REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.2196/09

Reg.Dec.

N. 6699 Reg.Ric.

ANNO   2004

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 6699 del 2004 proposto dal sig. @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dall’Avv. ..

contro

-  il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore;

- il Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, entrambi non costituiti;

-  il Ministero della Difesa, in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore;

-  il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona del Comandante Generale pro tempore, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato e con la stessa domiciliati in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Campania - Salerno, Sez. I, n. 559 del 26 maggio 2003, resa inter partes;

     Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

     Visto l’atto di costituzione in giudizio delle parti appellate;

     Viste le memorie difensive;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Alla pubblica udienza del 3 febbraio 2009, relatore il Consigliere C...

     ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

     Il sig. @@@@@@@ @@@@@@@ riferisce di prestare servizio presso l’Arma dei Carabinieri con la qualifica di Brigadiere e di essere stato trasferito d’autorità in data 6 luglio 1990 dalla sede di @@@@@@@ alla stazione di @@@@@@@ (Av).

     Nella tesi dell’appellante, poiché il trasferimento era stato disposto prima che egli avesse compiuto quattro anni di servizio nella precedente sede, ne sarebbe derivato il titolo a percepire la particolare indennità di missione di cui all’art. 1 della l. 10 marzo 1987, n. 100 (recante Norme relative al trattamento economico di trasferimento del personale militare).

     Non avendo l’Amministrazione intimata corrisposto alle sue richieste, con ricorso notificato in data 31 maggio 2005, l’odierno appellante adiva il T.A.R. della Campania al fine di sentire dichiarare il proprio diritto a percepire l’indennità in questione.

     Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale adito dichiarava in parte improcedibile ed in parte infondato il ricorso.

     Ai fini che qui rilevano, mette conto osservare che il primo Giudice ebbe a dichiarare la non applicabilità in favore dell’odierno appellante della previsione di cui al richiamato art. 1, l. 100 del 1987, atteso che egli non versava nella condizione soggettiva di militare celibe obbligato ad alloggiare in caserma in base alle pertinenti disposizioni del Regolamento Generale dell’Arma.

     La sentenza in questione veniva gravata in sede di appello dal sig. @@@@@@@ il quale ne contestava la correttezza e ne chiedeva l’integrale riforma articolando due motivi di censura (1) Violazione art. 1, l. 100 del 10 marzo 1987 – Violazione artt. 264 e 336 Regolamento Generale Arma dei Carabinieri (nella formulazione in vigore dell’1 aprile 1990); 2) Eccesso di potere derivante da disparità di trattamento e inosservanza delle circolari in materia).

     Si costituivano in giudizio l’Arma dei Carabinieri ed il Ministero della Difesa, i quali concludevano nel senso delle reiezione del gravame.

     All’udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2009 i procuratori delle Parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

     1. Con il ricorso in epigrafe, il sig. @@@@@@@ @@@@@@@, Brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, ha gravato la sentenza del T.A.R. della Campania – Sezione staccata di Salerno con cui è stato respinto il suo ricorso avverso il diniego di riconoscimento dell’indennità di missione ex art. 1 della l. 10 marzo 1987, n. 100 in relazione all’obbligo (piuttosto che alla facoltà) per i militari celibi di alloggiare in caserma.

     2. Con il primo motivo di ricorso il sig. @@@@@@@ lamenta che il T.A.R. campano sia giunto a conclusioni illegittime muovendo da un presupposto erroneo in relazione al carattere obbligatorio piuttosto che facoltativo della sua permanenza in caserma sulla base della disciplina ratione temporis applicabile.

     In particolare, il primo giudice avrebbe omesso di rilevare che l’art. 336 del Regolamento Generale dell’Arma dei Carabinieri (nella versione in vigore dal 1° aprile 1990 al 15 aprile 1992, ossia al tempo dei fatti rilevanti ai fini del decidere) prevedeva la facoltà – e non l’obbligo – per il carabiniere celibe in servizio permanente di alloggiare in caserma.

