Cassazione: Compri il biglietto dai bagarini? Non è più reato

La Corte di Cassazione ha stabilito che non è più reato comprare i biglietti dai bagarini. I Giudici di Piazza Cavour giungono a tale decisione partendo da una considerazione di fatto e cioè che non è comportamento illegittimo, da parte dei bagarini, acquistare i biglietti. Da ciò ne discende che i biglietti dei bagarini sono da ritenersi di provenienza lecita e, pertanto, chi acquista i biglietti dai bagarini non commette reato. Con questa decisione i Giudici del Palazzaccio hanno annullato, senza rinvio, una sentenza del Tribunale di Taranto. Nella parte motiva della sentenza si legge che tale decisione è stata presa tenendo conto del fatto che tale comportamento non costituisce reato. Infine la Corte, riferendosi alla suddetta sentenza impugnata, la definisce illogica, contraddittoria e palesemente erronea.


 

Cassazione: giro di vite, chi è condananto per stupro si fa il carcere

D'ora in poi chi commette uno stupro, e riporta una condanna definitiva con sentenza passata in giudicato per il reato di violenza sessuale, fara' il carcere realmente, senza possibilita' di ottenere la sospensione della pena o l' applicazione di misure alternative. La Corte di Cassazione, a Sezioni unite penali, applica la linea dura nei confronti dei condannati per il reato di violenza sessuale e sancisce che, in tutte le ipotesi di condanna passata in giudicato per violenza sessuale, non e' piu' possibile sospendere l'esecuzione della pena. Il carcere diventa definitivo e si fa.

 


 

Cassazione: le caratteristiche del "mobbing"

"La lesione dell'integrità fisica e della personalità morale del prestatore di lavoro garantite dall'art.2087 c.c. si può realizzare con comportamenti materiali o provvedimenti del datore di lavoro indipendentemente dall'inadempimento di specifichi obblighi contrattuali previsti dalla disciplina del rapporto di lavoro subordinato. La sussistenza della lesione del bene protetto e delle sue conseguenze dannose deve essere verificata considerando l'idoneità offensiva della condotta del datore di lavoro che può essere dimostrata, per la sistematicità e durata dell'azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specialmente da una connotazione emulativa e pretestuosa, anche in assenza di una violazione di specifiche norme di tutela del lavoratore subordinato". È quanto ha di recente stabilito la Suprema Corte (Sent. n.4774/2006) che, nel pronunciarsi su un ricorso promosso da un lavoratore, ha individuato con precisione i connotati della condotta datoriale idonei ad integrare il cosiddetto "mobbing".


 

Cassazione: apertura del muro perimetrale e uso illegittimo della cosa comune

La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. 9036 del 19 aprile 2006) ha stabilito che costituisce uso illegittimo della cosa comune l'apertura, da parte di uno dei condomini, praticata nel muro perimetrale dell'edificio condominiale con lo scopo di mettere in comunicazione, e quindi creare un accesso, a un’area di proprietà esclusiva dello stesso condomino. La Corte ha infatti osservato che un'apertura nel muro perimetrale, costituisce comunque una pertinenza del condominio e, di conseguenza,  si porrebbe "un peso sul muro perimetrale comune, cedendosi a favore di soggetti estranei al condominio resistente, il godimento di un bene comune". Precisa infine la Corte che in realtà si costituisce a carico del condominio una servitù "per ottenere la quale è necessario il consenso scritto di tutti i partecipanti al condominio".
 


 
L’USO DELLA PAROLA “BUFFONE” NELL’AMBITO DI UN ATTACCO POLITICO A UN UOMO DI GOVERNO PUO’ RIENTRARE DELL’ESERCIZIO DEL DIRITTO DI CRITICA In quanto diretta a censurare comportamenti elusivi della legge (Cassazione Sezione Quinta Penale n. 19509 del 7 giugno 2006, Pres. Calabrese, Rel. Amato).
               
