Tribunale di Bassano del Grappa
sentenza n.54/2004

Sent. - n.75/2001 R.C.Lavoro
n.418/04 Cron.- Data del deposito omissis

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI BASSANO DEL GRAPPA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO




Il Giudice del Lavoro di Bassano del Grappa, nella persona della dott.ssa Monica Attanasio , ha pronunciato la seguente

SENTENZA



nella causa civile portante il n. 75 R.Lav., anno 2001, riservata per la decisione all’udienza del giorno 26-10-2004
promossa con ricorso depositato presso la Cancelleria in data 3-07-2001

DA



TIZIO


rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso introduttivo, dall’avv. omissis, presso il cui studio in omissis, v. omissis n. omissis, elegge domicilio

- RICORRENTE -

 

CONTRO



Ditta ALFA S.n.c.
rappresentata e difesa, per mandato in calce alla copia notificata del ricorso, dall’avv. Daniele Giacetti, presso il cui studio in Romano d’Ezzelino, v. Velo n. 28 elegge domicilio

- RESISTENTE -



e con la chiamata di
BETA ASSICURAZIONI S.p.A.
rappresentata e difesa, dall’avv. omissis, in forza di procura in calce alla copia notificata del ricorso, presso il cui studio in omissis, v. omissis n. omissis, elegge domicilio

- TERZA CHIAMATA -



IN PUNTO: risarcimento danni da infortunio sul lavoro

Conclusioni per il ricorrente:
Per le causali in premessa spiegate condannarsi la ALFA, con sede in omissis, v. omissis n. omissis, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore del ricorrente Tizio della somma di L. 100.000.000 o di quella diversa, anche maggiore, che dovesse risultare dovuta in corso di causa, oltre agli interessi dal dovuto al saldo.
Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa.
Conclusioni per la convenuta:
Nel rito, disporre la chiamata in causa della compagnia di assicurazione BETA Assicurazioni S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore.
In via principale:
respingersi l'avversa domanda, così come formulata;
in ipotesi di soccombenza della resistente S.n.c. ALFA, condannarsi la terza chiamata BETA Assicurazioni S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a pagare al ricorrente ogni somma allo stesso dovuta, anche a titolo di spese di causa;
condannarsi inoltre la citata compagnia assicuratrice alla rifusione delle spese ed onorari di patrocinio della resistente.
In via subordinata, condannarsi la terza chiamata BETA Assicurazioni S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a sollevare e a tenere manlevata la resistente S.n.c. ALFA da ogni obbligo nei confronti del ricorrente per quanto la stessa resistente S.n.c. ALFA dovesse essere condannata a pagare al ricorrente e comunque a rifondere ogni e qualsiasi somma dal resistente dovuta per capitale, interessi e spese di giudizio oltre alla rifusione delle spese ed onorar! di causa della stessa.
In ogni caso, con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa, oltre C.P.A. ed I.V.A. come per legge.
Conclusioni per la terza chiamata:
Si eccepisce la prescrizione del diritto della S.n.c. ALFA ad essere manlevata dalla deducente ex art. 2952 c.c. In ogni caso accertarsi che a termini di polizze la Compagnia non risponde per effetto della franchigia sino all'11% del danno biologico.
Nel merito respingersi la domanda attrice siccome infondata in fatto e in diritto.
Spese di causa rifuse.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO



Con ricorso depositato presso la Cancelleria il 3-5-2001 Tizio, premesso di essere stato assunto il 27-4-1998 alle dipendenze della ditta ALFA S.n.c. in qualità di operaio attrezzista, esponeva che in data 3-7-1998 aveva subito un grave infortunio sul lavoro: nel primo pomeriggio di quel giorno, al termine di un ennesimo ciclo di stampaggio, egli si accingeva ad estrarre l'ultimo pezzo lavorato con la mano sinistra, quando improvvisamente la pressa si metteva in moto senza essere stata azionata ed il punzone, sceso di colpo dal punto morto superiore, andava a schiacciargli la mano sinistra amputandone parte delle dita. Affermata la responsabilità della datrice di lavoro, per violazione dell'ari. 2087 c.c., conveniva in giudizio la ditta citata, nella persona del suo legale rappresentante pro tempore, chiedendone la condanna al risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza dell'infortunio, quantificati in L. 100.000.000.
La convenuta, ritualmente costituitasi, negava la sussistenza di una propria responsabilità in ordine all'infortunio, del resto già esclusa dallo Spisal, contestando comunque il quantum preteso e chiedendo di essere autorizzata a chiamare in causa la propria compagnia di assicurazione.
Autorizzata la chiamata in causa de BETA Assicurazioni S.p.A., quest'ultima si costituiva in giudizio eccependo la prescrizione del diritto di manleva della ALFA e la franchigia dell'11% prevista in polizza ed instando nel merito per la reiezione della domanda attorca.
Esperiti il tentativo di conciliazione ed il libero interrogatorio delle parti, la causa veniva istruita a mezzo assunzione di prove testimoniali ed espletamento di consulenze tecniche d'ufficio, per essere discussa e decisa, all'udienza del giorno 26-10-2004, come da dispositivo del quale si dava lettura.

