REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.1741/2007

Reg.Dec.

N. 5953 Reg.Ric.

ANNO   2002

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto da ...OMISSISVLD... ...OMISSISVLD... rappresentato e difeso dall’avv. Mario Giannetta e dall’avv. Giuseppe Rizzicasa ed elettivamente domiciliato in Roma, presso il secondo, in piazza del Fante 2;

contro

Ministero dell’interno in persona del Ministro pro-tempore rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso cui è ope legis domiciliato in Roma via dei Portoghesi 12;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia Sezione distaccata di Brescia n.877  del 10 novembre 2001.

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato;

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Alla pubblica udienza del 27 febbraio 2007 relatore il Consigliere Luciano Barra Caracciolo;

     Udito l’avv. dello Stato Colelli; 

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

     Con la sentenza in epigrafe il Tar ha respinto il ricorso  proposto da ...OMISSISVLD... ...OMISSISVLD..., ispettore capo della Polizia di Stato, avverso il diniego di concessione dell’equo indennizzo motivato sul rilievo della tardività della richiesta di riconoscimento della causa di servizio.

     L’adito Tribunale premetteva che effettivamente un elettrocardiogramma del dicembre 1987 aveva documentato ipertrofia e sovraccarico ventricolare sinistro, onde risultava tardiva la domanda di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio inoltrata il 26 luglio 1988, oltre il semestre dalla conoscenza dell’infermità stessa, a nulla rilevando, in tal caso, la tempestività della richiesta di concessione dell’equo indennizzo.

     Appella l’interessato deducendo che il Tar ha errato andando contro la giurisprudenza per cui il dies a quo per la decorrenza del termine semestrale va individuato non nella mera conoscenza dell’infermità, bensì nella consapevolezza della gravità della malattia. Il ...OMISSISVLD..., ammesso e non concesso che fosse venuto a conoscenza dell’E.C.G., da profano, nulla avrebbe capito, né può tacersi che l’E.C.G. non è mai entrato nella disponibilità materiale dello stesso, nemmeno nel giudizio davanti al Tar, non essendo stato prodotto dall’Amministrazione. Sarebbe irragionevole ritenere che la mera insorgenza di una malattia legittimi il dipendente a promuovere l’iter amministrativo solo per evitare di incorrere nel termine di decadenza previsto dalla legge. Si riporta la giurisprudenza dominante che fa riferimento al termine di decorrenza correlato al momento in cui l’interessato percepisce la gravità delle conseguenze invalidanti dell’infermità in relazione al tipo di malattia sofferta e alle condizioni psico-fisiche.

     Sul punto la sentenza è stata apodittica e sbrigativa, risultando anche incomprensibile la condanna nelle spese.

     Si eccepisce l’incostituzionalità dell’art.36 del DPR 3.5.1957, n.686, laddove non consente la decorrenza del dies a quo dal momento in cui il soggetto avente diritto ha avuto contezza e certezza della malattia, esponendolo al rischio di una decadenza in un arco temporale brevissimo, in relazione agli artt. 3, 24 e 32 Cost. L’eccezione si estende all’art.2 Cost., in quanto riconosciuta la dipendenza della malattia da causa di servizio, il diniego è stato adottato solo in rapporto alla intempestività della domanda, con annullamento del diritto sostanziale da parte di una regolamentazione procedimentale. Privilegiando quest’ultima, inoltre, verrebbe a prevalere un rigido e severo formalismo.

     Si è costituita l’Amministrazione deducendo l’infondatezza dell’appello e richiamando le difese svolte in primo grado, condivise dalla sentenza impugnata.

DIRITTO

     In linea generale, la giurisprudenza amministrativa – interpretando il disposto dell’ art. 36 D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 , secondo il quale il termine entro il quale va presentata domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di un'infermità contratta dal pubblico dipendente è stabilito in sei mesi « dalla data in cui si è verificato l' evento dannoso » o da quella in cui l' impiegato « ha avuto conoscenza dell'infermità » - è consolidata nel ritenere che il termine suddetto non decorre dal semplice verificarsi di un evento i cui danni possano manifestarsi in futuro o dalla conoscenza di una malattia o lesione, ma dal momento dell' esatta percezione della natura e della gravità dell' infermità e del suo nesso causale con un fatto di servizio (cfr. per tutte V Sez. 3.7.2003 n. 4004).

