ritiro carta di circolazione - art.216 cds - non più ammissibile inviare il documento alla ex MCTC (ora DTT) richiesta dal trasgressore

Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza -Direzione Centrale per la Polizia Stradale, Ferroviaria, Postale, di Frontiera e dell'Immigrazione

... indirizzi omessi...

 

A parziale modifica della nota n.300/A/2/52955/105/2 del 08.07.2002 aventi pari oggetto, sentito il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Dipartimento per i Trasporti Terrestri e per i sistemi informativi e Statistici, si fa presente che l'invio della carta di circolazione ritirata ai sensi del'articolo 216 cds, ad un ufficio periferico del DTT diverso da quello del luogo della commessa violazione, su richiesta dell'utente, non è ammissibile.

L'articolo 216/1 infatti prevede che in caso di ritiro della carta di circolazione, la competenza territoriale di detti uffici è determinata con riferimento al luogo della commessa violazione e non è possibile un'interpretazione estensiva di questa norma.

Pertanto qualora l'utente richieda che la carta di circolazione ritirata sia inviata ad un ufficio periferico del DTT diverso da quello del luogo della commessa violazione, dovrà essere informato della impossibilità di dar seguito a questa procedura.

Premesso quanto sopra, codesti uffici, nel procedere al ritiro della carta di circolazione ai sensi dell'articolo 216 cds, invierano tale documento, entro 5 gg, dandone atto nel verbale di contestazione, all'ufficio periferico DTT competente in relazione al luogo della commessa violazione.

Si ribadisce il contenuto delle altre disposizioni contenute nella nota di cui in premessa con riferimento alla diversa organizzazione territoriale dell'ufficio periferico DTT di Roma.

Roma, 20 marzo 2003


 

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cinture sicurezza - accertamento a seguito di sinistro stradale - sono indispensabili le motivazioni

Giudice di Pace di Partanna n. 10/2002, 8 Gennaio 2002

Testo

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Giudice di Pace di Partanna

n. 10/2002

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI PARTANNA

Il Giudice di Pace di Partanna avv. Francesco CANNIA ha emesso la seguente

SENTENZA

Nella causa civile n° 183/2001 R.G.A.C. promossa

DA

D. A. e G., residenti in Partanna ed ivi elettivamente domiciliati Via Vittorio Emanuele n. 31 presso lo studio dell’avv. Gianni Caracci che li rappresenta e difende per procura a margine del ricorso

RICORRENTE

CONTRO

PREFETTURA di Trapani, in persona del Prefetto pro tempore, domiciliato in Trapani presso i locali di residenza istituzionale

RESISTENTE

avente ad oggetto: opposizione ex art. 22 L. 689/81.

Conclusioni:

Per i ricorrenti: annullare il verbale n.1467050 redatto dai Carabinieri della Stazione di Partanna per violazione di legge, eccesso di potere e difetto dei presupposti formali e di fatto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 6/10/2001, A. e G. D., nelle rispettive qualità di proprietario e di obbligato in solido, proponevano opposizione contro il verbale n.1467050, redatto l’8/8/2001 dai Carabinieri di Partanna, notificato il 11/9/2001, con il quale i ricorrenti venivano contravvenzionati ex art.172 C.d.S. per non avere fatto uso della cintura di sicurezza in occasione di un sinistro stradale avvenuto a Partanna il 6/8/2001. Deducevano in proposito i ricorrenti la nullità del verbale perché carente delle necessarie indicazioni circa le modalità per pervenire al pagamento in misura ridotta, perché la violazione non era stata immediatamente contestata sul luogo del sinistro ed infine per la arbitrarietà delle conclusioni alle quali erano pervenuti i verbalizzanti che avevano desunto il mancato uso della cintura di sicurezza dalla ubicazione delle ferite.

La Prefettura regolarmente avvisata della opposizione in corso, invitava i Carabinieri della Stazione di Partanna a depositare presso l’ufficio di Cancelleria dell’intestato Giudice di Pace la documentazione di cui all’art.22 L.689/81.

Ciò però non avveniva anche dopo il rinvio della udienza di prima comparizione.

All’udienza dell’ 8/1/2002, precisate le conclusioni, la causa è stata discussa e decisa come da dispositivo letto nella pubblica udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’opposizione è fondata e deve essere accolta.

