Cassazione
Sezione prima civile
Sentenza 13 gennaio 2005, n. 519
(Presidente Saggio – Relatore Genovese - Pm Martone –
conforme – ricorrente Prefetto della Provincia di Bari- controricorrente
Eurojapan Srl)
Svolgimento del processo
1. La società Eurojapan Srl proponeva opposizione all’ordinanza ingiunzione
con la quale il Prefetto di Bari aveva respinto il suo ricorso (relativo a
contestazione della Polizia Municipale di Adelfia con la quale si accertava la
violazione dell’articolo 146, comma 3, del codice della strada).
Il Giudice di Pace di Casamassima, con la sentenza impugnata in questa sede,
accoglieva il ricorso, sostenendo che il provvedimento prefettizio, privo di
riferimenti alle doglianze prospettate nel ricorso amministrativo, adottato con
modulo prestampato uniforme e senza alcun riferimento al caso esaminato, sarebbe
viziato per violazione di legge (articoli 204 Cds E 18, comma 2, legge 689/81).
2. Contro la detta sentenza la Prefettura di Bari ha proposto ricorso per
Cassazione, affidato ad un unico motivo. La società Eurojapan Srl non ha
presentato difese.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso (con il quale lamenta la violazione e falsa
applicazione degli articoli 204 e 205 Cds, 18 legge 689/1981, 241/90, 285/92, in
relazione all’articolo 360, comma1, nn. 3 e 5 Cpc) la Prefettura di Bari deduce
che erroneamente il Giudice avrebbe accolto l’opposizione, in base alla mancata
motivazione dell’ordinanza‑ingiunzione. Infatti, secondo il pacifico
orientamento della Corte di cassazione, sarebbe pienamente legittima l’ordinanza
motivata per relationen a quegli atti del procedimento che, sebbene non
notificati unitamente all’ordinanza stessa, l’interessato avrebbe potuto
richiedere in copia.
2, Il motivo, che è infondato, comporta la reiezione del ricorso.
2.1. Il tema posto all’attenzione della Corte riguarda l’estensione dei doveri
dell’autorità amministrativa che sia stata chiamata a decidere il ricorso
avverso il verbale di violazione stradale e, in particolare, i contenuti che
deve avere l’ordinanza‑ingiunzione con la quale s’intenda respingere il ricorso
proposto in via amministrativa per la violazione delle norme del codice
stradale.
La sentenza del giudice di pace, oggetto di impugnazione in questa sede, ha
accolto il ricorso proposto in prime cure, sia perché il provvedimento
prefettizio sarebbe stato privo di riferimenti alle doglianze prospettate nel
ricorso amministrativo, sia perché sarebbe stato adottato con un modulo
prestampato uniforme, privo di un qualunque riferimento al caso esaminato (fatto
integrante il vizio di violazione di legge).
2.2. La decisione del GdP non è condivisibile (e la motivazione che essa
contiene va, pertanto, corretta in parte qua) là dove censura
l’ordinanza‑ingiunzione mancante della risposta alle doglianze del
contravventore ricorrente. Questa Corte, infatti, ha più volte affermato
(Cassazione, sentenze nn. 5884 del 1997 e 8520 del 2001) il principio, dal quale
questo Collegio non intende discostarsi, in base al quale, «nel procedimento di
opposizione a sanzione amministrativa pecuniaria, nel quale il sindacato del
giudice si estende alla validità sostanziale del provvedimento, attraverso un
autonomo esame della ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto
dell’infrazione, non hanno rilievo i vizi di motivazione dell’ordinanza ‑
ingiunzione».
La sentenza di merito è, invece, corretta nella parte residua della motivazione,
là dove ha annullato, per violazione di legge, l'ordinanza‑ingiunzione che ha
respinto il ricorso senza una neanche minima, motivazione riguardante la
concreta esistenza dei presupposti della violazione amministrativa, ossia dei
fondamenti del rapporto punitivo amministrativo.
A tal proposito questa Corte ha avuto modo di affermare (nella sentenza 391/99)
che «ove l’interessato si sia avvalso della facoltà di proporre il ricorso al
Prefetto ex articoli 203 e 204 del Cds, l’ordinanza ingiunzione,
implicandone il rigetto, deve essere a pena di illegittimità, motivata, sia pure
succintamente, sia in relazione alla sussistenza della violazione, sia in
relazione alla infondatezza dei motivi allegati con il ricorso». ciò, in quanto,
con riferimento alle violazioni attinenti alla circolazione stradale, gli
articoli 203 e 204 del Cds attribuiscono, a colui a cui sia stata contestata la
trasgressione, la facoltà di proporre ricorso al Prefetto, imponendo a tale
organo della PA l’emissione, entro un termine predeterminato, dell’ordinanza
«motivata» relativa alla eventuale ingiunzione dì pagamento della sanzione
irrogata. La ratio di tale normativa, secondo la cennata sentenza è
«quella di risolvere, per quanto possibile, dette controversie in sede
amministrativa, deflazionando l’accesso alla giurisdizione, scopo che resterebbe
frustrato ove si negasse ogni rilievo alla mancata motivazione sulle doglianze
fatte valere in tale sede, in difformità dall’esplicito dettato normativo e,
comunque, dal principio generale secondo il quale la violazione delle norme
procedimentali attinenti alla formazione degli atti amministrativi ne determina
la illegittimità».
