LA PENSIONE
DI INVALIDITA’ PUO’ ESSERE CONVERTITA IN PENSIONE DI VECCHIAIA –
Nel nostro ordinamento non esiste un principio generale di immutabilità del
titolo della prestazione pensionistica (Cassazione Sezioni Unite Civili n.
8433 del 4 maggio 2004, Pres. Corona, Rel. Miani Canevari).
Maria P. titolare di pensione di invalidità dal
1977 ha maturato, nel novembre del 1998, i requisiti per la pensione di
vecchiaia, di importo superiore a quello della pensione di invalidità. Ella ha
chiesto all’INPS di sostituire la pensione di vecchiaia a quella di
invalidità. L’INPS ha respinto la domanda, sostenendo l’immutabilità del
titolo della pensione. Ne è seguito un giudizio davanti al Tribunale di
Alessandria che ha dichiarato il diritto di Maria P. alla trasformazione della
pensione ed ha condannato l’INPS al pagamento delle differenze maturate con
effetto dal novembre 1998. Questa decisione è stata confermata dalla Corte di
Appello di Torino che ha ritenuto operante nell’ordinamento previdenziale il
principio della mutabilità del titolo della pensione, desumibile dall’art. 1,
comma 10, della legge 12 giugno 1984 n. 222. L’INPS ha proposto ricorso per
cassazione censurando la sentenza della Corte di Appello di Torino, per
violazione di legge. Il ricorso è stato assegnato alle Sezioni Unite, Civili
perché nell’ambito della Sezione Lavoro della Suprema Corte si era determinato
un contrasto di giurisprudenza; alcune decisioni avevano escluso la
possibilità della conversione della pensione di invalidità in pensione di
vecchiaia; altre, più recenti, l’avevano ammessa. Le Sezioni Unite (sentenza
n. 8433 del 4 maggio 2004, Pres. Corona, Rel. Miani Canevari) hanno rigettato
il ricorso, in quanto, ritenendo valido il secondo orientamento, hanno escluso
l’esistenza, nel vigente ordinamento di un principio generale di immutabilità
del titolo della prestazione pensionistica.
Nel sistema previdenziale – ha osservato la Corte – il
trattamento per l’invalidità e la pensione di vecchiaia risultano accomunati
nella previsione degli artt. 45 r.d.l. n. 1827/1935, 2 e 9 r.d.l. n. 636/1939
e, collegati, sul piano sistematico, dal rilievo della natura del rischio
protetto, che per entrambe riguarda la perdita della capacità di lavoro; ad
esso corrispondono – in relazione ad un’unica posizione assicurativa – le
esigenze sociali di protezione dallo stato di bisogno tipizzate nelle diverse
fattispecie pensionistiche, che in attuazione del medesimo precetto dell’art.
38 Cost. garantiscono il diritto dei lavoratori a mezzi adeguati alle loro
esigenze di vita per i casi di invalidità e vecchiaia.
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Il giudice può riconoscere il diritto del cittadino al rimborso del prezzo di
acquisto di un farmaco classificato come non essenziale dal servizio sanitario
– Se il provvedimento amministrativo di classificazione risulta viziato da
illegittimità – Il diritto alla somministrazione dei farmaci è
attribuito agli utenti del servizio sanitario nazionale dall’art. 8 della
legge n. 537 del 1993, commi 9 e ss., con la mediazione del provvedimento, a
carattere generale e conformativo – espressione di discrezionalità
amministrativa e non meramente tecnica, considerata la valutazione del
rapporto costi-benefici demandata all’amministrazione – dell’organo collegiale
del Ministero della sanità (poi della salute) denominato “Commissione unica
del farmaco”, competente alla formulazione del giudizio circa il carattere
essenziale di un farmaco o la sua significativa efficacia terapeutica. Ne
consegue l’inserimento del farmaco nelle classi a) o b), comportante,
rispettivamente, la somministrazione gratuita e il concorso dell’assistito
alla metà della spesa, ovvero nella classe c), comportante, in linea generale
e salva diversa previsione delle normative regionali, l’onere economico a
carico dell’assistito. Pertanto, il sistema delineato dalla legge è rispettoso
del disposto dell’art. 32 Cost., nella parte in cui, imponendo alla Repubblica
la tutela della salute anche garantendo cure gratuite agli indigenti,
contempla un diritto fondamentale condizionato, ai fini della determinazione
dei suoi contenuti, alle scelte del legislatore rispettose del nucleo
irriducibile del diritto alla salute. Il provvedimento amministrativo a
carattere generale emesso dalla Commissione Unica del farmaco può essere
disapplicato dal giudice ordinario, ai sensi dell’art. 5 L. 2248/1865, all. E,
a tutela del diritto soggettivo alla prestazione dedotto in giudizio, ove
risulti affetto da vizi di legittimità, restando preclusa alla giurisdizione
(ordinaria come amministrativa) la sostituzione delle valutazioni
dell’amministrazione mediante un sindacato non circoscritto alla legittimità.
