R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

N. 3689/2008

Reg. Dec.

N. Reg. Ric. 2940

Anno 2005

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 2940 del 2005, proposto da ....

contro 
 

il Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore,  rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia  in Roma, alla via dei Portoghesi n.12 , Roma;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sezione di Brescia, n. 1740/2004; 
 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

      Visti gli atti tutti della causa;

      Relatore, alla pubblica udienza dell’8 luglio 2008, il Presidente ....

      Uditi l’avv.to .....

      Ritenuto e considerato quanto segue:

FATTO e DIRITTO

             La controversia concerne l’applicazione (nei confronti degli appartenenti ai corpi di polizia di cui all’art. 5, comma primo, del d.lgs., n. 271/1989, che abbiano espresso interesse all’assegnazione alle sezioni di polizia giudiziaria), dell’art. 1, comma 1, della legge n. 100/1987, in base al quale “a decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, trasferito d’autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall’articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall’art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27”.

          L’art. 8 del d.lgs. n. 271/1989 prevede, al comma 1, che “gli interessati all’assegnazione alle sezioni di polizia giudiziaria presentano domanda all’amministrazione di appartenenza entro trenta giorni dalla pubblicazione delle vacanze indicando, se lo ritengono, tre sedi di preferenza” e, al comma 3, che, “Quando mancano le domande o queste sono in numero inferiore al triplo delle vacanze, ciascuna amministrazione indica al procuratore generale, individuato a norma del comma 2, coloro che possono essere presi in considerazione ai fini dell'assegnazione alle sezioni sino a raggiungere, tenendo conto anche delle eventuali domande, un numero triplo a quello delle vacanze”.

          Il discrimine tra trasferimento d'ufficio e a domanda del personale delle forze armate è stato individuato nel diverso rapporto che intercorre nelle due ipotesi tra interesse pubblico e interesse personale del dipendente. Nel primo caso il trasferimento è reputato indispensabile per realizzare l'interesse pubblico, mentre nel secondo è solo riconosciuto compatibile con le esigenze amministrative. Ne consegue che il trasferimento di unità di personale presso le sezioni di polizia giudiziaria ha natura di trasferimento d'autorità, in quanto è destinato a soddisfare prioritariamente l'interesse dell'amministrazione. La domanda prevista dall'art. 8 del d.lgs. n. 271/1989 assolve solo la funzione di dichiarazione di assenso o di disponibilità all'assegnazione alle suddette sezioni e dà ingresso alla scelta selettiva secondo le modalità dell’art. 8 del d.lgs. n. 271/1989, che è finalizzata ad interessi di rilevo pubblico del tutto autonomi e prevalenti rispetto all’interesse del pubblico dipendente di raggiungere una determinata sede di servizio (cfr. “ex multis” Cons. St., sez. IV^, n 6224 del 19.10.2006; n. 5771 del 02.10.2006).

          E’ vero che, successivamente alla proposizione del ricorso di primo grado è intervenuto l’art. 3, comma 74, della l. 24 dicembre 2003, n. 350, secondo cui “l'articolo 8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza è da considerare, ai fini dell'applicazione della legge 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di trasferimento di sede”.

          Tale norma, tuttavia, pur avendo natura interpretativa e quindi retroattiva, non è stata ritenuta applicabile a fatti precedenti alla sua entrata in vigore, pena l’incostituzionalità della stessa (Cons. Stato, VI, 19 marzo 2008, n. 1192; IV, 22 dicembre 2007, n. 6611; IV, 20 aprile 2006, n. 2247).  Ciò in quanto, affinché una norma interpretativa, e quindi retroattiva, possa essere considerata costituzionalmente legittima, è necessario che: si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente; non integri il precetto di quest'ultima e, in conclusione, non adotti un'opzione ermeneutica non desumibile dall'ordinaria esegesi della stessa. Resta in ogni caso fermo che l'efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta al limite del rispetto del principio dell'affidamento dei consociati alla certezza dell'ordinamento giuridico, con la conseguente illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi (cfr. Cons. St., sez. VI, 18 gennaio 2007, n. 71; sez. IV, 2 marzo 2007, n. 1008; 2 ottobre 2006, n. 5771; 19 ottobre 2006, n. 6224).

          Poiché nel caso in esame il ricorso di primo grado era stato respinto solo in virtù della ritenuta applicazione della  legge interpretativa, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado.

     Sulle somme spettanti vanno riconosciuti interessi e rivalutazione, non cumulabili, in quanto i crediti sono maturati dopo l’entrata in vigore dell’art. 22, comma 36, l. 23 dicembre 1994 n. 724.

      Le spese del doppio grado seguono la soccombenza e si liquidano complessivamente in euro 3.000, oltre IVA e CPA.

P.Q.M.

il Consiglio di  Stato in sede giurisdizionale, Sezione IV, accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e condanna l’Amministrazione al pagamento dell’indennità di cui all’art. 1, c. 1, legge n. 100 del 1987, con interessi legali e rivalutazione, non cumulabili, nonché al rimborso delle spese del doppio grado, liquidate complessivamente in euro 3.000, oltre IVA e CPA.

Ordina che la decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

      Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 luglio 2008, con l’intervento dei signori:

    

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IL PRESIDENTE, ESTENSORE

...

IL SEGRETARIO

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N.R.G. 2940/2005