Militari: decesso per colpa al rientro dalla licenza non è infortunio in itinere
(Consiglio di Stato, decisione 20.1.2006 n° 144)

R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

   Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello iscritto al NRG 6477 dell’anno 1998 proposto da MINISTERO DIFESA, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

(omissis), rappresentato e difeso dagli avvocati F.F., con i quali è elettivamente domiciliato in Roma,

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Lecce, sez. I, n. 313 del 26 marzo 1998;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor Salvatore (omissis);

Visti gli atti tutti della causa;

Viste le memoria prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive tesi difensive;

Relatore alla pubblica udienza del 28 ottobre 2005 il consigliere  Carlo Saltelli;

Udito l’avvocato dello Stato Aiello; 

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

F A T T O

Con ricorso giurisdizionale notificato il 13 novembre 1996 il signor Salvatore (omissis) chiedeva al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Lecce, l’annullamento della decisione n. 256 del 7 giugni 1996, nella parte in cui la Commissione Medico – Ospedaliera di 2^ istanza presso l’Ispettorato di Sanità della Marina Militare aveva escluso la dipendenza da causa di servizio del decesso del figlio Maurizio (omissis), II capo ecogoniometrista presso il Comando di Mariscuola Taranto, avvenuto il 29 aprile 1992, a seguito di un incidente stradale occorsogli il 21 aprile 1992, intorno alle ore 15, mentre a bordo della propria auto stava ritornando nella sede di servizio dopo una licenza di quattro giorni.

A sostegno dell’impugnativa veniva sollevata la censura di “eccesso di potere – falsa ed erronea presupposizione in fatto e in diritto – contraddittorietà nel comportamento della P.A.”, lamentando che del tutto inopinatamente la Commissione Medica di 1^ istanza aveva negato che nel caso di specie si vertesse in ipotesi di infortunio in itinere, laddove altrettanto erroneamente la Commissione Medica di 2^ istanza, pur ammettendo che l’incidente si era verificato in itinere, aveva escluso ogni nesso di causalità tra il servizio e l’infortunio, adducendo che quest’ultimo si era verificato per colpa grave del signor Maurizio (omissis), circostanza - questa – non provata, non emergendo in alcun modo dal rapporto dei Carabinieri accorsi sul luogo dell’incidente che quest’ultimo fosse riconducibile ad eccesso di velocità , né potendo essere ascritto a colpa grave l’eventuale malore che aveva colpito il predetto signor (omissis); peraltro in modo assolutamente contraddittorio, sempre secondo la tesi del ricorrente, la Commissione Medica di 2^ istanza, pur ammettendo che l’incidente che aveva provocato il decesso rientrava nell’ipotesi dell’infortunio in itinere, aveva condiviso il parere della Commissione Medica di 1^ istanza quanto alla sua non – dipendenza da causa di servizio.

L’adito Tribunale, nella resistenza dell’intimata amministrazione statale, con la sentenza segnata in epigrafe, accoglieva il ricorso ed annullava il provvedimento impugnato, ritenendo fondata la censura relativa alla carenza della prova circa l’effettiva sussistenza nella condotta del dipendente Maurizio (omissis) degli estremi della colpa grave, in quanto lo stesso rapporto dei Carabinieri non aveva individuato nella sola eccessiva velocità la causa dell’incidente, indicando in via alternativa anche un malore, così che in definitiva il giudizio della Commissione Medica non era assistito dalla necessaria congruenza tra definizione preliminare della fattispecie (infortunio in itinere), contenuta nello stesso atto, e l’applicazione della relativa nozione alla fattispecie concreta.

Avverso tale statuizione ha proposto ritualmente e tempestivamente appello il Ministero della Difesa, rivendicando l’assoluta legittimità del provvedimento impugnato, adeguatamente motivato e correttamente fondato non solo sul rapporto dei Carabinieri della Stazione di Ruffano, ma anche sulla dichiarazione testimoniale, ai sensi dell’articolo 351 C.P.P., del signor M.T., ad esso allegato.

L’appellato si è costituito in giudizio, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame, di cui ha chiesto il rigetto.

Con ordinanza in data 10 novembre 1998 la Sezione ha respinto l’istanza di sospensione dell’esecutività della impugnata sentenza.

D I R I T T O

I. L’appello è fondato e deve essere accolto.

I.1. In via generale, è da ricordare che deve riconoscersi come dipendente da causa di servizio l’infortunio di cui rimane vittima il dipendente che si rechi alla sua abitazione al termine del servizio, essendo esso ascrivibile alla categoria del c.d. infortunio in itinere, ravvisabile ogni qualvolta che possa ritenersi esistente un nesso di causalità tra l’attività lavorativa in senso ampio e l’evento dannoso: è stato, pertanto, affermato che gli accadimenti che si verificano al momento dell’allontanamento dalla caserma (e quindi al militare che era da considerare per così dire accasermato) per usufruire della libera uscita concretizzano gli estremi dell’infortunio in itinere che sussiste quando il militare sia incorso in incidente stradale mentre stava raggiungendo il luogo di destinazione per fruire del permesso concessogli (C.d.S., sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 7945; sez. V, 12 giugno 1984, n. 458).

