REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.2710/2006

Reg.Dec.

N. 11090 Reg.Ric.

N. 11213 Reg. Ric.

ANNO2001  

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui ricorsi in appello riuniti proposti:

ricorso n. 11090/2001 da ...OMISSIS... ...OMISSIS...rappresentata e difesa dall’avv.Corrado De Simone ed elettivamente domiciliata in Roma via Principessa Clotilde 2 c\o avv. prof. Angelo Clarizia;

ricorso n. 11213/2001 dal Ministero dell’Interno in persona del Ministro p.t. rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso cui è ope legis dom.to in Roma via dei Portoghesi 12;

contro

Ministero dell’Interno in persona del Ministro p.t. rapresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso cui è ope legis domiciliato in Roma via dei Portoghesi 12 (ricorso 11090\2001 RG);

...OMISSIS... ...OMISSIS...rappresentata e difesa dall’avv. Corrado De Simone ed elettivamente domiciliata in Roma via Principessa Clotilde 2 c\o avv. Prof. Angelo Clarizia (ricorso 11213\2001 RG)

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio Sezione distaccata di Latina n. 744 del 16 luglio 2001

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti rispettivamente intimate

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Alla pubblica udienza del 17 gennaio 2006 relatore il Consigliere Luciano Barra Caracciolo.

     Udito l’avv.to A. Abbamonte per delega dell’avv.to De Simone e l’avv.to dello Stato Sica.

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

     F A T T O

     Con la sentenza in epigrafe il Tar del Lazio, sezione distaccata di Latina, ha accolto il ricorso proposto da ...OMISSIS......OMISSIS..., quale vedova di ...OMISSIS... ...OMISSIS..., assistente capo della Polizia di Stato deceduto il 14 marzo 1994, avverso il decreto ministeriale n.266 del 12 marzo 1999, con cui il Ministero dell’interno aveva respinto l’istanza di equo indennizzo presentata dalla ricorrente con riferimento al decesso del coniuge. Riteneva il Tar che il decreto impugnato fosse illegittimo, nel negare la tempestività della domanda di equo indennizzo, perché:

     - non trovava applicazione la disciplina dell’art.51 del DPR 686\1957 in quanto la domanda di concessione dell’equo indennizzo era stata prodotta in epoca successiva all’entrata in vigore dell’art.11 del DPR n.349\1994, che avea espressamente abrogato l’art.51 cit.;

     - si doveva fare applicazione, invece, dell’art.3, ultimo comma del citato DPR 349\1994, per cui la domanda poteva essere presentata dagli eredi entro sei mesi dal decesso dell’avente diritto;

     - tale termine semestrale non poteva, per evidenti ragioni di giustizia, considerarsi già trascorso al momento della presentazione della domanda, inoltrata nel gennaio\febbraio del 1999, essendo il termine semestrale dal decesso già trascorso alla data del 5 dicembre 1994, di entrata in vigore del DPR 349\1994, e non potendo ammettersi un’applicazione di tale nuova disciplina ex se preclusiva per la situazione della istante, in base al principio che nessun termine poteva decorrere in danno della ricorrente prima che questa fosse nella giuridica condizione di avvalersene;

     - la domanda risultava invece tempestiva rispetto al corretto “dies a quo”, individuabile nella cessazione della situazione di pendenza, giuridicamente tutelata, determinata dalla proposizione della domanda stessa, situazione di pendenza venuta meno con l’iniziativa stessa della ricorrente, successiva all’aver appreso, in data 10 ottobre 1998, il parere favorevole della Commissione medica ospedaliera. (Quest’ultimo atto, a sua volta, non segnava il decorso del termine perché non costituiva formalmente il decreto di riconoscimento della interdipendenza del decesso da precedente causa di servizio).

     Il Tar riteneva infine che trattandosi di accoglimento per erronea applicazione della normativa, restassero salve le  ulteriori determinazioni sulla domanda della ricorrente, dovendo al domanda essere riesaminata dall’Amministrazione.

     Appella la ...OMISSIS...deducendo:

     1. Error in procedendo; violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui agli artt. 99 e 101 c.p.c.

     La sentenza va riformata nella parte in cui dispone il non accoglimento della richiesta declaratoria del diritto alla corresponsione dell’equo indennizzo, avendo l’Ammnistrazione gravemente e per due volte errato nell’applicazione della legge, e non potendo perciò più fruire di alcun termine per l’esame dell’istanza di concessione dell’equo indennizzo, stanti i favorevoli pronunciamenti della Commissione medica ospedaliera e del CPPO e in difetto di qualsivoglia elemento ostativo o di contrasto.

     2. Errore in judicando: violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi generali in materia di procedimento amministrativo e concessione dell’equo indennizzo, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale 21 giugno 1996, n.209. Istruttoria difettosa. Manifesta illogicità e perplessità anche in relazione all’art.97 cost. e alla legge n.241\1990.

