REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.339/2009

Reg.Dec.

N. 10213 Reg.Ric.

ANNO   2003

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n.  10213/2003, proposto dal sig. @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dall’avv. .

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi 12,

per la riforma

della sentenza del TAR delle Marche 3 giugno 2003, n. 476;

     visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

     visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione appellata e la memoria dalla stessa prodotta a sostegno delle proprie difese;

     visti gli atti tutti di causa;

     relatore, alla pubblica udienza del 25 novembre 2008, il Consigliere .

     udito l’avv. dello Stato.per l’Amministrazione appellata.

     Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

F A T T O   e   D I R I T T O

     1) - Con la sentenza appellata il TAR ha respinto il ricorso proposto dall’odierno appellante per l’annullamento:

     - del provvedimento di dispensa dal servizio per inabilità fisica in data 28 giugno 1995-d/76645, limitatamente alla parte in cui viene disposto che il ricorrente cessi dal servizio in tale data;

     - della nota ministeriale in data 19 luglio 1995 n. 333-D/9801.B.DIS, concernente la mancata concessione del congedo ordinario relativo agli anni 1994 e 1995.

     Con il ricorso è stato anche chiesto l’accertamento del diritto del ricorrente ad essere collocato a riposo con decorrenza dal 13 settembre 1995 e, quindi, a beneficiare del congedo ordinario maturato e non goduto per gli anni 1994 e 1995 ed, in subordine, per la condanna dell’Amministrazione al pagamento delle somme spettanti per le ferie non godute, con interessi e rivalutazione monetaria.

     I primi giudici, dopo avere premesso che la sopravvenienza di un fatto non imputabile al lavoratore che renda impossibile la prestazione lavorativa non può produrre effetti negativi in ordine al diritto alle ferie retribuite, sicché l’impiegato collocato in aspettativa per infermità conserva integralmente il diritto a godere del congedo ordinario nella misura prevista dall’art. 15 della legge 11 luglio 1980, n. 312, hanno, peraltro, osservato che il diritto alla fruizione del congedo ordinario maturato durante l’assenza dal servizio per infermità si perfeziona con la ripresa dell’effettiva prestazione lavorativa al termine dell’assenza stessa onde il suddetto diritto non può essere riconosciuto laddove, come nel caso in esame, dopo l’assenza per infermità il dipendente non riprenda regolarmente servizio; con la conseguenza che non poteva trovare accoglimento il capo di domanda volto a rivendicare la concessione del congedo ordinario relativo agli anni 1994 e 1995 e, conseguentemente, l’accertamento del diritto del ricorrente ad essere collocato a riposo con decorrenza 13 settembre 1995.

     Il TAR ha, poi, ritenuto infondato anche l’altro capo di domanda volto ad ottenere la condanna dell’Amministrazione al pagamento delle somme spettanti al ricorrente per le ferie non godute; ciò in quanto la monetizzazione delle ferie non godute, in luogo dei riposi compensativi, è ipotesi residuale, subordinata a precisi presupposti, espressivi di comprovate scelte operative imputabili all’Amministrazione; e nella fattispecie, al contrario, la mancata fruizione delle ferie non era imputabile a fatto dell’Amministrazione, ma discendeva da cause di forza maggiore (permanente inidoneità al servizio del dipendente), sicché al ricorrente non spettava alcun trattamento economico sostitutivo delle ferie non godute.

     2) - Per l’appellante la sentenza sarebbe erronea in quanto non sarebbe condivisibile l’opinione ivi espressa secondo cui non sarebbe dato ravvisare nel caso in esame una qualche situazione ascrivibile all’amministrazione che abbia impedito al dipendente di fruire delle ferie maturate; all’interessato, invero, benché da anni sofferente in conseguenza di una menomazione per causa di servizio, sarebbe stata preclusa la possibilità di continuare a svolgere servizi compatibili con il suo stato dei salute e sarebbe stato sottoposto, senza preavviso idoneo a consentirgli la previa fruizione delle ferie, a visita medica all’esito della quale è stato repentinamente disposto il suo collocamento in aspettativa e, quindi, la successiva dispensa per inabilità, la responsabilità della P.A. sarebbe riconoscibile, in particolare, nel fatto che la stessa avrebbe disatteso le richieste del medesimo odierno appellante di essere adibito a mansioni confacenti alle sue condizioni di salute.

     Tutto ciò considerato (moralmente mortificante per chi ha subito una menomazione per causa di servizio), andrebbe ravvisata, nella specie, una situazione complessiva di ascrivibilità all’operato della P.A. dell’impossibilità di fatto per l’interessato di fruire delle ferie, anche di quelle maturate prima del collocamento in aspettativa.

     3) - Si è costituita l’amministrazione appellata che insiste, in memoria, per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza appellata, non sussistendo, nella specie, neppure i presupposti per la monetizzazione del congedo non fruito.

     4) - L’appello è fondato nei limiti che seguono.