Nessun elemento probatorio è stato fornito dai verbalizzanti per dimostrare che effettivamente il ricorrente, in occasione del sinistro verificatosi il 6/8/2001 nel Comune di Partanna SP 26 Km 3,900, non indossasse la cintura di sicurezza. L’unico documento in atti (i Carabinieri di Partanna nonostante sollecitati dalla Prefettura di Trapani non hanno depositato la documentazione di cui all’art. 22 L.689/81), è rappresentato dal verbale di contestazione prodotto dal ricorrente.

In esso si afferma che la violazione non è stata immediatamente contestata sul posto per assenza delle parti al momento della stesura dell’atto e che è stata dedotta dall’esame dei rilievi tecnici sul luogo del sinistro e dalla localizzazione delle ferite riportate.

Sulla scorta di tali generici elementi (manca, tra l’altro, la descrizione e ubicazione delle ferite), il decidente ritiene che non sussistano elementi sufficienti a dimostrare che l’opponente si sia reso responsabile della violazione contestata. Conseguentemente in accoglimento dell’opposizione, annulla il verbale di contestazione di violazione dell’art.172 C.d.S. redatto dai Carabinieri di Partanna il 8/8/2001 serie 1996 n.1467050.

Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Giudice di Pace di Partanna, definitivamente pronunziando in ordine al ricorso presentato il 6/10/2001 da D. A. e G. contro la Prefettura di Trapani, accoglie l’opposizione e annulla il verbale n.1467050 redatto il 8/8/2001 dai Carabinieri della Stazione di Partanna per la violazione dell’art.172 C.d.S.

Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio, sussistendo giusti motivi.

Così deciso nell’ufficio del Giudice di Pace di Partanna.

Partanna il 08 gennaio 2002

IL GIUDICE DI PACE

(avv. Francesco CANNIA)

IL CANCELLIERE


 

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CONGEDO PER MATERNITA'

Il padre lavoratore ha diritto a fruire, nei tre mesi post partum, dei riposi giornalieri e dei congedi per la malattia del figlio se la moglie è una libera professionista?

Risposta:
Premesso che i quesiti riguardano questioni applicative di norme di legge, sulle quali dovreste acquisire il parere del Dipartimento della Funzione Pubblica, riteniamo comunque utile fornire i seguenti elementi di valutazione.
Riposi giornalieri. L'art.40 del D.Lgs.151/2001 stabilisce che i periodi di riposo previsti dall'art.39 dello stesso articolo sono riconosciuti al padre lavoratore in una serie di casi, compreso quello della madre che "non sia lavoratrice dipendente"; tale espressione, come chiarito dall'Inpdap con circolare n.45/2000, deve essere riferita alla madre che svolge attività di lavoro autonomo o di libero professionista. Nessuna norma del D.Lgs.151 stabilisce un divieto del padre di fruire dei periodi di riposo in questione nei tre mesi post-partum: pertanto, saremmo orientati a ritenere che egli ne abbia diritto.

Riposi per la malattia del figlio. L'art.47 del D.Lgs.151/2001 stabilisce che il diritto al congedo per malattia del figlio è alternativo tra i genitori e che tali congedi spettano anche quando l'altro genitore non ne abbia diritto (come nel caso in esame). Nessuna norma stabilisce espressamente che il padre lavoratore la cui moglie è libero professionista non possa fruire di tali permessi nei tre mesi post-partum; anche in questo caso saremmo pertanto orientati a riconoscere il diritto del dipendente; rafforza indirettamente tale conclusione anche la previsione dell'art.71 del D.Lgs.151/2001 che consente alla madre libero professionista di percepire l'indennità disciplinata nell'art.70 dello stesso decreto legislativo anche quando decide di non sospendere l'attività lavorativa (non è affatto detto, in altri termini, che nei tre mesi post-partum la madre libero professionista resti a casa ad accudire il bambino malato).
 

