Consiglio di Stato

 Sezione V

 Sentenza 7 dicembre 2005, n. 6991

   

FATTO

 

Con la gravata sentenza il TAR della Calabria ha accolto il ricorso (iscritto al n. 1029/2004 R.G.) proposto dalla dott.ssa (omissis)per l'annullamento della decisione della commissione giudicatrice del concorso pubblico per titoli ed esami per il conferimento di un posto di istruttore direttivo contabile, presso il Comune di Plataci, comunicata con nota prot. n. 1210 del 26 maggio 2004 e del bando di concorso n. 857 del 9.04.04.

La sentenza è stata appellata dal Comune di ....i che contrasta le argomentazioni del TAR della Calabria.

Le dott.sse ,,,,,,,,, non si sono costituite in giudizio.

Alla pubblica udienza del 24 maggio 2005, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

 

DIRITTO

 

Il ricorso in appello è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

1. L'odierno appellante censura la gravata sentenza in quanto inficiata da difetto di motivazione su tutti gli elementi e circostanze dedotte dall'amministrazione resistente in primo grado e dalla controinteressata che, ove ponderate, avrebbero determinato - secondo l'assunto dell'appellante - un diverso esito. 

L'amministrazione eccepisce in via pregiudiziale l'omessa delibazione e statuizione da parte del giudice di primo grado in ordine alla irricevibilità del ricorso di primo grado proposto dalla dott.ssa (omissis)per omessa impugnazione del bando di concorso.

L'eccezione si fonda sul rilievo secondo cui la regola ex art. 7 del bando di concorso - che prescriveva l'allegazione alla domanda di partecipazione al concorso una fotocopia della carta d'identità valida, pena l'esclusione - imponendo ai candidati un preciso facere determinerebbe un effetto giuridico diretto (ed una portata immediatamente lesiva, consistente nell'impossibilità di prender parte alla procedura selettiva) nell'ipotesi di inosservanza del regolamento di gara.

L'eccezione è infondata.

La surriferita prescrizione attiene non al possesso di un requisito di partecipazione bensì alle modalità (formali) di presentazione della domanda di partecipazione al concorso. Ne discende l'inconferenza della giurisprudenza citata dall'appellante, con particolare riguardo alla decisione Cons. Stato, Ad. Plen., 29 gennaio 2003, n. 1. In quest'ultima si stabilisce che l'onere di immediata impugnazione del bando di gara deve, normalmente, essere riferito alle clausole riguardanti requisiti soggettivi di partecipazione (sebbene l'Adunanza Plenaria ritiene che non possa essere escluso un dovere di immediata impugnazione delle clausole del bando in quei limitati casi in cui gli oneri imposti all'interessato ai fini della partecipazione risultino manifestamente incomprensibili o implicanti oneri per la partecipazione del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della gara o della procedura concorsuale).

Nel punto 12 della prefata decisione l'Adunanza Plenaria ritiene, poi, opportuno ribadire l'indirizzo tradizionale, che normalmente esclude l'onere dell'immediata impugnazione del bando, anche nei riguardi delle clausole che definiscono gli oneri formali di partecipazione. A tale esito il Supremo Collegio perviene considerando che non sempre le cennate clausole appaiono, in realtà assimilabili, quanto alla struttura ed al modo di operare, a quelle che, definendo requisiti soggettivi di partecipazione, sono tradizionalmente considerati immediatamente impugnabili. Invero, tali clausole riguardano direttamente qualità dei soggetti partecipanti e non le loro attività connesse alla partecipazione alla gara, e fanno riferimento a situazioni preesistenti rispetto al bando. Al contrario, le clausole che introducono oneri formali di partecipazione sembrano riguardano proprio l'attività dei soggetti interessati alla procedura concorsuale, devono essere poste in essere in vista della partecipazione alla gara ed in relazione ad essa, non paiono fare riferimento a situazioni oggettive definite prima della gara e da essa indipendenti, e possono richiedere - con riferimento soprattutto al loro effettivo rispetto, alla possibilità di adempimenti equivalenti ed alla loro incidenza concreta rispetto alla conclusione negativa della procedura concorsuale per l'interessato - accertamenti e valutazioni dall'esito non scontato.

