N. 46/2005

Reg. Dec.

N. 8002 Reg. Ric.

Anno: 2003

 
 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE

(SEZIONE QUARTA)

ha pronunciato la seguente 
 

DECISIONE

sul ricorso in appello iscritto al NRG 8002 dell’anno 2003 proposto da (omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato Rosavio Greco, con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, via Villafranca Tirrena n. 45 (presso il sig. Carlo Gervasio);

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sez. I, n. 2106 del 24 maggio 2003;

      Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

      Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie tesi difensive;

     Visti tutti gli atti di causa;

     Relatore alla pubblica udienza del 18 maggio 2004 il consigliere Carlo Saltelli;

      Uditi l’avvocato Greco, per l’appellante, e l’avvocato dello Stato Giordano, per il Ministero dell’Interno;

      Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

F A T T O

     Con la sentenza n. 467 del 21 febbraio 2001 il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sez. I, decidendo sul ricorso proposto asseritamente da alcuni ispettori capo della Polizia di Stato, tra cui il sig. (omissis), rilevato che la figura degli assistenti capo doveva considerarsi ricompresa nella qualifica degli assistenti, menzionata nell’articolo 2 del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472, ai fini dell’attribuzione dei due scatti ivi previsti, dichiarava che detti scatti spettavano anche agli assistenti capo e, per l’effetto, accoglieva il ricorso, condannando l’Amministrazione dell’Interno al pagamento delle relative differenza retributive con gli accessori di legge.

     Passata in giudicato tale statuizione, e non avendo l’Amministrazione provveduto alla sua esecuzione, lo stesso Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sez. I, con la sentenza n. 5695 del 21 dicembre 2001, adito dagli originari ricorrenti per l’ottemperanza al giudicato, ordinava all’Amministrazione di darvi esecuzione, liquidando agli interessati quanto loro dovuto entro sessanta giorni.

     Persistendo l’inerzia dell’Amministrazione, con ricorso notificato il 3 maggio 2002, veniva anche chiesta la nomina di un apposito commissario ad acta.

     Con altro ricorso giurisdizionale notificato il 30 luglio 2002 (collegato al procedimento di esecuzione) il sig. (omissis) chiedeva poi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia l’annullamento della nota prot.  333-G/Q.2.Ric. del 18 aprile 2002, con cui il Ministero dell’Intermo gli aveva comunicato che, ponendo in essere le attività propedeutiche all’esecuzione della ricordata sentenza n 467 del 7 febbraio 2001, era emerso il già avvenuto riconoscimento (con consequenziale regolare pagamento) dei benefici di cui all’articolo 2, comma 5, del D.L. n. 387 del 1987, convertito con modificazioni dalla legge n. 472 del 1987, così che null’altro gli era dovuto.

     A sostegno dell’impugnativa l’interessato lamentava la sostanziale elusione del giudicato, rilevando che, poichè esso copriva il dedotto ed il deducibile, l’Amministrazione non poteva opporre in sede di ottemperanza la circostanza estintiva dell’obbligazione non fatta valere in sede di cognizione.

     L’adito Tribunale, sez. I, sempre nella resistenza dell’intimata amministrazione statale, con la sentenza n. 2106 del 24 maggio 2003, respingeva il ricorso, osservando che il thema decidendum del giudizio conclusosi con la sentenza oggetto di ottemperanza riguardava esclusivamente la questione della spettanza anche agli assistenti capo dei due scatti previsti dal comma 5 dell’articolo 2 del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472, laddove il provvedimento impugnato aveva accertato che all’interessato il beneficio in questione era già stato riconosciuto in virtù della specifica qualifica rivestita dal ricorrente data del 25 giugno 1982 (di assistente e non assistente capo, circostanza quest’ultima taciuta).

     Pertanto, secondo il Tribunale, il provvedimento impugnato non era elusivo del giudicato e, d’altra parte, il ricorso proposto dall’interessato, lungi dal costituire legittima richiesta di esecuzione del giudicato (formatosi sulla precedente decisione n. 467 del 21 febbraio 2001), costituiva invero un inammissibile strumento per ottenere il riconoscimento della rinnovabilità del beneficio in questione in occasione di ogni passaggio alla qualifica superiore.