 

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MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 24 aprile 2003
Modifiche al «Disciplinare per le scorte tecniche ai veicoli eccezionali ed ai trasporti in condizioni di eccezionalita». (GU n. 101 del 3-5-2003)

 

IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE
E DEI TRASPORTI
di concerto
IL MINISTRO DELL'INTERNO
Visto l'art. 10, comma 9 del codice della strada, approvato con
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive
modificazioni, ai sensi del quale nel provvedimento di autorizzazione
alla circolazione per i veicoli eccezionali per i trasporti in
condizioni di eccezionalita' puo' essere imposto un servizio di
scorta della polizia stradale o tecnica, secondo le modalita' e nei
casi stabiliti nel regolamento di esecuzione e di attuazione e del
medesimo codice della strada, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive
modificazioni;
Visto il medesimo art. 10, comma 9, dove e' previsto inoltre che,
qualora sia prevista la scorta della polizia stradale, questa, ove le
condizioni di traffico e la sicurezza stradale lo consentano, puo'
autorizzare l'impresa ad avvalersi, in sua vece, della scorta
tecnica, secondo le modalita' stabilite nel citato decreto del
Presidente della Repubblica n. 495 del 1992;
Visto l'art. 16 del citato decreto del Presidente della Repubblica
n. 495 del 1992, che stabilisce i casi in cui l'ente che rilascia il
provvedimento di autorizzazione prescrive la scorta di polizia
stradale o la scorta tecnica;
Visto il medesimo art. 16 che, al comma 6, prevede inoltre che con
disciplinare tecnico approvato con decreto del Ministro dei lavori
pubblici, ora del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di
concerto con il Ministro dell'interno sono stabiliti i requisiti e le
modalita' per l'autorizzazione delle imprese allo svolgimento del
servizio di scorta tecnica e per l'abilitazione delle persone atte ad
eseguire la scorta tecnica;
Visto decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il
Ministro dell'interno, del 18 luglio 1997, con il quale e' stato
approvato il «Disciplinare per le scorte tecniche ai veicoli
eccezionali ed ai trasporti in condizioni di eccezionalita»;
Visto il decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con
il Ministro dell'interno del 28 maggio 1998, con il quale sono state
approvate le «Modificazioni al disciplinare per le scorte tecniche ai
veicoli eccezionali ed ai trasporti in condizioni di eccezionalita';
Visto il decreto del direttore dell'Unita' di gestione
autotrasporto di persone e cose del Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti, di concerto con il direttore del servizio di polizia
stradale del Ministero dell'interno, del 9 gennaio 2002, con il quale
e' stata istituita la commissione consultiva per la risoluzione delle
problematiche relative ai trasporti eccezionali;
Considerato che nel tempo intercorso dalla data di entrata in
vigore del citato decreto del Ministro dei lavori pubblici, di
concerto con il Ministro dell'interno, del 18 luglio 1997,
l'attivita' di scorta tecnica si e' andata consolidando sia in
termini di organizzazione delle imprese autorizzate che di personale
abilitato, e che non risultano registrati apprezzabili fenomeni di
incidentalita' nell'esercizio delle scorte tecniche;
Valutate le istanze formulate dalle associazioni di categoria
dell'autotrasporto, al fine di semplificare le modalita' di
svolgimento del servizio di scorta tecnica, contemperandole con le
esigenze di sicurezza della circolazione stradale;
Vista la proposta di ulteriori modifiche al testo del citato
decreto del Ministro dei lavori pubblici di concerto con il Ministro
dell'interno, del 18 luglio 1997, come modificato dal citato decreto
del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro
dell'interno, del 28 maggio 1998, predisposta dalla commissione
consultiva per la risoluzione delle problematiche relative ai
trasporti eccezionali, tesa ad una maggiore semplificazione delle
modalita' di svolgimento del servizio di scorta tecnica, anche in
coerenza con gli impegni assunti con il protocollo d'intesa del
6 novembre 2001, sottoscritto tra il Governo e le associazioni di
categoria dell'autotrasporto e riconfermati nel verbale d'incontro
del 5 settembre 2002;
Decreta:
Art. 1.
1. Al «Disciplinare per le scorte tecniche ai veicoli», eccezionali