MOTIVI DELLA DECISIONE



Della responsabilità in ordine all'infortunio
A conclusione delle indagini esperite il C.T.U., ing. E.B., ha ritenuto certo che l'infortunio de quo è avvenuto "per ripetizione casuale del colpo in funzionamento a colpo singolo", individuandone la possibile causa nella "imprecisa regolazione dei sensori di prossimità determinata dall'allentamento del sensore stesso o della camma", ovvero in un "malfunzionamento di un sensore", ovvero ancora nella "riduzione della capacità frenante del gruppo freno determinata da carente manutenzione (infiltrazione di lubrificante, errata regolazione del freno per eccessiva usura)".
La causa prossima dell'evento dannoso, quale individuata dal C.T.U., è contestata nelle note difensive finali della convenuta, la quale afferma che nulla è stato provato circa la dinamica dell'infortunio e che la ripetizione del colpo è stata soltanto dedotta ma non confermata da alcun elemento oggettivo.
Sennonché, è pacifico che il ricorrente ebbe ad infortunarsi lavorando alla pressa (lo stesso sig. B., legale rappresentante della società convenuta, dopo aver in un primo momento riferito tutt'altre modalità di verificazione del sinistro, ne diede atto agli ispettori dello Spisal - cfr. pagg. 2 e 3 della relazione prodotta come doc. n. 9 del fascicolo attoreo -), ed altrettanto pacifico è che la macchina era all'epoca munita di comando a doppio pulsante: escluso, pertanto, che la discesa della punzone sia dipeso da un azionamento accidentale del comando da parte dell'operatore, la sola spiegazione possibile dell'accaduto è quella di un malfunzionamento della pressa e, segnatamente, del dispositivo antiripetitore del colpo di cui la macchina era ugualmente dotata; questa, del resto, fu l'ipotesi a suo tempo avanzata dagli ispettori dello Spisal, anche se essi non seppero individuarne le cause e ritennero anzi quel malfunzionamento incompatibile con le caratteristiche costruttive della pressa.
In realtà, la possibilità di un malfunzionamento del dispositivo antiripetitore del colpo era evento tutt'altro che imprevedibile, tant'è vero che la ditta costruttrice indicava, nel manuale d'uso e manutenzione, una serie di interventi manutentivi da porre in essere al fine di scongiurarne il rischio (cfr. l'allegato 5 alla relazione di consulenza). Evidenziano inoltre il C.T.U. ed il consulente de Beta che i sensori di prossimità di tipo induttivo, montati sulla pressa in questione, "non sono più accettati come dispositivi correlati alla sicurezza sulle presse operanti a colpo singolo fin dal settembre 1997", data in cui venne recepita in Italia la norma UNI EN 692, osservando giustamente che tale norma, non ancora nota e recepita nel 1994, anno di costruzione della pressa, lo divenne invece in data anteriore all'infortunio de quo, con conseguente obbligo del datore di lavoro di provvedere all'adeguamento del macchinario.
In definitiva, risulta provato l'evento dannoso, la nocività dell'ambiente di lavoro ed il nesso di causalità tra l'uno e l'altra, sì che spettava al datore di lavoro dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno (cfr., fra le tante, Cass., 3 aprile 1998, n. 3234 e Cass., 29 dicembre 1998, n. 12863): la convenuta non è però riuscita a dimostrare di aver compiuto i necessari interventi manutentivi sulla pressa (il teste Z.S., da essa introdotto, nulla ha saputo riferire al riguardo), e dalla C.T.U. esperita risulta anzi il contrario (a pag. 11 della relazione il consulente riferisce di aver "richiesto esplicitamente "l'esistenza di documentazione comprovante la manutenzione ed i controlli periodici previsti dal manuale del costruttore, ma il titolare della convenuta ha dichiarato che sulla macchina viene eseguita la normale procedura relativamente alla lubrificazione della stessa e che non esiste alcun registro relativo ai controlli della funzionalità della stessa").
Delle caratteristiche ed entità delle lesioni:
II C.T.U., dott.ssa M.L.S., ha accertato che il Tizio ebbe a riportare, in conseguenza dell'infortunio de quo, "ferite alla mano sx con fratture esposte di F3 del III-IV e V dito" che portarono ad una subamputazione delle medesime dita, valutando nella misura del 10-11% il danno biologico permanente, ed in complessivi 90 giorni il danno biologico temporaneo (totale per 5 giorni, parziale al 75% per 30 giorni, parziale al 50% per 25 giorni, e parziale al 25% per i restanti 30 giorni).
Dei danni risarcibili
Rileva innanzi tutto il danno biologico, e cioè la menomazione dell'integrità psicofisica della persona incidente direttamente sul "valore uomo".
Premesso che nella specie viene in considerazione il sistema dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ante riforma del 2000, va ricordato come, con sentenze nn. 87, 356 e 485 del 1991 la Corte Costituzionale ha affermato che:
