REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.2954/2006

Reg.Dec.

N. 8196 Reg.Ric.

ANNO 1999 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 8196 del 1999, proposto da (omissis), rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Megna, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Nunzia D’Andrea in Roma, Via Crescenzio n. 9;

contro

la Polizia di Stato – Reparto Prevenzione Crimine Campania – Napoli, organo periferico del Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è per legge domiciliato, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli, Sez. IV, n. 1229 del 6 maggio 1999.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visti l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato e la relativa memoria difensiva;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Relatore alla pubblica udienza del 31 gennaio 2006 il Cons. Giuseppe Minicone;

     Udito l’avv. dello Stato Nicoli;

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

     FATTO

     Il sig. (omissis) (omissis), agente di P.S. applicato al Nucleo prevenzione crimine di Napoli, a seguito di un episodio, verificatosi il 10 novembre 1996, sanzionato disciplinarmente con la pena pecuniaria nella misura massima, fu rinviato dall’Ufficio sanitario della Questura di Napoli alla CMO presso l’Ospedale di Caserta, ove fu sottoposto ad una serie di visite fino al 13 marzo 1997, data nella quale fu dimesso con la prescrizione di sessanta giorni di riposo per “instabilità caratteriale con ridotta tolleranza allo stress”.

     Poiché l’interessato non aveva accettato tale prescrizione, fu inviato, il giorno successivo, alla CMO di II istanza, che, nella stessa data, lo giudicò non idoneo al servizio per un periodo di centottanta giorni, perché riscontrato affetto da “reattività psicogena”.

     Con ricorso notificato il 23 maggio 1997, il sig. (omissis) impugnava, innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania, detto provvedimento, censurandolo per irragionevolezza, difetto di motivazione e contraddittorietà.

     Il giudice adito, dopo aver fatto sottoporre, in sede cautelare, l’interessato a visita medica presso l’Ospedale Militare di Bologna, in data 28 luglio 1997, ed aver preso atto della diagnosi di assenza di “disturbi neuropsichici inabilitanti in atto”, accoglieva la domanda di sospensione del provvedimento impugnato.

     Con la sentenza in epigrafe, il primo giudice ha respinto, nel merito, il ricorso rilevando, da un lato, l’insussistenza della dedotta contraddittorietà a carico dei giudizi della CMO in I e II istanza (in quanto il quadro clinico del ricorrente, pur non rivestendo gli estremi della patologia psichiatrica, denotava le situazioni di evidente disagio psicologico in cui egli versava nel periodo di osservazione); dall’altro, l’insufficienza degli accertamenti favorevoli, cui il (omissis) si era sottoposto in via privata e, poi, in esecuzione dell’istruttoria disposta nella fase cautelare, presso l’Ospedale Militare di Bologna.

     Ciò, in quanto detti accertamenti, secondo il T.A.R., “non avevano fatto altro che ribadire quanto le Commissioni mediche avevano già escluso, ossia l’esistenza di una malattia neuropsichiatrica”, mentre nessuno di essi aveva “indagato sull’unico elemento serio da considerare, ossia la persistenza dello stato di disagio psicologico del ricorrente e l’eventuale terapia più acconcia in tal caso”; chiara, essendo la differenza, ad avviso del giudice di prime cure, tra la malattia mentale (implicante l’applicazione dei trattamenti sanitari ex artt. 1 e 2 della l. 15 maggio 1978 n. 180) e il disagio psicologico (da affrontarsi con l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento, di pertinenza della professione di psicologo ai sensi dell’art. 1 della legge 18 febbraio 1989 n. 56).

     Del resto, secondo la sentenza in esame, l’esito favorevole della visita presso l’Ospedale Militare di Bologna, intervenuta ben quattro mesi dopo il giudizio impugnato, non avrebbe fatto altro “che confermare la giustezza della terapia suggerita in quella sede, ossia l’allontanamento temporaneo del ricorrente dai fattori di stress da lui in varia guisa subiti”.