ed ai trasporti in condizioni di eccezionalita' approvato con decreto
del Ministro dei lavori pubblici di concerto con il Ministro
dell'interno, del 18 luglio 1997, e modificato con decreto del
Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro
dell'interno, del 28 maggio 1998, sono apportate le seguenti
modifiche:
a) all'art. 1, comma 4, le parole «tre anni» sono sostituite
dalle parole «cinque anni»;
b) all'art. 2, comma 1, lettera g1), le parole «ovvero societa'
finanziarie il cui capitale sociale non sia inferiore a cinque
miliardi» sono soppresse;
c) all'art. 2, comma 1, lettera g3), dopo le parole «locazione
finanziaria» sono aggiunte le parole «ovvero di locazione senza
conducente, di cui all'art. 84 del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285».
d) all'art. 4, il comma 3, e' sostituito dal seguente:
«3. Le variazioni relative al personale o ai veicoli iscritti
nell'autorizzazione devono essere comunicate all'ufficio territoriale
del Governo-prefettura competente per il suo aggiornamento. La
comunicazione di variazione vidimata dall'ufficio territoriale del
Governo-prefettura costituisce aggiornamento provvisorio
dell'autorizzazione per novanta giorni»;
e) all'art. 5, comma 3, le parole «tre anni» sono sostituite
dalle parole «cinque anni»;
f) all'art. 6, comma 2, sono aggiunti i seguenti periodi «Per i
candidati che abbiano una comprovata esperienza maturata alla guida
di veicoli eccezionali o di veicoli adibiti a trasporto in condizioni
di eccezionalita' per un periodo di almeno cinque anni l'esame
consiste nel solo colloquio orale. L'esperienza dovra' essere
comprovata con dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa dal
legale rappresentante delle imprese presso cui il richiedente ha
prestato attivita' lavorativa, dalle quali risulti la qualifica
ricoperta e la correttezza contributiva dell'impresa»;
g) all'art. 6, comma 4, le parole «non puo' essere sostenuta
prima di tre mesi dalla prima» sono sostituite dalle parole «puo'
essere sostenuta alla prima sessione disponibile»;
h) all'art. 10, il comma 1, e' sostituito dal seguente:
«1. Salvo il caso in cui l'autorizzazione alla circolazione o
quella della polizia stradale prevedano la possibilita' di formare un
convoglio di veicoli eccezionali o di trasporti in condizioni di
eccezionalita' ogni veicolo o trasporto deve essere scortato da:
1. un autoveicolo avente le dotazioni e le caratteristiche
indicate dagli articoli precedenti, con alla guida una persona munita
di abilitazione ai sensi dell'art. 5:
1.a) per veicoli o trasporti che hanno larghezza non
superiore a 3 m, e lunghezza non superiore a 27 m, oppure lunghezza
non superiore a 30 m, purche' la larghezza sia compresa entro i
limiti previsti dall'art. 61 del decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285, ovvero larghezza non superiore a 3,20 m, purche' la lunghezza
sia compresa entro i limiti previsti dall'art. 61 del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, che circolano su strade a senso
unico di marcia, ovvero a carreggiate separate con almeno due corsie
disponibili per senso di marcia;
1.b) per veicoli o trasporti che hanno larghezza non
superiore a 3,60 m e lunghezza non superiore a 28 m, ovvero lunghezza
non superiore a 30 m purche' la larghezza sia compresa entro i limiti
previsti dall'art. 61 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285,
che circolano sulle autostrade;
1.c) per veicoli o trasporti che hanno larghezza non
superiore a 2,55 m e lunghezza non superiore a 27 m, ovvero larghezza
non superiore a 2,70 m e lunghezza non superiore a 21 m ovvero
larghezza non superiore a 3,20 m, purche' la lunghezza sia compresa
entro i limiti previsti dall'art. 61 del decreto legislativo
30 aprile 1992, n. 285, quando circolano sulle strade a carreggiata
unica con una o piu' corsie per senso di marcia;
2. due autoveicoli aventi le dotazioni e le caratteristiche
indicate dagli articoli precedenti, con alla guida una persona munita
di abilitazione ai sensi dell'art. 5, per veicoli e trasporti che
superano le dimensioni indicate al numero 1) o che circolano sulle
strade con caratteristiche diverse da quelle ivi indicate».
Art. 2.
1. Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana e le sue disposizioni si applicano dal
giorno della pubblicazione.
Roma, 24 aprile 2003

