REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.1534/2007

Reg.Dec.

N. 5151 Reg.Ric.

ANNO  2002

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 5151/2002, proposto da:

- Ministero delle politiche agricole e forestali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma;

c o n t r o

- ...OMISSISVLD......OMISSISVLD..., rappresentato e difeso dagli avv.ti Claudia Zhara Buda e Massimo Zhara Buda ed elettivamente domiciliato presso il loro studio, in via del Quirinale n. 26, Roma;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Lazio, Roma, sezione II, n. 4256/2002, resa inter partes e concernente il mancato riconoscimento del diritto all’indennità perequativa ex art. 24, comma 5, d.lgs. n. 165/2001, nelle misure di cui al d.P.C.M. 3 gennaio 2001 (per l’anno 2000) ed al d.P.C.M. 29 maggio 2001 (per l’anno 2001).

     Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

     Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato ...OMISSISVLD......OMISSISVLD...;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Relatore, alla pubblica udienza del 6 febbraio 2007, il Consigliere Aldo SCOLA;

     Udito, per la p.a. appellante, l’avvocato dello Stato Borgo;   

     Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

F A T T O

     L’attuale appellante, appartenente al Corpo forestale dello Stato ed in possesso della qualifica di commissario superiore forestale, afferma che, in forza dell’inquadramento senza demerito da più di 25 anni nel ruolo direttivo del citato Corpo forestale sarebbe titolare, ai sensi dell’art. 43, comma 23, legge n. 121/1981, del medesimo trattamento economico spettante all’ex qualifica di dirigente superiore.

     Il Vicentini, con il gravame introduttivo, ha chiesto l’accertamento del proprio diritto ad ottenere la corresponsione dell’indennità perequativa di cui all’art. 24, d.lgs. n. 165/2001, la quale, quantificata con d.P.C.M. 3 gennaio 2001, è stata riconosciuta solamente a favore dei colonnelli e dei brigadieri generali delle Forze armate, nonché ai gradi e qualifiche corrispondenti dei Corpi di Polizia ad ordinamento militare e civile.

     Secondo l’interessato, il predetto art. 43, legge n. 121/1981, non sarebbe stato abrogato dalla normativa sopravvenuta e, pertanto, egli avrebbe titolo ad ottenere la corresponsione della citata indennità perequativa, tenuto conto, altresì, che il citato d.P.C.M. 3 gennaio 2001, ove restrittivamente interpretato nel senso del riconoscimento dell’indennità in questione soltanto in favore del personale formalmente inquadrato nelle qualifiche dirigenziali o equiparate, sarebbe risultato in palese contrasto con la richiamata disposizione. 

     Si costituiva in giudizio la p.a. intimata resistendo al gravame e concludendo per il rigetto dello stesso, che veniva, invece, accolto dai primi giudici con sentenza prontamente impugnata, poi, dalla p.a. soccombente in prime cure per mancata applicazione dell’art. 19, comma 4, legge 28 luglio 1999 n. 266 (posteriore alle altre norme applicate dal T.a.r.), e violazione del principio di stretta interpretazione delle disposizioni attribuenti benefici.

     Il ...OMISSISVLD...si costituiva in giudizio con apposita memoria di resistenza, in cui eccepiva la correttezza dell’impugnata pronuncia, richiamando le argomentazioni già dedotte in prima istanza.

     All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.

D I R I T T O

     L’appello è fondato e va accolto (come già statuito da questa stessa Sezione, in analoga vertenza, con decisione 22 gennaio 2004 n. 168), dovendosene condividere le dedotte censure per le ragioni che seguono, desumibili dalla documentazione allegata agli atti.