- il carattere primario ed assoluto del bene alla salute importa che la menomazione dell'integrità psicofisica del soggetto offeso costituisce danno risarcibile di per se stesso, ed il principio costituzionale della sua integrale e non limitabile risarcibilità determina l'impossibilità di reputare esauriente sia una tutela limitata alle perdite e riduzione di reddito conseguenti alla menomazione, sia una tutela che prenda in considerazione soltanto quanto riguarda l'attitudine a svolgere attività produttiva di reddito;
- la copertura assicurativa prevista dal (previgente) sistema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, pur non avendo esclusivamente ad oggetto il danno patrimoniale in senso stretto, poiché la prestazione INAIL spetta a prescindere da un'effettiva perdita o riduzione di reddito, non riguarda(va) tuttavia il danno biologico di per se stesso e nella sua integralità, posto che le indennità previste dal D.p.r. n. 1124/65 sono (erano) collegate e commisurate ai soli riflessi che la menomazione ha sull'attitudine al lavoro dell'assicurato, mentre nessun rilievo assumono (assumevano) gli svantaggi, le privazioni e gli ostacoli che la menomazione comporta con riferimento agli altri ambiti ed agli altri modi in cui il soggetto svolge la sua personalità;
- l'azione intesa al risarcimento del danno biologico, proprio perché quest'ultimo non forma(va) oggetto della copertura assicurativa per la parte non riducibile a perdita o riduzione della capacità lavorativa, non è (era) soggetta all'applicazione della speciale disciplina dettata dall'art. 10 del D.p.r. n. 1124/65, con la conseguenza che, indipendentemente dall'esistenza o meno di un reato, ad essa non può (poteva) essere opposto nè l'esonero della responsabilità civile previsto in favore del datore di lavoro, nè la limitazione del risarcimento alla parte di danno eccedente le indennità liquidate ai sensi degli artt. 66 e segg. del D.p.r. citato.
Nella specie, si è visto, il danno permanente all'integrità psicofìsica del ricorrente è stato valutato dalla dott.ssa S. in misura pari al 10-11%. Alla stregua delle tabelle per il Triveneto rivalutate al 2003, tenendo conto dell'età del ricorrente al momento dell'infortunio, si ha un valore del punto pari a € 1.774,94, da maggiorarsi nella misura del 20% in considerazione del maggior affaticamento e del ricorso alle energie lavorative di riserva (cfr. pag. 6 della relazione). Ne deriva una quantificazione del danno biologico permanente in misura pari a € 23.482,83 (€ 2.236,46 per 10.5%). Il danno biologico temporaneo può invece essere liquidato nella complessiva somma di € 1.665,81 (di cui € 175,35 per i primi 5 giorni, € 789,07 per 30 giorni, € 438,37 per 25 giorni ed € 263,02 per i restanti 30 giorni).
Il primo di questi importi corrisponde peraltro al complessivo danno biologico sofferto dal Tizio, e va pertanto decurtato della parte, rientrante nella copertura assicurativa INAIL (il ricorrente è stato riconosciuto dall'Istituto invalido nella misura del 13% - cfr. pag. 3 della relazione -), riconducibile a perdita o riduzione della capacità lavorativa generica.
La decurtazione in parola appare, ad avviso della scrivente, soluzione conforme alle indicazioni emergenti dalle citate sentenze della Consulta ed idonea inoltre a realizzare un equo contemperamento degli interessi in conflitto.
Il problema attuale è, infatti, diverso e contrario a quello che si poneva prima dell'intervento della Corte Costituzionale: allora si trattava di evitare che, a causa delle modalità di esercizio dell'azione di regresso o surroga da parte dell'INAIL, l'assicurato rimanesse "espropriato" del diritto al risarcimento del danno alla salute; oggi il rischio è invece quello che si verifichi una locupletazione a favore del lavoratore.
Nè, a scongiurare tale pericolo, appare sufficiente affermare la reciproca estraneità delle due forme di ristoro, in quanto riferite a titoli diversi (il danno alla salute da un lato, e la capacità di produrre reddito dall'altro).
Ed invero, dal momento che le prestazioni dell'assicuratore sociale vengono erogate anche quando (come di frequente avviene) il lavoratore non ha subito alcuna perdita o riduzione di guadagno, non può omettersi di considerare che le due forme di ristoro vengono in concreto ad avere il medesimo ambito di riferimento. Si tratta, del resto, di preoccupazione presente nella giurisprudenza di legittimità, allorquando si afferma che, al fine di evitare che il risarcimento del danno si traduca in un arricchimento senza causa, il giudice deve valutare tutte le peculiarità del caso concreto e considerare che il danno patrimoniale e quello alla salute, pur se ontologicamente diversi, costituiscono entrambi proiezione negativa di un medesimo evento, sì che le liquidazioni dei due danni, pur se distinte, devono essere tenute presenti contemporaneamente in modo che la liquidazione complessiva corrisponda al danno nella sua globalità (cfr. Cass., 19 aprile 1996, n. 3727; Cass, 14 marzo 1995, n. 2932; Cass., 19 marzo 1993, n. 3260).
