Cassazione: E' molesta anche telefonata muta e lampo, e può costare più di mille euro

E' molestia anche la telefonata muta e lampo. Farla, puo' costare piu' di mille euro. Anche se lo squillo dura solo qualche secondo e non si pronunciano parole, dice, infatti, la Corte di Cassazione, la chiamata e' idonea ad ''interferire sulla liberta' della persona'', dunque punibile per il reato di molestia. Applicando questo principio, la Suprema Corte ha reso defintiva la condanna per molestie ad una 30enne di Lentini, Carla C., 'rea' di avere effettuato una ''telefonata muta durata pochi secondi'' alla rivale in amore. Condannata dal Tribunale di Lentini nel febbraio del 2005, la ragazza si e' rivolta alla Cassazione per chiedere la sospensione della pena in quanto la chiamata ''muta e ''cosi' breve'' non era idonea ad interferire sulla liberta' della persona chiamata. La Cassazione (sentenza 5818), dichiarando 'inammissbile' il ricorso, ha sentenziato che anche se breve e muta la chiamata era ''idonea ad interferire sulla liberta' della persona chiamata'' e tale da ''ostacolare il suo lavoro per petulanza o altro biasimevole motivo''. Per effetto della inammissibilita' del ricorso Carla C., oltre alla multa per la telefonata molesta, e' stata anche condannata al pagamento di mille euro.
 

Intercettazioni: Cassazione, 'intrusione' va sempre motivata prima

Giro di vite della Cassazione sulle intercettazioni. Le Sezioni unite penali della Suprema Corte, infatti, stabiliscono che l''intrusione' puo' avvenire solo dietro decreto rigorosamente motivato prima di procedere alla intercettazione stessa. L'unico sistema, scrivono gli 'ermellini' che ''autorizza il ricorso a quegli strumenti operativi e rende legittima l'attivita' captativa che realizza in concreto quella 'formidabile capacita' intrusiva' che le e' connaturata. Una 'condizione', specificano ancora gli 'ermellini' nelle motivazioni contenute nella sentenza 2737, che ''deve essere assicurata ed assolta prima che l'attivita' medesima venga posta in essere''. Ne consegue, precisa la Suprema Corte che ha respinto il ricorso di Francesco C. nei confronti del quale e' stata confermata la custodia cautelare per una serie di imputazioni alle quali si era risaliti attrvaverrso intercettazioni disposte con decreto motivato dal pm, che ''per potersi procedere alle operazioni captative per mezzo di apparecchiature diverse da quelle in uso all'ufficio giudiziario, il pubblico ministero deve, innanzitutto, rendere al riguardo apposito provvedimento, ed assolvere nel contempo all'obbligo di dare motivata contezza della sussistenza di quei presupposti, giacche' l'attivita' captativa svolta con quelle diverse modalita' esecutive, derogatorie della regola generale, in tanto e' legittima in quanto un provvedimento al riguardo sia stato reso e dia contezza che quel previo dovuto controllo sia stato in effetti compiuto''.
 

Cassazione: in ufficio non mettetevi mai tra i due litiganti

'Non mettetevi mai tra i due litiganti' in ufficio. In caso di lesioni, infatti, non potrete rivendicare il risarcimento dall'Inail. La lesione riportata nel fare da 'paciere', infatti, anche se si e' verificata nel posto di lavoro non rientra nel 'rischio lavorativo'. Parola di Corte di Cassazione che ha defintivamente negato ad un dipendente dell'ospedale 'San Giovanni' di Crotone l'indennizzo assicurativo da lui rivendicato per avere rimediato una ''paralisi irreversibile del nervo radiale'' per aver tentato di sedare una lite tra due persone. Per la Suprema Corte, anche se l'uomo era intervenuto come ''paciere'', ha agito in base ad una ''scelta arbitraria, non giustificata ne' dai doveri imposti dall'art. 593 c.p. ne' da doveri di solidarieta' costituzionalmente previsti''. A Carmine M., questo il nome del portantino 'pacificatore', l'indennita' Inail era gia' stata negata sia dal Tribunale crotonese che dalla Corte d'appello di Catanzaro (agosto 2002). Invano il portantino si e' rivolto alla Cassazione. La sezione Lavoro (sentenza 1718/06) ha respinto il suo ricorso, sottolinenando che mettersi tra i due litiganti anche in ambiente di lavoro e' una pura ''scelta arbitraria del lavoratore'' che, paradossalmente, rischia di fare rimediare una ''incriminazione per rissa''. I 'pacificatori' sono avvertiti.

Calcio: Cassazione, sì a lacrimogeni no a mazze anche se chiuse in auto

Divieto di accesso allo stadio per chi porta mazze, anche se chiuse in auto, libero accesso invece a chi porta lacrimogeni. Lo dice la Corte di Cassazione intervenendo nel caso di due tifosi ai quali era stato imposto il divieto di entrare allo stadio all'uno, Andrea L. perche', durante le operazioni di 'prefiltraggio' era stato trovato con una mazza da baseball chiusa in auto. Al secondo, Danilo F. perche' trovato in possesso di sei fumogeni. I supremi giudici di Piazza Cavour, con due distinte sentenze della III Sezione penale composta dallo stesso collegio (sentenza 4497 e 4498), ha espresso due verdetti contrastanti perche' da un lato sostiene che si possa vietare ad un tifoso di entrare allo stadio in base al solo possesso di un oggetto atto ad offendere anche se chiuso nel bagagliaio dell'auto; dall'altra, invece, gli ermellini sostengono che non si puo' vietare lo stadio ai tifosi in possesso di fumogeni a patto che non ne facciano oggetto di lancio.