     La questione principale da risolvere riguarda essenzialmente l’individuazione dell’ambito applicativo della disciplina normativa sopra menzionata, tenuto conto che il contestato d.P.C.M. del 3.1.2001 precisa che “l’indennità perequativa compete esclusivamente al personale che riveste i gradi e le qualifiche indicate al comma 1 (colonnelli e brigadieri generali delle Forze armate nonché ai gradi e qualifiche corrispondenti dei Corpi di Polizia ad ordinamento militare e civile”) e, quindi, l’esame dell’eventuale fondatezza della tesi (esposta dall’originario ricorrente e condivisa del Giudice adito in primo grado) secondo cui il d.P.C.M. 3.1.2001 sarebbe illegittimo per contrasto con l’art. 43, legge n. 121/1981, qualora esso sia ritenuto attributivo della discussa indennità nei confronti del solo personale ivi contemplato.

     Prima di esaminare nel suo ambito specifico la questione, giova richiamare brevemente il pertinente quadro normativo.

     In particolare, occorre richiamare:

     - l’art. 43, legge n. 121/1981 -invocato dall’originario ricorrente e ritenuto di essenziale rilievo nella sentenza appellata- che, nel disciplinare il trattamento economico del personale appartenente alla Polizia di Stato, ha previsto, da una parte, che il suddetto trattamento sia esteso all’Arma dei Carabinieri ed ai Corpi previsti dai commi 1 e 2 dell’art. 16, tra i quali va ricompreso il Corpo forestale dello Stato, e dall’altra, che ai funzionari del ruolo dei commissari ed equiparati della Polizia di Stato che abbiano prestato servizio senza demerito per quindici anni è attribuito il trattamento economico spettante al primo dirigente (comma 22) e che ai funzionari del ruolo dei commissari ed equiparati ed ai primi dirigenti che abbiano prestato servizio senza demerito per 25 anni sia attribuito il trattamento economico spettante al dirigente superiore (comma 23);

     - il d.l. 3.5.2001 n. 157, convertito nella legge n. 3.7.2001 n. 350 che, con l’art. 1 (integrazione alla legge 1.4.1981 n. 121), inserisce l’art. 43-ter, dopo l’art. 43-bis della citata legge n. 121, disponendo che “a decorrere dal 1° aprile 2001, ai funzionari del ruolo dei commissari ed equiparati della Polizia di Stato che abbiano prestato servizio senza demerito per 13 anni è attribuito lo stipendio spettante al primo dirigente. Ai medesimi funzionari e ai primi dirigenti che abbiano prestato servizio senza demerito per 23 anni è attribuito lo stipendio spettante al dirigente superiore….”;

     - l’art. 24 del d.lgs. n. 29/1993 (vòlto ad ovviare alla sperequazione intervenuta nel trattamento economico a sfavore del personale dirigenziale “non contrattualizzato”, rispetto a quello contrattualizzato), che ha indicato -in particolare nei commi 2 e 5- il meccanismo perequativo  da adottare, individuato nel riconoscimento di un’apposita indennità;

     - la legge n. 266/1999 (attributiva all’amministrazione del Tesoro del potere di determinare il quadro delle esigenze ai fini della perequazione del trattamenti  di cui al citato art. 24 d.lgs. n. 29/1993, nonché delle decorrenze dei previsti emolumenti) che, in particolare, all’art. 19, comma 4, ha precisato le modalità di quantificazione dell’indennità predetta e ne ha previsto, altresì, la spettanza “ai colonnelli e brigadieri generali delle Forze Armate nonché ai gradi e alle qualifiche corrispondenti dei Corpi di Polizia ad ordinamento militare e civile”;

     - infine, il d.lgs. 30.1.2001 n. 165/2001, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” (che ha abrogato il d.lgs. n. 29/1993 nel senso della privatizzazione del rapporto individuale di lavoro, ora contrattualmente disciplinato, eccezion fatta per alcune categorie di personale statale, tra cui quelle riguardanti il personale militare e delle forza di Polizia ed equiparati, che hanno mantenuto la disciplina prevista dai rispettivi ordinamenti), il cui art. 24, comma 4, ha previsto, genericamente, per il personale indicato dall’art. 3, comma 1 (personale dirigente non contrattualizzato in quanto appartenente ad ordinamenti particolari), la corresponsione della predetta indennità.