Ne discende che l’errore tecnico, imputato alla Commissione unica del farmaco
nell’esercizio del potere di classificazione, può essere fatto valere
dall’interessato solo per il tramite di un vizio di legittimità dell’atto (per
il cui accertamento, con particolare riguardo all’accesso di potere sotto il
profilo dello sviamento di potere, ovvero sotto quello, sintomatico,
dell’esattezza materiale di fatti, o dell’errore manifesto di valutazione,
potrebbe rendersi indispensabile una consulenza tecnica), ma non direttamente,
domandando al giudice che, eventualmente a mezzo di consulenza tecnico, operi
un sindacato di merito di tipo sostitutivo del giudizio della C.u.f.
(Cassazione Sezione Lavoro n. 7912 del 26 aprile 2004, Pres. Senese, Rel.
Picone).
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Ai fini del risarcimento del danno da demansionamento il giudice deve
considerare la perdita di bagaglio professionale e le conseguenze negative
sulla vita di relazione – E ogni altra circostanza del caso concreto –
Ai fini del risarcimento del danno da demansionamento (nel caso di un
progettista destinato a mansioni di archivio) il giudice deve considerare
l’allegazione, da parte del lavoratore, della perdita di “bagaglio
professionale” e di specializzazione tecnica, nonché del pregiudizio morale e
psicologico derivante dalla relegazione in mansioni inferiori, incidente anche
sulla vita di relazione. Deve confermarsi in materia l’orientamento
giurisprudenziale espresso nelle sentenze della Suprema Corte n. 13580/2001 e
n. 13469/2002, secondo cui, in caso di accertato demansionamento professionale
del lavoratore in violazione dell’art. 2103 cod. civ., il giudice del merito
può desumere l’esistenza del relativo danno, determinandone anche l’entità in
via equitativa, con processo logico-giuridico attinente alla formazione della
prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla durata
della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto (Cassazione
Sezione Lavoro n. 8271 del 29 aprile 2004, Pres. Ianniruberto, Rel. Mazzarella).
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Cassazione: siringa in rapine e' un'arma - niente
sconti
Autore: Adnkronos
La siringa deve essere considerata una vera e propria 'arma'. Chi la
utilizza nel corso di una rapina, non avra' nessuna attenuante. Lo
stabilisce la Corte di Cassazione che ha confermato la condanna per tentata
rapina aggravata dall'uso di una siringa ad un extracomunitario, Senad N.,
che aveva tentato di rubare il portafogli ad un anziano. Invano l'immigrato
(era gia' stato condannato dalla Corte d'appello di Brescia) ha tentato di
alleggerire la condanna in Cassazione, sostenendo che la siringa non e'
un'arma. Per piazza Cavour, che ha respinto il ricorso, anche una siringa
''quando sia utilizzata al fine di minaccia e in un contesto aggressivo,
diventa uno strumento atto ad offendere e deve quindi considerarsi arma
anche ai fini dell'applicazione delle aggravanti''. La Seconda sezione
penale, nella sentenza 18905) sottolinea ancora che ''il brandire un simile
oggetto, per il grave rischio di contagio di malattie gravissime che
notoriamente la puntura potrebbe provocare, ! costituisce atto idoneo ad
integrare la minaccia ingiusta che costituisce elemento della rapina''.
