REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.2112/08

Reg.Dec.

N. 5274  Reg.Ric.

ANNO   2003

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n.  5274/2003, proposto da:

- @@@@@@, rappresentato e difeso dall’avv. ...

contro

- il Ministero dell’interno, in persona del Ministro in carica in carica, e la Questura di @@@, in persona del Questore in carica, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma;

per l’annullamento e/o la riforma

della sentenza del T.r.g.a., Trentino-Alto Adige, @@@, n. 79/2003, concernente il decreto del Questore di @@@ 10 luglio 2000 n. 1226/Div. Pers./2.12, recante il diniego di concessione di congedo parentale ex legge 8 marzo 2000 n. 53 ed atti connessi.

     Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

     Vista  la  memoria  di  costituzione in giudizio  della  p.a.  appellata;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Relatore, alla pubblica udienza del 29 gennaio 2008, il consigliere ...

     Uditi, per le parti, l’avv. .... l’avvocato dello Stato ...

     Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

NARRATIVA in FATTO

     @@@@@@ (vice sovrintendente della Polizia di Stato, in servizio presso l’Ufficio ...... di @@@) impugnava, chiedendone l’annullamento, il provvedimento del Questore di @@@ del 10 luglio 2000 (prot. n. 1226/Div.Pers./2.12), con cui era stata respinta la sua istanza di congedo straordinario (parentale) per 32 giorni, con decorrenza dal 1° agosto 2000, avanzata in data 14 giugno 2000, in relazione alla propria figlia @@@ (di 7 anni), ai sensi dell’art. 7, legge 30 dicembre 1971 n. 1204, come sostituito dall’art. 3, legge 8 marzo 2000 n. 53.

     Contemporaneamente, egli insisteva per il riconoscimento del diritto a tale congedo “parentale” in corrispondenza al congedo “ordinario” fruito nel medesimo periodo, deducendo le seguenti censure:

     1) violazione dell’art. 3, legge 8 marzo 2000 n. 53, modificante l’art. 7, legge n. 1204/1971;

     2) eccesso di potere per difettosa ed incongrua motivazione, inesistenza dei presupposti, falsità della causa, illogicità manifesta e sviamento di potere.

     Si costituivano in giudizio le amministrazioni intimate, che resistevano al gravame con la difesa erariale.

     Con ordinanza interlocutoria n. 16/2002 veniva disposta l’acquisizione di elementi di giudizio e la p.a. onerata provvedeva all’incombente istruttorio.

     I primi giudici ritenevano il suddetto provvedimento esente dalle dedotte censure, con particolare riguardo all’aspetto motivazionale, per cui respingevano il ricorso dell’@@@con sentenza prontamente impugnata dall’interessato per le medesime doglianze già dedotte in prime cure, vantando ciascun genitore un proprio autonomo diritto al congedo parentale, indipendentemente dalla situazione lavorativa del coniuge (salvo un preavviso di almeno 15 giorni al datore di lavoro), in assenza di alcun potere del Questore di negare detto congedo (tanto più che lo stesso, dopo soli pochi giorni, gli avrebbe accordato un periodo di congedo ordinario di due settimane, il che smentirebbe le esigenze di servizio poste a sostegno del denegato congedo parentale, pur accordato ad altri dipendenti).

     L’amministrazione appellata si costituiva in giudizio con il patrocinio erariale e resisteva al gravame anche con apposita memoria illustrativa, in cui poneva in luce le preminenti esigenze dell’ufficio, che avrebbero impedito un integrale accoglimento delle richieste dell’attuale appellante, come pure di quelle (concentrate tutte nel periodo estivo) di numerosi altri dipendenti.

     All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.

MOTIVI della DECISIONE

     L’appello è fondato e va accolto.

     Il congedo “parentale” di cui all’art. 3, legge 8 marzo 2000 n. 53 (che ha sostituito l’art. 7, legge 30 dicembre 1971 n. 1204: il tutto ora confluito nell’art. 32, t.u. di cui al d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151) costituisce un diritto del dipendente (pur non costituzionalmente garantito, come quello relativo al congedo ordinario per ferie ex art. 36, Cost.), in rapporto alla cura dei figli in tenera età, ed esso non può che essere esercitato in relazione alle esigenze dei figli stessi, prescindendo da ogni rapporto con un contesto programmato dalla p.a. di appartenenza in base alle particolari esigenze di servizio.