     Al contrario il T.A.R., ritenendo che nel richiamato torno temporale l’alloggio in caserma rappresentasse un obbligo, aveva escluso la spettanza della richiamata indennità di missione, a ciò ostando il disposto dell’art. 1, l. 100, cit. secondo cui tale indennità “non compete al personale in servizio di leva e a quello celibe obbligato ad alloggiare in caserma”.

     Nella tesi dell’appellante, a far data dal 1° aprile 1990, “una volta che il nuovo art. 336 ha affermato che il sottufficiale può alloggiare fuori caserma semplicemente a seguito di una ‘richiesta’ non si può più parlare di un vero e proprio obbligo di accasermamento, stante un evidente contrasto tra l’art. 264 e l’art. 336 del Regolamento”.

     Ancora, l’appellante osserva che a conclusioni diverse rispetto a quelle sin qui indicate non possa giungersi neppure in relazione al fatto che l’art. 264 del Regolamento (in tema di obbligo generale di accasermamento per i sottufficiali), nella sua nuova e più rigida formulazione, sia entrato in vigore in una data (15 dicembre 1990) successiva a quella in cu ifu disposto il trasferimento dell’odierno appellante (6 luglio 1990).

     Ciò in quanto il diritto al riconoscimento dell’indennità in favore del sig. @@@@@@@ sussisterebbe non già ai sensi dell’art. 264 del Regolamento, bensì ai sensi dell’art. 336, il quale avrebbe individuato l’alloggio in caserma per il sottufficiale celibe in servizio permanente come una facoltà e non come un obbligo.

     2.1. Il motivo in questione non può trovare accoglimento.

     Al riguardo deve confermarsi con l’appellante che la disposizione determinante ai fini del decidere è quella di cui all’art. 264 del Regolamento Generale dell’Arma dei Carabinieri (in relazione al disposto del successivo art. 336), nella formulazione in vigore dal 1° aprile 1990 al 14 aprile 1992 (secondo la disposizione in questione “i sottufficiali (…) sono alloggiati in caserma , salvo quanto disposto dal successivo art. 336”, mentre  l’art. 336 stabiliva che “i sottufficiali (…) in servizio permanente possono, a richiesta, alloggiare fuori caserma con l’obbligo di risiedere e dimorare nel comune in cui ha sede il reparto di appartenenza e di rendere noto il recapito e garantire la possibilità di un pronto collegamento con il reparto stesso”).

     Secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale (cui nella specie il Collegio ritiene di prestare puntuale adesione, non rinvenendo ragioni onde discostarsene), l’indennità di cui all’art. 1 della l. 100 del 1987 non spettava al personale celibe dell’Arma dei Carabinieri il quale avesse omesso di alloggiare in caserma in data anteriore alla novella dell’art. 336 del citato Regolamento – 14 aprile 1992 - (data in cui l’alloggiamento in caserma era stato trasformato in via regolamentare da obbligatorio in facoltativo).

     La giurisprudenza di questo Consiglio ha, al riguardo, enucleato alcuni principi che nella specie si ritiene puntualmente di confermare:

