REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.2034/2009

Reg.Dec.

N. 3157 Reg.Ric.

ANNO   2004

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 3157 del 2004, proposto dal Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato,  domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

contro

il sig. @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dagli avv. ...

per la riforma

della sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano, 31 gennaio 2003 n. 33;

     Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

     Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;

     Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti tutti gli atti di causa;

     Relatore alla pubblica udienza del 3 febbraio 2009 il Consigliere ..

     Uditi l’avv. dello Stato ...

     Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

     Con nota in data 22 settembre 1999, veniva contestato al vice ispettore della polizia di Stato sig. @@@@@@@ @@@@@@@ che, il giorno 16 agosto 1999, nel quale avrebbe dovuto prestare servizio "in qualità di capo-pattuglia e coordinatore di turno, con orario 00.00 – 07.00, sul tratto della strada statale @@@@@@@ alle ore 5.00 veniva trovato dal vice dirigente di settore polizia di frontiera di @@@@@@@ nei locali della mensa sita nella caserma stessa. " Acquisite le giustificazioni dell'incolpato, che, tra l'altro, ha sostenuto come il rientro in caserma fu originato da "un malessere di tipo fisiologico" che avrebbe colpito l'autista dell’autopattuglia e che la decisione, da lui presa di trattenersi alcuni minuti presso i locali della mensa, fu dovuta al necessità di "consentire all'autista di riprendersi un attimo", onde evitare che "un'eventuale distrazione potesse portare a dannose conseguenze", il dirigente della terza zona della Polizia di frontiera di Bolzano, con provvedimento in data 10 novembre 1999, ha inflitto all'incolpato la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di cinque trentesimi dello stipendio. Il provvedimento, nel ricostruire la condotta dell’incolpato, sottolinea, tra l'altro, come il capopattuglia, una volta constatato il malessere dell'autista, "non provvedeva ad avvisare il responsabile dell'ufficio per un eventuale sostituzione", e, dopo aver ribadito come il personale dell'autopattuglia veniva trovato nei locali della mensa e "non nella zona 2 assegnata" conclude nel senso che "tale comportamento ha causato una grave interruzione del servizio e le giustificazioni adottate non appaiono convincenti per cui, verosimilmente, si possono ipotizzare le diverse dinamiche dell'accaduto. "

     Contro tale provvedimento il sig. @@@@@@@ @@@@@@@ ha proposto, prima, ricorso gerarchico al Capo della Polizia e, quindi, a seguito del rigetto, ricorso al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano. Il primo giudice, con la sentenza appellata in questa sede, ha accolto il ricorso ritenendo che "il provvedimento sanzionatorio viene motivato anche con quest’ultima circostanza (mancato avviso al responsabile dell’ufficio) che non era stata contestata al ricorrente con la richiamata nota dd. 22.09.1999 contenente la formale contestazione degli addebiti."

     L'appello del Ministero dell'Interno si affida alla considerazione che la circostanza di non aver avvisato il responsabile dell'ufficio per l'eventuale sostituzione dell'artista" non è un ulteriore addebito, ma è da considerarsi un fatto intrinseco del comportamento contestato che resta quello contenuto nell'atto di contestazione, cioè la "interruzione ingiustificata del servizio."

     Conclude quindi chiedendo, in riforma della sentenza appellata, il rigetto del ricorso di primo grado.

     E’ costituito in giudizio il sig. @@@@@@@ @@@@@@@, che controbatte le tesi avversarie, osservando in particolare come si tratta di due distinte fattispecie disciplinari che avrebbero dovuto essere entrambe contestate fin dall’inizio, e, previa riproposizione in via cautelare degli altri motivi dichiarati assorbiti,  conclude per il rigetto dell'appello.

DIRITTO

     L’appello è  fondato.

     Oggetto dell’appello è la sentenza di cui all’epigrafe, con la quale il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano, ha accolto il ricorso proposto dal vice ispettore della polizia di Stato sig. @@@@@@@ @@@@@@@, per l'annullamento del decreto del Capo della Polizia, in data 8 marzo 2000, di rigetto del ricorso gerarchico da lui presentato avverso il provvedimento con il quale il Dirigente la III° Zona di Polizia di Frontiera di Bolzano, in data 10 novembre 1999, gli aveva inflitto la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di cinque trentesimi dello stipendio.