     Avverso detta decisione ha proposto appello il (omissis), censurandola per i seguenti motivi:

     a) violazione del principio del contraddittorio e dei diritti della difesa, per avere il T.A.R. recepito e condiviso le argomentazioni, corredate da documentazione, depositate in atti il 26 marzo 1999 (quattro giorni liberi prima dell’udienza di discussione, fissata per il 31 gennaio 1999), in violazione dell’art. 23, comma 4, della legge n. 1034/1971, che prevede il termine di dieci giorni liberi prima dell’udienza, per il deposito di memorie, e di venti giorni liberi per quello dei documenti;

     b) erroneità dei presupposti di fatto posti a fondamento della sentenza, giacché, contrariamente a quanto asserito in essa, non vi era stata una progressione di negatività degli accertamenti effettuati, essendo il giudizio sfavorevole della CMO di I istanza e quello ancor più negativo della CMO di II istanza maturati solo nel breve arco di dieci giorni su un periodo di osservazione di oltre tre mesi;

     c) palese contraddittorietà ed illogicità della motivazione della sentenza, per avere questa giustificato la triplicazione del periodo di inidoneità, a distanza di solo un giorno fra i due accertamenti della CMO di I e II istanza, con l’evoluzione del quadro clinico nel periodo di osservazione, in contrasto con le risultanze documentali come sopra richiamate.

     Si è costituito il Ministero dell’Interno rilevando, in via pregiudiziale la nullità della notificazione dell’appello, in quanto effettuata presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli anziché presso l’Avvocatura Generale dello Stato, e, comunque, l’inammissibilità del gravame per sopravvenuto difetto di interesse, non avendo l’appellante dimostrato quale pregiudizio subirebbe oggi a causa di un provvedimento di sospensione dal servizio, avente efficacia temporale limitata ed ormai esauritasi da numerosi anni.

     Nel merito, ha sostenuto l’infondatezza del gravame.

     Questa Sezione, con ordinanza n. 5448 del 5 luglio 2005, ha disposto incombenti istruttori, cui l’Amministrazione ha ottemperato con deposito documentale in data 19 dicembre 2005.

     Alla pubblica udienza del 31 gennaio 2006, il ricorso è stato introitato per la decisione.

     DIRITTO

     1. L’appellante, agente di P.S. applicato al Nucleo prevenzione crimine di Napoli, impugna la sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale della Campania ha respinto il suo ricorso diretto contro il provvedimento del 14 marzo 1997, con il quale la Commissione medica ospedaliera di II istanza, presso la Regione Militare Meridionale, lo aveva giudicato non idoneo temporaneamente al servizio per centottanta giorni, con la diagnosi di “reattività psicogena”.

     2. L’Amministrazione intimata deduce, in via pregiudiziale, la nullità della notificazione dell’appello, per essere stata questa indirizzata all’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, anziché all’Avvocatura Generale dello Stato.

     Tale deduzione è infondata, giacché, alla stregua della giurisprudenza pacifica, la notifica dell’appello nei confronti di un'Amministrazione dello Stato o di un Ente pubblico rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, se fatta presso l'Avvocatura distrettuale anziché presso quella generale, come prescritto dagli artt. 11 T.U. 30 ottobre 1933 n. 1611 e 9 L. 3 aprile 1979 n. 103, non comporta l'inammissibilità dello stesso, ove l'Amministrazione intimata si sia, come nel caso concreto, costituita in giudizio.

     3. E’, ugualmente, da disattendere l’eccezione di inammissibilità del gravame per carenza di interesse, posto che la circostanza che il giudizio di inidoneità temporanea abbia ormai da tempo esaurito i suoi effetti non priva, evidentemente, il ricorrente dell’interesse, anche solo morale, a veder riconosciuta l’illegittimità dello stesso, relativo, oltre tutto, alle sue condizioni psichiche.

     4. Nel merito, può prescindersi dall’esame del primo motivo - con il quale l’appellante denuncia la nullità della sentenza impugnata, per avere il primo giudice preso in considerazione, ai fini della decisione, la memoria conclusionale dell’Amministrazione, depositata oltre il termine stabilito dall’art. 23 della legge n. 1034/1971 -, essendo, comunque, l’appello da accogliere sulla base del secondo e terzo motivo, con i quali si deducono l’inesattezza, la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione, in relazione alla documentazione depositata in atti.

     Ed invero, come dedotto dall’appellante, il giudizio della Commissione medica di II istanza non appare adeguatamente sorretto, né sotto il profilo logico né sotto quello temporale, dalle risultanze degli accertamenti condotti nei suoi confronti.

     5. Non è, certamente, compito del giudice amministrativo stabilire, autonomamente, se il quadro clinico del ricorrente facesse emergere una situazione di “disagio psicologico”, se e come questo fosse da ritenere distinto dalla “malattia neuropsichiatrica”, quali differenti terapie fossero idonee ad affrontare le due vicende patologiche e se il caso specifico necessitasse dell’intervento terapeutico di temporaneo allontanamento dai fattori di disturbo presenti nell’attività lavorativa (terreno sul quale si avventura il giudice di primo grado), dovendo l’esame di legittimità richiesto al Collegio limitarsi a valutare la congruenza del giudizio conclusivo con gli atti del procedimento, quali emergono dalla documentazione prodotta.