Il Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti
Lunardi
Il Ministro dell'interno
 

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DANNO DA FERMO AMMINISTRATIVO ILLEGITTIMO

Giudice di Pace di Bari , Avv. Giuseppe Frugis, sentenza del 17.03.2003.

Massima

La domanda di accertamento della illiceità del comportamento posto in essere dalla Sesit attraverso la adozione del provvedimento di fermo amministrativo avendo ad oggetto una attività materiale lesiva di diritti soggettivi, rientra come tale nella giurisdizione ordinaria.

Un precetto privo della sua normativa di attuazione, non esprimendo forza cogente, è del tutto inapplicabile. Pertanto atteso che la locuzione letterale dell’ultimo comma dell’art.86 del DPR 602/73 pone una correlazione inscindibile tra la procedura volta ad attuare il fermo e il Regolamento attuativo, nel quale trova disciplina la prima, e atteso che tale disciplina non è stata emanata non potrà ancora riconoscersi valenza cogente allo stesso art. 86 e dunque si deve dichiarare l’inesistenza in radice del potere di disporre il fermo amministrativo da parte della SESIT Puglia.


Testo

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE

Il Giudice di Pace di Bari Avv. Giuseppe Frugis, nella causa civile n. 10041 RG 2002, ha pronunziato, all’udienza del 27.2.2003, la seguente

SENTENZA-DISPOSITIVO

tra

DE NATALE RICCARDO, rappresentato e difeso dall’avv. L. Moretti

ricorrente

contro

SESIT PUGLIA spa

convenuta

Oggetto: ricorso avverso avviso di fermo di autovettura nonché di liquidazione- ordinanza ingiunzione - iscrizione a ruolo cartella di pagamento-illegittimità e risarcimento del danno per l’utente.

Con ricorso depositato il 20.11.2002, l’istante proponeva opposizione avverso la nota dell’8.11.2002 di comunicazione di avvenuto fermo amministrativo della propria autovettura tg. BA D 69630 nonché avverso tutti gli atti collegati.

Premetteva che il fermo amministrativo non conteneva alcun dato dal quale poter risalire alle ragioni impositive e deduceva:

1) omessa notifica del verbale di accertamento, dell’ordinanza-ingiunzione, dell’avviso di liquidazione o comunque di un valido titolo esecutivo, indicante tutte le somme richieste in pagamento;

2) omessa indicazione delle date di notifica degli atti di accertamento nonché degli elementi essenziali all’individuazione del fatto che avrebbe originato l’imposizione;

3) violazione delle norme poste a tutela dell’esercizio di difesa, per l’omessa indicazione del termine e dell’autorità cui poter ricorrere;

4) prescrizione della pretesa impositiva;

5) sovradimensionamento del fermo, essendo stato sottoposto a fermo un bene di valore di gran lunga superiore al preteso credito.

Eccepiva, poi, l’illegittimità del fermo amministrativo, perché emesso in mancanza del previsto regolamento di attuazione dell’art.86 del DPR 602/73, come modificato dal D.lsvg 193/2001;

Si costituiva la Sesit Puglia spa, eccependo il difetto di giurisdizione.

Deduceva, infatti, che la nuova disposizione del citato art.86 aveva attribuito al concessionario il potere di disporre il fermo, e poichè non era un atto esecutivo, esulavano dall’ambito applicativo della norma le opposizioni agli atti esecutivi; del pari, per il divieto contenuto nell’art. 57 dpr 602/73, dovevano ritenersi escluse anche le opposizioni all’esecuzione.

Sotto questo profilo, sosteneva la Sesit, non doveva ritenersi ammessa la cognizione dell’a.g.o. bensì alternativamente la giurisdizione amministrativa o tributaria.

Concludeva, pertanto, che la cognizione poteva “…essere devoluta al TAR, sulla base della natura del fermo, atto tipicamente amministrativo anche se posto in essere, in qualità di sostituto o di delegato ex lege, dal concessionario… o …potrebbe, altresì, individuarsi la giurisdizione delle Commissioni tributarie, ove il fermo, restando tipico atto amministrativo, fosse riconducibile all’istituto della sanzione ( al pari del provvedimento di chiIODusura dell’esercizio commerciale, della sospensione dall’albo professionale o della sospensione della patente ), avverso la quale va proposta l’opposizione innanzi alla Commissione tributaria provinciale ai sensi dell’art.2 del d.lgsv 546/92 (“appartengono alla giurisdizione tributaria…omissis…le IODsanzioni amministrative comunque irrogate da uffici finanziari…” comma 1) “.…per concludere che …l’alternatività tra l’autorità amministrativa e quella tributaria esclude certamente la giurisdizione del giudice ordinario e, quindi, del Giudice di Pace”.


