R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

N.3721/2009

Reg. Dec.

N. 2489 Reg. Ric.

Anno 2001

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

     sul ricorso in appello iscritto al NRG  2489  dell’anno 2001 proposto da @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dall’avv. -

contro

     MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia ope legis in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l’annullamento

     della sentenza  del  TAR per il Lazio, sez. II, n. 8035 del 2000;

     visto  il ricorso  in appello, con i relativi allegati;

     visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellata amministrazione; 

     visti gli atti tutti della causa;

     data per letta, all’udienza  pubblica del 24 febbraio  2009. la relazione del consigliere -

     Udito l’avvocato dello Stato-

     ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

     Con ricorso al TAR Lazio, il maresciallo maggiore della Guardia di Finanza @@@@@@@ @@@@@@@ esponeva di aver sollecitato, con varie istanze rivolte agli uffici competenti del Corpo, un riesame complessivo della situazione retributiva.  In particolare l’ufficiale assumeva di avere titolo al riconoscimento di differenze retributive per effetto di perequazione stipendiale (derivante dall’interpretazione della legge n. 487/1987) da effettuarsi rispetto  ad altri colleghi di pari grado; il dipendente  domandava inoltre la revoca degli atti di erogazione e quietanza che, nel definire la sua posizione retributiva, avevano invece negato detta perequazione (pur originariamente riconosciuta) e dato luogo ad un debito verso l’amministrazione (relativo al periodo 1.4. 1988/31.1.1992), recuperato con trattenute a conguaglio di altre somme dovute in base alle leggi nel tempo succedutesi (le trattenute venivano esplicitate e motivate con la nota legionale n.10884 del 4.2.93, comunicata con la nota 6.2.93 del comando del Gruppo).

       Il ricorso era affidato a motivi così riassumibili:

     1-  violazione degli art. 1, comma 7 della l.n.468/1997;

     2-  eccesso di potere  per illogicità e contraddittorietà della motivazione;

     3- violazione, erronea e falsa applicazione dell’art. 16, comma 3, della legge n. 431/1981.

     Con la sentenza in epigrafe specificata il Tribunale amministrativo respingeva il ricorso, rilevando che nel corso del tempo l’amministrazione aveva dato applicazione alle varie leggi perequative generali  succedutesi nel tempo e che l’istituto dell’allineamento stipendiale è stato abolito dal d.l. n.333/1992 (convertito nella legge n. 359/1992), come specificato dall’art. 7 del d.l. n. 384/1992 (legge n. 438/1992) e con effetti anteriori alla data dell’11.7 1992 (entrata in vigore del d.l. n. 333) e tale soppressione è stata ritenuta legittima dalla Corte costituzionale (sent. n. 6/1994).

     Di qui l’appello in esame proposto dal @@@@@@@ ed affidato ai motivi  riassunti trattati  nel prosieguo dalla presente decisione.

     Si è costituita nel giudizio l’amministrazione appellata, resistendo al gravame, il quale, alla pubblica udienza del  24 febbraio 2009 il è stato  trattenuto in decisione.

DIRITTO

     Con unico ordine di censure l’appellante assume che erroneamente il Tribunale amministrativo, motivando la sentenza gravata,  ha trascurato di considerare che le somme trattenutegli dall’amministrazione gli erano state riconosciute  e liquidate (come dimostrato dagli atti n.106 e n.107 del 21 1 92) per allineamento stipendiale prima dell’entrata in vigore dei decreti legge che lo hanno soppresso.

     Risultando il rapporto già esaurito,  di tale eliminazione  non si doveva tenere conto al momento di applicare al dipendente le nuove norme di legge di natura perequativa;  conseguentemente il recupero, in sede di conguaglio, delle somme corrisposte  in forza della soppressa perequazione risulterebbe illegittimo.

     La tesi, che sul piano dei principi generali si palesa condivisibile, non può tuttavia condurre nella specie all’accoglimento dell’appello, a ciò ostando la fondatezza delle altre argomentazioni addotte dal primo giudice.

     Ed invero, sotto il primo aspetto, va per chiarezza affermato che il rapporto  “de quo” era da ritenersi esaurito perché sia l’attribuzione (riconosciuta  con le note  n. 106 e n.107 del 21 gennaio 1992) che la liquidazione delle somme perequative  (comunicata con la nota 17 febbraio 1992, n. 16599) risultano anteriori alla soppressione  dell’allineamento (disposta dal d.l. 11 luglio 1992, n. 333)  di talchè detto riconoscimento non poteva  incorrere nel divieto di emanare provvedimenti in materia di allineamento stipendiale, sancito dall’ art. 7 del decreto legge 19 settembre 1992, n. 384.

     Ma, con riferimento ai profili che non permettono di accogliere il ricorso,  è altrettanto vero che:

     - le somme perequative erano state attribuite salvo eventuale  conguaglio  (v. nota n. 16599 del 17 febbraio 1992) e pertanto suscettibili di tale operazione in rapporto all’applicazione di successive norme perequative;

     - il primo giudice, oltre a tale provvisorietà, ha evidenziato anche che sulla definizione della posizione  sono intervenuti gli inquadramenti operati per effetto della legge n. 216/1992, in applicazione della quale sono stati operati  i  necessari conguagli sulle somme erogate.

     In particolare deve condividersi l’assunto del TAR per il quale la pretesa azionata non tiene conto della necessità di dare applicazione al  susseguirsi delle disposizioni nel tempo in tema di trattamento economico dei militari, esigenza che  ha sostanzialmente vanificato la perequazione operata dall’amministrazione in origine, in via interpretativa, sulla base della legge n. 487/1987, determinandone l’oggettivo superamento.

     Quest’ultimo in realtà, e come la stessa amministrazione aveva già anticipato nella nota n. 10884 del 4 febbraio 1993, era da ritenersi  conseguenza  dell’applicazione nel tempo, a partire dal 25 giugno 1982, al personale militare della perequazione rispetto ai gradi della polizia di Stato, di talchè tutte le perequazioni applicate prima del 1 luglio 1992 erano da ritenersi incorporate dall’attuazione della legge n. 216/1992  (tale confluenza è stata ribadita anche dalla nota 10 giugno 1994, n. 57894).

     Da quanto sopra deriva che legittimamente  l’amministrazione, nel determinare l’aggiornamento nel tempo del trattamento economico dell’ufficiale, ha proceduto, indipendentemente dalla successiva soppressione dell’istituto, a conguagliare le somme dovute con quelle attribuite inizialmente a titolo di allineamento stipendiale.

     - Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

     Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.

     Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del  grado.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, il 24 febbraio, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in camera di consiglio con l’intervento dei signori:

   -
 
 

                  IL SEGRETARIO

  -

- - 

N.R.G. 2489/2001