Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, sentenza n. 4062/2007

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 8561/06 proposto dalla sig.ra A rappresentata e difesa dall’avv. Salvatore Ronca e dall’avv. Gennaro Ambrosio ed elettivamente domiciliata in Roma, presso la Segreteria del Consiglio di Stato, piazza Capo di Ferro n. 13;

contro

il Ministero dell’Interno e la Questura di Napoli, in persona del Ministro in carica rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento

della sentenza n. 8354 in data 28 settembre 2006 del Tribunale Amministrativo per la Campania, Sede di Napoli, Sezione IV, resa inter partes.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore per la pubblica udienza dell’8 maggio 2007 il Consigliere Manfredo Atzeni ed udito l’avv. dello Stato Cesaroni;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso al Tribunale Amministrativo per la Campania, Sede di Napoli, la sig.ra A impugnava la nota in data 8/4/2006 con la quale il Dirigente dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Napoli comunicava all’avv. G. A.che la suddetta sig.ra A non risultava avere presentato domanda di rinnovo del permesso di soggiorno e pertanto risultava irregolare sul territorio italiano.

Sosteneva che la domanda era stata presentata dall’avv. A. in forza di regolare procura, allegata all’istanza, per cui doveva essere presa in considerazione dall’Ufficio; chiedeva quindi l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

Con la sentenza n. 8354 in data 28 settembre 2006 i primi giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso.

Avverso la predetta sentenza sig.ra A propone l’appello in epigrafe contestando gli argomenti addotti dal giudice di prime cure e chiedendo il suo annullamento.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato, depositando la sola costituzione.

Alla pubblica udienza dell’8 maggio 2007 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato.

L’appellante ha chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno, già rilasciato in suo favore.

La domanda non è stata sottoscritta e presentata direttamente dall’interessata che, a tale scopo, ha conferito procura ad un avvocato; la sottoscrizione della procura è stata autenticata dal medesimo avvocato, ai sensi dell’art. 83 c.p.c.

L’Ufficio ha ritenuto la domanda inesistente, presumibilmente in applicazione dell’art. 5, quarto comma, del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 [1], il quale impone che la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno sia sottoscritta personalmente dall’istante.

L’Ufficio non ha assunto un provvedimento espresso di inammissibilità o rigetto della domanda.

In risposta ad una nota del predetto avvocato, con la quale egli chiedeva notizie sulla pratica, ha comunicato che l’appellante non risultava avere presentato domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, e che quindi, allo stato, la stessa era clandestina nel territorio italiano.

I primi giudici hanno ritenuto tale nota priva di contenuto provvedimentale, in quanto meramente descrittiva della situazione giuridica dell’appellante, ma la tesi non può essere condivisa.

Non è revocabile in dubbio il fatto che all’Ufficio sia pervenuta una domanda di rinnovo di permesso di soggiorno.

Tale domanda è stata predisposta in forma diversa da quella richiesta dall’art. 5, quarto comma, del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, il quale impone che le domande di permesso di soggiorno siano presentate personalmente dall’interessato.

La norma ha un significato sostanziale, essendo palesemente rivolta ad evitare che le sorti del lavoratore extracomunitario siano gestite da soggetti diversi, che la comune conoscenza insegna essere spesso legati alla criminalità.

Giova anche osservare che il richiamato art. 83 c.p.c. legittima l’avvocato ad autenticare la firma del cliente esclusivamente quando questa è apposta su atti della causa riguardo alla quale gli viene conferito il mandato, mentre non gli attribuisce certamente un potere d’autentica generalizzato, esercitabile anche in relazione ad atti estranei al processo.

In conclusione, deve essere affermato che la domanda è stata presentata in termini irregolari.

L’amministrazione, ignorandola, ha peraltro violato l’obbligo di definire il procedimento con provvedimento espresso, ai sensi dell’art. 2 della legge 7agosto 1990, n. 241 [2].

In tale situazione, l’atto impugnato in primo grado ha un contenuto provvedimentale, in quanto manifesta la volontà di arrestare il procedimento, rimasta fino a quel momento implicita nell’assenza di risposta.

La tesi dei primi giudici non può quindi essere condivisa: nella situazione descritta, le ragioni della ricorrente possono essere tutelate solo con l’impugnazione dell’atto di cui si discute.