MOTIVI DELLA DECISIONE

in limine.

Prima dell’esame del merito, va osservato che non v’è luogo ad una pronunzia del difetto di giurisdizione.

A parere di questo Giudice, le doglianze proposte dal De Natale, sono riconducibili ad una azione che nella sostanza, e dunque, indipendentemente dalla formale prospettazione di essa (nomen iuris), va qualificata quale domanda di accertamento della illiceità del comportamento posto in essere dalla Sesit attraverso la adozione del provvedimento di fermo; domanda che avendo ad oggetto una attività materiale lesiva di diritti soggettivi, rientra come tale nella giurisdizione ordinaria.

E’ indiscutibile che ove la Pubblica Amministrazione ( ed a fortiori la Sesit, che è una società per azioni, sia pure concessionaria di pubblico servizio) va ad incidere su una posizione giuridica avente consistenza di diritto soggettivo, può essere convenuta come un qualsiasi altro soggetto davanti al g.o. (art.2 L. 248/65 All.E ).

A tal proposito è bene sgombrare il campo da equivoci: è fuori di ogni logica giuridica ritenere che l’ordinamento affidi ad un organo la competenza per l’esercizio di un potere (anche discrezionale) e preveda o consideri fisiologico che dall’attività di tale organo possano conseguire abusi di potere, disparità di trattamento ecc. – vale a dire fatti dannosi nel senso di cui alla previsione di cui all’art. 2043 cc – senza che sia riconosciuto al cittadino la facoltà di ricorrere all’organo giurisdizionale dinanzi al quale, prospettata la antigiuridicità del procedimento e/o dei singoli atti di esso, poter richiedere contestualmente il risarcimento dei danni.

Un ordinamento così concepito, prevedendo una sostanziale immunità della P.A. pur in presenza di un esercizio illegittimo della funzione pubblica che essa determina, si proporrebbe come negazione dei fondamentali canoni di giustizia ed equità cui esso deve ispirarsi e peraltro non troverebbe alcuna giustificazione in questo particolare momento storico caratterizzato dall’abbandono di concezioni arcaiche, implicanti una posizione di supremazia della P.A. nei confronti dei cittadini (v. legge n. 241/90 ; legge sulla responsabilità dei magistrati)

Orbene, assunto che l’ambito della potestà autoritativa non è libero, bensì soggetto a limiti ben precisi che consentono di verificare le modalità dell’esercizio del potere, non v’è chi non veda come la violazione di detti limiti non possa non comportare anche una responsabilità risarcitoria in funzione del pregiudizio arrecato.

E ciò si verifica, si badi bene, quando l’attività della P.A. va ad incidere non solo su diritti soggettivi, ma anche su interessi legittimi.

Sicchè, ove anche si volesse qualificare la domanda di cui al presente giudizio, in termini diversi da quelli innanzi prospettati, ovvero non quale domanda di accertamento della lesione di diritti soggettivi, bensì di interessi legittimi, pure in tale caso non sarebbe esclusa la competenza giurisdizionale di questo giudice.

Tali rilievi vengono formulati in perfetta assonanza con il mutato orientamento della Suprema Corte che con la storica pronunzia a Sezioni Unite n. 500 del 22.7.99, ha scardinato il pietrificato orientamento giurisprudenziale precedente che negava la configurabilità della responsabilità civile della P.A. ex art. 2043 cc. per il risarcimento dei danni cagionati ai privati da provvedimenti e atti amministrativi illegittimi, lesivi di interessi legittimi.

Con detta sentenza, le Sezioni Unite, recependo il dissenso manifestato in dottrina e giurisprudenza, rispetto alla teoria tradizionale della irrisarcibilità degli interessi legittimi, hanno rivisitato la interpretazione dell’art. 2043 cc, qualificando danno ingiusto, e come tale risarcibile, non solo quello riveniente dalla lesione di un diritto soggettivo, ma anche quello arrecato senza una valida causa di giustificazione e che si risolve nella lesione di un interesse rilevante per l’ordinamento giuridico.

