Se manca la prospettazione di un pregiudizio concretamente irrimediabile e irreparabile
Il lavoratore può essere trasferito malgrado il suo disagio PAGINA PRECEDENTE
(Tribunale di Roma sez lavoro 26.8.2002)
   
   
Il disagio legato al trasferimento da una città dove si è sempre vissuti e la necessità di una terapia non sono in grado di sospendere il trasferimento di un lavoratore. Lo ha stabilito un’ordinanza della sezione lavoro del Tribunale di Roma depositata il 26 agosto 2002. La vicenda trae origine dal provvedimento aziendale di trasferimento di una lavoratrice da Roma a Mondovì che quest’ultima ha impugnato in via d’urgenza sostenendone l’illegittimità. La lavoratrice ha inteso ottenere, in prima battuta, la sospensione del trasferimento in attesa della sentenza definitiva sul merito della questione che, invece, presuppone una valutazione approfondita delle contrapposte ragioni e richiede, quindi, dei tempi processuali molto più lunghi. Il Collegio in funzione di Giudice del reclamo ha sovvertito la decisione emessa in prima istanza (favorevole alla ricorrente) adducendo l’insussistenza di un pregiudizio imminente e irreparabile. A fondamento della domanda cautelare la ricorrente aveva, infatti, prospettato la sussistenza di generiche pregiudizievoli conseguenze derivanti dalle condizioni di salute personali e familiari, non emendabili in termini economici in caso di successivo accoglimento del merito del ricorso. Così, la ricorrente aveva dedotto di essere residente a Roma fin dalla nascita in appartamento di proprietà, acquistato di recente, di occuparsi dei genitori entrambi residenti a Roma e di avere relazioni affettive e di amicizia stabilmente incardinate a Roma. Ma il Tribunale non è stato d’accordo: la prospettazione delle suddette circostanze non integra la sussistenza del requisito di legge per l’emissione del provvedimento invocato in quanto attiene a normali situazioni esistenziali tipiche ed afferenti ad ogni lavoratore stabilmente impiegato. I giudici hanno chiarito che nessuna delle circostanze dedotte dalla ricorrente è suscettibile di determinare un grave ed irreparabile pregiudizio nell’attesa della definizione del giudizio di merito, ma esclusivamente di creare una situazione di disagio organizzativo connessa ad ogni ipotesi di trasferimento. A niente è valso anche che la ricorrente abbia allegato una certificazione medica indicante uno stato patologico determinante la necessità di cure periodiche, senza, peraltro, specificare la tipologia e la durata delle terapie. Il Tribunale non ha tratto da ciò alcun elemento a sostegno della giustificazione del dedotto pericolo di un danno grave e soprattutto irreparabile, non essendo dimostrato che la ricorrente doveva necessariamente effettuare la terapia in Roma e nell’immediatezza. (30 agosto 2002)  


Tribunale di Roma, Sezione Lavoro – ordinanza ex art. 669 terdecies c.p.c. dep.in data 26.8.2002

 

 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Roma – sezione lavoro composto da: Cortesani Dott. Domenico – Presidente; Orrù Dott.ssa Tiziana – Giudice relatore; Ciardi Dott.ssa Giovanna – Giudice, letti gli atti e i documenti di causa, a scioglimento della riserva espressa all’udienza del 22.8.2002 ha pronunciato la seguente ordinanza ex art. 669 terdecies c.p.c. [1] nella causa iscritta al n.57841/2002 e promossa da G. C. S.p.A. contro F.I. per l’integrale riforma dell’ordinanza emessa in data 15-16 luglio 2002 dal Giudice Unico del Tribunale di Roma, in funzione di Giudice del Lavoro, con la quale in accoglimento del ricorso ex art.700 c.p.c. [2] presentato ante causam, è stata disposta la sospensione del provvedimento di trasferimento della ricorrente presso la sede di Mondovì.

Preliminarmente ed in conformità a quanto già ritenuto nell’ordinanza impugnata deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità della domanda cautelare per mancata indicazione della causa di merito.

