Corte dei Conti

Sezione Giurisdizionale Sicilia

Giudice Unico delle Pensioni Dott.ssa Calabresi

Sentenza 5 luglio 2004 n° 1620


 

 

FATTO

 

Con i ricorsi in epigrafe depositati rispettivamente il 13 febbraio 2002 e il 26 marzo 2002 la Signora C. Giovanna ricorre avverso il decreto di pensione definitiva n. 13/01 del 19 novembre 2001 dell’Agenzia delle Entrate Direzione Regionale della Sicilia, concernente l’annullamento del decreto di pensione definitiva n. 2/2000 del 17 febbraio 2000, per sentir dichiarare il diritto della stessa alla riliquidazione del trattamento pensionistico in misura corrispondente a quello liquidato nel decreto di pensione definitivo n. 2/2000 del 17 febbraio 2000, oltre rivalutazione ed interessi legali.

L’odierna ricorrente, ex dipendente del Ministero delle Finanze, è stata collocata a riposo a far data dall’1.9.1997 e, con provvedimento n. 97/57923 del 12.9.97, il Ministero delle Finanze – Direzione Regionale delle Entrate della Sicilia - ha conferito alla stessa il trattamento provvisorio di pensione per un importo annuo lordo pari a Lire 24.643.300, a decorrere dal 1.9.97.

Con decreto n. 2/2000 del 17 febbraio 2000 l’Agenzia delle Entrate ha attribuito alla ricorrente la pensione definitiva, il cui importo annuo lordo è stato fissato in Lire 28.252.900 a decorrere dal 1997.

Con successivo decreto n. 13/01 del 19 novembre 2001 dello stesso Ufficio è stato annullato il decreto definitivo di pensione n. 2/2000 ed è stato ridotto il trattamento pensionistico della ricorrente a Lire 25.261.900 annue.

La variazione in pejus della liquidazione definitiva è scaturita dal fatto che l’Amministrazione ha rivisto il proprio orientamento ed ha ritenuto non pensionabile l’indennità d’amministrazione istituita con l’art. 34, secondo comma lettera a) del CCNL del comparto ministeri del 16 maggio 1995 e confermata con l’art. 33 del CCNL del 16 febbraio 1999.

Ad avviso dell’Amministrazione, infatti, la natura dell’indennità in questione ha carattere non retributivo e, pertanto, non utile ai fini pensionistici.

La difesa della ricorrente afferma, al contrario, la natura retributiva di tale indennità in quanto, la stessa, ha natura fissa e ricorrente ed è corrisposta con carattere di generalità e continuità.

Sostiene, pertanto:

- l’illegittima esclusione dalla base retributiva pensionabile dell’indennità d’amministrazione, corrisposta ai dipendenti ministeriali ai sensi dell’art. 34 CCNL comparto ministeri del 1995, ai fini della determinazione della cd. quota .A . di pensione, ai sensi dell’art. 13 comma 1 del D.L.vo 30.12.1992 n. 503;

- la violazione dell’art. 2 commi 9 e 10 della legge 8 agosto 1995 n. 335 laddove, assoggettando l’Amministrazione l’indennità d’amministrazione al contributo pensionistico, nega poi alla stessa la natura retributiva;

- la contraddittorietà del comportamento dell’Amministrazione delle Finanze che, senza motivazione, modifica un trattamento pensionistico già liquidato in via definitiva non tenendo conto che .il divieto della reformatio in pejus del trattamento economico del pubblico dipendente riguarda il suo stipendio tabellare e le voci retributive di carattere fisso e continuativo con esclusione degli emolumenti variabili e provvisori sui quali, per il loro carattere di precarietà ed accidentalità, il dipendente non ha ragione di riporre affidamento. (Cons. Stato, sez. VI, 29 marzo 1990 n.414).

- la disparità di trattamento con altri colleghi della stessa Amministrazione che hanno visto riconosciuta la stessa indennità sul trattamento pensionistico di liquidazione.

Con memorie depositate in atti gli avvocati Barile, Croce e Rubino insistono per l’accoglimento del ricorso.

L’Agenzia delle Entrate - Direzione regionale della Sicilia, con memoria depositata in data 20 aprile 2002 chiede il rigetto del ricorso in quanto l’indennità d’amministrazione, oggetto della richiesta della ricorrente, è stata qualificata dall’art. 34 del CCNL, vigente all’epoca del collocamento a riposo della stessa, quale indennità accessoria e, come tale, inserita, ai sensi dell’art. 2, commi 9, 10 e 11 della legge

8.8.1995 n. 335, nella sola quota di pensione, classificata .B. prevista dall’art. 13, comma 1, lett. b) del D.L.vo del 30.12.1992 n. 503.

L’Amministrazione sostiene altresì di aver, in un primo momento, incluso la contestata indennità nella quota .A. nel momento della liquidazione delle pensioni definitive; ed i provvedimenti furono regolarmente ammessi alla registrazione dall’Ufficio di controllo atti delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti.

Successivamente l’Ufficio di controllo, cambiando indirizzo, non ha più ammesso al visto analoghi provvedimenti attesa l’impossibilità di procedere alla valutazione dell’indennità d’amministrazione nella quota A., ritenendo che gli oneri accessori debbano concorrere alla determinazione della quota .B. così come previsto dalla legge 335/95.

Con ordinanza n. 230/2000 questa Sezione Giurisdizionale ha respinto la richiesta di sospensione cautelare del decreto n. 13/01 del 19.11.2001 del Ministero dell’Economia e Finanze - Direzione regionale dell’Entrate concernente la rideterminazione della pensione definitiva, a decorrere dal 1° settembre 1997.