Riguardate, poi, nel loro modo di operare, le clausole che richiedono adempimenti formali, quali la presentazione di documenti, non sembrano agire in modo diverso dalle ordinarie clausole del bando, impugnabili insieme all'atto applicativo. Esse, infatti, possiedono una astratta potenzialità lesiva, la cui rilevanza e concreta capacità di provocare una lesione attuale può essere valutata solo con l'atto applicativo. Si tratta, in particolare, di clausole che, imponendo un certo comportamento ai soggetti interessati alla procedura concorsuale, potranno produrre un concreto effetto lesivo soltanto dopo che tale comportamento sia stato posto in essere e nei limiti della concreta rilevanza di esso ai fini della determinazione dell'esito negativo della medesima procedura. Clausole del genere potrebbero essere ritenute immediatamente impugnabili soltanto affermando l'esistenza di un autonomo interesse dei soggetti interessati alla procedura concorsuale a conformare le modalità di partecipazione alla gara indipendentemente dall'aggiudicazione ed a prescindere da essa: esito questo, che non viene condiviso dalla citata decisione dell'Adunanza Plenaria, alla quale il Collegio aderisce (per esigenze di completezza deve essere osservato che l'orientamento accolto dall'Adunanza Plenaria codifica la posizione di tipo "tradizionale", volta a limitare l'impugnazione immediata del bando di gara alle sole clausole - impeditive dell'ammissione dell'interessato alla selezione - riguardanti i requisiti soggettivi di partecipazione alla procedura selettiva - cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6 ottobre 1999 n. 1326, Cons. Stato, Sez. VI, 22 gennaio 2001 n. 192; Cons. Stato, Sez. V, 27 giugno 2001 n. 3507; Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2001 n. 6260; Cons. Stato, Sez. V, 6 marzo 2002 n. 1342 - mentre non è stato accolto l'orientamento - riferito dall'ordinanza del Consiglio di Stato, sez. V, 6 maggio 2002 n. 2406 di rimessione della questione all'Adunanza Plenaria - secondo cui anche le prescrizioni del bando che impongono ai soggetti interessati determinati oneri formali, a pena di esclusione, devono ritenersi immediatamente lesive e, quindi, autonomamente impugnabili: cfr. C. Stato, sez. V, 11 maggio 1998, n. 225 e Cons. Stato, Sez. V, 4 aprile 2002, n. 1857).

Deve pertanto ribadirsi (cfr. la recente Cons. Stato, sez. V, 9 dicembre 2004 n. 7893) che alla luce dell'insegnamento dell'Adunanza Plenaria 23 gennaio 2003, n. 1, l'onere di immediata impugnazione del bando di gara è, normalmente, riferito alle clausole riguardanti requisiti soggettivi di partecipazione (anche se non può essere escluso in altri limitati casi: cfr. sopra), mentre è generalmente escluso nel caso di clausole che definiscono gli oneri formali di partecipazione.

Alla luce delle superiori considerazioni risulta priva di pregio l'eccezione di irricevibilità del gravame di primo grado per intempestiva impugnazione della lex specialis e di inammissibilità dell'impugnazione del medesimo ricorso avverso l'atto applicativo o conseguenziale per inoppugnabilità dell'atto presupposto.

2. Non appare fondata, altresì, l'ulteriore eccezione con cui l'appellante si duole della mancata specificazione delle prescrizioni del bando impugnate e dei vizi di legittimità denunciati da parte della ricorrente di primo grado.

Come correttamente affermato dalla difesa del Comune di ....., il generico riferimento, contenuto nel ricorso giurisdizionale, all'impugnazione di tutti gli atti connessi, presupposti e consequenziali a quello specificamente gravato non è da solo idoneo, essendo una mera clausola di stile, a dimostrare che le censure spiegate con il predetto ricorso investano effettivamente un provvedimento presupposto (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 15 settembre 2001, n. 4820). Tuttavia, nel caso in esame l'eccezione si rivela manifestamente infondata sia in quanto (come visto sopra) l'onere di immediata impugnazione del bando va circoscritto alla sola ipotesi, estranea alla fattispecie de qua, della contestazione della legittimità di clausole che precludono la partecipazione dell'impresa istante alla procedura selettiva, sia perché, a ben vedere, l'originaria ricorrente non contesta la correttezza della lex specialis, ma la sua interpretazione ed applicazione da parte della Commissione, lamentando, in particolare, l'erroneità dell'applicazione della sanzione dell'esclusione prevista nel regolamento di gara, sicché, sotto entrambi i profili appena esaminati, risulta inconfigurabile qualsiasi onere di impugnazione del bando a carico dell'originaria ricorrente.

Correttamente, pertanto, il giudice di primo grado - nel dispositivo della sentenza gravata - ha annullato "l'atto impugnato" (id est, la decisione della commissione giudicatrice comunicata con nota prot. n. 1210 del 26 maggio 2004) e non il bando di concorso.

4. Appare priva di base l'ulteriore eccezione con la quale il Comune appellante si duole dell'omessa (specifica) impugnazione del verbale della commissione giudicatrice n. 2 del 25 maggio 2004 di esclusione della concorrente odierna appellata, del verbale della medesima commissione n. 4 del 16 giugno 2004 con il quale è stato rigettato il ricorso proposto avverso l'esclusione della appellata in data 12 giugno 2004, del provvedimento a firma del Presidente della commissione giudicatrice prot. n. 1210/02 del 17 giugno 2004 di rigetto del ricorso e conferma dell'esclusione, nonché del provvedimento in data 10 luglio 2004 prot. n. 1838 a firma del Sindaco del Comune appellante, del Presidente della commissione giudicatrice e del responsabile di servizio di conferma della esclusione dal concorso.