     Avverso tale statuizione ha proposto appello l’interessato, con atto notificato il 19 agosto 2003, articolando quattro motivi, tutti sostanzialmente incentrati sull’asserita violazione del giudicato formatosi sulla più volte citata sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sez, I, n. 467 del 21 febbraio 2001, ribadendo che l’attività posta in essere dall’Amministrazione dell’Interno, concretizzatasi nella nota prot.  333-G/Q.2.Ric. del 18 aprile 2002, oggetto di impugnativa, era palesemente elusiva del giudicato e si poneva in insanabile contrasto con i noti principi, pacificamente applicabili anche alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblico impiego, secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile.

     L’Amministrazione dell’Interno ha resistito al gravame, chiedendone il rigetto.   

D I R I T T O

     I. E’ controversa la legittimità della nota prot.  333-G/Q.2.Ric. del 18 aprile 2002, con cui l’Amministrazione dell’Interno, ponendo in essere le attività propedeutiche all’esecuzione della sentenza n 467 del 7 febbraio 2001, ha comunicato al sig. (omissis) di avergli già riconosciuto (e regolarmente liquidato) i benefici di cui all’articolo 2, comma 5, del D.L. n. 387 del 1987, convertito con modificazioni dalla legge n. 472 del 1987, così che nella gli era dovuto in esecuzione di quel giudicato.

     Avverso la sentenza n. 2106 del 24 maggio 2003, con cui il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sezione I, ha ritenuto legittimo l’operato dell’Amministrazione dell’Interno, ha proposto gravame l’interessato che, attraverso quattro motivi di censura, ha ribadito la tesi dell’illegittimità dell’impugnata nota, a suo avviso erroneamente ed inopinatamente disattesa dai primi giudici, sostenendo la violazione dei principi in materia di identificazione dei limiti oggettivi del giudicato, eccesso di potere per omessa applicazione ed esecuzione del giudicato, eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti processuali e sostanziali in sede di attuazione del giudicato e per manifesta illogicità, eccesso di potere per manifesta disparità di trattamento tra le parti processuali.

     L’Amministrazione dell’Interno si è costituita in giudizio, instando per il rigetto dell’avverso gravame.

     II. Tutti i motivi di gravame possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro intrinseca connessione, dipendendo tutti dalla esatta interpretazione del contenuto e dei limiti, oggettivi e soggettivi, della sentenza n. 467 del 21 febbraio 2001, della cui esecuzione si controverte, e dall’esatto significato che deve essere attribuito nel caso concreto al principio secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile.

     Al riguardo la Sezione osserva quanto segue.

     II.1. Il decreto legge 21 settembre 1987, n. 387 (recante “Copertura finanziaria del decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1987, n. 150, di attuazione dell’accordo contrattuale triennale relativo al personale della Polizia di Stato ed estensione agli altri Corpi di Polizia), convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472, all’articolo 1 autorizzava espressamente sia la spesa occorrente per gli anni 1987, 1988 e 1989 per l’applicazione del citato accordo contrattuale per il personale della Polizia di Stato e per gli altri Corpi della Polizia, sia per l’attribuzione degli ulteriori benefici economici previsti nel decreto stesso.

     In relazione a questi ultimi, per quanto qui interessa, il comma 5 dell’articolo 2 prevedeva l’attribuzione, con decorrenza dal 25 giugno 1982, di due scatti del 2,50 per cento in favore del solo personale della Polizia di Stato appartenenti alle “qualifiche di ispettore capo, ispettore principale, qualifiche del ruolo di sovrintendenti, assistenti”, e di uno scatto, sempre del 2,50 per cento agli appartenenti alla qualifica di agente scelto della Polizia di Stato, da computarsi sullo stipendio in godimento.

     Il successivo comma sei attribuiva, poi, con decorrenza dal 1° gennaio 1983, al solo personale della Polizia di Stato che alla data del 25 giugno 1982 rivestiva la qualifica di assistente capo uno scatto del 2,50 per cento da computarsi sullo stipendio in godimento al 1° gennaio 1983, mentre il settimo comma precisava che gli scatti suddetti non concorrevano alla determinazione del maturato economico in caso di promozione comportante il passaggio ad un livello retributivo superiore: l’ottavo comma disponeva, infine, che i miglioramenti previsti dai precedenti commi sarebbero stati assorbiti dai benefici di cui all’articolo 44, comma 1, della legge 10 ottobre 1986, n. 668.

