LA REITERAZIONE DELLE MANSIONI SUPERIORI (31/10/2004)
Cassazione civile, sezione lavoro, 7 luglio 2004, n. 12534
“La reiterata assegnazione a mansioni superiori per periodi inferiori
singolarmente considerati, al termine previsto dall'art. 2103 c.c., ma
superiori per cumulo di più di esse, può rivelare l'intento del datore di
lavoro meramente elusivo della disposizione finalizzata alla c.d. promozione
automatica (Cass. S.U. 20 gennaio 1995, n. 01023, e, più recentemente, Cass.
13 marzo 2003, n. 03766, Cass. 15 marzo 2003, n. 03828), quando non sussista
contemporaneamente la prova, il cui onere è a carico dello stesso datore di
lavoro, di aver fatto ricorso a tali modalità nella gestione delle
assegnazioni provvisorie per assicurare la vacanza del posto da coprire
obbligatoriamente per il tramite della procedura concorsuale o selettiva, e
per il periodo necessario alla definizione di essa”
nota a cura dell’Avv. Rocchina Staiano-Dottore di ricerca Università di
Salerno
SEGUE TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Paolino DELL'ANNO - Presidente -
Dott. Michele DE LUCA - Consigliere -
Dott. Giovanni MAZZARELLA - Rel. Consigliere -
Dott. Guido VIDIRI - Consigliere
Dott. Aldo DE MATTEIS - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
POSTE ITALIANE s.p.a.
in persona del Presidente e legale rapp.te p.t., avv. prof. Enzo
Cardi, rapp.to e difeso dagli avv.ti proff. Luigi Fiorillo e Roberto
Pessi, presso il secondo dei quali elett.te domicilia in Roma, via
Po, n. 25/b, giusta procura speciale a margine del ricorso,
- ricorrente -
contro
C.F.
rapp.to e difeso dall'avv. Antonio P. Nichil, con il quale elett.te
domicilia in Roma, via L. Mantegazza, n. 24, presso il Cav. Luigi
Gardin, giusta procura speciale in calce al controricorso,
- controricorrente -
per l'annullamento della sentenza della Corte di Appello di Lecce, n.
00458/2002 depositata il 29 aprile 2002, RG. n. 01342/2001,
notificata il 25 maggio 2002.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28
aprile 2004 dal Relatore Cons. dott. Giovanni Mazzarella;
Udito l'avv. Giovanni Gentile, in virtù di delega dell'avv. prof.
Roberto Pessi, per la Poste Italiane s.p.a.;
Udito il P. M., in persona del Procuratore Generale dott. Umberto De
Augustinis, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
F.C., sulla premessa di aver svolto alle dipendenze della Poste Italiane
s.p.a. mansioni superiori riconducibili alla qualifica di quadro di 2°
livello in qualità di direttore reggente di agenzia su posto vacante per un
tempo complessivamente superiore a sei mesi nei periodi 13 novembre/27
dicembre 1994, e 27 dicembre 1994/19 giugno 1995, con la interruzione
ricadente tra i detti periodi al solo scopo di impedire la promozione
automatica, chiedeva il riconoscimento della citata qualifica in luogo di
quella di 5° livello retributivo e funzionale ufficialmente ricoperta, con
decorrenza 13 novembre 1994 ovvero da quella di maturazione del diritto.
Costituitosi il contraddittorio con contestazione della domanda parte della
società, il giudice unico del Tribunale di Lecce rigettava la domanda
assumendo la insussistenza della prova delle mansioni superiori per sei
mesi, e comunque quella dell'intento fraudolento del comportamento
aziendale.
La Corte di Appello di Lecce, alla quale si era rivolto il ricorrente per la
impugnazione della sentenza, in accoglimento dell'appello dichiarava il
diritto del lavoratore all'inquadramento richiesto con decorrenza 19 giugno
1995, e condannava la società al pagamento delle differenze retributive,
oltre accessori e spese del doppio grado.