Sicchè, ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana, non assume più rilievo decisivo la qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto, posto che la tutela risarcitoria è attualmente correlata alla “ingiustizia del danno”, costituente fattispecie autonoma, caratterizzata dalla lesione di un interesse giuridicamente rilevante.

Lesione questa che, a parere di questo giudice, ricorre nel caso di specie.

Per altra ragione, va ritenuta legittimamente incardinata dinanzi al g.o. la presente controversia.


Dall’esame delle diverse fonti normative sul “fermo amministrativo” ( art. 69 R.D.L. 2440/23; art. 176 comma 18 D.L.svo 285/92 – Codice della Strada - ; art. 126 comma 7 D.L.svo 285/92 ) , non emerge alcuna indicazione che consenta di individuare univocamente un organo giurisdizionale cui ricorrere.

Conferma significativa proviene dalla difesa della Sesit che, eccependo il difetto di giurisdizione di questo giudice, individua alternativamente nel TAR o nelle Commissioni Tributarie l’organo giurisdizionale competente, escludendo apoditticamente la competenza del giudice ordinario ( ma, si obietta: quid iuris, se il “fermo” trovasse origine nella violazione dell’art. 176 comma 18 C. d. S., per il quale è espressamente prevista la competenza del Giudice di Pace dalla L. n. 689/81 ? ).

E’ utile evidenziare come la mancanza di qualsivoglia indicazione nella comunicazione del “fermo” , circa la natura del “carico scaduto”,oltre a non consentire la individuazione del giudice competente ( cosa è che le somme dovute siano correlate ad una violazione degli artt. 176 e/o 126 C.d.S., altra cosa è che le stesse siano correlate ad una obbligazione tributaria ), impedisce al cittadino l’esercizio del sacrosanto diritto di difesa (art.24 Cost.) , non essendo costui in grado di incidere in alcun modo sul disposto “fermo” ( con richiesta, ad esempio, della sospensione), nei casi meritevoli di tutela ( debito prescritto o pagato).

Peraltro, nel corso di tutto il giudizio, pur in presenza di puntuali contestazioni opposte dalla difesa del ricorrente, la Sesit non si è neppure peritata di offrire elementi di prova a fondamento delle proprie richieste, né tanto meno ha assunto una posizione precisa sulla questione della competenza.

Sicchè, in mancanza di elementi di segno contrario, ed in costanza, per converso, di valide ragioni che inducono a qualificare la domanda attorea nei termini innanzi indicati, va affermata la competenza del g.o.

nel merito.

La domanda è fondata e va accolta per quanto di ragione.

Il nuovo testo dell’art. 86 del DPR n. 602/73 che disciplina la misura cautelare del fermo amministrativo, facultando il concessionario a disporre detto provvedimento su beni mobili iscritti al PRA, una volta decorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica della Cartella di pagamento, prevede espressamente all’ultimo comma : “ con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e dei lavori pubblici, sono stabilite le modalità, i termini e le procedure per l’attuazione di quanto previsto nel presente articolo”.

Ad oggi, detta disciplina di attuazione non è stata emanata.

Ritiene questo giudice, che nessuna valenza possa riconoscersi ad un provvedimento (fermo) che non sia espressione diretta di una norma di diritto positivo.

Un precetto privo della sua normativa di attuazione, non esprimendo forza cogente, è del tutto inapplicabile.

Di qui l’inesistenza in radice del potere di disporre il fermo (e quindi la illegittimità di esso) , atteso che la locuzione letterale dell’ultimo comma dell’art.86 pone una correlazione inscindibile tra la procedura volta ad attuare il fermo e il Regolamento attuativo nel quale trova disciplina la prima.

Orbene, non essendo stata emanata la disciplina di attuazione, non potrà ancora riconoscersi valenza cogente allo stesso art. 86, più volte citato.

Peraltro non si ritiene di poter condividere la tesi, pur isolatamente sostenuta, circa l’applicabilità del Regolamento approvato con DM 503/98.

E tanto perché detto previgente decreto era ancorato a presupposti e adempimenti diversi, tali da rendere affatto incompatibili le due discipline.

Ma v’è di più.