     Vanno richiamati, inoltre, sia  il d.P.C.M. 3 gennaio 2001, adottato in applicazione della normativa predetta (oltre che con richiamo all’art. 19, legge n. 488 del 23.12.1999, che ha stanziato le risorse necessarie da utilizzare per la corresponsione dell’emolumento in questione), il quale all’art. 1 ha stabilito, nel quantificare in concreto l’indennità perequativa in questione per l’anno 2000, che l’indennità medesima “compete esclusivamente ai colonnelli ed ai brigadieri generali delle Forze armate nonché ai gradi ed alle qualifiche corrispondenti dei Corpi di Polizia ad ordinamento militare e civile”; sia il d.P.C.M. 29.5.2001, che ha rideterminato, con decorrenza 1.1.2001, le misure dell’indennità perequativa già prevista in favore delle suddette categorie di personale con decorrenza 1.1.2000 grazie al precedente d.P.C.M. 3.1.2001.

     Alla stregua del quadro normativo ora delineato deve risolversi il problema se la predetta indennità perequativa debba o meno essere riconosciuta, in attuazione della disciplina di cui all’art. 43, legge n. 121/1981, anche a favore del personale che, come nel caso dell’interessato, sia privo di una delle qualifiche cui fa riferimento il d.P.C.M. 3.1.2001, pur godendo del trattamento economico di primo dirigente.

     In proposito non può condividersi la tesi sostenuta dall’originario ricorrente e dai primi giudici, secondo cui i dd.P.C.M. menzionati, se ritenuti idonei a riconoscere l’indennità perequativa in questione al solo personale indicato espressamente nell’art. 19, comma 4, legge n. 266/1999, sarebbero illegittimi per violazione dell’art. 43, legge n. 121/1981.

     Infatti, il cit. art. 19, comma 4, individua chiaramente le qualifiche ed i gradi beneficiari dell’indennità in parola, manifestando l’intento evidente di limitarne la corresponsione solamente a chi nella disposizione stessa risulti specificamente indicato e svolga in concreto determinate funzioni dirigenziali, con impegno lavorativo e responsabilità connesse alla relativa professionalità.

     Pertanto, l’indennità di cui trattasi deve considerarsi vòlta a perequare economicamente soltanto il trattamento del personale dirigenziale espressamente contemplato nell’art. 19, comma 4, cit, estendendo ad esso prerogative che sono proprie del rapporto d’impiego privato, nel quale, in relazione alla professionalità più elevata di chi svolge incarichi  di dirigenza è prevista una retribuzione rapportata alle funzioni svolte, previa apposita negoziazione.

     I contestati dd.P.C.M., che hanno riconosciuto esclusivamente in favore del personale che  rivesta i gradi di colonnello, brigadiere generale ed equiparati, appaiono, quindi, adottati nel rispetto della normativa primaria ora richiamata ed in puntuale esecuzione della stessa.

     Deve ritenersi erronea, di conseguenza, la prospettazione dell’originario ricorrente, condivisa nella sentenza impugnata, secondo cui il parametro sulla base del quale dovrebbe giudicarsi la legittimità dei decreti contestati sarebbe esclusivamente l’art. 43, legge n. 121/1981  (norma che, invero, sembra estranea al meccanismo e all’esigenza perequativa, come sopra manifestata più recentemente dal legislatore) e non la chiara disposizione di cui all’art. 19, comma 4, cit., che è invece la norma essenziale di cui i menzionati decreti costituiscono attuazione.

     Va disattesa, perciò, l’argomentazione dei primi giudici secondo cui nell’art. 19, comma 4, vòlto a colmare il divario retributivo tra il personale dirigenziale non contrattualizzato e quello contrattualizzato, non sarebbe possibile individuare la finalità di modificare il preesistente trattamento di favore riconosciuto al personale direttivo dall’art. 43, legge n. 121/1981, norma questa che opererebbe in definitiva una forma di “rinvio dinamico” per la determinazione del trattamento economico dei soggetti indicati, costituente come tale un preciso vincolo non derogabile per i menzionati decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, con riguardo ai beneficiari dell’indennità perequativa.

