REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.1716/2009

Reg.Dec.

N. 8970 Reg.Ric.

ANNO   2006

N. 9529 Reg.Ric.

ANNO   2007

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui ricorsi riuniti in appello nn. 8970/2006 e 9529/2007 proposti rispettivamente:

1) n. 8970/2006, da @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dagli avvocati -

contro

Azienda Policlinico @@@@@@@ I, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avv. @@@@@@@ -

e nei confronti di

Università degli studi di Roma, in persona del Rettore in carica, e Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del Ministro in carica, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici per legge domiciliano, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Roma, sez. III, 19 luglio 2006 n. 6051. 
 

2) n. 9529/2007, da @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dagli avvocati -

contro

Azienda Policlinico @@@@@@@ I, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avv. @@@@@@@ -

e nei confronti di

Università degli studi di Roma, in persona del Rettore in carica, e Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del Ministro in carica, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici per legge domiciliano, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

@@@@@@@ -, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Roma, sez. III, 3 aprile 2007 n. 8303.

     Visti i ricorsi in appello;

     visto l’appello incidentale spiegato in relazione all’appello principale n. 9529/2007;

     vista la costituzione in giudizio delle Amministrazioni appellate;

     visti gli atti tutti di causa;

     relatore alla pubblica udienza del 27 gennaio 2009 il consigliere -

     uditi gli avvocati - l’appellata Azienda Ospedaliera;

     ritenuto e considerato quanto segue:

FATTO E DIRITTO

     1. L’odierno appellante ha proposto numerosi ricorsi di primo grado, tutti finalizzati a conseguire l’assegnazione in qualità di primario ad una unità ospedaliera complessa primariale (UOC) e alle connesse strutture assistenziali, in aderenza al decreto rettorale 12 febbraio 2001, con decorrenza dal 1° maggio 2001.

     2. A seguito di un primo ricorso, con sentenza del TAR Lazio 20 dicembre 2004 n. 16603 è stato dichiarato illegittimo il silenzio inadempimento serbato dall’Azienda Policlinico @@@@@@@ I.

     Ne è seguito un giudizio di ottemperanza sfociato nella sentenza del Tar Lazio 8 giugno 2005 n. 11322 che nominava un commissario ad acta.

     A seguito di tale sentenza è stato adottato dal Direttore generale dell’Azienda ospedaliera il provvedimento 15 febbraio 2006 n. 15, con cui al prof. @@@@@@@ venivano provvisoriamente attribuite le funzioni di direzione della UOC Day Hospital Chirurgia preospedalizzazione e Dimissione Protetta (BCG17) nelle more dell’intesa del Rettore.

     Il commissario ad acta presentava istanza al giudice dell’ottemperanza, chiedendo se con tale provvedimento potesse ritenersi avvenuta l’ottemperanza alla sentenza n. 16603/2004.

     Il Tar Lazio, con la sentenza 7 giugno 2006 n. 6051, oggetto del presente gravame, ha ritenuto avvenuta l’ottemperanza.

     2.1. Contro tale sentenza insorge il prof. @@@@@@@ (con il ricorso n. 8970/2006), lamentando che la determinazione n. 15/2006 non ha mai avuto concreta esecuzione, non essendo mai stata assegnata al ricorrente l’UOC ivi prevista, e che pertanto l’ottemperanza non poteva dirsi avvenuta.

     2.2. L’Azienda ospedaliera ha eccepito che:

     - la determinazione n. 15/2006 non è stata mai impugnata dal ricorrente, e pertanto va ritenuta satisfattiva;

     - in ogni caso in prosieguo l’Azienda ospedaliera, nell’ambito di un processo di riorganizzazione complessiva, con delibera 1° agosto 2008 ha attribuito al ricorrente un incarico di tipo assistenziale in tutto assimilabile alla UOC.