Ciò posto, considerata la natura della menomazione riportata dal ricorrente, pare equo imputare il danno biologico complessivo in pari misura alla capacità lavorativa generica ed agli altri aspetti della sua personalità.
Diverso discorso va invece fatto con riguardo all'invalidità temporanea: ciò in quanto l'indennità giornaliera corrisposta dall'INAIL appare volta a compensare, in via forfetaria, il danno derivante al lavoratore dalla perdita della retribuzione per il periodo di mancata prestazione dell'attività lavorativa a causa dell'infortunio.
Al ricorrente vanno pertanto riconosciute le somme di € 11.741,41 per il danno biologico permanente cd. puro e di € 1.665,81 per il danno biologico temporaneo.
Il danno morale, parimenti estraneo alla copertura assicurativa con conseguente non assoggettabilità della relativa azione risarcitoria alla speciale disciplina di cui all'art. 10 del D.p.r. n. 1124/65 (cfr. Cass., 20 giugno 1992, n. 7577) può essere equitativamente determinato in misura pari al 40% del danno biologico complessivo e, quindi, nella somma di € 10.059,45.
Non risultano infine spese mediche, presenti o future, ne un'incidenza delle menomazioni sulla capacità lavorativa specifica del ricorrente (v. pag. 6 e 7 della relazione di consulenza).
Le somme riconosciute in favore del ricorrente vanno infine devalutate dal 31-12-2003 al giorno dell'infortunio, e quindi annualmente rivalutate, con applicazione degli indici di cui all'art. 150 disp. att. c.p.c., ed aumentate degli interessi legali sulla somma annualmente rivalutata sino al giorno del saldo effettivo.
< b> Della domanda di manleva
La compagnia di assicurazione ha eccepito la franchigia dell'11% prevista in polizza e l'estinzione per prescrizione del diritto di manleva della ALFA.
Effettivamente, ai sensi della clausola 19.2, la garanzia riguarda i danni "cagionati ai prestatori di lavoro di cui al precedente punto 1) per morte o per lesioni personali dalle quali sia derivata una invalidità permanente non inferiore all'11% calcolato sulla base delle tabelle di cui agli allegati al D.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124", ma, come in precedenza osservato, tale grado di invalidità è stato nella specie superato.
Quanto all'eccezione di prescrizione, con ordinanza in data 24-11-2003 si è già osservato che la sospensione del termine di cui all'art. 2952, comma 4°, c.c. si verifica con la comunicazione all'assicuratore della richiesta di risarcimento proposta dal danneggiato, la quale è efficace anche se proveniente dallo stesso danneggiato ovvero da un terzo, e che, una volta avvenuta detta comunicazione, il termine prescrizionale rimane sospeso sino a quando il credito non sia divenuto liquido ed esigibile (cfr. Cass., 2 agosto 2001, n. 10598; Cass., 23 novembre 2000, n. 15149; Cass., 17 maggio 1997, n. 4426): nella specie, pertanto, da un lato, la richiesta di risarcimento del danno avanzata dal legale del ricorrente con missiva in data 22-7-1998, in quanto indirizzata sia alla ALFA che alla compagnia di assicurazione (cfr. doc. n. 3 del fascicolo attoreo), era idonea a sospendere il termine prescrizionale, e, dall'altro, nessuna ulteriore comunicazione si rendeva necessaria in relazione alla successiva impugnazione della dichiarazione liberatoria rilasciata dal ricorrente; tardiva è infine la contestazione della difesa della terza chiamata dell'avvenuta ricezione della citata missiva del 22-7-1998, perché formulata, non in memoria di costituzione - ove Beta si era limitata ad eccepire la mancata denuncia del sinistro entro l'anno dalla ricezione dell'impugnativa della dichiarazione liberatoria -, ma soltanto all'udienza dell'11-12-2003 (e la contestazione inammissibile della spedizione della missiva comporta, come la mancata contestazione, che il giudice non possa pretendere la prova della spedizione, ne dedurre dalla erroneamente ritenuta inesistenza del fatto presupposto, ossia la spedizione, anche l'inesistenza di un fatto eventualmente conseguente, e cioè la ricezione del plico - cfr. Cass., 8 luglio 2004, n. 12583 -).Per l'effetto, Beta deve essere condannata a tenere indenne la società convenuta da tutto quanto la stessa è tenuta a pagare per effetto della resente sentenza.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.