     Al riguardo il Collegio si richiama alla prevalente giurisprudenza della Sezione IV di questo Consiglio di Stato (da questa stessa Sezione confermata e richiamata espressamente con recentissime decisioni: cfr. 23 luglio 2008, n. 3636; 21 aprile 2008, n. 1765; in ordine al richiamato orientamento pregresso cfr., ex multis, dec. n. 6533/2003 e dec. n. 1230/2001, rispetto alle quali rimangono isolate la dec. n. 8245 e la dec. n. 8246 del 2004), in cui è stato affermato che l'art. 14 del d.P.R. n. 395/1995, incorporante l'accordo sindacale 20 luglio 1995 (riguardante il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile: Polizia di Stato, Corpo di polizia penitenziaria e Corpo forestale dello Stato) ed il provvedimento di concertazione 20 luglio 1995, riguardante le Forze di polizia ad ordinamento militare (Arma dei carabinieri e Corpo della Guardia di finanza), che ha introdotto la monetizzazione delle ferie maturate e non godute, nel ribadire, al comma 7, l'irrinunciabilità riguardo al suddetto congedo, al successivo comma 14 ha previsto che si possa ammettere il pagamento del congedo ordinario non fruito nella sola ipotesi che, all'atto della cessazione dal servizio, detto congedo non sia stato fruito per documentate esigenze di servizio.

     Ulteriori deroghe sono state successivamente introdotte dall'art. 18, d.P.R. n. 254/1999, (recepimento dell'accordo sindacale per le Forze di polizia), che ha previsto la possibilità della monetizzazione del congedo ordinario e non fruito in caso di decesso, cessazione dal servizio per infermità o dispensa disposta dopo il collocamento in aspettativa per infermità.

     Secondo tale ultima normativa viene compensato, monetizzandolo, quel congedo maturato non fruito, anche in mancanza del presupposto delle documentate esigenze di servizio, in quanto imprevedibili eventi ne abbiano impedito la fruizione.

     Rispetto a tale situazione ed in riferimento al più vasto ambito del rapporto di pubblico impiego, la giurisprudenza è per lo più giunta al riconoscimento del diritto alla computabilità, ai fini del calcolo del periodo di congedo ordinario, dei giorni in cui il dipendente non abbia prestato servizio, in quanto collocato in aspettativa per infermità., vale a dire per fatto a lui non imputabile (cfr., tra le altre, C.d.S., sez VI, dec. 26 maggio 1999 n. 670).

     Meno ampio è il panorama giurisprudenziale per l'ipotesi del riconoscimento del compenso sostitutivo delle ferie non godute e ritenute maturate nel periodo di aspettativa per infermità.

     La tesi favorevole sviluppa l'opzione ermeneutica che ha portato a considerare maturate le ferie anche nel periodo d'infermità per malattia, cioè in assenza di attività di servizio, giungendo ad affermare che, quando il mancato godimento delle ferie non sia imputabile all'interessato, ciò non preclude l'insorgenza del diritto alla percezione dell'emolumento sostitutivo (cfr., ex plurimis, C.d.S., sez, VI, dec. n. 2520/2001).

     Nella specie, il collegio ritiene che il compenso per le ferie non godute non debba essere necessariamente connesso esclusivamente a documentate esigenze di servizio, per le quali la prestazione lavorativa sia stata effettuata su richiesta dell'amministrazione, che così abbia impedito il godimento delle ferie maturate, con la conseguenza che, se ragionevolmente si volesse ritenere il diritto al congedo ordinario (indisponibile, irrinunciabile ed indegradabile da parte del datore di lavoro, anche se pubblico) maturabile pure nel periodo di aspettativa per infermità (nella specie, incontestatamente contratta per causa di servizio), da ciò conseguirebbe automaticamente il diritto al compenso sostitutivo, ove tali ferie non venissero fruite.

     E ciò implica che nel caso di aspettativa per infermità, diritto al congedo ordinario e compenso sostitutivo costituiscono due facce inscindibili di una stessa situazione giuridica, per cui al primo in ogni caso si dovrà sostituire il secondo (arg. pure ex art. 36, Cost., ed art. 14, d.P.R. n. 395/1995).

     L'uno è, in effetti, un diritto incondizionatamente protetto dalla norma costituzionale, salvo che non ne sia imputabile al dipendente il mancato godimento (art. 36, Cost.); l'altro spetta nei limiti in cui è normativamente riconosciuto, traducendosi in un onere ulteriore per l'amministrazione (v. cit. art. 18, d.P.R. n. 254/1999).

     In definitiva, se la non imputabilità all'interessato del mancato svolgimento dell'attività di servizio è alla base del computo dei giorni di congedo ordinario, la non riconducibilità a causa imputabile al datore di lavoro del mancato godimento delle ferie maturate non impedirà di percepirne il compenso sostitutivo, trattandosi oltretutto di ipotesi nella sostanza assimilabile a quella delle "documentate esigenze di servizio”.

     5) - Per i motivi che precedono, è da ritenere – in accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza impugnata - la fondatezza dell’originario ricorso nei limiti del riconoscimento della spettanza del diritto alla monetizzazione del compenso di cui si tratta (con interessi e rivalutazione nei limiti di legge dalla maturazione del diritto al soddisfo).

     Le spese seguono, come di norma, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in accoglimento del ricorso di primo grado, dichiara il diritto del ricorrente nei termini e limiti di cui in motivazione.

     Condanna l’amministrazione appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida in complessivi € 2.500,00(duemilacinquecento/00) oltre IVA e CPA.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 novembre 2008, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione VI, con l'intervento dei Signori:

-
 

Presidente

-

Consigliere       Segretario


 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

Il        26/01/2009

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione


 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 10213/2003


 

FF