L’IMPUGNAZIONE DEL LODO ARBITRALE IN MATERIA DISCIPLINARE NEL PUBBLICO IMPIEGO DEVE ESSERE PROPOSTA DAVANTI ALLA CORTE D’APPELLO – Perché si tratta di arbitrato rituale (Cassazione Sezione Lavoro n. 16772 del 9 agosto 2005, Pres. Ciciretti, Rel. Vidiri). 
         L’arbitrato previsto dall’art. 59 D. Lgs n. 309/93 in materia di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego deve ritenersi rituale. Pertanto esso è disciplinato dagli artt. 817 e seg. c.p.c. In base a tale normativa competente sulla impugnativa del lodo non è il Tribunale nella cui circoscrizione si è svolto l’arbitrato, ma la Corte di Appello nella cui circoscrizione è collocato il collegio arbitrale di disciplina
 

 
 
 

QUANDO IN UN BANDO DI CONCORSO INTERNO SIANO STABILITI I PUNTEGGI RELATIVI A CIASCUN TITOLO, IL GIUDICE PUO’ INDIVIDUARE IL VINCITORE ED ATTRIBUIRGLI L’INCARICO Perché il datore di lavoro ha vincolato il suo potere discrezionale di scelta (Cassazione Sezione Lavoro n. 18198 del 14 settembre 2005, Pres. Senese, Rel. De Matteis).
          
Nel giugno del 1999 si è conclusa, presso l’INPS, una procedura concorsuale per l’assegnazione dell’incarico di coordinatore dell’area legale dell’istituto. In base ai punteggi riconosciuti a ciascun candidato è stata compilata una graduatoria nella quale è risultato al primo posto l’avvocato Antonio T.
           Il Consiglio di Amministrazione dell’Istituto, con delibera dell’8 giugno 1999, ha approvato la graduatoria ed ha disposto l’assegnazione dell’incarico di coordinamento al vincitore. Un altro legale dipendente dell’INPS, l’avvocato Fabio F., che aveva partecipato al concorso riportando un punteggio inferiore a quello del vincitore, ha chiesto al Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, di dichiarare la nullità e l’illegittimità della procedura concorsuale e di assegnargli l’incarico di coordinatore; in via subordinata egli ha chiesto al Tribunale di ordinare all’INPS la ripetizione della procedura e la condanna dell’istituto al risarcimento dei danni.
           Il Tribunale ha rigettato la domanda. La Corte d’Appello di Roma, in riforma della decisone di primo grado, ha accertato l’inadempimento dell’INPS alle regole stabilite per la selezione dei candidati e ha condannato l’istituto alla ripetizione delle operazioni valutative. In particolare la Corte ha ritenuto che, in base al bando, l’INPS avrebbe dovuto cumulare i punteggi, stabiliti per i vari incarichi svolti contemporaneamente dall’avvocato F. e non limitarsi, come aveva fatto, ad attribuirgli solo il punteggio relativo all’incarico di maggior rilievo.
           Nel successivo grado del giudizio, davanti alla Suprema Corte, l’avvocato F. ha censurato la decisione della Corte d’Appello di Roma, sostenendo che essa non avrebbe dovuto limitarsi a ordinare la ripetizione della procedura, ma avrebbe dovuto assegnargli l’incarico di coordinatore, applicando il criterio del cumulo dei punteggi predeterminati dal bando per ciascun incarico, in quanto da tale calcolo derivava la sua collocazione al primo posto della graduatoria.
           La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 18198 del 14 settembre 2005, Pres. Senese, Rel. De Matteis) ha accolto il ricorso dell’avvocato F. La Corte ha ricordato la sua giurisprudenza secondo cui nelle operazioni selettive del personale, l’imprenditore deve esercitare il suo potere discrezionale di scelta attenendosi alla regola della correttezza e buona fede, che si traducono, tra l’altro, sia nell’obbligo di adottare regole concorsuali che pongono i candidati in una condizione di assoluta parità sia nell’obbligo di imparzialità dei criteri valutativi.
           Nei casi il cui il datore di lavoro abbia vincolato la propria discrezionalità, per propria autonoma iniziativa o pattiziamente, cristallizzando le proprie valutazioni in determinazioni numeriche di punteggio rapportato in maniera fissa alla natura ed alla durata dell’incarico – ha affermato la Corte – il controllo e l'intervento giudiziario è necessariamente esteso alla verifica della corretta applicazione di tali regole del concorso; se la commissione valutatrice abbia determinato tutti i singoli punteggi di tutti i candidati e la decisione sulla graduatoria dipenda esclusivamente dalla soluzione di una questione di diritto circa la valutabilità o meno di un incarico, il cui punteggio è fisso, ben può il giudice del merito procedere direttamente all’attribuzione del punteggio fisso relativo all’incarico non valutato, trattandosi di attività non più discrezionale ma strettamente vincolata. Infatti i principi di correttezza e buona fede che sono alla base della materia, ed il vincolo obbligatorio assunto con il bando di concorso, non consentono al datore di lavoro di riappropriarsi di quella discrezionalità regolamentata con l’attribuzione di punteggi fissi. In tal caso – ha affermato la Corte – il giudice, nell’accogliere la domanda di adempimento, deve attribuire al lavoratore il bene che l’osservanza del predetto vincolo obbligatorio gli assicura, attribuendogli, insieme al posto cui ha diritto, anche i vantaggi economici a questo connessi con le conseguenze ex artt. 1223 e 1224 cod. civ.
          