22/04/2004 - Cassazione: ubriaco non perde punti
se guida piano
Autore: Cristina Matricardi
La Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. 16922/2004), in
tema violazioni del Codice della Strada, ha stabilito che l'automobilista
che viene trovato alla guida in stato di ebrezza, non perde i punti della
patente se tiene una velocita' moderata e se il tasso alcoolemico e' di poco
superiore a quello fissato dalla normativa. I Giudici di Piazza Cavour hanno
precisato inoltre che spetta al Giudice valutare se il danno e il pericolo
derivanti dalla condotta siano stati esigui, avuto riguardo all'interesse
tutelato, in maniera tale da non giustificare l'esercizio dell'azione
penale, e supportando l'eventuale applicazione della norma con idonea
motivazione. Con questa decisione la Corte ha assolto un automobilista che
aveva provocato, a causa del suo stato di ebrezza, di poco superiore alla
norma, un incidente di lievi danni.
22/04/2004 - Immigrati: Cassazione, per provare
la sanatoria basta il cedolino
Autore: Adnkronos
Per provare che l'immigrato ha regolarizzato la sua posizione basta mostrare
il cedolino che attesta l'emersione dalla clandestinita'. Lo ha stabilito la
Corte di Cassazione che ha messo in chiaro come il giudice non puo' chiedere
all'immigrato la prova che le prefetture abbiano ricevuto i bollettini che
documentano l'emersione dalla clandestinita'. Con questa pronuncia, la Prima
sezione civile ha dato ragione ad una cittadina moldava, Liliana P. che nel
novembre del 2002 si era vista espellere dal nostro territorio dal Prefetto
di Brescia perche', a suo dire, la donna, entrata clandestinamente in
Italia, non aveva provato a sufficienza di essersi messa in regola con la
sanatoria del 2002. Secondo la Prefettura, la cittadina moldava doveva
provare che la pubblica amministrazione aveva ricevuto la sua pratica di
regolarizzazione. Un ragionamento non condiviso dalla Suprema Corte alla
quale si e' rivolta l'immigrata che ha criticato il verdetto bresciano ''per
non aver preso a! tto dell'unica documentazione probante l'invio della
dichiarazione di emersione, vale a dire i due bollettini inviati per posta''.
Cassazione: ambulanti non espongono i prezzi?
Scatta la multa
Autore: Adnkronos
Scatta la multa per gli ambulanti che non espongono i prezzi della merce in
vendita. Parola di Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso del comune
di Venezia contro una ambulante, Federica P., che si era vista annullare dal
giudice di Pace una multa inflitta dai vigili per avere venduto i suoi
articoli sul Ponte della Salute senza il cartellino con il costo
corrispettivo. Secondo la Suprema Corte (sentenza 6362) non si puo' passare
sopra alla ''regola della pubblicita' dei prezzi con riguardo ai prodotti
esposti per la vendita al dettaglio''. All'ambulante era andata meglio
appunto davanti al giudice di Pace di Venezia che aveva annullato la
sanzione di 1291 euro sostenendo che soltanto il sindaco, e non i vigili,
potevano infliggere queste multe. Ma ora la Cassazione ha ribaltato il
verdetto e, accogliendo il ricorso del Comune di Venezia, ha rinviato il
caso al giudice di pace che dovra' ripristinare la multa. Determinante, ai
fini della decisione, la difesa del sinda! co veneziano che ha ricordato
come il nuovo ordinamento degli enti locali del 2000 ha ridisegnato le
competenze degli organi di governo, liberando cosi' i primi cittadini da
questa incombenza che puo' essere benissimo svolta anche dalla polizia
municipale. L'unica condizione e' che l'atto sia firmato dal capo dei
vigili.