La mancata previsione normativa in ordine alle “modalità, termini e procedure” del fermo, consente a questo giudice di apprezzare gravi profili di illegittimità di rilievo costituzionale, riconducibili alla violazione degli artt. 24 e 97 della Costituzione:

a) con riferimento al primo articolo (diritto di difesa), non v’è chi non veda come l’inerzia del legislatore nella emanazione della disciplina attuativa dell’art. 86 (destinata a contenere - si ribadisce - modalità e procedure del fermo; elementi, questi, non contenuti neppure nel previgente decreto n. 503/98), comprometta irrimediabilmente l’esercizio del diritto di difesa, non sussistendo alcuna disciplina prevedente le modalità per l’impugnazione o la sospensione del fermo - come già detto - nei casi meritevoli di tutela ( prescrizione, avvenuto pagamento ecc.).

b) ma anche con riferimento all’art. 97 della Costituzione (legalità, imparzialità e buon andamento della P.A.) sono agevolmente individuabili nella condotta della Sesit, deviazioni da fondamentali principi tracciati dalla Costituzione.

La Sesit, infatti, sotto l’apparente esercizio di un diritto, ha perpetrato una attività vessatoria ed iniqua ai danni del ricorrente, in quanto la misura del “fermo” sembrerebbe attuata, più che per tutelare le ragioni creditorie, per esercitare - invece - una pressione sul debitore, costringendo costui all’immediato pagamento, magari senza alcuna verifica circa la legittimità del credito azionato.

Non v’è chi non ravvisi in tutto ciò il ricorrere degli estremi dell’eccesso di potere, non potendosi certamente contestare che la Sesit eserciti il diritto riconosciuto dalla legge, per la realizzazione di fini diversi da quelli per i quali è stato conferito il diritto stesso.

In conclusione, nella fattispecie in esame, si ritiene la insussistenza del potere esercitato dalla Sesit, per tutte le ragioni fin qui esposte; e, comunque, quand’anche fosse ipotizzabile la sua presenza, non potrebbe non rilevarsi la assoluta arbitrarietà ed illegittimità delle modalità attraverso le quali è stato esercitato detto potere: modalità del tutto estranee allo spirito del legislatore Costituzionale il quale, come innanzi detto, ha voluto predeterminare la sfera di legittimità dell’azione amministrativa, proiettandola sì verso la realizzazione dei propri fini istituzionali, ma contenendola entro limiti ben precisi, delineati dal rispetto del principio del “ neminem laedere “; limiti, nel caso di specie del tutto violati, stante la evidente discrasia tra le vantate ragioni creditorie e l’incidenza sulla sfera giuridica soggettiva del destinatario del provvedimento.

Così come innanzi rilevate, la illiceità, illegittimità ed arbitrarietà della condotta della Sesit, costituiscono fonte di responsabilità risarcitoria.

Pertanto, in accoglimento della domanda attrice, alla declaratoria di antigiuridicità della condotta della Sesit, consegue il risarcimento del danno, correlato al mancato utilizzo dell’autovettura protrattosi per 27 giorni, nella misura di cui al dispositivo.

Per tutte le motivazioni sopradette, l’accoglimento della domanda comporta la declaratoria di improduttività degli effetti giuridici del fermo, e di ogni altro ad esso collegato, con disapplicazione degli stessi.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono quelle liquidate in dispositivo.


P.Q.M.

rigetta l’eccezione di incompetenza e difetto di giurisdizione;

accoglie l’opposizione, dichiara illegittima la procedura di fermo amministrativo disposto sulla autovettura del ricorrente e per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato e tutti gli atti presupposti e/o comunque ad esso collegati; ordina al Conservatore del P.R.A. di Bari la cancellazione del fermo riferito alla autovettura tg. BA/D69630 a spese della Sesit Puglia spa;

condanna, la Sesit Puglia spa al risarcimento del danno in favore del ricorrente, per il mancato utilizzo della propria autovettura per giorni 27, che liquida in via equitativa, in complessivi €.270,00;

condanna, infine, quest’ultima al pagamento delle spese di causa che liquida in favore del difensore del ricorrente, in €. 680,00 di cui €.360,00 per diritti, oltre Iva, Cap e spese generali.

E’ esecutiva.

Bari 17.3.2003

IL GIUDICE DI PACE

Avv. Giuseppe Frugis

 

Invio

avv.Frugis
 

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Data: 27/04/2003
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