L’equo indennizzo previsto per gli impiegati pubblici ha natura retributiva e non risarcitoria – Non se ne deve tener conto nella liquidazione dei danni subiti dal dipendente in servizio – L’equo indennizzo previsto per i dipendenti dello Stato (o di altri enti pubblici) in caso di infermità derivante a causa di servizio ha natura retributiva e non risarcitoria, sicchè di esso non può tenersi conto né ai fini della liquidazione dei danni subiti dal dipendente nello svolgimento del servizio, anche se connessi a quell’infermità, né ad altri fini, quale la decorrenza del termine prescrizionale per l’esercizio dell’azione di risarcimento, diversi essendo i presupposti (l’equo indennizzo non richiede la colpa, come ritenuto da Cass. n. 11609/2005) e l’area coperta dai due istituti (Cassazione Sezione Lavoro n. 14576 del 22 giugno 2007, Pres. Vittoria, Rel. Fico
 
 

IL REATO DI DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA PUÒ ESSERE COMMESSO MEDIANTE LA DISTRIBUZIONE DI VOLANTINI Anche se non rechino l’indicazione “comunicato stampa” (Cassazione Sezione Terza Civile n. 13089 del 5 giugno 2007, Pres. Preden, Rel. Finocchiaro).
           Il reato di diffamazione a mezzo stampa può essere commesso mediante la distribuzione di volantini, anche se essi non rechino l’indicazione “comunicato stampa” né contengano la richiesta di pubblicazione.
           L’art. 595 cod. pen. sanziona la diffamazione a mezzo della “stampa” totalmente prescindendo dalla circostanza che si sia, o meno, a fronte di una pubblicazione periodica, o che lo stampato rechi, o meno, la notazione “comunicato stampa”.

IL REATO DI DIFFAMAZIONE PUÒ ESSERE CONSUMATO ANCHE MEDIANTE LA PRESENTAZIONE DI UNA QUERELA Ove contenga affermazioni lesive della reputazione di un soggetto (Cassazione Sezione Terza Civile n. 13027 del 4 giugno 2007, Pres. Vittoria, Rel. Vivaldi).
            Il reato di diffamazione può essere consumato anche mediante la presentazione di una querela contenente affermazioni lesive della reputazione di un soggetto.
           Per la sussistenza del delitto di diffamazione (con conseguente responsabilità risarcitoria a carico del suo autore), ricorre la comunicazione con più persone anche se i destinatari della comunicazione siano titolari di un pubblico ufficio, ove la comunicazione sia stata presentata impersonalmente all’autorità, essendo in tal caso implicita la partecipazione del suo contenuto ad una pluralità di persone.

Giudice Pace Salerno: parcheggi a pagamento senza esporre il grattino? No alla multa se non c’è proporzionalità tra posti gratuiti e quelli a pagamento

Il Giudice di Pace di Salerno ha annullato un verbale di contestazione elevato dalla Polizia Municipale a un automobilista ‘reo’ di aver parcheggiato la sua auto all'interno delle strisce blu senza aver esposto il grattino.
Nell'impianto motivazionale della sentenza il Giudice di Pace precisa di aver accolto le ragioni sostenute dai legali del Codacons per cui ha ritenuto la nullità della sanzione elevata in quanto la legge, e più in particolare l'articolo 7, 8° co. C.d.S., impone che vi sia proporzionalità tra i posti auto a pagamento e quelli gratuiti, e contiguità fra le aree destinate alle due tipologie di sosta.


Cassazione: rapina sul luogo di lavoro? Il trauma da diritto all'indennità per infortunio

In una recente pronuncia (Sent. n. 12875/2007) la sezione lavoro della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto da una donna, direttore di un'agenzia postale, che durante tre anni di servizio era rimasta coinvolta in due rapine a mano armata – nel corso delle quali le era anche stato azionato contro un estintore - che le avevano provocato un trauma emotivo sfociato in un grave stato ansioso ed in un rialzo della pressione arteriosa. I Giudici, in particolare, hanno ritenuto che la donna avesse diritto a percepire l'indennità Inail per infortunio sul lavoro anche se l'evento criminoso non poteva configurarsi quale causa unica dell'aggravamento delle patologie ma come mera concausa delle stesse. La preesistenza di uno stato patologico, in sostanza, non è a giudizio della Corte idoneo ad escludere il nesso causale quando l'infortunio ne aggrava le conseguenze. A sostegno della tesi i Giudici richiamano il principio sancito da una precedente sentenza (Cassazione n. 6722/2003) nella quale si afferma che "anche nella materia degli infortunati sul lavoro e delle malattie professionali trova applicazione la regola contenuta nell'art. 41 c.p., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, principio secondo il quale va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento, salvo il temperamento previsto nello stesso art. 41 c.p., in forza del quale il nesso eziologico è interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l'evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni" e conclude che "ai fini del riconoscimento del nesso causale tra malattia ed evento dannoso lavorativo non occorre che il secondo sia causa unica della malattia, ma è sufficiente che ne sia concausa o causa scatenante".
 