     Secondo il primo giudice, il provvedimento sanzionatorio sarebbe stato motivato, non solo con riferimento al comportamento indicato nell'atto di contestazione degli addebiti, che si riferiva all'interruzione ingiustificata del servizio di pattuglia, ma anche ad un ulteriore comportamento non contestato, cioè che l'incolpato non aveva avvisato il responsabile dell’ufficio del malessere accusato dall'autista della autopattuglia, da lui addotto e giustificazione del fatto di essere stato trovato all'interno dei locali della mensa della caserma anziché in servizio esterno. E ciò avrebbe comportato la violazione del principio di corrispondenza fra fatto contestato e fatto sanzionato (articolo 14 del d.p.r. 25 ottobre 1981, n. 737).

     L’assunto, come esattamente dedotto dall’Amministrazione appellante, non ha pregio. L’analisi della motivazione contenuta nel provvedimento con cui è stata inflitta la sanzione, infatti, specie se letta in relazione agli atti del procedimento (relazione di servizio, contestazione degli addebiti, giustificazioni), non lascia alcun dubbio sul fatto che la condotta sanzionata sia l'interruzione ingiustificata del servizio di pattuglia. In questo senso si esprime con chiarezza il provvedimento, nell’affermare che l’incolpato, “ comandato di servizio in qualità di capo-pattuglia e coordinatore di turno, con orario 00.00 – 07.00, sulla tratta della strada statale @@@@@@@”, … “ da un’ispezione effettuata dal vice dirigente il settore di @@@@@@@ veniva trovato alle ore 05,15  nei locali della mensa sita nella caserma stessa e non nella zona 2 assegnata. "In questa ottica, la considerazione secondo a quale l’interessato “non provvedeva ad avvisare il responsabile dell'ufficio per un eventuale sostituzione” non assume una autonoma valenza di condotta sanzionabile, ma è solo un argomento a confutazione della tesi difensiva, esposta nelle giustificazioni, secondo la quale la presenza in caserma sarebbe stata causata dal fatto che, sia pur momentaneamente, “l’autista non era in grado di svolgere il regolare servizio”.

     Pertanto, la sentenza appellata va riformata sul punto ora esaminato.

     Il Collegio, peraltro, deve procedere all’esame degli altri motivi di ricorso assorbiti dal primo giudice e riproposti, in via prudenziale dall’appellato, con memoria del 20 aprile 2004.

     Il primo motivo denuncia la violazione degli articoli 12 e 14 del d.p.r. 25 ottobre 1981, n. 737. Lamenta l'appellato che, non solo è viziata la fase della rilevazione dell'infrazione, in quanto l'ispettore non ha provveduto immediatamente a farla constatare e responsabili né ha impartito alcuna disposizione per eliminare od attenuare le conseguenze della stessa intimando l'immediata ripresa del servizio  ed ha atteso ben 18 giorni prima di inoltrare il rapporto all'organo competente, ma anche la fase di avvio del procedimento, in quanto la contestazione dell'addebito è avvenuta con 38 giorni di ritardo. Consapevole che la disciplina richiamata non contiene termini perentori, l'appellato richiama, tuttavia, l'articolo 103 del d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3, secondo il quale la contestazione deve avvenire "subito".

     L'assunto non merita di essere condiviso in quanto, per quel che concerne il primo profilo, le eventuali manchevolezze di chi ha rilevato l'infrazione, riguardando norme che non sono poste a garanzia dell'incolpato ma dell'ordinato svolgimento del servizio turbato dalla condotta contraria ai doveri d’ufficio. Per cui la loro eventuale violazione non incide sul procedimento disciplinare, a meno che riguardi la redazione e l’inoltro del rapporto sui fatti all'organo competente ad infliggere la sanzione. Ma, sotto tale profilo nulla viene eccepito. Sotto l’altro profilo, la giurisprudenza della sezione ha chiarito come: " l'art. 103 t.u. imp. civ. St., che prevede che la contestazione degli addebiti avvenga "subito", deve essere interpretato nel senso che il legislatore non ha inteso vincolare l'amministrazione all'osservanza di un termine fisso, ma ha indicato una regola di ragionevole prontezza e tempestività nella contestazione, da valutarsi caso per caso in relazione alla gravità dei fatti ed alla complessità degli accertamenti preliminari, nonché allo svolgimento effettivo dell'iter procedurale e preordinata ad un equo contemperamento delle esigenze sia dell'amministrazione pubblica di procedere agli accertamenti preliminari dei fatti disciplinari con ponderata valutazione della gravità e complessità dei fatti medesimi, sia della parte privata, onde non siano rese più gravose le modalità della difesa a causa della eccessiva distanza di tempo dal verificarsi dei fatti oggetto di contestazione." (Consiglio Stato , sez. VI, 06 giugno 2008 , n. 2723).