     In altre parole, mentre si riconosce all’amministrazione il potere di “programmare” lo stesso congedo ordinario (cfr.: C.d.S., sez. I, 8 marzo 2000 n. 812), ciò non vale per il congedo parentale, considerando la diversa funzione di quest’ultimo, innegabilmente rilevante sul piano socio-familiare (donde la sua obbligatorietà), benché diversa da quella ìnsita nel primo e tesa al recupero delle energie del lavoratore sul piano fisico e psichico.

     Nella specie, nulla di rilevante prova l’espletata istruttoria (ultronea a detti fini), la quale ha evidenziato che “i periodi di congedo ordinario già programmati per l’estate 2000, relativi all’intero organico del personale della Questura, raggiungevano già alla data di presentazione della richiesta dell’@@@il limite di 1/7 imposto dal d.P.R. del 28.10.1985 n. 782” e che pertanto all’interessato “sono stati concessi giorni 14 di congedo ordinario con decorrenza 07.08.2000, in alternativa al congedo parentale richiesto con decorrenza 01.08.2000, nonchè ulteriori giorni 18 di congedo parentale con decorrenza 01.9.2000, come da successiva richiesta”.

     In sostanza, la domanda di congedo parentale (per 32 giorni), avanzata dal ricorrente, è stata accolta nei limiti consentiti dalla normativa vòlta a salvaguardare la copertura del servizio di pubblica sicurezza, trasformandola in parte (14 giorni) in congedo ordinario, nel mese di agosto, e concedendola per il residuo (18 giorni), come effettivo congedo parentale, nel mese di settembre.

     Si è trattato, quindi, di una scelta operata dall’amministrazione in quel determinato contesto, che imponeva di contemperare i diritti del dipendente con le esigenze di servizio, nel rispetto delle diverse normative che avrebbero dovuto essere fra loro necessariamente raccordate, senza peraltro sacrificare il non condizionabile congedo parentale, contrariamente a quanto si è fatto.

     Per quanto poi concerne l’aspetto motivazionale, sembra sufficiente rimarcare come nella nota del 10 luglio 2000 siano puntualizzale le ragioni del diniego, laddove si precisa che l’accoglimento dell’istanza di congedo parentale nei termini formulati (31 giorni con decorrenza dal 10 luglio 2000) “comprometterebbe in misura notevole i servizi ed i periodi di congedo ordinari già programmati per tutto il periodo estivo”: motivazione stringata e tale comunque da non rispecchiare, con coerenza e logicità, quella comparazione dei due momenti sopra evidenziati (diritti dell’interessato ed esigenze di servizio) imposta dallo stesso dettato normativo, ma soltanto per quanto attiene al congedo ordinario, mentre quello parentale risulta sottoposto alla sola condizione della non fruibilità contemporanea da parte dei due genitori.

     Il rilevato e non condivisibile operato dell’amministrazione si riflette ovviamente anche sulla consequenziale richiesta di riconoscimento del diritto del ricorrente al godimento del congedo parentale (per il periodo corrispondente a quello del congedo ordinario usufruito), fornendo alla stessa il necessario supporto giuridico e rendendola perciò stesso condivisibile anche da parte della p.a., che ne trarrà le dovute conseguenze nei correlativi computi.

     L’appello va, dunque, accolto, con riforma dell’impugnata sentenza, accogliendosi il gravame di prima istanza ed annullandosi gli atti ivi impugnati (fatti salvi quelli ulteriori della p.a., che li emanerà nel pieno rispetto dei principi di diritto qui enunciati), mentre gli oneri del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta):

     - accoglie l’appello;

     - riforma l’impugnata sentenza;

     - accoglie il ricorso di primo grado;

     - annulla gli atti ivi impugnati, come precisato in motivazione;

     - condanna la p.a. appellata a rifondere a @@@ @@@spese ed onorari del doppio grado di giudizio, liquidati in complessivi euro quattromila/00 (duemila/00 per ciascun grado), più accessori di legge.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, Palazzo Spada, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 29 gennaio 2008, con l'intervento dei signori magistrati:

 
 

Presidente

Consigliere       Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

Il 8.05.2008

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 5274/2003


 

FF