     3. In prosieguo il prof. @@@@@@@ ha proposto un altro autonomo ricorso al Tar Lazio, in sede di giurisdizione esclusiva (ricorso n. 11839/2006), con cui ha impugnato una serie di provvedimenti ritenuti lesivi.

     3.1. Tale giudizio si è concluso con la sentenza n. 8303/2007, che ha ritenuto che, al di là della formale assegnazione del Prof. @@@@@@@ ad una UOC, tale attribuzione non si è mai concretizzata. Conseguentemente, il Tar ha riconosciuto il diritto del Prof. @@@@@@@ ad essere titolare di una struttura apicale, condannando l’Azienda ospedaliera a porre in essere tutte le attività necessarie e conseguenti, con ricostruzione della carriera.

     Il Tar ha anche riconosciuto sussistente il danno lamentato, e lo ha quantificato nelle differenze stipendiali non percepite dal ricorrente.

     3.2. Contro tale sentenza ha proposto appello parziale il prof. @@@@@@@, limitatamente al capo di sentenza relativo al risarcimento del danno.

     Lamenta che il Tar avrebbe riconosciuto solo una voce del danno lamentato in prime cure. In particolare, era stato chiesto anche il danno per la mancata progressione in carriera, con conseguente perdita di chance, forzata inattività e dequalificazione professionale; il danno sotto i profili contributivi e previdenziali; il danno da mobbing; il danno esistenziale e morale.

     3.3. L’Azienda ospedaliera ha proposto appello incidentale contro il capo principale della sentenza di primo grado, laddove viene riconosciuto il diritto del ricorrente alla titolarità di una UOC.

     3.4. L’appellante principale, a sua volta, eccepisce la tardività dell’appello incidentale <<autonomo>>.

     4. I due appelli principali vanno riuniti, ancorché proposti avverso sentenze diverse, perché riguardano la medesima vicenda e aspirazione ad un unico bene della vita, negato dall’Amministrazione.

     5. Vanno dichiarate inammissibili le <<note di udienza>> depositate dall’Azienda Ospedaliera nel corso della pubblica udienza di discussione del 27 gennaio 2009, ancorché controparte abbia acconsentito al deposito.

     E, invero, il termine di dieci giorni prima dell’udienza di discussione, prescritto per il deposito di memorie, è perentorio, e non può subire deroghe nemmeno con il consenso delle parti, essendo esso previsto non solo a tutela del contraddittorio tra le parti, ma anche a tutela del corretto svolgimento del processo e della adeguata e tempestiva conoscenza degli atti di causa da parte del collegio giudicante (Cons. St., sez. IV, 8 agosto 2008 n. 3930; Cons. giust. sic., 4 luglio 2008 n. 574; Cons. St., sez. V, 28 settembre 2007 n. 4974; Cons. St., sez. IV, 21 luglio 2000 n. 4078).

     6. Il primo appello, volto a lamentare che non vi è mai stata effettiva ottemperanza, sarebbe, in astratto, fondato, in quanto risulta comprovato che alla formale adozione della determinazione n. 15/2006 non è mai seguita una sua effettiva esecuzione.

     L’ottemperanza postula l’attribuzione effettiva del bene della vita assegnato dal giudicato.

     Tuttavia, il primo appello è divenuto improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, atteso che dopo la sua proposizione è intervenuta la sentenza del Tar Lazio n. 8303/2007, che ha riconosciuto il diritto del ricorrente e che lo stesso ricorrente dichiara essere quasi integralmente satisfattiva, salvo che per quanto attiene alla misura del danno.

     7. Passando al secondo appello, va anzitutto esaminato l’appello incidentale autonomo, che riguarda un capo di sentenza pregiudiziale rispetto a quello impugnato dall’appellante principale.

     7.1. L’appello incidentale autonomo è irricevibile perché tardivo.

     Non c’è motivo di discostarsi dal consolidato orientamento di questo Consesso secondo cui l’appello incidentale autonomo, cioè proposto contro capi di sentenza non gravati in via principale, e retto da un interesse autonomo e non condizionato all’accoglimento dell’appello principale, va equiparato ad un appello principale, e va proposto dunque entro i termini di proposizione dell’appello principale, vale a dire sessanta giorni dalla notifica della sentenza o, in difetto di notifica della sentenza, sessanta giorni dalla notifica dell’appello principale.