La Corte ha cassato la decisione impugnata, rinviando la causa alla Corte d’Appello di Roma, per la quale ha stabilito il seguente principio di diritto: “Nelle procedure di selezione concorsuale per promozione del personale, ove il datore di lavoro abbia vincolato la propria discrezionalità, per propria autonoma iniziativa o pattiziamente, cristallizzando le proprie valutazioni in determinazioni numeriche di punteggio rapportate in maniera fissa alla natura ed alla durata dell’incarico, il controllo ed intervento giudiziario è necessariamente esteso alla verifica della corretta applicazione di tali regole del concorso. Se la commissione valutatrice abbia determinato tutti i singoli punteggi di tutti i candidati, e la decisione sulla graduatoria dipenda esclusivamente dalla soluzione di una questione di diritto circa la valutabilità o meno di un incarico, il cui punteggio è fisso, il giudice del merito che abbia ritenuto l’incarico valutabile, alla stregua del bando, deve procedere direttamente all’attribuzione del punteggio fisso relativo all’incarico non valutato dalla Commissione, trattandosi di attività non più discrezionale ma strettamente vincolata. Se da tale operazione consegua l’attribuzione della promozione, il giudice provvederà, oltre che all’assegnazione del posto in concorso con la decorrenza prevista, anche ai benefici economici a questa connessi con gli accessori ex artt. 1223 e 1224 cod. civ.”.  
 

L’indennità sostitutiva delle ferie non godute va assoggettata ai contributi previdenziali – Perché ha carattere retributivo – L’indennità sostitutiva delle ferie non godute è assoggettabile a contribuzione previdenziale a norma dell’art. 12 della legge n. 153 del 1969, sia perché, essendo in rapporto di corrispettività con le prestazioni lavorative effettuate nel periodo di tempo che avrebbe dovuto essere dedicato al riposo, ha carattere retributivo e gode della garanzia prestata dall’art. 2126 c.c. a favore delle prestazioni effettuate con violazione di norme poste a tutela del lavoratore; sia perché un eventuale suo concorrente profilo risarcitorio non escluderebbe la riconducibilità all’ampia nozione di retribuzione imponibile delineata dal citato art. 12, costituendo essa comunque un’attribuzione patrimoniale riconosciuta a favore del lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro e non essendo ricompresa nella elencazione tassativa delle erogazioni escluse dalla contribuzione (Cassazione Sezione Lavoro n. 16761 del 9 agosto 2005, Pres. Mercurio, Rel. Vigolo).
 

I figli, anche se maggiorenni, hanno diritto al risarcimento del danno patrimoniale per la morte del genitore in un incidente stradale – In relazione alla loro aspettativa di beneficiare dei risparmi del defunto – In caso di morte del genitore causata da un terzo in un incidente stradale i figli, anche se maggiorenni o idonei al lavoro, hanno diritto al risarcimento del danno patrimoniale, stante la loro aspettativa di beneficiare degli eventuali risparmi del defunto.
         Nella liquidazione del danno futuro per la morte di un congiunto il giudice deve tenere conto non solo del reddito della vittima al momento del sinistro, ma anche degli incrementi di guadagno che presentino un rilevante grado di probabilità; mentre per il rapporto di lavoro dipendente gli incrementi sono più agevolmente prevedibili sulla base dell’“id quod plerumque accidit”, altrettanto non può dirsi per il lavoro autonomo (come quello di agente di commercio) o più in generale per le libere attività, dato che gli incrementi possono anche difettare e, comunque, sono per la loro aleatorietà solo eventuali (Cassazione Sezione Lavoro n. 18092 del 12 settembre 2005, Pres. Duva, Rel. Durante).