     5.1. Orbene, sotto questo profilo, va rilevato che il (omissis) era entrato nell’Ospedale Militare di Caserta il 23 dicembre 1996, per iniziativa dell’Ufficio sanitario della Questura di Napoli, conseguente ad un rapporto del dirigente del reparto di appartenenza, che aveva chiesto la verifica di effettiva idoneità ai servizi di polizia, in relazione a comportamenti del dipendente asseritamente non improntati alla serenità e alla correttezza.

     5.2. Sottoposto, in tempi brevi, a visita psicodiagnostica il 2 gennaio 1997, il referto risulta essere il seguente: “Soggetto disponibile al colloquio, ben orientato, aderente alla realtà comune. Atteggiamenti analogici congrui con le verbalizzazioni espresse. Contenuti ideativi versatili ed eterogenei. Ottima capacità di analisi critica del sé e della realtà esterna. Eloquio fluido e spontaneo. Buona la capacità di contenimento delle prove cariche ansiogene. Meccanismi di difesa integri ed equilibrati. Nella precedente psicodiagnosi si fa presente che erano già stati evidenziati indici di buon equilibrio psichico, che depongono a favore di una ottima capacità di adattamento sociale”.

     Nello stesso giorno, il referto della visita psichiatrica così concludeva: “non si rilevano disturbi psichiatrici in atto”.

     5.3. Successivamente a tali visite non emerge, dalla documentazione fornita dall’Amministrazione, anche a seguito di richiesta istruttoria della Sezione, alcuna altra attività accertativa espletata nei confronti del ricorrente, fino al 27 febbraio 1997 (ad oltre due mesi dall’ingresso), data nella quale risulta effettuata una visita psichiatrica avente come esito il seguente referto: “All’atto dell’osservazione non si evidenziano sintomi di scompenso psicopatologico. Per una più adeguata valutazione delle caratteristiche inerenti ai tratti di personalità si rimanda all’esito dell’indagine psicodiagnostica allegata”.

     Di tale allegato non v’è traccia, ma appare ragionevole ritenere che si tratti dell’indagine effettuata il 2 gennaio 1997, unica menzionata agli atti e già effettuata alla data del 27 febbraio 1997.

     5.4. Peraltro, quattro giorni dopo, il 3 marzo 1997, veniva effettuato un nuovo esame psicodiagnostico, che evidenziava: “Marcati bisogni di affermazione e di controllo in soggetto con adattamento alla realtà adeguato negli aspetti cognitivi. Ridotta tolleranza allo stress”.

     Già in relazione a tale referto il Collegio non può esimersi dall’osservare, sempre nel rispetto dei limiti del controllo di legittimità, come lo stesso appaia molto più sintetico del precedente, in quanto non prende in considerazione i medesimi profili oggetto di disamina da parte di quello, ed emette un giudizio di ridotta tolleranza allo stress, senza addurre alcun elemento obiettivo che ne spieghi l’insorgere, dopo il lungo periodo di osservazione ospedaliera, a fronte dell’originaria “buona capacità di contenimento delle prove cariche ansiogene”, riscontrata all’inizio di tale periodo.

     5.5. Sulla base di tale corredo diagnostico, la CMO, riunitasi il 13 marzo 1997, emetteva il giudizio finale di “instabilità caratteriale con ridotta tolleranza allo stress”, senza, ancora una volta, che si riesca a ricostruire l’iter logico attraverso il quale, dalle valutazioni che si erano susseguite, la Commissione fosse giunta alla conclusione di “instabilità caratteriale”.

     5.6. In base a tale giudizio, il (omissis) era stato dichiarato non idoneo al servizio per 60 giorni.

     6. Poiché l’interessato non aveva accettato il giudizio in questione, è stato sottoposto a visita di appello presso la Commissione medica di II istanza, il susseguente giorno 14 marzo 1997.

     6.1. Detto Organo, nella determinazione n. 16715 di pari data, dopo aver richiamato il referto della visita psicologica del 2 gennaio 1997 - peraltro, amputato in alcune sue espressioni (la “buona capacità di contenimento delle prove cariche ansiogene” viene riportata come “buone capacità di contenimento”, mentre viene omessa la frase finale “che depongono a favore di una ottima capacità di adattamento sociale”) - e quello della visita psicologica del 3 marzo 1997 (ascritta, peraltro, al 13 marzo 1997), trascrive la conclusione della visita neuropsichica del CSS NA (da presumersi, in mancanza di altre indicazioni, effettuata nello stesso giorno), che dà il seguente esito (letterale): “Coscienza, attenzione, memoria: nei limiti. Allucinazioni: non evidenziate in atto. Pensiero rigido, instabile, Critica e giudizio incongruo. Intelligenza medi. Affettività inadeguata, immatura, molto fragile. Livello di ansia regressa. Attività molto inequieto. Volontà volubile. Rapporti interpersonali molto difficili. G.D.: Tratti rigidi di personalità con abnorme reattività psicogena”.