Il ricorso di primo grado deve, di conseguenza, essere dichiarato ammissibile.

Nel merito, afferma il collegio che l’obbligo di definire il procedimento deve essere rispettato in termini tali da consentire all’interessato di comprendere le ragioni del rifiuto della sua domanda (art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241).

L’odierna ricorrente, cittadina straniera, già autorizzata a soggiornare in Italia, all’atto del rinnovo del permesso rilasciatole ha ritenuto di affrontare la pratica con il massimo scrupolo, affidandosi all’assistenza di un avvocato.

Nella sua situazione, è legittima l’ignoranza della norma che le impone di sottoscrivere e presentare personalmente la domanda, eventualmente predisposta con l’assistenza dell’avvocato.

Quest’ultimo, dal suo canto, aveva l’obbligo di far presente tale necessità alla sua assistita.

Afferma, in conclusione, il collegio che la domanda presentata dalla ricorrente per il tramite del suo avvocato doveva essere respinta o dichiarata inammissibile.

L’amministrazione, peraltro, prima di adottare il provvedimento negativo aveva l’obbligo di fare presente all’interessata la necessità di sottoscrivere personalmente l’istanza, non essendo consentita alcuna forma di procura.

Il comportamento omissivo tenuto dall’amministrazione, e la stessa risposta fornita alla lettera dell’avvocato della ricorrente, hanno invece creato una situazione di irregolarità, in contrasto con la volontà dell’interessata di assoggettarsi alle determinazioni delle autorità nazionali.

In conclusione, in riforma della sentenza appellata il ricorso di primo grado deve essere accolto, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione in esito alla ulteriore domanda che la ricorrente presenti, sottoscrivendola personalmente, nel termine che le verrà assegnato dalla stessa Questura di Napoli.

In considerazione della particolarità della controversia le spese possono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie l’appello e, in riforma della sentenza gravata, accoglie il ricorso di primo grado annullando, per l’effetto, il provvedimento impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione, nei termini di cui in motivazione.

Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, l’8 maggio 2007 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) nella Camera di Consiglio con l'intervento dei Signori:

Giovanni RUOPPOLO Presidente

Giuseppe ROMEO Consigliere

Luciano Barra CARACCIOLO Consigliere

Francesco CARINGELLA Consigliere

Manfredo ATZENI Consigliere, est.

 

Presidente

GIOVANNI RUOPPOLO

Consigliere Segretario

MANFREDO ATZENI GIOVANNI CECI

 

Depositata in Segreteria il 19 luglio 2007

NOTE


[1] L’art. 5 , comma 4, D. lgs. n. 286/1998 ("Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione") è il seguente:

Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora, almeno novanta giorni prima della scadenza nei casi di cui al comma 3-bis, lettera c), sessanta giorni prima nei casi di cui alla lettera b) del medesimo comma 3-bis, e trenta giorni nei restanti casi, ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio e delle diverse condizioni previste dal presente testo unico. Fatti salvi i diversi termini previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione, il permesso di soggiorno è rinnovato per una durata non superiore a quella stabilita con rilascio iniziale.



[2] L’art. 2 L. n. 241/1990 ("Nuove norme in materia di procedimento amministrativo") è il seguente:

1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso.

2. Con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sono stabiliti i termini entro i quali i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali devono concludersi, ove non siano direttamente previsti per legge. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza. I termini sono modulati tenendo conto della loro sostenibilità, sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, e della natura degli interessi pubblici tutelati e decorrono dall'inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.

3. Qualora non si provveda ai sensi del comma 2, il termine è di novanta giorni.

4. Nei casi in cui leggi o regolamenti prevedono per l'adozione di un provvedimento l'acquisizione di valutazioni tecniche di organi o enti appositi, i termini di cui ai commi 2 e 3 sono sospesi fino all'acquisizione delle valutazioni tecniche per un periodo massimo comunque non superiore a novanta giorni. I termini di cui ai commi 2 e 3 possono essere altresì sospesi, per una sola volta, per l'acquisizione di informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell'articolo 14, comma 2.

5. Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, può essere proposto anche senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l'inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti commi 2 o 3. Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza. È fatta salva la riproponibilità dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti. ( articolo sostituito dall’art. 3, comma 6 bis, delle legge n. 80 del 2005)