Sentenza n. 28/2007 del 1° giugno 2007 – Sezione giurisdizionale per la
regione Trentino Alto Adige (Bolzano) - Polizia di Stato – Comandante
stazione Polfer – Responsabilità per danno patrimoniale e all’immagine
della P.A. (gravi e ripetuti comportamenti antidoverosi per abuso d’
ufficio) - Fattispecie – Sussiste 
 
 * A cura dell’Ufficio Stampa

SEZIONE GIURISDIZIONALE DI BOLZANO

Presidente: P. De Franciscis –
Relatore : E. Marinaro

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
 

A)   Con atto introduttivo depositato il 28 dicembre 2006 è stato
convenuto dinanzi a questa Sezione - per sentirsi condannare al
pagamento in favore dell'Erario della somma di € 19.116,61, oltre a
rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio - il sig.
G.L., all'epoca dei fatti in questione vice sovrintendente della
Polizia di Stato e comandante della Stazione Polfer di Bressanone, il
quale - secondo quanto espone il requirente - “per finalità del tutto
estranee ai propri compiti d'ufficio, aveva abusato della propria
posizione per addebitare alla propria amministrazione di appartenenza
costi indebiti per ore straordinarie mai effettuate, assentandosi
altresì ingiustificatamente dal proprio servizio per curare i propri
interessi privati, in ordine ai quali usufruiva anche delle strutture …
del proprio ufficio.”

Il Procuratore regionale richiama in proposito
la sentenza dibattimentale n. 244/06, depositata il 27 aprile 2006, con
la quale il Tribunale di Bolzano ha pronunciato condanna penale nei
confronti del sunnominato “in ordine ai delitti p. e p. dagli artt. 81
cpv., 479, 640, comma 1 e 2 n. 1, 14 comma 1 e 2 c.p. e 110, 605 comma
1 e 2 n. 2 e 317 c.p., per le seguenti fattispecie:

- per essersi
procurato, nella sua veste di ispettore di Polizia in servizio quale
comandante dell'Ufficio del Posto di Polizia ferroviaria di Bressanone,
un ingiusto profitto nella misura della retribuzione percepita per le
ore ordinarie e straordinarie in cui attestava essere presente
contrariamente a verità, con pari danno dell'Amministrazione di
appartenenza,

- nonché per avere fatto uso personale delle
autovetture di servizio di cui aveva la disponibilità nella sua qualità
di cui sopra, - per essersi appropriato della linea telefonica del
Posto di Polizia ferroviaria di Bressanone di cui aveva la
disponibilità effettuando personalmente n. 274 telefonate a contenuto
privato, per complessive 17 ore, 57 minuti e 17 secondi,

-
collegandosi inoltre abusivamente ad internet tramite la linea
telefonica dello stesso Posto per complessive 49 ore, 23 minuti e 22
secondi e spedendo direttamente numerosi fax dalla medesima linea
telefonica inerenti l'attività privata relativa alla A.C. Bressanone,
associazione per la quale detta utenza telefonica veniva costantemente
utilizzata,

- nonché per avere, abusando della sua qualità di
assistente della Polizia di Stato, indotto O.A. e B. B. a pagargli un
portasci per la sua autovettura privata con il pretesto di effettuare
indagini in merito alle continue minacce e ai danneggiamenti di cui era
vittima la famiglia B.-O.,

- inoltre per avere privato Milano
Francesco della sua libertà personale prelevandolo dall'officina di A.
P. e portandolo al Posto di Polizia ferroviaria di Bressanone, ivi
trattenendolo per tre ore senza alcun motivo di servizio e senza
redigere alcuna relazione di servizio,

- costringendo altresì A. P. a
consegnare Lire 1.000.000 in contanti quale contropartita per aver
rilasciato M. F. e per non intraprendere ulteriori provvedimenti nei
confronti di questo, reati commessi in un periodo di tempo che va dal
mese di febbraio dell'anno 1998 al 21.12.2002 come dai punti a), b),
c), g) e i) del capo di imputazione trascritto nella sentenza di cui
sopra, alla quale si fa riferimento.”

Il P.M., sull'assunto che “le
assenze arbitrarie dal servizio sono ampiamente e dettagliatamente
documentate dalla sentenza di condanna del Tribunale penale di
Bolzano”, contesta al convenuto un ammontare di € 4.116,61 per
emolumenti indebitamente percepiti, risultante, secondo i prospetti
redatti dall'Amministrazione di appartenenza, dalla somma dei seguenti
importi: rispettivamente € 3.009,84 per prestazioni lavorative ed €
851,85 per prestazioni di lavoro straordinario non effettivamente rese,
nonché € 254,92 per l'indennità di trasferta erogata per la reggenza
della suddetta Stazione Polfer dal 7 febbraio 2003 - data di arresto
del G.L. - fino alla designazione del nuovo responsabile.