L'impugnazione, da parte della dott.ssa ....., della decisione della commissione giudicatrice del concorso pubblico per titoli ed esami per il conferimento di un posto di istruttore direttivo contabile, presso il Comune di ...., comunicata con nota prot. n. 1210 del 26 maggio 2004 rende priva di base la censura in esame; invero, non vi è alcun onere d'impugnazione nei confronti degli atti confermativi, cioè degli atti con cui l'autorità amministrativa si limita a riaffermare l'esistenza di un precedente provvedimento, a richiamarlo ovvero a reiterarlo, riprodurlo o ripeterlo meccanicamente evidenziando, quindi, l'inesistenza di qualsiasi connotato di autonomia decisoria, circostanza, quest'ultima, che comporta, in caso di annullamento del primo provvedimento, la conseguenziale caducazione dell'atto confermativo.

4. L'appellante, infine, si duole della sentenza gravata nella parte in cui afferma che l'amministrazione avrebbe dovuto procedere preventivamente alla richiesta di regolarizzazione e solo in difetto di essa pronunciare l'esclusione. L'appellante sostiene - in particolare - che la regolarizzazione era inammissibile per rispetto della par condicio, per il tipo di irregolarità in cui è incorsa l'appellata (irregolarità essenziale o sostanziale) e per il fatto che l'Amministrazione è tenuta a dare precisa esecuzione alle previsioni del bando, alla cui osservanza si è autovincolata.

Il motivo non può essere condiviso.

Deve essere preliminarmente precisato che il Collegio non intende discostarsi dal risalente e consolidato orientamento (per una recente applicazione cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2005, n. 32) secondo cui la portata vincolante delle prescrizioni contenute nel regolamento di una procedura concorsuale o di gara esige che alle stesse sia data puntuale esecuzione nel corso della procedura, senza che in capo all'organo amministrativo cui compete l'attuazione delle regole stabilite nel bando residui alcun margine di discrezionalità in ordine al rispetto della disciplina del procedimento. Da tale principio discende che, qualora il bando o la lettera di invito comminino espressamente l'esclusione obbligatoria in conseguenza di determinate violazioni, l'Amministrazione è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione a tali previsioni, senza alcuna possibilità di valutazione discrezionale circa la rilevanza dell'inadempimento, l'incidenza di questo sulla regolarità della procedura selettiva e la congruità della sanzione contemplata nella lex specialis, alla cui osservanza la stessa Amministrazione si è autovincolata al momento dell'adozione del bando. Il formalismo che caratterizza la disciplina delle procedure di gara o di concorso, invero, risponde da un lato ad esigenze pratiche di certezza e celerità, dall'altro, e soprattutto, alla necessità di garantire l'imparzialità dell'azione amministrativa e la parità di condizioni tra i concorrenti. Soltanto nel varco aperto da un'equivoca formulazione della lettera di invito o del bando di gara può esservi spazio per un'interpretazione che consenta la più ampia ammissione degli aspiranti.

Nel caso in esame, tuttavia, non viene in considerazione una inosservanza - da parte dell'odierna appellata - delle prescrizioni del bando di concorso (presentazione, in luogo di fotocopia della carta d'identità valida, della patente di guida), atteso che l'art. 35 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 - Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (cd. Testo A) - stabilisce al comma 2: «Sono equipollenti alla carta di identità il passaporto, la patente di guida, la patente nautica, il libretto di pensione, il patentino di abilitazione alla conduzione di impianti termici, il porto d'armi, le tessere di riconoscimento, purché munite di fotografia e di timbro o di altra segnatura equivalente, rilasciate da un'amministrazione dello Stato».

Orbene, occorre rilevare che l'interesse pubblico sotteso alla prescrizione de qua (art. 7 del bando di concorso - allegazione alla domanda di partecipazione al concorso una fotocopia della carta d'identità valida, pena l'esclusione) va senz'altro riconosciuto nell'esigenza dell'amministrazione di conseguire pubblica certezza circa l'identità formale e la veridicità dei dati anagrafici dei partecipanti alla procedura concorsuale. Tale sicura ricostruzione della ratio dell'adempimento de quo impone, pertanto, di giudicare la portata delle conseguenze dell'uso di una tipologia di documento (apparentemente) difforme da quella prescritta con esclusivo riferimento agli interessi dell'amministrazione appena evidenziati ed alle caratteristiche della patente di guida. Alla luce di tale ricostruzione, la genuina provenienza della domanda di partecipazione al concorso nonché i dati anagrafici della dott.ssa (omissis)potevano trarsi aliunde tramite la documentazione presentata dalla stessa (patente di guida) o mediante - come correttamente osservato dal giudice di primo grado - regolarizzazione con il deposito della copia mancante della carta di identità.

Ne discende che nessun vulnus al principio della par condicio avrebbe determinato la richiesta di regolarizzazione (difettando, peraltro, il carattere essenziale o sostanziale dell'inosservanza per cui è causa, come sopra specificato) né l'Amministrazione sarebbe venuta meno all'autovincolo datosi con il bando.

Alla luce delle superiori considerazioni il ricorso in appello deve essere respinto in quanto infondato.

Si ravvisano giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, rigetta l'appello in epigrafe.

Spese compensate

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.