REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 234/07

Reg.Dec.

N. 4352 Reg.Ric.

ANNO   2002

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 4352/2002, proposto dal Ministero dell’Interno in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è per legge domiciliato;

contro

la sig.ra ...OMISSIS.... ...OMISSIS...., non costituita in giudizio;

    per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo della Calabria, sede di Catanzaro, Sezione II, n. 170/2002;

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti intimate;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Designato relatore, per la pubblica udienza del 21 novembre 2006, il Consigliere Manfredo Atzeni ed uditi, altresì, i legali di parte, come da separato verbale;

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

     Con ricorso al Tribunale Amministrativo per la Calabria, Sede di Catanzaro, la sig.ra ...OMISSIS.... ...OMISSIS.... impugnava la decisione n. 333-0/61619 in data 20/11/2001 con la quale il Direttore Generale della Pubblica Sicurezza presso il Ministero dell’Interno aveva respinto la sua istanza volta ad ottenere il trasferimento di sede, ai sensi dell’art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, lamentando assenza dei presupposti di fatto e di diritto, motivazione erronea, insufficiente e contraddittoria, istruttoria carente e chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato.

     Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno accolto il ricorso annullando, per l’effetto, il provvedimento impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.

     Avverso la predetta sentenza interpone appello il Ministero, contestando gli argomenti posti a fondamento del decisum, sostenendo l’erroneità della pronuncia e la perplessità della motivazione e chiedendo l’annullamento della sentenza appellata.

     All’udienza del 21 novembre 2006 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

     La causa ha per oggetto il diritto della ricorrente di primo grado, agente della Polizia di Stato, ad ottenere il trasferimento della sede di servizio alla località di residenza del nonno, affetto da patologie invalidanti, al fine di prestargli assistenza.

     Nelle more del processo il congiunto dell’appellata è deceduto, ma il collegio non può dichiarare la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione della causa in quanto la vicenda potrebbe comunque presentare profili risarcitori.

     Nel merito, l’appello è fondato.

     In punto di fatto la sentenza di primo grado, le cui risultanze non sono contestate al riguardo, riferisce che l’odierna appellata risiedeva dall’anno 1988 in Campobasso insieme al nonno.

     Nell’anno 1999 è stata trasferita presso la Questura di Vibo Valentia.

     Nell’anno 2001 l’A.S.L. n. 3 di Campobasso riconosceva al congiunto dell’appellata la qualità di portatore di handicap in situazione di gravità.

     L’odierna appellata chiedeva il trasferimento nella zona di Campobasso per prestare assistenza al congiunto ai sensi dell’art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104; l’istanza veniva respinta con il provvedimento impugnato in primo grado in quanto non risultava che “la dipendente assista in atto, in via continuativa ed esclusiva, il portatore di handicap”.

     L’amministrazione contesta la sentenza, affermando in particolare che non sussiste titolo al trasferimento laddove lo stato di handicap sopravvenga nel corso del rapporto d’impiego.

     La tesi, nei termini appena riassunti, non è condivisa dalla Sezione.

     E’ vero che anche la Corte Costituzionale con sentenza 29 luglio 1996, n. 325, ha riconosciuto come il legislatore abbia fatto ragionevole uso della propria discrezionalità laddove ha previsto la salvaguardia dell’assistenza in atto all’handicappato nell’ambito familiare senza estenderla alla possibilità del trasferimento del lavoratore dipendente finalizzato all’instaurazione di un rapporto di assistenza, in precedenza assente.

     Peraltro, ritiene la Sezione che la norma debba essere applicata in termini ragionevoli.

     Osserva, quindi, il collegio, che la pratica evidenzia fattispecie in cui la necessità del trasferimento si può manifestare anche in costanza di rapporto.

     Basti pensare al caso di situazioni invalidanti che colpiscono familiari conviventi con il dipendente sorte in costanza di rapporto d’impiego, ad esempio per il sopraggiungere di malattie o per il verificarsi di incidenti, tali da creare uno stato di handicap in precedenza inesistente.

     Privare di tutela situazioni come quella ora descritta sarebbe palesemente iniquo.

     Se, quindi, deve convenirsi con l’amministrazione nella tesi secondo la quale nel caso di situazioni di disagio sopravvenute l’interesse dell’amministrazione alla corretta gestione del servizio assuma una particolare rilevanza non potendo essere interrotto, e nemmeno gravemente pregiudicata, un’organizzazione in essere, deve anche essere rilevato come non sia nemmeno consentito negare ogni rilevanza a situazioni di grave disagio.

     Peraltro, l’esistenza di tale situazione non è stata dimostrata nel caso di specie.

     Invero, deve convenirsi con l’appellante nell’osservazione secondo la quale non è verosimile che la dipendente, considerata la distanza fra la sede di servizio ed il luogo di residenza del congiunto, prestasse a quest’ultimo assistenza con continuità.

     L’istanza della ricorrente appare quindi finalizzata all’instaurazione di un rapporto di assistenza in precedenza insussistente, e del quale soprattutto non è dimostrato debba necessariamente essere svolto con il suo contributo.

     Giustamente quindi l’amministrazione ha respinto l’istanza, fondata su elementi palesemente insufficienti.

     L’appello deve, in conclusione, essere accolto e, in riforma della sentenza appellata, respinto il ricorso di primo grado.

     .In considerazione della natura della controversia devono essere riconosciute giuste ragioni per compensare integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti.

P.Q.M.

      il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie l’appello e, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

      Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.

      Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

      Così deciso in Roma, il 21 novembre 2006 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giorgio GIOVANNINI    Presidente

Sabino LUCE   Consigliere

Carmine VOLPE  Consigliere

Gianpiero Paolo CIRILLO      Consigliere

Manfredo ATZENI  Consigliere Est.  
 

Presidente

f.to Giorgio Giovannini

Consigliere       Segretario

f.to Manfredo Atzeni     f.to Vittorio Zoffoli 
 
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il..................23/01/2007...................

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

per Il Direttore della Sezione

f.to Giovanni Ceci 
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 4352/2002


 

FF