Al danno
patrimoniale come sopra individuato, prosegue il requirente, “si
aggiunge il danno all'immagine sicuramente subito dall'amministrazione
in dipendenza del comportamento antidoveroso del proprio dipendente,
che ha trovato ampio risalto sugli organi di informazione locali”,
danno quantificato nella misura di € 15.000,00-.

Quanto al presupposto
soggettivo della responsabilità amministrativa, afferma il requirente
che “la sussistenza dell'elemento psicologico delle fattispecie dannose
caratterizzate da dolo, ovvero dalla consapevolezza del convenuto che i
propri comportamenti antidoverosi erano idonei a cagionare danno alla
propria amministrazione, è insito nelle concrete modalità dell'azione.”

B)   Nella pubblica udienza il P.M. ha insistito sull'integrale
accoglimento della azionata pretesa, sottolineando la valenza della
richiamata sentenza penale, pur se non passata in giudicato, da cui
emergerebbe un “quadro desolante” che va ben oltre il danno materiale
computato dall'Amministrazione, avendo il G.L., nella sua attività di
“faccendiere in diversi ambiti”, gravemente abusato della sua
“posizione esponenziale”, con conseguente “notevole ricaduta
sull'opinione pubblica a livello provinciale, se non nazionale”, di
talché la operata quantificazione del danno all'immagine andrebbe
intesa come una misura non diminuibile.

C)   Ciò posto, rileva
innanzitutto la Sezione che l'odierno convenuto ha ritenuto di non
svolgere alcuna attività difensiva, non avendo fornito alcun riscontro
né all'invito a dedurre (notificato in data 29 agosto 2006), né
all'atto di citazione (notificato in data 2 febbraio 2007).

Orbene,
reputa il Collegio che, a fronte della documentata pretesa attorea, un
siffatto contegno vale senz'altro a corroborarla, come in effetti la
giurisprudenza contabile ha già avuto modo di precisare: “nei giudizi
per responsabilità amministrativa, il comportamento processuale
completamente rinunciatario dei convenuti può essere dal giudice
interpretato, ai sensi dell'art. 116 comma 2 c.p.c., come
sostanzialmente ammissivo dei fatti di causa” (Sez. Sardegna125/96).

Ancor più attinente alla presente situazione è la massima tratta da
Sez. Lombardia 27/95: “il comportamento processuale di una parte può
costituire anche unica fonte di prova e convincimento, o comunque
elemento di valutazione delle prove già acquisite al processo;
pertanto, la circostanza che il convenuto non abbia risposto all'invito
a dedurre, né si sia costituito in giudizio o abbia inviato memorie
personali dopo la notificazione dell'atto di citazione può essere
interpretata come sostanziale ammissione dei fatti a lui contestati.”

D'altronde, anche la giurisprudenza amministrativa ha più volte
evidenziato la valenza della succitata norma del codice di rito: “il
comportamento processuale dell'amministrazione che omette di dare
compiuta esecuzione agli incombenti istruttori può essere valutato, in
forza dei principi desumibili dall'art. 116 c.p.c. (applicabili anche
al processo amministrativo), come ammissione dei fatti allegati dalla
controparte a sostegno della propria impugnativa” (così, ex plurimis, T.
A.R. Campania Napoli, sez. I, 1625/06).

La domanda attrice si appalesa
quindi pienamente fondata, ivi compreso l'invocato ristoro del
pregiudizio arrecato all'immagine ed al prestigio della Polizia di
Stato.