     Deve aggiungersi, in punto di fatto, che, come emerge dalla documentazione versata in atti, alla data del 25 giugno 1982 l’appellante non rivestiva la qualifica di assistente capo, bensì quella di assistente, in relazione alla quale l’Amministrazione dell’Interno gli aveva attribuito regolarmente i due scatti previsti dal comma 5, dell’articolo 2, del ricordato D.L. n. 387 del 1987, convertito con modificazioni dalla legge n. 472 del 1987.

     II.2. Sulla base del delineato substrato, normativo e fattuale, l’appello in esame è infondato e deve essere respinto.

     II.2.1.  Innanzitutto deve rilevarsi che la sentenza n. 467 del 21 febbraio 2001 del Tribunale amministrativo regionale della Puglia, della cui mancata esecuzione si controverte, ha accertato e dichiarato che agli assistenti capo, in quanto appartenenti al ruolo unico degli assistenti, spettavano effettivamente i due scatti del 2,50 per cento previsti dal ricordato comma 5, dell’articolo 2, del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472, non potendo detto beneficio essere limitato al solo personale appartenente alla qualifica di assistente, stante il tenore letterale della norma.

     Sennonché, come emerge dalla sua attenta lettura, la predetta pronuncia è fondata sul presupposto che i ricorrenti, fra i quali l’odierno appellante, fossero appartenenti alla data del 25 giugno 1982 alla qualifica di assistente capo, circostanza, questa, che, come sopra evidenziato, non ricorreva, rivestendo il Sig. (omissis) a quella data la qualifica di assistente (elemento maliziosamente taciuto ai primi giudici).

     A ciò consegue (a prescindere da ogni questione circa l’eventuale ammissibilità, quanto meno sotto il profilo dell’attualità e della concretezza dell’interesse, della pretesa dell’interessato in quel giudizio, questione questa effettivamente coperta dal giudicato) che, a tutto voler concedere, alla predetta sentenza può essere attribuito solo il valore di un mero accertamento del diritto di coloro che si trovavano alla data del 25 giugno 1982 nella qualifica di assistente capo ad ottenere i predetti benefici economici; ad essa, tuttavia, non può ricollegarsi, invece, in favore dell’appellante alcun valore di giudicato circa il diritto ad ottenere i benefici economici in questione, difettandone il presupposto stabilito direttamente dalla legge, e cioè l’appartenenza alla data del 25 giugno 1982 la qualifica di assistente capo: in altri termini, proprio la circostanza che l’appellante alla data del 25 giugno 1982 non rivestiva la qualifica di assistente capo,  rende inutilizzabile in suo favore l’accertamento contenuto nella sentenza n. 467 del 21 febbraio 2001,  non potendo così attribuirsi alcun valore decisivo (ai fini della tesi prospettata dal ricorrente) neppure all’elemento formale della (sia pur generica) condanna dell’Amministrazione a corrispondere le relative differenze retributive, quest’ultima – come accennato – indiscutibilmente connessa al presupposto del possesso da parte degli interessati della qualifica di assistente capo alla data del 25 giugno 1982.

     Del resto, ad ulteriore conferma di tale assunto giova evidenziare che, come risulta dalla lettura della disposizione del comma 5, dell’articolo 2, del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472, solo per la qualifica degli assistenti capo (e non anche per quella degli assistenti, cui apparteneva l’appellante) poteva sussistere il dubbio circa la spettanza dei benefici economici ivi previsti.

     II.1.2. Né è meritevole di accoglimento la tesi dell’appellante secondo, in virtù del principio secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, l’Amministrazione non avrebbe potuto opporre l’avvenuto adempimento dell’obbligazione di erogare il beneficio previsto dal comma 5, dell’articolo 2, del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472 (trattandosi di obbligo di accertato definitivamente ed irretrattabilmente dalla sentenza n. 467 del 21 febbraio 2001), non avendolo tempestivamente e ritualmente eccepito nel giudizio di cognizione.