  1. l'art. 1, comma 3, l. n. 100 del 1987, stabilisce con chiarezza che l'indennità non compete al personale di leva ed a quello celibe obbligato ad alloggiare in caserma;
  2. l'art. 48, d.P.R. n. 545 del 1986 - regolamento di disciplina militare - dispone che i sergenti, i graduati e i militari semplici hanno l'obbligo di fruire degli alloggiamenti di reparto, salvo diversa autorizzazione del comandante di reparto e ferme restando le particolari disposizioni vigenti per il personale dell'arma dei C.C.;
  3. l'art. 264 del regolamento generale dell'Arma dei C.C., nel testo vigente al momento del trasferimento dell'appellante, prevedeva che i sottufficiali, gli appuntati ed i carabinieri celibi fossero alloggiati in caserma, salvo quanto previsto dal successivo art. 336; quest'ultimo sanciva che le stesse categorie di personale << ... possono, a richiesta, alloggiare fuori caserma ...>> con l'osservanza di taluni obblighi;
  4. successivamente il menzionato art. 264 ha subito ulteriore modifica e (nella 18° versione vigente a far data dal 15 aprile 1992) ha previsto espressamente che il personale celibe in s.p.e. non ha l'obbligo di alloggiare in caserma, pur dovendo sempre rispettare gli obblighi minimi previsti dall'art. 336, qualora richieda di alloggiare fuori (dimora nel comune di stanza del reparto, comunicazione del recapito, pronta disponibilità);
  5. dall'esame diacronico delle su riferite norme emerge che per i sottufficiali dell'Arma, fino all'aprile del 1992 sussisteva, come regola generale, l'obbligo di accasermamento, derogabile previa richiesta (cui non può che corrispondere una autorizzazione del comandante di reparto o di corpo) e previo accertamento del rispetto degli obblighi minimi dianzi illustrati;
  6. in chiave comparata occorre rilevare che analoga soluzione del problema era stata approntata per il Corpo della Guardia di Finanza (sia pure con un ambito temporale diverso), tanto che la giurisprudenza di questo Consiglio non ha mancato di rilevare, costantemente, che ai sottufficiali finanzieri celibi era imposto l'obbligo di alloggiare in caserma ex art. 7, d.m. 30 novembre 1991, senza poter fruire dell'indennità in esame, fatta salva l'autorizzazione del comandante di reparto ad alloggiare fuori sede (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sez. IV, sent. 19 lugli o2004, n. 5211; id. Sez. IV, sent. 25 gennaio 2003, n. 384; id, Sez. IV, sent. 1 febbraio 2001, n. 419).

     Sotto tale aspetto, deve concludersi che le disposizioni del Regolamento Generale dell’Arma dei Carabinieri nella formulazione rilevante ratione temporis per la definizione della vicenda di causa non consentano in alcun modo di supportare le tesi di Parte appellante.

     3. Con il secondo motivo di appello, il sig. @@@@@@@ lamenta che la mancata corresponsione in proprio favore della richiamata indennità di trasferimento risulterebbe illegittima per disparità di trattamento, atteso che nel periodo in esame il trattamento economico a lui denegato veniva invece regolarmente corrisposto ad altri soggetti nelle medesima posizione giuridico-amministrativa, quali i sergenti maggiori appartenenti alle varie FF.AA., nonché agli ufficiali celibi dell’Arma dei Carabinieri.

     3.1. Il motivo non può essere condiviso.

     Al riguardo giova premettere che l’argomento non possa comunque trovare accoglimento in relazione alla posizione soggettiva dei sergenti maggiori celibi appartenenti alle Forze Armate diverse dall’Arma dei Carabinieri alla luce del consolidato principio secondo cui il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento postula l’integrale identità dei termini della comparazione, non potendo tale disparità essere apprezzata a fronte di complessive posizioni soggettive e di status fra loro non omogenee (quali quelle degli appartenenti a diverse Forze Armate).

     Del pari, il motivo di doglianza non può trovare accoglimento neppure per quanto concerne l’asseritamente consolidata prassi amministrativa (ricorso in appello, cit., pag. 12) consistente nel riconoscere l’indennità ex art. 1, l. 100, cit. in favore degli Ufficiali celibi dell’Arma dei Carabinieri.

     Al riguardo, ci si limiterà a richiamare il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui l'eccesso di potere per disparità di trattamento non è configurabile quando il termine di raffronto consista, come nella specie, in precedenti atti non conformi a legge ed essendo evidente che colui che sia stato legittimamente escluso da un determinato beneficio non possa invocare l'eventuale illegittimità commessa a favore di altri al fine di ottenere che essa venga compiuta anche in proprio favore, specialmente in presenza di attività vincolata (nel senso della reiezione) da parte dell'Amministrazione (sul punto, cfr. – ex plurimis – Cons. Stato, Sez. VI, sent. 30 settembre 2008, n. 4685; id., Sez. IV, sent. 7 aprile 2008, n. 1482; id., Sez. VI, sent. 30 novembre 2006, n. 7010).

     3. Per i motivi esposti, l’appello in epigrafe non può trovare accoglimento.

     Sussistono giusti motivi onde disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

     Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 3 febbraio 2009, con l’intervento dei Sigg.ri:

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Presidente

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Consigliere       Segretario

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DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 9/04/2009

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione


 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 6699/2004


 

FF