Cassazione: via libera alle foto degli arrestati. Ma senza le manette

La Cassazione da il via libera alle foto delle persone arrestate purchè le si riprenda senza le manette ai polsi. La suprema Corte ha così bocciato un ricorso del Garante per la protezione dei dati personali contro la pubblicazione, da parte di un quotidiano, dell'arresto di un uomo accusato dell'omicidio di una studentessa e poi assolto dalla stessa Cassazione. Secondo i Giudici di Piazza Cavour "la pubblicazione delle immagini di una persona privata della liberta' personale deve ritenersi lecita senza che la stessa possa considerarsi inessenziale rispetto all'informazione". Anzi, sottolinea la Corte, "la rivelazione dell'immagine di un imputato, che costituisce certamente un dato personale, quando e' effettuata in relazione ad un fatto di interesse pubblico, quale nel caso di specie l'informazione della cittadinanza su eventi delittuosi, va ritenuta essenziale all'espletamento del diritto di critica". La Corte ha così convalidato la decisione del Tribunale di Milano che già in precedenza aveva ritenuto che "dalla foto pubblicata non risultasse lo stato di detenzione poiche' l'arrestato vi era rappresentato a mezzo busto senza che fossero visibili le manette ed in posa rilassata come gli esponenti delle forze dell'ordine che l'accompagnavano".


Cassazione: Notaio sbaglia a redigere protesto? Deve risarcire il danno

In caso di errore nella redazione del verbale di protesto, sussiste la responsabilità del Notaio che è quindi tenuto al risarcimento del danno cagionato. Lo ha stabilito la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. 7495/08) precisando che "in tema di risarcimento danni, il protesto cambiario, conferendo pubblicità 'ipso facto' all'insolvenza del debitore, non è destinato ad assumere rilevanza soltanto in un'ottica commerciale-imprenditoriale, ma si risolve in una più complessa vicenda 'di indubitabile discredito' tanto personale quanto patrimoniale, così che, ove illegittimamente sollevato, ed ove privo di una conseguente rettifica, esso deve ritenersi del tutto idoneo a provocare un danno patrimoniale in re ipsa anche sotto il profilo della lesione dell'onore e della reputazione del protestato come persona, a prescindere da suoi interessi commerciali".
Con questa decisione la Corte ha condannato un Notaio a risarcire i danni a un soggetto erroneamente indicato quale debitore nel protesto e ciò per la lesione alla sua reputazione e agli interessi commerciali.
 


 

Cassazione: manomorta sull'autobus? Si rischia il carcere

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. 12157/2008) ha stabilito che rischia il carcere chi fa la manomorta su un autobus. Gli Ermellini hanno infatti precisato che, sulla configurabilità del reato previsto e punito dall'art. 609 bis c.p. 'violenza sessuale', "la violenza richiesta non è soltanto quella che pone il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre tutta la resistenza voluta, tanto da realizzare un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta nel compimento insidiosamente rapido dell’azione criminosa, così venendosi a superare la contraria volontà del soggetto passivo".
Nell'impianto motivazionale della Sentenza, la Corte ha poi precisato che "la prova del legittimo impedimento a comparire dell'imputato deve essere fornita dall'interessato, non essendo configurabile in capo all'organo giudicante alcun obbligo di procedere d'ufficio alla sua acquisizione quando questa sia in atti insussistente o insufficiente" e che "grava sull'imputato l'onere di corredare l'asserzione d'impedimento a comparire della relativa documentazione in mancanza della quale il giudice non è tenuto a effettuare accertamenti d'ufficio, sicché una certificazione medica di malattia, rilasciata il giorno precedente l'udienza, con diagnosi di faringite febbrile, senza indicazione del grado d'alterazione, correttamente è stata ritenuta idonea a giustificare la mancata comparizione dell'imputato in giudizio per legittimo impedimento".
Con questa decisione la Corte ha reso definitiva la condanna di un uomo 'reo' di aver insistentemente toccato la coscia di una ragazza su un autobus


 