     E, con la diagnosi di “reattività psicogena” la CMO lo riconosce non idoneo temporaneamente al servizio di Istituto per centottanta giorni.

     7. Orbene, pur essendo precluso al giudice amministrativo sindacare il merito di tale giudizio, lo stesso appare discostarsi notevolmente da quelli espressi precedentemente, ivi compresa la valutazione (del giorno innanzi) della Commissione di I istanza, meno favorevole di quella iniziale.

     Ne consegue che, attesa anche la esiguità del periodo trascorso e tenuto conto, oltre tutto, che il nuovo giudizio era stato disposto a richiesta dell’interessato (avendo l’Amministrazione ritenuto, da parte sua, evidentemente congruo quello della Commissione di I istanza, onde, in mancanza di reclamo, avrebbe riammesso in servizio l’interessato al termine dei sessanta giorni prescritti), l’organo di appello avrebbe dovuto, quanto meno, farsi carico delle disarmonie dei referti e fornire una più esauriente giustificazione della sua aggravata diagnosi.

     8. In questo contesto, non può, d’altra parte, essere ignorata la visita medica effettuata, su richiesta del T.A.R., dall’Ospedale militare di Bologna il 28 luglio 1997, dalla quale emerge, all’esame psichico, una diagnosi, che, in sostanza, appare del tutto armonica con quella iniziale del 2 gennaio 1997 (“lucido, orientato (tem)porospazialmente, disponibile al colloquio, collaborante, normomnesico. Psichismo superiore integro. Ideazione corretta sia sul piano formale che nei (con)tenuti. Critica adeguata, comportamento corretto. Attuale buon equilibrio emotivo-affettivo. Il colloquio clinico psichico non ha evidenziato elementi (ti)popatologici degni di note. DIAGNOSI: non disturbi psichici inabilitanti in atto”).

     8.1. Ed è proprio la consonanza tra il referto iniziale e quello postumo, entrambi resi da un organismo tecnico super partes e, a loro volta, congruenti con la consulenza di parte effettuata il 5 maggio 1997, a far risaltare vieppiù l’assenza di una adeguata giustificazione e di idonei supporti probatori alla diagnosi della CMO di II istanza ed a rendere poco accettabile la tesi dell'Amministrazione (integrativa, peraltro, tardivamente delle evidenze procedimentali), recepita dal T.A.R., secondo la quale l’esito favorevole della visita effettuata il 28 luglio 1997 avrebbe confermato la giustezza dell’allontanamento temporaneo del ricorrente dai fattori di stress da lui in varia guisa subiti.

     8.2. Premesso, infatti, che detti fattori, in quanto comportanti l’inidoneità al servizio d’Istituto, non possono che essere correlati al servizio stesso, appare scarsamente congruo, sotto il profilo logico-giuridico, che gli stessi risultassero assenti il 2 gennaio 1997, a pochi giorni dalla sospensione dell’attività, mentre fossero, invece, presenti dopo tre mesi di allontanamento dall’attività stessa per accertamenti sanitari.

     E ciò, in disparte il rilievo che, comunque, la (in ipotesi) perfetta guarigione riscontrata dopo quattro mesi riverberebbe i suoi effetti negativi anche sulla congruenza della prognosi di centottanta giorni di inidoneità, formulata dall’Organo di appello il 14 marzo 1997.

     9. Per tutte le considerazioni esposte, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento del provvedimento con esso gravato.

     Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui in dispositivo.

     P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, come specificato in motivazione, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata ed in accoglimento del ricorso di primo grado, annulla l’atto con lo stesso impugnato.

     Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese e onorari del doppio grado di giudizio, che liquida nella misura di € 3.000,00 (tremila/00)

     Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, addì 31 gennaio 2006, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI) in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:

     Giorgio GIOVANNINI  Presidente

     Luigi MARUOTTI   Consigliere

     Carmine VOLPE   Consigliere

     Giuseppe ROMEO   Consigliere

     Giuseppe MINICONE  Consigliere Est. 
 

Presidente

GIORGIO GIOVANNINI

Consigliere       Segretario

GIUSEPPE MINICONE     VITTORIO ZOFFOLI 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il..22/05/2006

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA 
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 8196/1999


 

AS