Osservava la Corte territoriale: il periodo di assegnazione a mansioni
superiori (nella specie sei mesi secondo la contrattazione applicabile,
trattandosi della qualifica di quadro) ai fini del definitivo diritto al
relativo inquadramento non doveva essere necessariamente continuativo ove
l'interruzione non dovesse essere stata determinata da esigenze collegate al
funzionamento dell'azienda; nel caso di specie, il posto occupato dal
lavoratore nei periodi indicati era vacante da tempo prima del 26 novembre
1994 ed occupato con personale diverso di 5° e 6° livello, fra i quali il
ricorrente, che aveva continuato anche successivamente; non vi era prova
certa dell'attivazione della procedura concorsuale, tenuto conto che la
difesa della società non aveva fatto alcun riferimento ad una tal procedura
in corso delle sostituzioni espletate dal lavoratore.
Ricorre per cassazione la Poste Italiane s.p.a. affidandosi a due motivi di
censura, illustrati anche da successiva memoria.
C.F. si è costituito con controricorso.
Diritto
Vanno preliminarmente esaminati i due profili di inammissibilità del ricorso
eccepiti dalla controricorrente.
Si deduce, sotto un primo profilo, che il ricorso, per alcuni riferimenti
fattuali, appariva chiaramente formulato avverso altra, ancorché analoga,
sentenza; tanto valeva la inesistenza del ricorso avverso l'attuale
controricorrente.
Il profilo di censura va disatteso.
Nella intestazione del ricorso è corretta la indicazione della sentenza
impugnata, e quest'ultima, riguardante il Campa, è stata ritualmente
depositata; gli stessi elementi fattuali relativi ai denunziati periodi di
sostituzione, così come il petitum, sono quelli indicati nella sentenza
impugnata. Va da sé che erronee indicazioni, chiaramente addebitabili ai
moderni strumenti di lavoro (computers e mezzi fotostatici), non incidono
sulla individuazione dei temi del dibattere, e costituiscono meri refusi,
irrilevanti ai fini della corretta proposizione della impugnazione.
Sotto un secondo profilo si denunzia la medesima inammissibilità del ricorso
per non essere stati specificati gli errori di diritto, pur indicati in
titolazione, in cui eventualmente sarebbe incorso il giudice di appello né
"le motivazioni concrete a sostegno della tesi contrapposta sulla scorta
delle risultanze processuali specifiche del giudizio di merito".
Anche questo secondo profilo di inammissibilità del ricorso va disatteso.
Nella esposizione dei motivi, in realtà, e come meglio sarà precisato in
appresso, le violazioni a disposizioni legislative risultano già chiare agli
atti, e comunque, debbono ritenersi anche integrate dalla riportata
motivazione di precedenti giurisprudenziali pertinenti al caso in esame.
Con l'unico motivo di ricorso, la Poste Italiane s.p.a. denunzia violazione
e falsa applicazione dell'art. 2103 in tema di assegnazione temporanea a
mansioni superiori e promozione cd. "automatica", nonché omessa motivazione
su un punto decisivo della controversia, il tutto in relazione all'art. 360,
nn. 3 e 5, c.p.c..
Deduce, in sintesi, la società: il meccanismo concorsuale, peraltro iniziato
prima del compimento dei sei mesi riguardanti l'odierna domanda, accorda una
tutela ancora più pregnante della disposizione legale ex art. 2103 c.c.; né
la mancata invocazione di essa in primo grado era preclusiva della relativa
prospettazione difensiva in appello, tenuto conto che la obbligatorietà
della procedura era proprio prevista per paralizzare un eventuale intento
elusivo del datore di lavoro; la irrilevanza della mancata prova
sull'intento fraudolento era fondato su una asserita carenza di organico,
senza tuttavia spiegare da quale fonte la circostanza era stata desunta,
specie in presenza del fatto notorio della sostanziosa riorganizzazione in
corso all'epoca dei fatti per la intervenuta privatizzazione della intera
struttura nazionale.
Il ricorso va accolto.
E' certamente fondato il richiesto annullamento della sentenza per
violazione dell'art. 2103 c.c., nella interpretazione affidata a tale norma
nelle ipotesi di decorrenza del tempo (nella specie sei mesi per la
categoria quadro) necessario alla maturazione del diritto alla cd.
promozione automatica per l'espletamento in concreto da parte del lavoratore
delle mansioni superiori riconducibili all'inquadramento rivendicato.