Si condividono integralmente in proposito le considerazioni del
requirente, che di seguito si riportano: <<…l'azione di responsabilità
amministrativa contabile non è solo finalizzata al recupero del
pregiudizio patrimoniale subito dalla P.A., ma si prefigura di
garantire interessi ulteriori quale appunto l'immagine, la cui tutela
riveste per le persone giuridiche la stessa rilevanza che per le
persone fisiche assume il rispetto del diritto al proprio buon nome e
alla propria reputazione. Ne consegue che il danno all'immagine della P.
A. è un danno esistenziale che si produce nello stesso momento in cui
viene accertata la commissione di azioni o omissioni illecite, che per
la loro gravità e per la loro rilevanza sociale non possono che
compromettere il decoro dell'amministrazione dalla quale il funzionario
infedele dipende. Al riguardo è stato autorevolmente precisato che “la
lesione dell'immagine è un effetto diretto ed immediato
dell'accertamento dell'abuso della pubblica funzione” che causa
“secondo comune esperienza, un deterioramento del rapporto di fiducia
tra la cittadinanza e l'istituzione pubblica, la quale viene percepita
come entità non affidabile, talvolta finanche nemica, finita nelle mani
di soggetti dediti a perseguire soltanto illeciti interessi
particolari…” (Corte conti, Sez. II, 26.1.2004, n. 27/A).   Il diritto
all'immagine leso, pur inerendo ad un bene immateriale, è tuttavia
suscettibile di valutazione economica e il conseguente danno subito
dalla P.A. si traduce in un pregiudizio che deve essere quantificato.
L'entità del danno può essere desunta da criteri oggettivi, attinenti
alla gravità dell'illecito commesso in relazione, tra l'altro, alle
modalità della sua perpetrazione, da criteri soggettivi, relativi alla
collocazione che il responsabile ha nell'organizzazione amministrativa
ed alla sua capacità di rappresentare l'Amministrazione (nella specie
il G.L. rivestiva l'alta funzione di comandante Polfer di Bressanone)
ed infine da criteri sociali, basati sulle capacità esponenziali
dell'ente interessato, sulle sue dimensioni territoriali, sulla
rilevanza delle funzioni al medesimo intestate, oltre che sulla
ampiezza della diffusione e del risalto dato all'illecito (cfr. ex
plurimis Sez. Bolzano, 7 dicembre 2001 n. 7). Sotto quest'ultimo
profilo assume particolare rilievo il clamor fori suscitato da una
vicenda a rilevanza anche penale, che costituisce senz'altro principio
di prova in base al quale il giudice può procedere ad una valutazione
equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c. Infatti l'ampio risalto dato
dai media ai comportamenti gravemente antidoverosi di G.L. emerge dalla
copiosa raccolta di articoli di stampa prodotta [sono stati depositati
al riguardo ben 17 articoli, tratti dai quotidiani locali]  >>.

L'operata quantificazione del danno in questione per un importo di €
15.000,00 appare pertanto equa, se non addirittura contenuta rispetto
alla 'diffusività ambientale' dei comportamenti in questione.

Ed
infatti, in un recente caso pure relativo ad un tutore dell'ordine - un
militare della Guardia di Finanza condannato per danno all'immagine -
la Magistratura contabile non ha mancato di affermare che “la lesione
si estende a tutta la struttura della Polizia tributaria” (Sez. I
185/05).

D)   Così accertata la fondatezza della pretesa attorea,
occorre infine pronunciarsi in ordine alla decorrenza dei richiesti
oneri accessori, distinguendo all'uopo tra le due poste di danno:

1) 
in ordine al danno patrimoniale (€ 4.116,61-), vengono in rilievo
entrambi i predetti oneri, secondo i seguenti criteri di computo:

▪ 
la rivalutazione monetaria, trattandosi nella specie di danno a
formazione progressiva (cfr. Sez. I 62/90 e SS.RR. 836/93), è da
conteggiare dalla data di percezione dell'ultima remunerazione non
spettante, rispettivamente dalla data dell'ultima erogazione relativa
all'indennità di trasferta, fino alla pubblicazione della presente
sentenza;

▪  gli interessi legali sono da conteggiare, sulle somme
rivalutate, dalla data della suddetta pubblicazione fino al soddisfo
effettivo;

2)  in ordine al danno all'immagine, definito in via
equitativa ex art. 1226 c.c. (€ 15.000,00-), vengono in rilievo i soli
interessi legali, da conteggiare dalla data della suddetta
pubblicazione fino al soddisfo effettivo.

Alla soccombenza segue la
condanna alle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

la Corte dei Conti,
Sezione giurisdizionale di Bolzano, definitivamente pronunciando,
condanna il convenuto G.L. al pagamento, in favore dell'Erario, dei
seguenti importi:

1) a titolo di danno patrimoniale: € 4.116,61
(quattromilacentosedici,61);

    - alla suddetta somma è da
aggiungere, fino alla pubblicazione della presente sentenza, la
rivalutazione monetaria a far tempo dalla data di percezione
dell'ultima remunerazione non spettante, rispettivamente dalla data
dell'ultima erogazione relativa all'indennità di trasferta;

     -
sulla somma rivalutata saranno computati gli interessi legali, dalla
data della prefata pubblicazione sino al soddisfo effettivo;

2) a
titolo di danno all'immagine: € 15.000,00 (quindicimila);

     - su
detta somma saranno computati gli interessi legali, dalla data della
pubblicazione della presente sentenza sino al soddisfo effettivo.

Le
spese di giustizia seguono la soccombenza e si liquidano in €
………………………………………………….

Manda alla Segreteria per gli adempimenti di
rito.

Così deciso in Bolzano, nella Camera di consiglio del 17 maggio
2007.

depositato in segreteria 01 giu 2007