N.44/2005

Reg. Dec.

N. 3317 Reg. Ric.

Anno 1999 
 

R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

   Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello proposto da ( omissis )  ed elettivamente domiciliati in Roma Via  Flaminia n. 195 ( studio dell’avv. S. Vacirca);

contro

il Ministero della Giustizia ed il Ministero del Tesoro, in persona del  legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma Via dei Portoghesi n. 12;

e nei confronti

del Comune di Milano, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Pirocchi, Maria Rita Surano e Savasta Elena ed elettivamente domiciliato in Roma presso il primo a Largo T. Solera 7/10;

per l'annullamento

   della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale  per la Lombardia – Sez. II 18.1.1999 n. 145;

   Visto il ricorso con i relativi allegati;

   Visto l’atto di costituzione delle Amministrazioni appellate;

   Viste le memorie prodotte dalle parti;

   Visti gli atti tutti della causa;

   Relatore alla Camera di consiglio del 18 novembre 2004 il Consigliere  A. Anastasi; udito l’avvocato Pirocchi e l’avvocato dello Stato Elefante;

   Considerato quanto segue in

FATTO

Gli odierni appellanti, appartenenti al Corpo di Polizia municipale  del comune di Milano, prestano servizio presso le Sezioni di Polizia giudiziaria della locale Procura.

Gli stessi hanno pertanto richiesto al Ministero di Grazia e Giustizia la corresponsione dell’indennità giudiziaria  prevista dalla legge n. 221 del 1988.

A fronte del diniego opposto dall’Amministrazione gli interessati hanno adito il TAR Milano il quale, con la sentenza in epigrafe indicata,  ha respinto il gravame.

La sentenza è impugnata dagli appellanti che ne chiedono l’integrale riforma, insistendo per l’accoglimento della pretesa patrimoniale azionata in prime cure.

Si sono costituite le Amministrazioni evocate, insistendo per il rigetto del gravame.

All’Udienza del 18 novembre il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello non è fondato.

Con l’unico ed articolato motivo di appello i vigili urbani appellanti deducono  che l’attività da essi prestata presso le Sezioni di Polizia giudiziaria – concretandosi nello svolgimento di funzioni ( anche amministrative ) di supporto al buon andamento degli uffici giudiziari dai quali le Sezioni dipendono – costituisce titolo per la corresponsione dell’indennità giudiziaria, come del resto chiarito da recente giurisprudenza della Sezione.

L’appello non è fondato, e la pretesa sostanziale degli appellanti non può quindi trovare accoglimento per un duplice ordine di ragioni.

Al riguardo osserva il Collegio che l'indennità reclamata dagli interessati è disciplinata dall'art. 2 della legge 22.6.1988 n. 221 (che ha assorbito - quale beneficio economico e per espresso disposto dello stesso art. 2 - il compenso incentivante già percepito dai dipendenti del Ministero di grazia e giustizia), in base al quale essa spetta « al personale... delle cancellerie e segreterie giudiziarie ».

Tale compenso ha sempre poggiato la sua giustificazione, quale che sia la denominazione di volta in volta ricevuta nelle norme succedutesi nel tempo (a partire dalla legge n. 312 del 1980), sulle funzioni svolte e sui compiti di collaborazione con il personale di magistratura, in univoca relazione con i servizi prestati dal personale amministrativo delle Segreterie e delle cancellerie giudiziarie, attesa la grave situazione, a livello di produttività e di efficienza, in cui versavano tali uffici.

In questa ottica, il beneficio non può spettare al personale addetto alle Sezioni di Polizia giudiziaria, che svolge sì le sue funzioni alle dipendenze della autorità giudiziaria (artt. 56 comma 1 e 59 comma 3 del nuovo Codice di procedura penale), ma di certo non svolge compiti e mansioni di natura burocratico-amministrativa in collaborazione con i magistrati.

Invero gli appartenenti alle Sezioni di polizia giudiziaria espletano indubbiamente compiti delicati (che, secondo la elencazione del Cod. proc. pen., riguardano la notizia dei reati, la ricerca dei loro autori, l'assicurazione delle fonti di prova e del materiale comunque utile, il compimento degli atti ed indagini ulteriori, ecc.), ma nessuna di tali funzioni è logicamente è funzionalmente riconducibile all'espletamento di quelle attività, che il Legislatore, introducendo il beneficio economico in controversia  ha inteso incentivare; tali attività sono quelle del personale di cancelleria e di segreteria, le cui attribuzioni (come risultanti dalla normativa contrattuale attraverso i profili professionali) sono di carattere esclusivamente amministrativo e dunque non confondibili con quelle della Polizia giudiziaria.