Ben vero. Il principio, oggi consolidato, della giurisprudenza di
legittimità (Cass. S.U. 20 gennaio 1995, n. 01023, e, più recentemente,
Cass. 13 marzo 2003, n. 03766, Cass. 15 marzo 2003, n. 03828) è che la
reiterata assegnazione a mansioni superiori per periodi non superiori,
singolarmente considerati, al termine previsto dall'art. 2103 c.c., ma
superiori per cumulo di più di esse, può rilevare l'intento solo e meramente
elusivo del datore di lavoro della disposizione finalizzata alla cd.
promozione automatica, quando non sussista contemporaneamente la prova, a
suo carico, di aver fatto ricorso a tali modalità nella gestione delle
assegnazioni provvisorie per assicurare la vacanza del posto da coprire
obbligatoriamente per il tramite di procedura concorsuale o selettiva, e per
il periodo necessario alla definizione di essa. Tale principio, dal quale il
Collegio ancora una volta non ritiene di discostarsi, ha il pregio di
coniugare la nota ratio della disposizione codicistica del rispetto della
legittima aspettativa del lavoratore assegnato a mansioni superiori, e
quindi di evitare l'abusivo sfruttamento della professionalità acquisita dal
lavoratore, con quella dell'altrettanto legittima aspettativa dell'avente
diritto al posto vacante al termine della procedura. In tal senso, la norma
così interpretata, in quanto priva di ogni discrezione il datore di lavoro,
assume la valenza di massima tutela dei diritti dei dipendenti alla
progressione di carriera secondo i termini voluti e stabiliti in sede di
contrattazione collettiva.
Va premesso, ancora, che il dipendente, per il semplice fatto di invocare il
superiore inquadramento nella categoria Q 2 con passaggio di area da quella
operativa a quella quadri, sottintende la intenzione di riferirsi alla nuova
organizzazione della struttura aziendale recepita con il contratto
collettivo nazionale di lavoro del 1994, cui ha fatto seguito in sede di
applicazione dello strumento contrattuale, una serie di accordi collettivi e
di conseguenti circolari, rispettivamente negoziati con le organizzazioni
sindacali e via via emanate sulle modalità di esecuzione del dato
contrattuale.
Orbene, la sentenza impugnata, a fronte di specifici riferimenti di parte
convenuta alla trasformazione in atto nell'ambito della generale
organizzazione della società, si pronuncia nel senso della illegittimità
della gestione delle invocate assegnazioni, considerandole tout court
elusive del dato normativo invocato, senza la necessaria indagine sulle
circostanze dedotte da parte convenuta, e ribadendo contemporaneamente, in
termini decisamente superflui e immotivati, un accertata carenza in organico
di personale da utilizzare nell'area quadri. Non si è inteso, più
specificamente, confrontare - eventualmente anche con ricorso all'esercizio
dei poteri di ufficio su circostanze decisive ai fini della fondatezza della
domanda - le modalità delle assegnazioni del dipendente alle funzioni
superiori con le deduzioni della società sul particolare frangente
attraversato dall'azienda a seguito della (inevitabile) ristrutturazione
dell'organizzazione aziendale, a seguito della trasformazione dell'Ente in
società per azioni, con riferimento alle graduali esecuzioni del dato
contrattuale in corso di trattative con le organizzazioni sindacali.
Tanto è chiaramente indicativo della fondatezza della censura sulla
insufficienza della parte argomentativa della sentenza nell'applicazione
della norma codicistica al caso concreto nel rispetto dei termini
interpretativi di essa sopra affermati.
Il ricorso, pertanto, è fondato e va accolto, la sentenza va cassata e la
causa rimessa ad altro giudice di merito, che si designa nella Corte di
Appello di Bari, per nuove indagini e relativi accertamenti alla luce delle
precedenti osservazioni.
Il giudice di rinvio provvederà anche, ai sensi dell'art. 385, terzo comma,
c.p.c., al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche
per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte dl Appello di Bari.
Così deciso in Roma il 28 aprile 2004.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 7 LUG. 2004