Cassazione: politico corre in auto? Va multato anche se deve partecipare a una riunione politica

La Corte Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. 12836/2007) ha ammonito i politici che corrono in auto con la scusante di dover prendere parte a una riunione politica e, ha precisato che il rispetto delle norme del Codice della Strada deve essere preteso da tutti e quindi anche dei politici.
I Giudici di Piazza Cavour, accogliendo il ricorso della Prefettura di Livorno, hanno respinto la tesi sostenuta in primo grado dal Giudice che sostanzialmente aveva giustificato il politico sostenendo che "la necessità di presenziare ad una riunione politica-programmatica indetta dal vice presidente del Consiglio dei ministri costituisce un adempimento di un dovere che consente di violare impunemente le norme del Cds" e hanno precisato che "il giudice di Pace si e' letteralmente inventato una causa di esclusione della responsabilità" per eccesso di velocità. Aggiunge poi la Corte che "l'esimente dell'adempimento di un dovere di cui all'art. 51 c.p. si riferisce a specifici comportamenti espressamente previsti da norme giuridiche o dall'ordine dell'Autorità, e non costituisce certo una giustificazione generale per ogni comportamento strumentale alla sua realizzazione".
 


 
IL DIPENDENTE PUBBLICO PORTATORE DI HANDICAP PUO’ ESERCITARE LA SCELTA PRIORITARIA FRA LE SEDI DISPONIBILI SOLO AL MOMENTO DELL’ASSUNZIONE In base alla legge 5 febbraio 1992 n. 104 (Cassazione Sezione Lavoro n. 14624 del 22 giugno 2007, Pres. De Luca, Rel. Curcuruto).
           
Renato C., dipendente del Ministero dell’Economia, con sede di lavoro in Trento, è stato inserito, nel luglio del 1999, nella graduatoria dei vincitori di un concorso per la qualifica di primo dirigente dell’Amministrazione finanziaria. Il relativo incarico gli è stato conferito il 21 febbraio 2001. Il 4 settembre 2001 egli è stato dichiarato portatore di handicap. Facendo riferimento all’art. 21 della legge n. 104 del 1992 egli ha chiesto il riconoscimento del suo diritto, in quanto portatore di handicap, alla scelta prioritaria della sede di lavoro esprimendo la preferenza per Sassuolo o, in alternativa per Carpi. Poiché l’amministrazione non ha accolto la sua domanda egli ha chiesto al Tribunale di Trento, tra l’altro, di affermare il suo diritto alla scelta della sede. Il Tribunale ha accolto la domanda, ordinando all’Amministrazione di formulare a Renato C. una proposta irrevocabile di incarico dirigenziale per le due sedi da lui scelte. Questa decisione è stata riformata dalla Corte d’Appello di Trento, che ha ritenuto che la tutela prevista dall’art. 21 della legge n. 104 del 1992 in materia di scelta della sede di lavoro riguarda solo i soggetti che siano portatori di handicap all’atto della costituzione del rapporto e non quelli che lo divengano successivamente. La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 14624 del 22 giugno 2007, Pres. De Luca, Rel. Curcuruto) ha rigettato il ricorso proposto dal dirigente. Il testo dell’art. 21 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 (Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) – ha ricordato la Corte – è il seguente: “(Art. 21 precedenza nell’assegnazione di sede) 1. La persona handicappata con un grado di invalidità superiore ai due terzi o con minorazioni iscritte alle categorie prima, seconda e terza della tabella A annessa alla legge 10 agosto 1950, n. 648, assunta presso gli enti pubblici come vincitrice di concorso o ad altro titolo, ha diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili. 2. I soggetti di cui al comma 1 hanno la precedenza in sede di trasferimento a domanda”.
           
Vi è dunque nella disposizione in esame – ha osservato la Corte – un esplicito collegamento tra l’assunzione e superamento della selezione concorsuale o altro titolo che consenta l’ingresso nella amministrazione pubblica; questo collegamento non si spiega se non ritenendo che la legge abbia inteso correlare il rilievo della situazione di handicap con il momento in cui il rapporto di lavoro si costituisce; non vi sarebbe infatti alcuna ragione di far riferimento alle modalità dell’assunzione (concorso o altro titolo) se non per sottolineare il collegamento temporale con il momento in cui si viene assunti. La legge – ha aggiunto la Corte – avrebbe infatti potuto anche riferirsi alla persona handicappata dipendente da un ente pubblico; in tal caso essa avrebbe inserito come elemento della fattispecie il solo rapporto di dipendenza e quindi questo rapporto avrebbe avuto rilievo anche in un momento successivo all’assunzione; invece non ha parlato di questo ma del momento dell’assunzione. In conclusione – ha affermato la Corte – è a colui che essendo già portatore di handicap venga assunto per concorso o in altro modo che trova applicazione la tutela. Per chi sia assunto senza essere handicappato la scelta prioritaria non è consentita