Ne consegue che nel caso in esame manca il presupposto oggettivo ( svolgimento di funzioni amministrativo/burocratiche di supporto all’ attività degli uffici giudiziari) cui la legge ricollega la corresponsione dell’indennità.

Sotto il diverso ( e assorbente ) profilo soggettivo, nel caso in esame lo stesso status degli interessati preclude la corresponsione in loro favore del beneficio economico in controversia.

Al riguardo, è pacifico in giurisprudenza che, ai fini della corresponsione dell’indennità giudiziaria, l' attività svolta dal personale delle Forze dell’Ordine distaccato presso le Sezioni di polizia giudiziaria, poste alle dirette dipendenze del Procuratore della Repubblica, deve essere ricompresa tra quelle istituzionalmente attribuite alla Polizia giudiziaria, con la conseguenza che non sussiste alcun tipo di assimilazione o appartenenza di detto personale a quello delle cancellerie e segreterie giudiziarie, né ad altre categorie destinatarie dell'indennità de qua.  (cfr. ex multis IV Sez. 5.7.2000 n. 3738 nonchè 18.10.2002 n. 5759).

Tale criterio interpretativo ( in base al quale, in  sostanza, l’indennità non compete al personale in parola in quanto espleta funzioni proprie del suo status) è, ad avviso del Collegio, pianamente applicabile anche al caso dei vigili urbani distaccati presso le Sezioni di P.G..

Ed in effetti gli appartenenti al Corpo dei vigili urbani ( nella loro qualità di ufficiali o agenti di P.G. ai sensi del combinato disposto dell’art. 57 comma 3 Cod. proc. pen. e dell’art. 5 L. quadro  7.3.1986 n. 65) sono applicati, insieme agli appartenenti alle Forze dell’Ordine,  alle  Sezioni di Polizia giudiziaria ( e quindi svolgono le relative funzioni: cfr. art. 56 comma 1 lett. B Cod. proc. pen.) proprio quando lo richiedono “ particolari esigenze di specializzazione dell’attività di polizia giudiziaria” ( art. 5 comma 2 disp. att.).

Ne consegue, anche sotto il profilo soggettivo, che gli appellanti vigili urbani espletano presso le Sezioni attività propria della loro qualifica e non hanno perciò titolo a percepire l’indennità giudiziaria.

Le argomentazioni che precedono non risultano in contrasto con quanto statuito dalla Sezione del Consiglio di Stato con le decisioni nn. 307 del 1994 e 705 del 1997, erroneamente invocate dagli appellanti.

Tali decisioni infatti si limitano a ribadire la regola generale secondo cui il diritto alla percezione della indennità giudiziaria non dipende tanto dal ruolo di appartenenza del personale o dallo status ( militare o meno) quanto dalle funzioni effettivamente da questo svolte di collaborazione con il personale di magistratura.

In sostanza, nel caso del personale delle Forze dell’Ordine (militari o equiparate) applicato presso il giudice ordinario o speciale per svolgere funzioni burocratiche  ricorrono sia il presupposto oggettivo ( espletamento di attività di diretto supporto a quella svolta dal magistrato) che quello soggettivo (esercizio di mansioni non automaticamente ricomprese nello status operativo degli interessati): entrambi tali presupposti, invece, non ricorrono nella fattispecie all’esame.

Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va perciò respinto.

Quanto alle spese del grado, queste vanno poste a carico degli appellanti nei confronti del Ministero della Giustizia mentre possono essere compensate, ricorrendo giusti motivi, nei confronti dell’Amministrazione civica.

PQM

   Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

   Condanna gli appellanti in solido al pagamento di Euro 3.000,00 ( tremila//00) in favore dell’Amministrazione statale per le spese del grado, che sono invece compensate nei confronti del Comune di Milano.

   Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. 
 

   Così deciso in Roma il 18 novembre 2004 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera di Consiglio con l'intervento dei Signori:

      Filippo PATRONI GRIFFI                  Presidente

   Antonino ANASTASI estensore            Consigliere

   Aldo SCOLA     Consigliere

   Vito POLI     Consigliere

   Salvatore CACACE    Consigliere

   L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

   Antonino Anastasi    Filippo Patroni Griffi 
 
 

IL SEGRETARIO

Rosario Giorgio Carnabuci 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

12/01/2005

(art. 55, L. 27.4.1982, 186)

     Il Dirigente

Dott Giuseppe Testa

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N.R.G. 3317/1999


 

MA