     L’Amministrazione, pur avendone avuta la possibilità, non ha in alcun modo motivato le eventuali ragioni del proprio dissenso rispetto alle convergenti pronunce consultive della CMO di Roma e del CPPO, affidando la determinazione conclusiva all’errata applicazione di na norma di legge abrogata cinque anni prima ed essendosi perciò consumato il potere dell’Amministrazione stessa.

     3. Error in judicando: violazione e falsa applicazione dell’art.92 c.p.c. in relazione alla ritenuta “novità” della questione, motivazione insufficiente e illogica nel sostenere la compensazione delle spese giudiziali, considerando che l’Amministrazione è risultata totalmente soccombente e aveva preteso di fare applicazione, nel 1999, di una norma già abrogata del 1994.

     La stessa sentenza è stata altresì impugnata, con distinto atto di appello, dall’Amministrazione, che ha dedotto come il Tar sia incorso in errore poiché l’art.3 della legge 23 dicembre 1970, n.1094, dispone che per la concessione del beneficio in questione al personale militare e assimilato debbano applicarsi le norme previste per gli impiegati civili dello Stato dagli artt. Da 50 a 60 del DPR 686 del 1957. Per il personale della Polizia di Stato, il verbale della CMO costituisce l’atto terminale del procedimento preordinato al riconoscimento della causa di servizio dell’infermità contratta, a norma del regolamento approvato con RD 15 aprile 1928, n.1024, applicabile in virtù del rinvio operato dall’art.77 del DPR 24 aprile 1982, n.335, come conferma la giurisprudenza del Consiglio di Stato ( par. I n.309\96 del 21 ottobre 1998). Nel caso di specie, il termine di sei mesi per l’istanza di concessione di equo indennizzo ha avuto decorrenza dal 9 ottobre 1995, data in cui l’interessata ha avuto cognizione del verbale con cui la CMO di Roma aveva riconosciuto il nesso di interdipendenza della malattia causa di decesso.

     Inoltre nessuna violazione era ipotizzabile dell’art.11 del DPR 349\1994, in quanto nel procedimento per la concessione dell’equo indennizzo del personale della Polizia di Stato continua a trovare applicazione l’art.51 del DPR.686\57, in virtù della speciale normativa dettata dall’art.3 della l.23 dicembre 1970, n.1094, ed essendo in radice non applicabile al personale militare ed equiparato la disciplina citata del DPR 20 aprile 1994, n.349, come affermato da C.d.S., Sez.III, par. n.814 del 25 agosto 1998.

     Peraltro, anche nell’ipotesi di applicabilità dell’art.3 del DPR 349\94, la ricorrente aveva comunque avuto conoscenza del contenuto del p.v. 469\95 dela CMO sin dal 9 ottobre 1995, data in cui aveva sottoscritto per accettazione il detto verbale. Infine risultava del tutto inesistente la particolare condizione in cui si sarebbero venuti a trovare gli aventi diritto in conseguenza della nuova e comunque non applicabile disciplina; peraltro gli stessi non avevano neppure prodotto alcuna istanza nel semestre decorrente dalla data di entrata in vigore del DPR 349\1994, cioè dalla data del 4 dicembre 1994.

     In entrambi i procedimenti instaurati con le sopra esposte impugnazioni si sono costituite le controparti intimate deducendo l’infondatezza dei gravami medesimi.

     DIRITTO

     1. Gli appelli di cui in narrativa vanno riuniti ai fini della decisione congiunta, trattandosi di impugnazioni dirette avverso la medesima sentenza di primo grado.

     2. Va preliminarmente esaminato l’appello dell’Amministrazione, che riveste carattere pregiudiziale investendo la soccombenza principale derivante dall’impugnata sentenza e contenendo ragioni giuridiche tali da condurre al rigetto integrale del ricorso accolto in primo grado.

     L’appello in questione è fondato.

     2.1. Va infatti osservato che, nel caso in esame, trattandosi di equo indennizzo richiesto in relazione al decesso di un dipendente della Polizia di Stato, si applica una disciplina speciale non coincidente con quella in generale dettata per gli altri dipendenti delle amministrazioni centrali dello Stato.

