Truffa il
reato da contestare: il lavoratore in questo caso non esprime la volonta’
della Pa ma attesta esclusivamente un suo interesse privato (al rimborso)
A chi è già in pensione spettano sempre i contributi maternità
IL DATORE DI LAVORO
CHE CAGIONI AL DIPENDENTE UNA MALATTIA NEUROLOGICA IMPIEGANDOLO
COSTANTEMENTE IN TURNO NOTTURNO, NONOSTANTE LA DIVERSA PRESCRIZIONE
DELLA USL, PUO’ ESSERE CONDANNATO ANCHE AL RISARCIMENTO DEL DANNO MORALE
– Per il reato di lesione personale colposa (Cassazione
Sezione Lavoro n. 9535 del 5 maggio 2005, Pres. Ciciretti, Rel. Vigolo).
Francesco L., dipendente della Securpol Vigilantes, impiegato esclusivamente in turno notturno, ha chiesto, producendo certificati medici, l’alternanza dei turni. Nel gennaio 1999 una visita medico-legale della competente commissione della USL di Arezzo ha accertato l’idoneità al lavoro del dipendente, in relazione alle sue condizioni psico-fisiche, a condizione di pari alternanza tra lavoro notturno e diurno. Questa prescrizione non è stata eseguita dall’azienda. Circa due anni dopo Francesco L. è stato licenziato per sopraggiunta totale inidoneità al lavoro. Egli ha chiesto al Tribunale di Arezzo di condannare la Securpol al risarcimento del danno alla salute, sostenendo che, per effetto dell’impiego esclusivamente in turno notturno, aveva subito lesioni permanenti, consistenti in cefalea muscolo-tensiva psicogena in un quadro di disturbo di ansia tendente alla cronicizzazione. Egli ha sostenuto che l’azienda si era resa inadempiente agli obblighi derivanti dall’art. 2087 c.c., secondo cui il datore di lavoro deve adottare ogni misura necessaria per la tutela della salute del dipendente. Il lavoratore ha anche chiesto la condanna della Securpol al risarcimento del danno morale, attribuendole il reato di lesioni colpose. Con sentenza del marzo 2001 il Tribunale di Arezzo, dopo avere disposto una consulenza tecnica medico-legale, ha condannato l’azienda al risarcimento del danno biologico in misura di lire 25 milioni e del danno morale in misura di lire 10 milioni. La Corte di Appello di Firenze ha ridotto l’importo del risarcimento del danno biologico a euro 4000, in considerazione della ridotta permanenza in servizio del dipendente dal 1999, confermando per il resto la sentenza del Tribunale. La Securpol ha proposto ricorso per cassazione, censurando la sentenza impugnata, tra l’altro, per avere utilizzato come mezzo di prova una consulenza tecnica e per aver ravvisato la configurabilità di un reato. La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 9535 del 5 maggio 2005, Pres. Ciciretti, Rel. Vigolo) ha rigettato il ricorso. In seguito all’accertamento eseguito dalla Commissione della USL del 14 gennaio 1999 (idoneità a mansioni con rispetto dell’alternanza perfetta delle turnazioni notturne e diurne) – ha osservato la Corte – la datrice di lavoro ben avrebbe potuto e dovuto rappresentarsi la nocività del lavoro assegnato esclusivamente nelle ore notturne e avrebbe dovuto astenersi da siffatta prescrizione o, in caso di comprovata impossibilità, recedere dal rapporto (come in effetti si deduce essere poi avvenuto). La persistenza dell’adibizione costante a turni notturni, che secondo accertamenti di merito correttamente svolti, aveva dato causa (resa prevedibile dalla certificazione USL) alla depressione del lavoratore – ha affermato la Corte – costituì indubbiamente un elemento di colpa, rilevante anche sotto il profilo penale (lesioni colpose), con seguente responsabilità civile della datrice di lavoro, anche per il danno morale. L’obbligo di tutela delle condizioni di lavoro, anche in relazione ad un singolo lavoratore, essendo posto a salvaguardia del bene primario e costituzionalmente garantito della salute – ha aggiunto la Corte – prevale sulla mera osservanza delle condizioni contrattuali individuali e collettive che regolano in via generale le modalità della prestazione lavorativa, così come prevalgono sulle esigenze organizzative del datore di lavoro. |