     Nel caso di specie, risulta provato che la sentenza del Tar Lazio n. 8303/2007 è stata notificata all’Azienda ospedaliera in data 25 settembre 2007, mentre l’appello principale è stato notificato il 19 novembre 2007.

     Il termine di sessanta giorni per l’appello incidentale autonomo decorreva, pertanto, dal 25 settembre 2007.

     L’appello incidentale autonomo è stato spedito per la notifica il 21 dicembre 2007, e pertanto ben oltre il termine di sessanta giorni decorrenti dal 25 settembre 2007.

     8. Passando all’appello principale, lo stesso va accolto in parte.

     Può essere riconosciuto il risarcimento solo per le voci di danno fornite di prova, e limitatamente ai danni prevedibili.

     8.1. Giova premettere, quanto alla prova, che in materia di risarcimento del danno, vertendosi in tema di diritti soggettivi, trova piena applicazione il principio dell’onere della prova, e non invece l’onere del principio di prova che, almeno tendenzialmente, si applica in materia di interessi legittimi.

     Il giudice può intervenire in via suppletiva, con la liquidazione equitativa del danno, solo quando non possa essere fornita la prova precisa del quantum del danno, ma resta fermo che l’an del danno va provato dall’interessato.

     Né si può invocare la consulenza tecnica di ufficio, perché questa non è un mezzo di prova, ma strumento di valutazione delle prove già fornite dalle parti.

     Pertanto il giudice non può disporre una c.t.u., pena la violazione del principio della parità delle parti, per accertare l’an del danno dedotto dal ricorrente.

     Neppure la prova può essere fornita per la prima volta in appello, ostandovi il disposto dell’art. 345, co. 3, c.p.c., applicabile anche nel processo amministrativo.

     8.2. Quanto alla prevedibilità del danno, va osservato che, se di norma, la responsabilità della Pubblica Amministrazione per lesione di interessi legittimi va ricondotta alla responsabilità aquiliana (o extracontrattuale), tuttavia nel caso di specie si controverte di obbligazioni inerenti un rapporto di pubblico impiego, rimaste inadempiute. La responsabilità della Pubblica Amministrazione ha pertanto natura contrattuale, con conseguente applicazione dell’art. 1225 c.c., secondo cui, in difetto di dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi al tempo in cui è sorta l’obbligazione.

     8.3. Passando all’esame delle singole voci di danno dedotte, quanto all’asserito danno da mancata progressione in carriera, con conseguente perdita di chance, esso è solo in parte supportato da riscontro probatorio, in quanto:

     - per ciò che riguarda la perdita di chance, può ritenersi comprovata la perdita della possibilità di svolgere, in qualità di primario, attività c.d. inframoenia; invero, secondo ciò che accade normalmente, i primari svolgono attività professionale inframoenia, sicché il mancato conferimento della direzione di UOC ha impedito all’appellante lo svolgimento di tale attività in qualità di primario; e controparte, su cui gravava il relativo onere, non ha fornito la prova dell’aliunde perceptum o percipiendum, da parte dell’appellante, in virtù di attività svolte in alternativa all’inframoenia primariale;

     - per quanto riguarda la perdita di ulteriori chances, rispetto a quella di attività inframoenia, non sono state indicate le specifiche occasioni che si sono presentate al ricorrente e che questi non ha potuto cogliere a causa della mancata direzione di UOC;

     - per ciò che riguarda, infine, la progressione in carriera, il danno trova già ristoro in virtù della condanna dell’Amministrazione a provvedere alla ricostruzione della carriera, condanna già contenuta nella sentenza di primo grado.

