Cassazione: il Comune risponde quale custode dei danni arrecati all’utente della strada

Torna all'attenzione della Corte di Cassazione la questione relativa a "se, deducendosi da parte dell'utente della strada, una richiesta di risarcimento dei danni determinati da una situazione di pericolosità esistente nella strada, per la presenza di buche o dì trabocchetti o di qualsiasi altra situazione di rischio per la sicurezza, si debba far capo alla norma speciale che aggrava la responsabilità del soggetto agente cui si imputa il danno (nella specie il Comune, custode del demanio stradale comunale) o se invece si possa far capo alla norma generale del neminem laedere e privilegiare la presenza della insidia o del trabocchetto, secondo le note della imprevedibilità (nota soggettiva che attiene alla conoscenza del pericolo) o della imprevedibilità (nota oggettiva del rischio come fattore determinante dell'incidente)". I giudici di legittimità, terza sezione civile, chiamati a pronunciarsi in merito alla responsabilità del Comune di Roma per le lesioni subite da un motociclista, finito su una buca presente lungo il manto stradale, hanno condiviso (Sent. 4962/2007) la decisione ultima della Cassazione (Sent. 15383/06) che ha posto in evidenza due importanti punti sistematici, di intepretazione e di adattamento, ovvero: "a) il primo punto, sistematico interpretativo, definisce la natura oggettiva della responsabilità imputata al custode ai sensi dell’articolo 2051, in relazione al danno ingiusto derivato dalla cosa in custodia. Tale interpretazione non urta contro la ricostruzione unitaria della fattispecie dell’illecito civile, ma evidenzia un orientamento più favorevole alla vittima, che aggrava l'onere probatorio del soggetto agente (il custode) consentendo, come causa di esonero, la rigorosa prova del caso fortuito. Il caso fortuito rompe infatti il nesso di causalità, mentre non incide sulla imputabilità soggettiva, che nella colpa oggettiva è presunta. b) il secondo punto, sempre sistematico interpretativo, concerne la precisazione concettuale del custode, come titolare del potere dì custodia (di diritto ma anche come disponibilità di fatto), ed è potere funzionale, potere esigibile, ma tale funzione ed esigibilità deve essere valutata in concreto, e non tradursi in un principio astratto di esenzione di una parte forte (concessionario di autostrada, ente pubblico territoriale con gestione della rete stradale di appartenenza, o di altro servizio pubblico o di bene demaniale). Questo potere di accertamento della qualità e quantità di custodia, appartiene alla cognizione del giudice che deve applicare la norma ed il suo ambito, senza creare posizioni di vantaggio per la parte danneggiante, ma secondo un prudente apprezzamento delle circostanze e tenendo conto che la norma pone un rilevante onere della prova a carico della parte che risponde della responsabilità oggettiva".
 


 

 

 

Cassazione: Condannato per ubriachezza? Non può aprire attività di ristorazione

La prima sezione Civile della Corte di Cassazione (sentenza n.sentenza 9149/2007) ha stabilito che una condanna per reati relativi alla prevenzione dell'alcolismo preclude la possibilità di essere iscritti nel registro degli esercenti del commercio per aprire una attività di ristorazione.
L'iscrizione al Rec era stata già negata dalla Corte d'appello proprio in relazione all'accertamento di un "precedente penale per ubriachezza".
Rivolgendosi alla cassazione l'uomo aveva sostenuto che i giudici di merito non avevano tenuto conto del fatto che l'art. 688 del c.p., (che punisce appunto l'ubriachezza), e' stato depenalizzato.
I Giudici della Corte hanno respinto il ricorso precisando che la legge 287/1991 (Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi) esclude che "possa ottenere l'iscrizione nel registro degli esercenti colui che abbia riportato una condanna per reati concernenti la prevenzione dell'alcolismo".
Ciò che rileva ai fini dell'iscrizione, spiega la Corte "e' il fatto che il richiedente abbia riportato condanna per quel reato. E l'esistenza della condanna e' liberamente valutata dal giudice civile o amministrativo senza che la decisione penale possa in alcun modo vincolarlo". Per questo "fin quando non venga revocata, la decisione penale di condanna sopravvive all'abolizione del reato per il quale fu adottata. E tale sopravvivenza e' di per se' sufficiente a giustificare il diniego dell'iscrizione nel registro degli esercenti, per il quale rileva solo l'esistenza della condanna, indipendente da ogni considerazione per l'esistenza e la rilevanza giuridica del fatti oer il quale quella condanna fu pronunciata".