     Anche a prescindere da ogni considerazione sul malizioso comportamento processuale dell’interessato che ha taciuto la sua effettiva qualifica di assistente, dissimulando di rivestire la qualifica di assistente capo e traendo così in errore anche l’organo giudicante, la Sezione osserva che se effettivamente non è revocabile in dubbio che nell’ambito delle controversie in materia di pubblico impiego, rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il giudicato sul rapporto controverso si estende, oltre che sulle questioni effettivamente proposte in giudizio (dedotto), anche a quelle deducibili in via di azione o di eccezione (ex pluribus, C.d.S., sez. IV, 25 agosto 2003, n. 4800; 30 giugno 2003, n. 3928) che costituiscano precedenti logici, essenziali e necessari della pronuncia (c.d. giudicato implicito, C.d.S., sez. IV, 4 marzo 2003, n. 1190), nel caso di specie l’avvenuta estinzione dell’obbligazione in argomento non rientrava tra le questioni deducibili non solo a causa della genericità della questione dedotta in prime cure (mero accertamento - in punto di diritto -   della appartenenza della figura degli assistenti capo alla qualifica degli assistenti), ma – soprattutto – a causa della decisiva circostanza che l’interessato alla data del 25 giugno 1982 non rivestiva affatto la qualifica di assistente capo ai fini del relativo beneficio dei due scatti, comunque riconosciutogli in relazione alla qualifica (di assistente) effettivamente rivestita.

     E’ pertanto del tutto legittimo l’operato dell’Amministrazione dell’Interno, concretizzatosi nella nota oggetto di impugnazione, che nel predisporre le attività necessarie a dare esecuzione alla pronuncia in argomento, avendo accertato che, per un verso, l’interessato non rivestita alla data del 25 giugno 1982 la qualifica di assistente capo e che, per altro verso, allo stesso erano già stati erogati i benefici previsti dal comma 2, dell’articolo 5 del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472 (in relazione alla qualifica effettivamente rivestita alla data del 25 giugno 1982), ha comunicato di non dovergli alcunché.

     II. Alla stregua delle suesposte considerazioni, la sentenza appellata non merita le critiche rivoltele e l’appello deve essere respinto.

     Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale in sede giurisdizionale (sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello proposto da (omissis) avverso la sentenza n. 2106 del 24 maggio 2003 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sez. I, lo respinge.

     Condanna l’appellante al pagamento in favore dell’amministrazione dell’Interno delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano complessivamente in €. 3.000 (tremila) 

     Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’18 maggio 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:

RICCIO              STENIO                    -  Presidente

SALVATORE   COSTANTINO         -  Consigliere

RULLI  DEDI   MARINELLA           -  Consigliere

POLI                 VITO                         -  Consigliere

SALTELLI        CARLO                    -  Consigliere est. 
 

L'estensore                                                    Il Presidente

Caro Saltelli    Lucio Venturini

                            Il Segretario

     Maria razia Nusca

            
 
 

MASSIMA

Posto che, ai sensi del comma 2 dell’articolo 5, del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 1987, n. 472, è prevista l’attribuzione di due scatti del 2,50 per cento al personale della Polizia di Stato che alla data del 25 giugno 1982 rivestiva la qualifica di assistente, tra cui deve considerarsi ricompresa anche quella di assistente capo, non può invocarsi l’autorità di cosa giudicato di una pronuncia che, su ricorso di una pluralità di ricorrenti dichiaratisi tutti assistenti capo, accerti il diritto degli assistenti capo ad ottenere il pagamento del predetto beneficio da parte chi, condannando genericamente l’amministrazione al relativo pagamento, da parte di chi (pur ricompreso tra i ricorrenti) abbia taciuto la circostanza di non rivestire la qualifica di assistente capo alla data del 25 giugno 1982; con la conseguenza che non è elusiva della predetta pronuncia la nota con cui l’Amministrazione comunica all’interessato di aver già provveduto, indipendentemente dalla pronuncia di cui si invoca il giudicato, alla liquidazione del beneficio previsto dalla normativa ricordata in relazione alla qualifica effettivamente posseduta.