Sentenza esecutiva per legge.

P.Q.M.



Visti gli artt. 429 e segg. c.p.c.


Il Giudice del Lavoro di Bassano del Grappa, definitivamente decidendo:
Accerta la responsabilità della ditta convenuta ALFA S.n.c. in ordine all'infortunio occorso al ricorrente Tizio in data 3-7-1998 e, per l'effetto, condanna la ditta convenuta, nella persona del suo legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore del ricorrente, a titolo di risarcimento danni, della complessiva somma di € 23.466,67 (di cui € 11.741,41 per danno biologico permanente, € 1.665,81 per biologico temporaneo e € 10.059,45 per danno morale), che va devalutata dal 31-12-2003 al giorno dell'infortunio e quindi annualmente rivalutata con applicazione degli indici di cui all'ari 150 disp. att. c.p.c. e aumentata degli interessi legali sulla somma annualmente rivalutata sino al giorno del saldo effettivo.
Condanna la convenuta , come sopra rappresentata, alla rifusione delle spese processuali in favore della controparte, liquidate in complessivi € omissis, di cui € omissis per spese, € omissis per diritti di procuratore ed il residuo per onorari d'avvocato, oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A. su diritti ed onorari, nonché alla rifusione delle spese di C.T.U.
Condanna Beta Assicurazione S.p.A., nella persona del suo legale rappresentante pro tempore, a tenere indenne la convenuta ALFA S.n.c. da quanto la stessa è tenuta a pagare al ricorrente per effetto della seguente sentenza, nonché alla rifusione delle spese processuali dell'assicurata, che liquida in complessivi € omissis, di cui € omissis per spese, € omissis per diritti di procuratore ed il residuo per onorari, oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A. su diritti ed onorari.
Sentenza esecutiva.


Così deciso in Bassano del Grappa, addì 26-10-2004


Il Giudice Dott.ssa Monica Attanasio


Depositato in Cancelleria il omissis