     Come ha correttamente affermato l’Amministrazione appellante, infatti, l’art.3 della legge 23 dicembre 1970, n.1094, dispone che per la concessione dell’equo indennizzo al personale militare ed assimilato, tra cui rientra quello della Polizia di Stato in virtù del rinvio operato dall’art.77 del DPR 24 aprile 1982, n.335, si applicano le norme previste per gli impiegati civili dello Stato quanto agli articoli da 50 a 60 del DPR 3 maggio 1957, n.686. Tale disciplina è oggetto di un richiamo recettizio e non mobile, nel senso che non muta con il mutare della disciplina dettata per i restanti impiegati delle amministrazioni dello Stato, onde permane la sua piena applicabilità pur dopo l’entrata in vigore del DPR 20 aprile 1994, n.349 (in tal senso, circa la non applicabilità di tale ultima subentrata disciplina al personale militare ed equiparato, in ragione dell’esplicita delimitazione dei destinatari della nuova disciplina ai soli impiegati civili, si veda il parere della III Sez. di questo Consiglio n.814 del 25 agosto 1998, richiamato dall’appello in esame).

     Ne discende che il provvedimento impugnato ha correttamente ritenuto l’applicabilità dell’art.51 del DPR n.686\1957, richiamando tra l’altro nelle sue premesse la legge 23 dicembre 1970, n.1094.

     2.2. Va tuttavia soggiunta l’ulteriore e assorbente considerazione che l’art.51 in questione avrebbe trovato comunque applicazione al caso in esame, dato che la costante giurisprudenza di questo Consiglio ha affermato che il momento rilevante per la determinazione della normativa applicabile in sede di liquidazione dell’equo indennizzo non è quello in cui viene adottato il provvedimento amministrativo di riconoscimento della dipendenza della menomazione da causa di servizio, ovvero quello di ulteriori o diversi atti infraprocedimentali, momenti tutti privi di valore costitutivo, ma quello in cui si manifesta la perdita dell’integrità fisica o l’aggravamento (nel caso il decesso). (cfr; VI 4 gennaio 1996, n.25; V 16 ottobre 1989, n.649).

     Dunque, anche a prescindere dalla specialità della disciplina applicabile, resistente al variare della disciplina dettata soltanto per le rimanenti categorie del pubblico impiego statale, nel caso in esame, la disciplina applicabile era quella del momento dell’avvenuto decesso, cioè del 14 marzo 1994, sicuramente anteriore all’entrata in vigore del richiamato DPR 349\1994, applicandosi in ogni caso la normativa di cui al DPR 686\1957.

     3. Ciò premesso, va ulteriormente precisato che, secondo l’insegnamento della altrettanto costante giurisprudenza di questo Consiglio, per il personale militare e della Polizia di Stato, ai sensi dell’art. 11 del R.D. 15 aprile 1928, n.1024 come richiamato dall’art.77 del DPR 24 aprile 1982 n.335, il termine semestrale previsto dall’art.51 DPR n.686\1957 per la presentazione della domanda di equo indennizzo decorre dalla data di conoscenza del giudizio formulato dalla Commissione medica ospedaliera in ordine alla dipendenza dell’infermità da causa di servizio e, in particolare dalla data di sottoscrizione del relativo verbale, atteso che quest’ultimo, per dette categorie di personale, costituisce l’atto conclusivo del sub-procedimento di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio (da ultimo, IV Sezione 2 novembre 2004, n.7077, IV 22 aprile 1996, n.525).

     Così precisata la disciplina procedimentale applicabile al caso in esame, ne risulta che la ricorrente ha avuto pacificamente notizia del verbale della CMO in data 9 ottobre 1995, mentre la sua domanda di equo indennizzo è stata poi presentata solo il successivo 10 febbraio 1999, sicchè il decreto impugnato ha giustamente rilevato la tardività della domanda stessa per violazione del termine perentorio di cui all’art.51 del DPR 686\1957.

     Le considerazioni che precedono, in linea con quanto sostenuto con l’appello dell’Amministrazione, oltre a condurre all’accoglimento di quest’ultimo, e alla simultanea reiezione dell’appello dell’originaria ricorrente, (la cui lamentata parziale soccombenza era strettamente dipendente dall’accoglimento dei profili di illegittimità qui smentiti), rivestono altresì rilievo assorbente per il rigetto del gravame così come proposto in primo grado.

     La natura della controversia e la particolarità della disciplina variamente applicabile in materia giustificano la compensazione integrale delle spese di entrambi i gradi di giudizio tra le parti costituite.

     P. Q. M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello proposto dall’Amministrazione e respinge l’appello proposto da ...OMISSIS......OMISSIS... e in riforma della sentenza impugnata respinge il ricorso di primo grado.

     Compensa le spese di giudizio.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, il 17.1.2006 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

     Mario Egidio SCHINAIA   Presidente

     Luigi MARUOTTI    Consigliere

     Carmine VOLPE    Consigliere

     Giuseppe ROMEO    Consigliere

     Luciano BARRA CARACCIOLO  Consigliere est. 
 

Presidente

MARIO EGIDIO SCHINAIA

Consigliere       Segretario

LUCIANO BARRA CARACCIOLO   GLAUCO SIMONINI 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il.....15/05/2006.

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA 
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 11090 e 11213/2001


 

AS