Sul punto l’ordinanza impugnata risulta sufficientemente e congruamente motivata.

In particolare deve essere confermato il ragionamento effettuato dal giudice di prime cure, affatto contraddittorio, al contrario di quanto sostenuto dalla parte reclamante, secondo il quale le conclusioni del ricorso con le quali viene richiesto di sospendere l’efficacia del disposto trasferimento e di reintegrare la lavoratrice nella sede di Roma, escludono qualsiasi incertezza sulla azione che la ricorrente intende espletare avverso il trasferimento che assume illegittimo.

Del tutto irrilevante è la circostanza che nel ricorso sia stata esplicitata la richiesta di risarcimento del danno come petitum principale della causa di merito, in quanto, come detto, dal contesto del ricorso emerge chiaramente la volontà di accertare l’illegittimità del trasferimento subito, sia ai fini della reintegra nel posto di lavoro precedentemente occupato, sia ai fini risarcitori del pregiudizio subito a causa della perdita di professionalità ed a causa dei danni fisici e psichici conseguenti all’illegittimo trasferimento.

Nel merito il reclamo è fondato.

Osserva il collegio che il ricorso proposto ai sensi dell’art. 700 c.p.c. può essere accolto in quanto sia suffragato da specifiche, dettagliate e dimostrate ragioni di urgenza, diverse ed ulteriori rispetto a quelle rappresentate dalla natura della causa, che giustifichino l’utilizzazione della misura cautelare, ragioni che nel caso di specie non sono neppure dedotte.

A fondamento della domanda cautelare la ricorrente ha, infatti, prospettato la sussistenza di generiche pregiudizievoli conseguenze derivanti dalle condizioni di salute personali e familiari, non emendabili in termini economici in caso di successivo accoglimento del merito del ricorso.

In merito occorre osservare che le circostanze allegate dalla ricorrente a giustificazione dell’esistenza di un grave pregiudizio, non possono ritenersi sufficienti ad integrare il requisito del periculum in mora mancando integralmente la prospettazione di un pregiudizio concretamente irrimediabile ed irreparabile.

La ricorrente, infatti, ha giustificato il ricorso alla procedura d’urgenza deducendo di essere residente a Roma fin dalla nascita in appartamento di proprietà, acquistato di recente, di occuparsi dei genitori entrambi residenti a Roma e di avere relazioni affettive e di amicizia stabilmente incardinate a Roma.

La prospettazione delle suddette circostanze non integra sicuramente la sussistenza di un periculum in mora in quanto attiene a normali situazioni esistenziali tipiche ed afferenti ad ogni lavoratore stabilmente impiegato.

In sostanza nessuna delle circostanze dedotte dalla ricorrente è suscettibile di determinare un grave ed irreparabile pregiudizio nell’attesa della definizione del giudizio di merito, ma esclusivamente di creare una situazione di disagio organizzativo connessa ad ogni ipotesi di trasferimento.

La ricorrente ha, altresì, allegato certificazione medica indicante uno stato patologico determinante la necessità di cure periodiche, senza, peraltro, specificare la tipologia e la durata delle suddette terapie, di tal ché, nessun elemento può trarsi a sostegno della giustificazione del dedotto pericolo di un danno grave e soprattutto irreparabile, non essendo dimostrato che la ricorrente debba necessariamente effettuare la terapia in Roma e nell’immediatezza.

La insussistenza del periculum in mora esclude la necessità di ogni valutazione in merito alla presenza di un fumus circa la fondatezza del diritto prospettato dalla ricorrente.

Sussistono giustificati motivi per compensare interamente tra le parti le spese di entrambe le fasi del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale, visto l’art.669 terdecies c.p.c., accoglie il reclamo, così revocando l’ordinanza in data 16.7.2002 del Tribunale di Roma.

Spese di lite interamente compensate.

Così deciso in Roma il 22.8.2002 Il Presidente

Depositato in Cancelleria in data 26 agosto 2002

 
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