     8.4. Quanto all’asserito danno da forzata inattività e dequalificazione professionale, non risulta dimostrato che il ricorrente è rimasto inattivo e che abbia conseguente subito una dequalificazione professionale.

     8.5. Quanto all’asserito danno sotto i profili contributivi e previdenziali, esso è stato implicitamente ristorato dal Tar laddove viene ordinato all’Amministrazione di provvedere alla ricostruzione della carriera.

     8.6. Quanto al danno da mobbing, non è stata fornita alcuna prova degli elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi, del mobbing.

     8.7. Quanto al danno morale soggettivo, esso è risarcibile se l’illecito civile costituisce anche reato, il che non risulta comprovato, dovendo il danno morale essere differenziato dalle altre voci di danno non patrimoniale, il cui ristoro non è ancorato alla esistenza di un illecito penale (Cassazione civile, sez. II, 24 aprile 2007 n. 9861).

     8.8. Quanto al danno esistenziale, lo stesso secondo il più recente orientamento della Cassazione, non costituisce voce autonoma di danno. Al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria, solo la lesione di un diritto inviolabile della persona concretamente individuato è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale. Non sono meritevoli di tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, i pregiudizi consistenti in meri disagi, fastidi, disappunti, ed in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale.

     Pertanto nell’art. 2059 c.c. trovano tutela solo le violazioni gravi di diritti inviolabili della persona, non altrimenti rimediabili (Cass., sez. un., 11 novembre 2008 n. 26972).

     8.9. Quanto all’asserito danno all’immagine professionale, anche esso non risulta dimostrato.

     Nel caso specifico, dunque, non è stata comprovata né la dipendenza del danno morale soggettivo da reato, né la sussistenza di una violazione grave di un diritto inviolabile della persona.

     9. In definitiva, va riconosciuto il risarcimento del danno, comprovato, da perdita della chance, specifica e altamente probabile, di esercitare, in qualità di primario, attività professionale inframoenia.

     Tale danno ulteriore va liquidato in via equitativa, in applicazione dell’art. 1226 c.c.

     Base di partenza sono le differenze retributive tra la retribuzione che avrebbe dovuto essere attribuita all’appellante in qualità di preposto a UOC, e la retribuzione effettivamente percepita. Tali differenze retributive vanno calcolate con la decorrenza già fissata dalla sentenza del Tar, che in parte qua costituisce giudicato, e fino alla data in cui l’Amministrazione non ha effettivamente attribuito al ricorrente le funzioni di direzione di UOC a seguito della sentenza di primo grado.

     Tali differenze retributive vanno calcolate al netto di rivalutazione monetaria e interessi legali, e l’importo netto così calcolato va moltiplicato per due.

     La liquidazione equitativa tiene anche conto del vantaggio economico derivante dal maggior rilievo nella società della qualità di primario assegnato ad una UOC e del tempo trascorso.

     L’importo risultante da tale calcolo costituisce l’ammontare della liquidazione del risarcimento del danno, per il profilo qui considerato ad oggi, su esso decorrono gli interessi dalla data di notificazione della presente sentenza.

     10. Le spese di lite vanno poste a carico dell’Azienda Ospedaliera @@@@@@@ I, e a favore del ricorrente, nella misura complessiva di euro seimila (6.000).

     Nei confronti delle altre parti le spese di lite devono essere compensate.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe:

     - riunisce gli appelli;

     - dichiara improcedibile l’appello n. 8970/2006;

     - dichiara irricevibile l’appello incidentale spiegato in relazione all’appello n. 9529/2007;

     - accoglie in parte l’appello principale n. 9529/2007, come da motivazione;

     - condanna l’Azienda Ospedaliera @@@@@@@ I alla rifusione in favore del ricorrente di spese, diritti e onorari di lite, nella misura complessiva di euro seimila (6.000);

     - compensa le spese e onorari di lite nei confronti degli altri appellati.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 gennaio 2009, con la partecipazione di:


 

Presidente


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 8970/2006

9529/2007


 

FF