Cassazione: Si possono sbeffeggiare le manie del capo

Si possono scimmiottare le manie del capo senza rischiare di perdere il posto. Parola di Corte di Cassazione che ha annullato il licenziamento intimato a tre dipendenti della Italcementi per avere sbeffeggiato attraverso un volantino le ''ossessioni'' di uno dei manager della societa' con funzioni di amministratore delegato. Nel volantino, i tre dipendenti avevano appunto scimmiottato il ''manager italiano di mezza eta' con incipente calvizie'', mettendo in evidenza ''le ossessioni del paziente dello psicoterapeuta''. Seguivano una serie di valutazioni in chiave satirica per le quali i tre dipendenti, nell'aprile '97, venivano licenziati in tronco a causa degli scritti ''gravemente lesivi dell'immagine della societa''' e per aver ferito ''l'onorabilita' e il decoro'' del manager. La vicenda e' finita in Cassazione dopo che la Corte d'appello di Brescia, nel febbraio del 2003, aveva reintegrato i dipendenti al loro posto di lavoro. A sollevare il caso, l'azienda non disposta a passare sopra allo sbeffeggiamento dei tre dipendenti che, a suo dire, avevano descritto il manager come un ''soggetto psicopatico che si esprime in maniera sconnessa, psicoanalizzato da una donna di facili costumi''. La sezione Lavoro della Cassazione ha respinto il ricorso della societa' e, allineandosi al giudizio di merito, ha sottolineato che lo sbeffeggiare le ossessioni del manager in chiave satirica non puo' essere oggetto di ''licenziamento per giusta causa''. Tanto piu', rimarca piazza Cavour, che ''le ossessioni del manager non sono rappresentate come manifestazioni di follia'' e comunque le vicende narrate ''non sono tali da suscitare sentimenti di ripugnanza, disprezzo o dileggio''.

 


 

Cassazione: Le parolacce? Da 'assolvere' se dette in ambiente volgare

Le parolacce, se pronunciate in un ambiente di basso livello culturale, per cosi' dire 'coatto', possono essere assolte. Per valutarne, infatti, la ''portata offensiva'', sancisce la Corte di Cassazione, bisogna tenere presente ''il tipo di ambiente'' dove sono state dette. Tante volte la Suprema Corte e' intervenuta sulla ''dilagante volgarita''' della gente, ma questa volta gli 'ermellini' sentono la necessita' di fare un distinguo, sostenendo in buona sostanza che il linguaggio sboccato se ha sicuramente una valenza ''offensiva'' in un ambiente frequentato da ''persone di un buon livello culturale'' dove queste espressioni non sono ''di uso comune'', puo' non essere recepito con la stessa valenza negativa in un ambiente socialmente modesto. Ad indurre gli 'ermellini' ad intervenire sulla ''involuzione del linguaggio in uso tra i cittadini italiani che, per effetto dei mezzi di comunicazione di massa, e' divenuta sempre piu' volgare con continui ed inutili riferimenti alla sfera sessuale'', la vicenda di due condomini della capitale che, dopo l'ennesima lite, avevano dato in escandescenza. In particolare, Gregorio B. era stato denunciato da Teodoro M., 49enne inquilino di un ''condominio frequentato da persone di buon livello culturale'' che si era sentito offeso nella dignita' dalla frase a lui rivolta 'testa di ..'. Un'espressione sicuramente ''volgare'' aveva detto il Tribunale di Roma, nel novembre 2003, ma non certo ''idonea a ledere l'onore ed il decoro della parte offesa''. E cosi' il signor Gregorio si era visto assolvere dall'accusa di ingiuria. Sino alla sentenza della Cassazione che, operando un distinguo, ha annullato l'assoluzione di Gregorio B., accogliendo il ricorso del signor Teodoro.


 

Limiti all'installazione dell'antenna televisiva nei condomini

La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 9393/2005) ha stabilito che il diritto del singolo condomino di installare l'antenna di ricezione televisiva sulla proprietà comune o esclusiva di altri condomini "deve intendersi condizionato alla impossibilità per gli utenti dei servizi radiotelevisivi di utilizzare spazi propri". Con questa decisione la Corte ha accolto la domanda del proprietario di un appartamento condominiale che si era visto posizionare l'antenna sulla sua proprietà da parte di un altro condomino.
 


 

Responsabilità delle Ferrovie dello Stato per custodia sui percorsi della stazione ferroviaria

La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 14091/2005) ha stabilito che sussiste la responsabilità delle Ferrovie dello Stato per la custodia di tutti i percorsi che i passeggeri devono compiere da quando discendono dal convoglio ferroviario fino all'uscita della stazione stessa. Nel caso di specie, trattato dalla Corte, il danno si era verificato su una passerella ricoperta da uno strato di ghiaccio e, sul punto, i Giudici del Palazzaccio hanno precisato che "è da escludere l'applicazione al caso de quo dell’art. 2050 c.c. non potendo la fase di uscita dalla stazione a seguito della discesa dal convoglio, ancorchè ricollegabile ad uno specifico aspetto dello svolgimento del servizio ferroviario, costituire attività pericolosa per la natura delle cose o dei mezzi adoperati per il deflusso dei passeggeri". La Corte ha però ammesso come "la passerella faceva parte dell'arredo della stazione ferroviaria, derivandone perciò l'obbligo dell'ente Ferrovie della manutenzione di tale passerella (che nell'occasione dell'incidente era ricoperta da uno strato ghiaccioso) e della custodia della stessa, volte ad evitare danni a quanti dovevano necessariamente servirsene, con conseguente inquadramento della fattispecie in esame, dunque, nell'ambito dell'art. 2051 c.c. Si trattava, infatti, di pertinenza della sede ferroviaria destinata ad assicurare l'attraversamento dei binari, per cui ad essa erano riconducibili, per la sua funzione, l'esigenza e l'onere della vigilanza affinchè dalla pertinenza stessa (passerella), per sua natura o per particolari contingenze, non derivasse danno agli utenti".


 

Cassazione: Basta con i gestacci allo stadio

Basta con i gestacci allo stadio. L'atteggiamento un po' troppo disinvolto cui spesso fanno ricorso i tifosi durante le partite di calcio, d'ora in avanti, potrebbero costare una multa per ''atti contrari alla pubblica decenza''. L'avvertimento si evince da una sentenza della Corte di Cassazione. Nel caso specifico va detto che il tifoso, Luca D. R., trentenne abruzzese condannato dal giudice di Lanciano a 68 euro di ammenda, e' stato salvato dalla prescrizione, ma la Suprema Corte ha dovuto ''dare atto che e' carente la prova favorevole all'imputato tale da giustificare la priorita' del proscioglimento''. Se non fosse maturata la prescrizione, il tifoso sarebbe stato condannato. I fatti si sono svolti nel maggio 2005 durante la partita Lanciano-Rondinella. ''Il mio cliente si e' lasciato andare ad un gestaccio, portando una mano ai genitali, solo perche' provocato dal gesto di un giocatore della Rondinella - spiega il legale Silvio Rustignoli - che, segnato il gol, era andato nella curva dei tifosi del Lanciano, alzando il dito medio all'indirizzo degli avversari''. Giudicato con rito abbreviato dal Giudice monocratico di Lanciano, il tifoso, nel dicembre 2002, era stato condannato a 68 euro di ammenda. Il giudice aveva evidenziato come ''la condotta tenuta dall'imputato non poteva essere considerata come usuale all'interno di uno stadio da calcio, ma si poneva in violazione delle regole etico-sociali ed era suscettibile di provocare da parte della collettivita' disprezzo e disapprovazione''.