Tale finalità deflattiva, indubbiamente presente nel corpo normativo sulle
sanzioni amministrative (per violazioni stradali e non), dev’essere intesa
cum grano salis, e cioè in riferimento alla complessità dei compiti propri
dell’ organizzazione pubblica ed alla mole, davvero notevole, dì tale
precontenzioso.
La ratio di tale normativa è, infatti, quella di risolvere, per quanto
possibile, dette controversie in sede amministrativa, evitando – nell’interesse
pubblico e dei soggetti direttamente interessati l’instaurazione di processi di
opposizione, lunghi e costosi, secondo quanto - e nei limiti in cui - è
consentito dalla Costituzione. Ma tale scopo resterebbe del tutto frustrato ove,
negandosi ogni rilievo alla mancata motivazione sulla sussistenza della
violazione, sostanzialmente si esonerasse da tale impegno ‑ in difformità
dell’esplicito dettato normativo ‑ l’organo che ha l’obbligo di compiere tale
verifica, anche servendosi (a mò di ausilio e di sollecitazione dei suoi poteri
ufficiosi) delle doglianze svolte nel ricorso amministrativo. Queste hanno anche
il compito di rappresentare all’Amministrazione le difese che l’interessato
potrà svolgere in sede giurisdizionale e a valutarle, in sede amministrativa,
per evitare liti lunghe e rischiose per gli stessi interessi pubblici (una
probabile soccombenza giudiziale, alla luce degli orientamenti della
giurisprudenza).
L’esame demandato all’Autorità pubblica non impone, in tale ambito, una risposta
analitica e diffusa alle doglianze del ricorrente, né una loro confutazione
puntuale, ma solo una loro effettiva considerazione, da compiere soprattutto
nell’interesse della PA, eventualmente (ma non necessariamente) esplicitata
nella motivazione del provvedimento che respinge il ricorso.
Proprio perché il sindacato dei giudice si estende alla validità sostanziale del
provvedimento. attraverso un autonomo esame della ricorrenza dei presupposti di
fatto e di diritto dell’infrazione, la motivazione dell’ordinanza‑ingiunzione
costituisce la prova dell’avvenuta considerazione in ordine alla sussistenza dei
presupposti della singola violazione amministrativa, altrimenti mancante ove
l’ordinanza si limitasse a richiamare (come nella specie), con l’uso di un
modulo “standard”, solo gli estremi del verbale o, peggio, mancante anche di
quelli.
In tal caso, infatti la motivazione sarebbe meramente fittizia e nasconderebbe
solo un apparente esame del caso controverso, equivalente al suo mancato
compimento nei termini previsti dalla legge.
Insomma, il principio secondo il quale nel procedimento di opposizione a
sanzione amministrativa il sindacato del giudice si estende alla validità
sostanziale del provvedimento irrogativo dì essa, attraverso un autonomo esame
della ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto dell’infrazione, non
esclude affatto che in tale procedimento possano farsi valere anche i vizi del
procedimento irrogativo della sanzione. Tra essi, ove sia stato proposto il
ricorso previsto dall’articolo 203 del Cds, deve annoverarsi anche quello
relativo alla carenza assoluta di motivazione, in quanto dimostrativa del
mancato esame del caso controverso sottoposto all’autorità pubblica, poiché ‑
entro questi limiti ‑ l’obbligo dì motivazione è previsto dalla legge come
condizione di legittimità dell’atto irrogativo della sanzione amministrativa. Di
conseguenza, in mancanza di tale dimostrazione scritta, il giudice
dell’opposizione, che non trovi il riscontro dell’esame (obbligatorio) dei
presupposti del rapporto sanzionatorio, da parte dell’autorità amministrativa
preposta a tale controllo, deve annullare detto provvedimento per violazione di
legge.
Nella specie, avendo il GdP, con accertamento di fatto incensurabile in questa
sede, rilevato la sostanziale mancanza di motivazione dell’ordinanza impugnata,
in relazione all’uso di un modulo prestampato e privo di riferimenti sostanziali
al caso esaminato, deve ritenersi che egli ha fatto esatta applicazione dei
principi sopra enunciati, con la conseguenza che il ricorso, per tale assorbente
ragione, va rigettato.
3. Nei fatti sopra narrati si ravvisano ragioni sufficienti per compensare le
spese giudiziali di questa fase.
PQM
rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Roma il 7 dicembre 2004.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 13 gennaio 2005.