     Nel caso di specie, nelle osservazioni a corredo del ricorso gerarchico al capo della polizia, in data 13 gennaio 2000, il dirigente della III° zona della Polizia di frontiera di Bolzano afferma che il ritardo nella contestazione dell'addebito è " da imputare a cause sopravvenute, come l'assenza per congedo ordinario del dirigente di questo ufficio e successivamente per assenza per aggregazione presso la Polaria di Malpensa del viceispettore @@@@@@@". Si tratta di una giustificazione del tutto plausibile di un ritardo assai contenuto, di appena 38 giorni, addebitabile ad ordinari problemi di amministrazione.

     Il secondo motivo denuncia la violazione degli articoli 3, 4,  e 13, del d.p.r. 25 ottobre 1981, n. 737, sotto il profilo del difetto di motivazione, in quanto non si sarebbe dato conto della ragione per la quale l'infrazione andasse di ricondotta alla "grave negligenza in servizio".

     Occorre premettere, prima di ogni altra considerazione, che “ al giudice amministrativo è preclusa ogni indagine circa la congruità della sanzione disciplinare inflitta rispetto ai fatti contestati, poiché la gravità della lesione ai valori tutelati, che da questi fatti si origina, costituisce il frutto di un giudizio di merito, riservato alla Autorità procedente e insindacabile se non per profili estrinseci di abnormità” (Consiglio Stato, sez. IV, 05 settembre 2008 , n. 4231).

     Sotto tale limitato angolo di visuale, non emerge alcuna ragione di ritenere incongrua la sanzione in questione, in quanto di certo l'abbandono, sia pur momentaneo, del servizio di pattuglia può ben rientrare nella nozione di "grave negligenza in servizio", specie se si tiene conto della particolare delicatezza del servizio, che, come considerato nel decreto di rigetto del ricorso gerarchico, era "quello di vigilare la fascia di frontiera, al fine di evitare l'eventuale introduzione di clandestini nel territorio nazionale". Un compito cioè che non poteva essere effettuato dall’interno della Caserma, ma andava svolto sulla strada nella zona assegnata.

     L'ultimo motivo denuncia il vizio di eccesso di potere, in base all'assunto che il provvedimento impugnato sarebbe "carente di un elemento fondamentale, ossia dei motivi per i quali la versione dei fatti forniti dal @@@@@@@ non è stata ritenuta attendibile".

     L'assunto non può essere condiviso. Si è già detto che le giustificazioni fornite dall'incolpato, che adduce una momentanea indisposizione dell'autista, non sono state ritenute attendibili per il fatto che egli non aveva avvisato il responsabile dell'ufficio per un eventuale sostituzione,  per cui, come esattamente osservato nel provvedimento impugnato, " verosimilmente, si possono ipotizzare diverse dinamiche dell'accaduto." D'altro canto, all'amministrazione era sufficiente dimostrare ai fini dell'irrogazione della sanzione l'abbandono temporaneo del servizio, fatto questo non contestato, mentre all'incolpato spettava non solo affermare ma anche provare le eventuali cause che giustificassero il comportamento riscontrato.

     L’appello, pertanto, deve essere accolto.

     Sussistono motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato, sezione VI,  accoglie l’appello e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado.

     Spese compensate.

     Ordina che la presente decisione sia seguita dall’autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 3 febbraio 2009, con l’intervento dei signori:

....
 

Presidente

..

Consigliere       Segretario

.. 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il...01/04/2009

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

.. 
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 3157/2004


 

FF