     Infatti, l’art. 43, legge n. 121/1981, non può incidere e condizionare l’ambito di applicazione di norme di eguale rango legislativo, successivamente intervenute, in particolare dell’art. 19, comma 4, legge n. 266/1999 che, nel rispetto dell’ammontare delle risorse disponibili per il personale dirigenziale non contrattualizzato individuate dalla legge finanziaria, non solo fa riferimento specifico ad un’indennità perequativa e non ad un incremento del trattamento stipendiale, ma indica anche, espressamente, i relativi beneficiari individuati nei colonnelli, brigadieri generali e qualifiche equiparate, costituendo in effetti una disposizione di stretta interpretazione, non estensibile, come tale, in assenza di espressa indicazione, in favore di altre categorie di personale con trattamento agganciato a quello dirigenziale.

     In ogni caso, appare decisivo il fatto che il rinvio dinamico cui si è fatto cenno nella censurata sentenza, non può logicamente operare in relazione ad una disposizione (l’art. 19, comma 4, cit.) sorretta da una propria specifica ratio non estensibile alla categoria cui appartiene l’interessato, essendo stata prevista per perequare con la dirigenza contrattualizzata, “il complessivo trattamento economico di categorie funzionalmente omogenee, vale a dire di personale che esplica effettivamente determinate funzioni dirigenziali con connesse responsabilità”, esigenza questa che evidentemente non sussiste in favore del personale che per anzianità di servizio fruisce dell’aggancio al trattamento stipendiale della dirigenza stessa.

     D’altra parte, se si ritenesse diversamente, seguendo la tesi di parte appellata, ciò si porrebbe certamente in contrasto con quanto disposto nell’art. 12, disposizioni preliminari al codice civile, e con il chiaro intento del legislatore espresso in materia, determinando una non giustificata corresponsione di un’indennità.

     I dd.P.C.M. citati sono stati adottati a fini specifici di perequazione del trattamento di personale in servizio ed in riferimento ai soli emolumenti spettanti a decorrere dal 1°.1.2001, in relazione ai fondi appositamente stanziati al detto scopo per il triennio 2000-2002, in base all’art. 19, legge n. 266/1999, ed all’art. 19, comma 2, legge 23.12.1999 n. 448, espressamente richiamati nei provvedimenti oggetto di impugnativa; e ciò in conformità a scelte di politica economica del legislatore, contrassegnate, per loro natura, da ampia discrezionalità e, comunque, non ingiustificate e discriminatorie, come sembra assumere la parte appellata, nel rispetto delle esigenze di corretta gestione dell’amministrazione pubblica, affinché le determinazioni relative al personale dipendente vengano opportunamente indirizzate nei confronti di ambiti omogenei e ben determinati, quali quelli relativi a talune categorie di personale in servizio e, soprattutto, con adeguata copertura finanziaria nel bilancio dello Stato.

     Sulla questione va comunque rilevato che, con recentissime decisioni rese in forma semplificata ex art. 9, legge n. 205/2000, riguardanti fattispecie analoghe riferite ad appartenenti alle Forze armate, la sezione IV di questo Consesso (v. decc. nn. 6452-6483 e nn. 6486-6488 del 21 ottobre 2003), si è pronunciata, con condivisibili argomentazioni, in senso sfavorevole alla tesi degli originari ricorrenti (ufficiali di grado inferiore a quello di colonnello), accogliendo gli appelli dell’amministrazione della Difesa contro le sentenze di primo grado che avevano loro riconosciuto il beneficio dell’indennità perequativa qui discussa.