Piero Ricca, giornalista “free lance” è stato condannato dal Giudice di Pace di Milano alla pena della multa per avere offeso, nel giugno del 2003, l’onore e il decoro di Silvio Berlusconi, all’epoca Presidente del Consiglio dei Ministri, gridandogli, nei corridoi del Palazzo di Giustizia di Milano: “Fatti processare, buffone! Rispetta la legge, rispetta la democrazia o farai la fine di Ceausescu e di don Rodrigo”.
               
Il giudice non ha riconosciuto all’imputato l’esimente, da lui invocata, dell’esercizio del diritto di critica, sia perché ha ritenuto essere stato violato il limite della continenza, sia per il contesto in cui l’episodio si è verificato. Piero Ricca ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che l’esimente invocata avrebbe dovuto essergli riconosciuta in considerazione del particolare momento in cui l’episodio era accaduto, in quanto nel maggio del 2003 Silvio Berlusconi, al centro del dibattito politico SUL noto conflitto di interessi che lo riguardava, era imputato nel processo Sme a Milano, nell’ambito del quale ricorreva a tattiche dilatorie e inoltre promuoveva leggi “ad personam” (la “Cirami”, la legge sulle rogatorie internazionali, quella sul falso in bilancio). Nel ricorso il giornalista ha anche richiamato la decisione sul caso Oberschick pronunciata il 1 luglio  1997 dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha ritenuto che la parola “idiota” rivolta da un giornalista a un noto politico molto in vista in un articolo improntato a critica poteva essere considerata polemica, ma non costituiva gratuito attacco personale.
               
La Suprema Corte (Quinta Sezione Penale n. 19509 del 7 giugno 2006, Pres. Calabrese, Rel. Amato) ha accolto il ricorso. Il diritto di critica – ha affermato la Corte – può manifestarsi anche in maniera estemporanea, non essendo necessario che si esprima nelle sedi, ritenute più appropriate, istituzionali o mediatiche, ove si svolgono dibattiti fra i rappresentanti della politica ed i commentatori; diversamente, verrebbe indebitamente limitato, se non conculcato, il diritto di manifestazione del pensiero che spetta al comune cittadino; irrilevante, dunque, è la circostanza che nella specie la censura sia stata esternata nei corridoi di un palazzo di giustizia, che appare anzi particolarmente idoneo, come sede privilegiata, a suscitare riflessioni sul tema della legalità e del rispetto della legge. Che si tratti di una critica – ha osservato la Corte – lo si desume in maniera non dubbia dal fatto che l’imputato ha fatto seguire all’epiteto incriminato espressioni che suonano come forte riprovazione della condotta tenuta dal querelante come “homo publicus”; del carattere di critica politica dell’esternazione è conferma ulteriore l’evocazione del dittatore romeno Ceausescu e del personaggio manzoniano simbolo di sopraffazione ed arbitrio (don Rodrigo). E’ noto – ha rilevato la Corte – che il diritto di critica si concreta nella espressione di un giudizio o di un’opinione che, come tale, non può essere rigorosamente obiettiva; ove il giudice pervenga, attraverso l’esame globale del contesto espositivo, a qualificare quest’ultimo come prevalentemente valutativo, i limiti dell’esimente sono costituiti dalla rilevanza sociale dell’argomento e dalla correttezza di espressione. Il diritto di critica – ha precisato la Corte – riveste necessariamente connotazioni soggettive ed opinabili quando si svolge in ambito politico, in cui risulta preminente l’interesse generale al libero svolgimento della vita democratica; ne deriva che, una volta riconosciuto il ricorrere della polemica politica ed esclusa la sussistenza di ostilità e malanimo personale, è necessario valutare la condotta dell’imputato alla luce della scriminante del diritto di critica di cui all’art. 51 c.p. Il giudice di pace – ha osservato la Corte – ha estrapolato dalle frasi pronunciate dal Ricca il solo termine oggettivamente offensivo, negando l’esercizio del diritto di critica ed omettendo di contestualizzare, come dovuto, l’esternazione; al contrario, si adombrano nel caso di specie gli estremi dell’esimente in questione, della quale resta da accertare se sia stato rispettato il limite della continenza (o correttezza formale). La sentenza impugnata – ha concluso la Corte – va, pertanto, annullata con rinvio al giudice di pace di Milano, che motiverà congruamente in punto di continenza.