ee. ll. contiene una deroga all'art. 24 l. n. 241/1990 e non anche all'art. 22 della stessa legge.

4.6. Contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante, quindi, anche per tali atti vale la norma da ultimo citata secondo cui il diritto di accesso è riconosciuto unicamente a chi vanti un interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti.

Nemmeno convince la tesi, pure adombrata dall'appellante, di un diritto di accesso agli atti dei comuni e delle province libero per i soli residenti, posto che una siffatta esegesi, comunque non evincibile dal richiamato dettato normativo, non sarebbe in linea con la fondamentale direttiva costituzionale sull'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.

4.7. Non ha maggior pregio l'invocazione dell'art. 6 del d.lgs. n. 39/1997, attuativo della direttiva 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso alle informazioni in materia di ambiente, che recita: «Contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso alle informazioni in materia ambientale e nel caso previsto al comma 6 dell'articolo 4 [per i casi di rifiuto e di limitazione dell'accesso] è dato ricorso in sede giurisdizionale secondo la procedura di cui all'articolo 25, comma 5, della l. 7 agosto 1990, n. 241».

4.8. Sennonché, secondo quanto espressamente allegato dal ricorrente nell'istanza di accesso succitata, la richiesta di esibizione trovava fondamento, non già in un interesse di natura ambientale, ma - si cita testualmente - «Al fine di poter esperire ogni azione avverso tale illecita spesa in danno degli utenti del servizio RSU».

4.9. Appare evidente, pertanto, che siffatta allegazione assegnava espressamente all'istanza una valenza strumentale alla tutela, futura ed eventuale, di interessi meramente patrimoniali, di natura esclusivamente tributaria.

4.10. Quanto testé considerato trae seco l'ulteriore conclusione che la conoscenza dei vari atti autorizzativi dell'attività di smaltimento dei rifiuti, rilasciati all'impresa Cantucci, si presentava del tutto ininfluente rispetto ai dichiarati obiettivi dell'accesso.

5. L'originaria istanza di esibizione nemmeno era suscettibile di accoglimento, nella parte diretta ad ottenere in visione ed in copia gli altri documenti dei quali l'Elefante ebbe a pretendere l'ostensione, sotto il diverso profilo dell'assoluta genericità della stessa, non potendosi ammettere un accesso indiscriminato a tutti gli atti di un procedimento amministrativo, con riserva di selezionare, soltanto nel corso della seduta eventualmente fissata dall'amministrazione, quelli risultanti d'interesse; l'ipotetica adesione alla tesi patrocinata dall'appellante condurrebbe infatti ad un completo travisamento dell'istituto configurato dagli artt. 22 e ss., trasformandone di fatto l'intimo finalismo di incentivazione alla trasparenza amministrativa in un indebito strumento per soddisfare mere curiosità degli amministrati o per perseguire interessi emulativi o, peggio ancora, per operare un controllo generalizzato sulla legalità dell'azione amministrativa.

6. La mancata costituzione del Comune intimato preclude al Collegio ogni pronuncia sulle spese del giudizio.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, respinge l'appello.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.