     Con tali decisioni è stato osservato, innanzitutto, che i predetti decreti della Presidenza del Consiglio (che liquidano l’indennità di cui è causa esclusivamente al personale che rivesta i gradi di colonnello e brigadiere generale e qualifiche equiparate di Corpi di Polizia ad ordinamento civile e militare) sono stati adottati, quali atti non regolamentari aventi funzione meramente liquidativa di crediti retributivi, in puntuale esecuzione della normativa primaria, nel rispetto del principio di copertura finanziaria sancito dall’art. 81, Cost., in esclusivo riferimento al personale che rivestiva i gradi anzidetti; che l’art. 19, comma 4, legge n. 266/1999, nel rispetto dell’ammontare massimo delle risorse disponibili per il personale dirigenziale non contrattualizzato, individuato dalla legge finanziaria per il triennio 2000-2002, ha attribuito al personale dirigenziale non contrattualizzato il trattamento perequativo previsto dall’art. 24, comma 5, d.lgs. n. 29/1993 (ora art. 24, commi 4 e 5 d.lgs. n. 165/2001), menzionando espressamente colonnelli, brigadieri generali e qualifiche equiparate; che il personale dirigente non contrattualizzato, militare ed equiparato, gode di un regime di spiccata autonomia quanto all’individuazione del trattamento economico globale ed ai meccanismi perequativi; che, infine, deve ritenersi vigente la regola secondo cui il trattamento economico accessorio del personale dirigenziale non è corrisposto in relazione allo status, ma è collegato al livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione ed ai risultati conseguiti nell’attività amministrativa e di gestione (cfr. Corte cost. 17.7.2001 n. 254).

     Le predette decisioni hanno poi condivisibilmente stabilito:

     a) che la norma di cui all’art. 43, commi 22 e 23, legge n. 121/1981, nella versione originaria sopra riportata, non può essere interpretata come meccanismo di rinvio dinamico perpetuo ad eventi futuri ed imprecisati, afferenti a miglioramenti economici di qualsiasi natura, in modo avulso dal regime giuridico della dirigenza;

     b) che tale particolare meccanismo di rinvio si traduce in uno specifico beneficio di categoria, non rientrante nella normale progressione economica (v. Corte dei conti, 23.2.1989 n. 2093);

     c) che, pertanto, le misure perequative del trattamento economico contenute nei decreti in esame riguardano ben individuate categorie di ufficiali superiori ed ufficiali generali e categorie equiparate e sono riferibili ad emolumenti spettanti a decorrere dal 1.1.2000, in relazione a fondi stanziati a tal fine nel triennio 2000-2002, in base agli artt. 19, legge n. 266/1999, cit., e 19, legge n. 488/1999, cit;

     d) che, allorquando la legge ha voluto fare riferimento, per finalità perequative interne (nell’ambito del medesimo settore) ed esterne (tra Corpi di Polizia e Forze armate) non allo stipendio, ma al complessivo trattamento economico dei dirigenti dei Corpi di Polizia e delle Forze armate, sono state introdotte nell’ordinamento precise norme.

     Conclusivamente, l’appello dev’essere accolto, con contestuale riforma dell’impugnata sentenza, così respingendosi il ricorso introduttivo, mentre le spese del doppio grado di giudizio possono integralmente compensarsi per giusti motivi tra le parti in causa, tenuto anche conto del loro reciproco impegno difensivo e delle alterne vicende processuali.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta,

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

      Così deciso in Roma, Palazzo Spada, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 6 febbraio 2007, con l'intervento dei signori magistrati:

Gaetano TROTTA    Presidente

Sabino LUCE    Consigliere

...OMISSISVLD... BUONVINO    Consigliere

Domenico CAFINI    Consigliere

Aldo SCOLA    Consigliere rel. est. 
 

Presidente

GAETANO TROTTA

Consigliere       Segretario

DOMENICO CAFINI     ANNAMARIA RICCI 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il...05/04/2007

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA 
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 5151/2002


 

FF