REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.3879/08

Reg.Dec.

N. 2662 Reg.Ric.

ANNO   2005

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 2662/2005, proposto dal Ministero dell’Interno in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è per legge domiciliato;

contro

il sig. @@@@@@@@ @@@@@@@@ rappresentato e difeso dall’avv. ...

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo per la Campania, sede di Napoli, Sezione VI, n. 6724/2003 in data 22 aprile 2004, resa inter partes; 

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte intimata;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Relatore alla pubblica udienza del 13 maggio 2008 il consigliere ...

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: 
 

FATTO

     Con ricorso al Tribunale Amministrativo per la Campania, sede di Napoli, il sig. @@@@@@@@ @@@@@@@@, vice ispettore della Polizia di Stato, impugnava il D.M. n. 84 in data 373/1999 con il quale l’equo indennizzo relativo ad un’infermità da lui lamentata, riguardo al quale era stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio, era stato liquidato in base ai nuovi criteri di cui alla legge 724/1994 ed alla legge 662/1996 in luogo della vecchia disciplina.

     Lamentava violazione e falsa applicazione delle predette leggi, inosservanza del parere reso dalla Commissione Speciale per il Pubblico Impiego, illogicità e contraddittorietà fra atti, mancanza di motivazione, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato.

     Con la sentenza in epigrafe il Tribunale Amministrativo per la Campania, sede di Napoli, Sezione II, accoglieva il ricorso  annullando il provvedimento impugnato e condannando l’amministrazione alla liquidazione dell’equo indennizzo secondo i criteri di computo previdenti rispetto alla legge 724/1994.

     Avverso la predetta sentenza il Ministero dell’Interno propone il ricorso in appello in epigrafe, contestando gli argomenti dedotti e chiedendo la sua riforma, previa sospensione.

     Con ordinanza n. 2050 in data 29 aprile 2005 è stata respinta l’istanza cautelare.

     Si è costituito in giudizio l’appellato chiedendo il rigetto dell’appello.

     Alla pubblica udienza del 13 maggio 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

     L’appello è fondato.

     L’odierno appellato ha ottenuto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di  tre infermità da lui contratte sulla base di tre istanze delle quali una presentata prima del 1 gennaio 1995 e le altre due successivamente, rispetto a tale data.

     Con il decreto impugnato l’equo indennizzo è stato liquidato unitariamente per le tre infermità in questione; è stato applicato il nuovo criterio di calcolo, introdotto dall’art. 22, commi 27 – 30, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e dall’art. 1, commi 119-120, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

     L’odierno appellato ha sostenuto, nel ricorso di primo grado, che la nuova disciplina si applica solo alle domande presentate in data successiva al 1 gennaio 1995, ai sensi dell’art. 1, comma 120, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per cui l’indennizzo relativo alla prima infermità riconosciuta deve essere liquidato secondo i più favorevoli criteri dettati dalla legislazione antecedente, e la sua argomentazione è stata condivisa dai primi giudici.

     L’appellante sostiene che qualora la procedura di liquidazione riguardi più infermità, per alcune delle quali l’indennizzo sia stato chiesto prima, e per altre dopo il 1 gennaio 1995, questi devono essere considerati unitariamente, e liquidati tutti secondo la nuova disciplina.

     La tesi dell’appellante è conforme a quanto affermato dalla Commissione Speciale per il Pubblico Impiego con parere n. 390 in data 19 gennaio 1998, ed è condivisa dal collegio.

     La Commissione Speciale ha infatti sottolineato come l’art. 1, comma 120, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, si applica certamente alle domande di prima liquidazione ed anche di aggravamento, presentate prima del 1 gennaio 1995.

     E’ peraltro particolare la situazione nella quale l’amministrazione debba liquidare l’indennizzo, relativo ad un cumulo di menomazioni.

     Prima dell’entrata in vigore della normativa, appena richiamata, era applicabile l’art. 57 del D.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, in base al quale in caso di cumulo si liquidava l’indennizzo relativo alla categoria superiore e si detrae quanto in precedenza liquidato.

     Tale disciplina non pone problemi di applicazione quando l’indennizzo relativo alla nuova infermità sia superiore a quello spettante in relazione alla situazione già accertata, come avviene quando entrambe le liquidazioni sono assoggettate alla medesima normativa.

     Il meccanismo non è invece applicabile quando, in seguito ad un mutamento della disciplina positiva, l’indennizzo previsto per la nuova infermità, che a legislazione invariata sarebbe stato più alto del precedente, risulti invece inferiore.

     Rileva la Commissione Speciale come a voler seguire la tesi ora proposta dall’appellato un dipendente al quale sia liquidato un indennizzo di settima categoria per cumulo di infermità ascrivibili all’ottava categoria, delle quali una riconosciuta nella vigenza della vecchia normativa ed una nella vigenza della nuova, beneficerebbe di una somma superiore a quella cui avrebbe diritto il dipendente cui sia riconosciuta per la prima volta vigente la nuova disciplina un’infermità ascrivibile alla settima categoria.

     Osserva la Commissione, ed il ragionamento è condiviso dal collegio, che tale differenziazione non ha senso logico e non appare affatto voluta dal legislatore, contrariamente a quanto sostenuto dall’odierno appellante.

     Il sistema deve, quindi, essere ricostruito nel senso che il cumulo di menomazione porta comunque ad una liquidazione unica, nella quale la detrazione di quanto liquidato per la prima menomazione dal cumulo non può comportare recuperi in danno del dipendente.

     Questi avrà quindi diritto alla maggior somma fra la prima liquidazione e quella conseguente al cumulo di infermità.

     Non può, invece, essere condivisa la tesi dell’appellato, secondo il quale egli avrebbe diritto alla liquidazione della prima infermità secondo la vecchia disciplina e ad un ulteriore indennizzo per le altre infermità, successivamente accertate.

     L’appello deve, in conclusione, essere accolto e, in riforma della sentenza gravata, respinto il ricorso di primo grado.

     In considerazione della natura della causa e della complessità della controversia le spese possono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

     il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie l’appello indicato in epigrafe e, in riforma della sentenza gravata, respinge il ricorso di primo grado.

     Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, il 13 maggio 2008 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

..


 

Presidente

.

Consigliere       Segretario


 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

Il 4/08/2008

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

p.Il Direttore della Sezione


 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 2662/2005


 

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