Cassazione: l'automobilista deve prevedere anche la spericolatezza delgi altri

Mettersi al volante e guidare con prudenza non basta ad evitare una responsabilità in caso di incidente. La Corte di Cassazione spiega infatti che l'automobilista deve anche "prevedere l'altrui condotta imprudente, negligente e, persino, imperita". Anche chi guida ubriaco e si trova coinvolto in un incidente puo' avere una colpa minore se l'altro conducente coinvolto e' venuto meno a questo obbligo. E' quanto emerge dalla sentenza 12361/2008 della quarta sezione penale della Corte che ha messo nero su bianco gli 'obblighi' cui devono sottostare gli automobilisti. La Corte ha così accolto ha cosi' accolto il ricorso di un uomo che,"alla guida di un'auto in stato di ebbrezza procedeva in ora notturna in un incrocio urbano alla velocita' di 90 km orari, ed entrava in collisione con un motorino sul quale si trovavano due minorenni". Nell'urto uno dei due minori era morto per lesioni letali, mentre l'altro aveva subito lesioni gravi. I giudici di merito avevano dato colpa esclusiva all'automobilista condannandolo per omicidio colposo, ma ora la Suprema Corte, accogliendo il suo ricorso ha rimesso in discussione le responsabilita' di ciascuno. Il motivo? Anche il "ciclomotorista doveva mettere in conto, nei limiti della normale prevedibilita', l'altrui condotta imprudente o negligente, e persino, imperita". E questo per "mettersi in grado di porvi riparo evitando danni a se stesso e agli altri, tra i quali non vi e' motivo di non ricomprendere anche il soggetto cui sia riferibile la condotta imprudente, negligente, imperita". Questo comportamento va assunto particolarmente nelle aree di "intersezione tra confluenti strade, essendo il punto ove piu' si addensano occasioni di conflitto tra utenti della strada". Ora la vicenda dovrà essere nuovamente esaminata dalla Corte d'appello di Bologna.

 


Cassazione: il figlio è uno spericolato? Se fa danni pagano mamma e papa'

Il figlio è un pirata della strada? Se procura danni pagano mamma e papà. Parola di Cassazione. E non importa se i due genitori si sono separati, la responsabilità rimane impegnata per entrambi anche se non vivono più sotto lo stesso tetto. I Giudici della Corte (Sentenza 7050/2008) hanno sottolineato che la "negligenza", l'"indisciplina" e l'"irresponsabilita'" dei ragazzi, specialmente quando sono alla guida di un veicolo (nel casso di specie un motorino) sono lo specchio di "carenze educative" imputabili ai genitori "i cui effetti si protraggono anche per il tempo successivo alla cessazione della coabitazione". In precedenza la Corte di Appello aveva escluso la responsabilità dei genitori sul rilievo che il ragazzo da due anni si era trasferito a vivere con il fratello per motivi di lavoro. Di diverso avviso la Corte che ha ricordato come della maleducazione dei figli minorenni continuano a rispondere i genitori anche se vivono lontani. L'eventuale allontanamento del minore dalla casa dei genitori, scrive la Corte "non vale di per se' ad esimere i genitori stessi da responsabilita', ove l'illecito comportamento del figlio sia riconducibile non all'omissione della contingente e quotidiana sorveglianza sul comportamento di lui, ma alle oggettive carenze educative".
 


Le soste voluttuarie di pochi minuti, insuscettibili di modificare le condizioni di rischio, non escludono la tutela dell'infortunio in itinere

Secondo quanto disposto dall’art. 2, comma terzo, del Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, recante norme in materia di “Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”, come modificato dall’art. 12 del Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38: “Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti”. Sempre secondo il medesimo testo normativo: “l’interruzione e la deviazione si intendono necessitate (e, quindi, rientranti nella nozione di “occasione di lavoro” ai fini della copertura assicurativa) quando sono dovute a causa di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti”. Ciò posto, sebbene il dettato del D.P.R. n. 1124/65 sopra citato sembrerebbe senz’altro escludere la copertura assicurativa in caso di c.d. “soste non necessitate” effettuate dal lavoratore, occorre però rilevare che la giurisprudenza di legittimità e di merito, ampliando l’ambito della tutela dell'infortunio in itinere rispetto alla previsione legislativa, ha distinto non solo le soste necessitate (quali, ad es., la necessita' di un breve riposo durante un lungo percorso o la necessita' di soddisfare esigenze fisiologiche) dalle soste voluttuarie (o non necessitate) ma, in questo secondo ambito, ha ulteriormente distinto tra le soste di pochi minuti, insuscettibili di modificare le condizioni di rischio, e quelle di apprezzabile durata e consistenza. Solo queste ultime escluderebbero la c.d. “occasione di lavoro” presupposto indefettibile per il configurarsi dell’infortunio in itinere. In altri termini, secondo la giurisprudenza ormai pacifica sul punto, la permanenza o meno della copertura assicurativa dipende dalle caratteristiche della sosta, ovvero dalle sue dimensioni temporali e dal verificarsi dell’aggravamento del rischio. La valutazione delle circostanze di fatto che caratterizzano l’interruzione non necessitata e' compito del Giudice del merito, il quale – al fine di verificare se nel caso concreto non venga eluso il carattere finalistico che giustifica la tutela dell'infortunio in itinere - potra' adottare criteri quali il tempo della sosta in termini assoluti, o in proporzione alla durata del viaggio. A questi principi si e' sostanzialmente attenuta anche la sentenza in commento laddove, confermando quanto deciso dal Giudice dell’appello ha affermato che le soste voluttuarie di pochi minuti, insuscettibili di modificare le condizioni di rischio, non escludono la tutela dell'infortunio in itinere. Avv. Giuseppe Salvi

Corte di Cassazione, sez. lavoro, sentenza del 18 luglio 2007, n. 15973 – Avv. Giuseppe