     In tale ottica, a cui si richiama l’appello in esame, e che privilegia il momento di percezione soggettiva degli effetti invalidanti piuttosto che il rilievo oggettivo dell’insorgenza della infermità, è stata perciò ritenuta irrilevante la pregressa conoscenza dell’avvenuto instaurarsi di minori patologie che possano costituire un antecedente necessario di quella – più grave – per la quale si domanda il riconoscimento. (ad es. VI Sez. 9.5.2000 n. 2678).

     Risulta dunque irrilevante il richiamo, operato nel provvedimento di diniego qui impugnato, alla circostanza che il ricorrente fosse “affetto da anni da ipertensione arteriosa essenziale”, posto che tale indicazione non coincide con la specifica infermità per cui era richiesto il riconoscimento della causa di servizio.

     D’altra parte, con riferimento alla principale motivazione del diniego medesimo, incentrata sulla esistenza di un elettrocardiogramma che nel dicembre 1987 aveva evidenziato “ipertrofia e sovraccarico ventricolare sx.”, i rilievi ora svolti vanno peraltro, a giudizio del Collegio, contemperati con la ratio della norma di riferimento, attraverso la quale il Legislatore ha comunque inteso comminare un termine per la presentazione della domanda tendenzialmente e ragionevolmente ancorato a risultanze obiettive e non rimesso, dunque, alla piena e soggettiva disponibilità dell’istante.

     Ne consegue, come del resto già precisato nella prevalente giurisprudenza (v., tra le tante, IV 15.11.2004, n.7377), che il termine in controversia va individuato tenendo presente il momento in cui l’interessato abbia, secondo un criterio di normalità (ad es. VI Sez. 12.3.2002 n. 1479) acquisito conoscenza dell' effettiva consistenza e gravità dell' affezione e delle relative conseguenze invalidanti.

     In questa prospettiva, ed applicando dunque il criterio della normale esigibilità, è da ritenere che il citato E.C.G. non potesse obiettivamente, di per sé, determinare lo stato di conoscenza avuto di mira dalla norma qui in rilievo; ciò in quanto, ai fini della conoscenza da parte dell’interessato, l’espletamento di un siffatto esame necessita di una lettura diagnostica che sia debitamente comunicata al medesimo. Tali circostanze, formulazione della diagnosi in seguito e contestualmente al predetto esame e sua comunicazione all’interessato, non risultano dagli atti della procedura, e neppure sono richiamati nel diniego in esame.

     Deve pertanto ritenersi che, nel caso, il “dies a quo”, e quindi lo stato di conoscenza soggettiva, ancorato in modo obiettivo a un criterio di normalità riferibile alle ordinarie conoscenze di un pubblico dipendente, possa riconoscersi nella diagnosi acquisita dall’istante nel giugno 1988, in mancanza della prova, da parte dell’Amministrazione di un diverso momento conoscitivo della effettiva portata della malattia.

     L’appello va perciò accolto, dovendosi riformare la sentenza impugnata e accogliere, nei sensi di cui in motivazione il ricorso di primo grado. Giusti motivi consigliano di compensare le spese per entrambi i gradi di giudizio.   

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe, annullando per l’effetto la sentenza impugnata.                        

     Compensa le spese di giudizio.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, il 27.2.2007 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giovanni Ruoppolo   Presidente

Carmine Volpe   Consigliere

Giuseppe Romeo   Consigliere

Luciano Barra Caracciolo  Consigliere Est.

Lanfranco Balucani   Consigliere 
 

Presidente

GIOVANNI RUOPPOLO

Consigliere       Segretario

LUCIANO BARRA CARACCIOLO   MARIA RITA OLIVA 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il....17/04/2007

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA 
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 5953/2002


 

FF