E’ stato, tuttavia, precisato che il nesso di causalità tra l’attività lavorativa in senso ampio e l’evento dannoso si interrompe ogni qualvolta quest’ultimo sia determinato dalla stessa condotta del dipendente che abbia agito con dolo o colpa grave (C.d.S., sez. IV, 21 novembre 1994, n. 912; 20 maggio 1987, n. 308; Cons. Giust. Amm., 22 luglio 2002, n. 421): in particolare, è stato escluso che sussistano i presupposti del c.d. infortunio in itinere “quando dagli accertamenti dei carabinieri risulti che la causa dell’incidente occorso ad un pubblico dipendente, mentre si recava al posto di lavoro, è da attribuire all’eccessiva velocità dell’auto da lui guidata, nonostante che il fondo stradale fosse reso viscido dalla pioggia” (C.d.S., sez. IV, 8 novembre 1996, n. 1546).

I.2. Ciò posto, la Sezione osserva che, diversamente da quanto sostenuto dai primi giudici, il provvedimento impugnato in primo grado non è affetto dal rilevato vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione ed illogicità

I.2.1. Invero, dalla dinamica dell’incidente stradale verificatosi il 21 aprile 1992, in cui è deceduto il signor Maurizio (omissis), così com’è ragionevolmente ricostruibile dall’informativa al P.M., ai sensi dell’articolo 347 C.P.P.,  redatta dai Carabinieri della Stazione di Ruffano e dal verbale di informazioni testimoniali, rese ai sensi dell’articolo 351 C.P.P. dal signor M.T. agli stessi militare, emerge che la responsabilità dell’evento è da ascriversi allo stesso signor Maurizio (omissis), almeno a titolo di colpa.

Infatti, nella ricordata informativa al P.M., i militari dell’Arma dei Carabinieri, accorsi sul luogo dell’incidente, hanno ricostruito i fatti affermando che “…l’autovettura condotta da (omissis) Maurizio percorreva la suddetta strada (cioè la S.P. Ruffano – Surano, località Bosco Salvatore, in agro del Comune di Ruffano) con direzione di marzia Ruffano – Surano, quanto nel superare una curva destrorsa, probabilmente a causa della eccessiva velocità o per malore, perdeva il controllo dell’automezzo, invadendo la corsia opposta di marcia ed andando ad urtare violentemente contro la parte frontale del trattore agricolo condotta da Rimo Giovanni, che in quel momento percorreva la suddetta strada in direzione di marcia opposta rispetto a quella dell’Alfa 75 del (omissis) Maurizio”.

La circostanza dell’eccessiva velocità (o quanto meno della velocità non moderata e non adeguata alla specifica configurazione del tratto stradale in cui si è verificato l’incidente, caratterizzato da una curva a destra) trova puntuale riscontro nelle dichiarazioni testimoniali del signor M.T., rese ai sensi dell’articolo 351  C.P.P., agli stessi Carabinieri di Ruffano a poche ore di distanza dall’incidente.

In particolare, il citato signor M.T. ha dichiarato che, mentre si trovava a bordo della propria auto percorrendo la strada provinciale Surano diretto a Rufino, con direzione di marcia opposta a quella dell’auto condotta dal signor Maurizio (omissis), notava che quest’ultima “…ad una velocità molto eccessiva, nel superare la curva posta all’altezza dell’incrocio per Supersano – Nociglia, sbandava perdendo il controllo dell’automezzo” e andava ad urtare violentemente contro la parte posteriore di un trattore agricolo che proveniva nella direzione opposta, finendo nella scarpata sul lato sinistro rispetto alla sua direzione di marcia.

I.2.2. D’altra parte, diversamente da quanto sostenuto dai primi giudici, non può avere alcuna influenza, ai fini della prova della illegittimità del parere della Commissione Medica di 2^ istanza (oltre che di quello già espresso dalla Commissione Medico – Ospedaliera di prima istanza) la circostanza che gli stessi Carabinieri di Ruffano nel loro rapporto del 9 luglio 1992 abbiano indicato come probabile causa dell’incidente anche un possibile malore del militare (e non solo l’eccesso di velocità).

Anche a voler prescindere dalla considerazione che le risultanze del rapporto dei Carabinieri possono ritenersi vincolanti solo in ordine a quanto dagli stessi direttamente accertato e non già in ordine alle loro valutazioni (tanto più quanto queste ultime, come nel caso di specie, esulano dalla loro specifica attività professionale), non può non rilevarsi che non vi è (né vi poteva essere) alcun elemento di fatto che conforti la fondatezza della predetta affermazione circa la probabile riconducibilità dell’incidente ad un malore del militare, tanto più che nel ricordato rapporto significativamente l’eventuale malore, quanto alla sua efficacia causale dell’incidente, è posto sullo stesso piano dell’eccesso di velocità, che – invece – come rilevato trova conforto nella dichiarazione testimoniale del signor M.T..

II. In conclusione l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado dal signor (omissis).

La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero della Difesa avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Lecce, sez. I, n. 313 del 26 marzo 1998, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso proposto in primo grado dal signor Salvatore (omissis).

Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2005, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

CARLO   SALTELLI              - Presidente F.F., est.

CARLO   DEODATO             - Consigliere

SALVATORE   CACACE                  - Consigliere

SERGIO   DE FELICE           - Consigliere

EUGENIO   MELE                          - Consigliere

                            IL PRESIDENTE f.f., est.

                            Carlo Saltelli

IL SEGRETARIO

Giacomo Manzo