Successivamente, con ordinanza n. 02/A/04/ORD la Sezione d’Appello per la Regione Siciliana ha accolto la richiesta di sospensione; con la rata di marzo 2004 è stato sospeso il recupero del debito e sono state rimborsate le ritenute operate da gennaio 2004.


 

DIRITTO


 

In via preliminare viene disposta la riunione dei ricorsi iscritti ai nn. 24473/C e 24492/C del registro di

segreteria, in quanto connessi soggettivamente ed oggettivamente.

Nel merito il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Il D.lgs. n. 503/92 (norme per il riordino del sistema previdenziale dei lavoratori pubblici e privati) ha

introdotto all’art. 13 il nuovo sistema di calcolo della pensione il cui importo, a far tempo dal 1° gennaio 1993 deve essere determinato dalla somma:

- della quota di pensione corrispondente all’importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993 - cd. Quota A - da calcolare secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta (art. 13, comma 1 lett. a);

- della quota di pensione - cd. Quota B - corrispondente all’importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993 (art. 13, comma 1 lett. b) da calcolare secondo le disposizioni introdotte dal decreto legislativo stesso.

In linea con le indicate disposizioni, la cd. quota A di pensione rimane disciplinata dall’art. 43 del T.U. 29 dicembre 1973, n. 1092, nel testo sostituito dall’art. 15 della legge 29 aprile 1976, n. 177 che, dopo aver tassativamente indicato quali emolumenti vanno inseriti nel calcolo della pensione, recita all’ultimo comma: .agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne preveda espressamente la valutazione nella base pensionabile..

Successivamente, la legge 8/8/1995 n. 335, di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, allo scopo di armonizzare i diversi ordinamenti pensionistici, ha introdotto una differente accezione del concetto di pensionabilità di diretta derivazione dal sistema vigente nell’assicurazione generale obbligatoria gestito dall’INPS.

Secondo tale disposizione, a far tempo dal 1° gennaio 1996 tutti gli emolumenti corrisposti al lavoratore, ad eccezione di quelli tassativamente indicati nell’art. 12 della legge 30.4.1969, n. 153, sia che attengano al c.d. trattamento fondamentale che a quello accessorio, concorrono a formare la base contributiva e, quindi, correlativamente, per effetto della riforma introdotta, quella pensionabile.

Pensionabilità, peraltro, non retta dal criterio tassativo, che connota la precedente quota .A., ma da quello recato dall’art. 2, commi 9, 10 e 11 della legge 335/95.

Nelle more della definizione contrattuale degli istituti normativi e della retribuzione del personale dirigente è stata emanata la legge 2.10.1999, n. 334 che, all’art. 1, ha riconosciuto, nei confronti dei dirigenti generali, a titolo di anticipazione sul futuro assetto retributivo da definire in sede contrattuale, un’indennità di posizione, correlata alle funzioni dirigenziali attribuite, e pensionabile ai sensi dell’art. 13, comma 1 lett. a) del D.lgs. 503/92.

In questo quadro normativo va a collocarsi il CCNL di categoria del 5 aprile 2001 che, con riferimento alla retribuzione di posizione, fino ad allora considerata quale emolumento unitario (CCNL 94/97, direttiva Presidente del Consiglio dei Ministri 1° luglio 1999) ha innovativamente individuato due distinte componenti: una parte fissa ascritta al trattamento fondamentale al pari dello stipendio e della RIA, una parte variabile ricompresa, così come la retribuzione di risultato, nel trattamento economico accessorio.

Il thema decidendum del presente ricorso verte, pertanto, sull’accertamento della natura dell’indennità di amministrazione corrisposta ai sensi dell’art. 34, secondo comma, lettera a) del CCNL del comparto ministeri del 16 maggio 1995 e dell’art. 33 del CCNL del 16 febbraio 1999.

L’art. 34, comma 2, lett. a) del CCNL 1994/1997 ha istituito l’indennità di amministrazione quale compenso annuo, fisso e retributivo, definendola con carattere di generalità e di continuità (art. 29 c. 3 del CCNL 1994/1997), e quindi con elementi invariabili nel tempo.

L’art. 72 del D.lgs. n. 29/93 ha stabilito, altresì, che, contestualmente alla sottoscrizione dei primi contratti collettivi quali fonti normative disciplinanti il rapporto di pubblico impiego, sono abrogate le disposizioni che prevedono automatismi in tema di trattamenti economici accessori, comunque denominati, a favore di dipendenti pubblici.

I contratti collettivi fanno comunque salvi i trattamenti economici fondamentali ed accessori in godimento aventi natura retributiva ordinaria o corrisposti con carattere di generalità per ciascuna amministrazione o ente.

Invero, il CCNL 1994/1997 ha effettuato l’operazione di stabilizzare il trattamento accessorio che viene considerato, conseguentemente, parte integrante della retribuzione limitatamente agli istituti aventi carattere di generalità e continuità.

A questo proposito appare utile evidenziare che, secondo la tabella 1, p. 3 allegata al CCNL 1994/1997. Le indennità di amministrazione vengono corrisposte, di norma, nelle medesime fattispecie in cui viene erogato lo stipendio tabellare; vengono ridotte, perciò, pro-quota in casi di tempo parziale orizzontale ed al 50% in caso di sospensione cautelare per procedimento disciplinare.

Come per altre voci della retribuzione ordinaria, anche l’indennità di amministrazione è soggetta a ritenuta (tabella 4 allegata al contratto) in quanto, ai sensi dell’art. 2 comma 9 e 10 della legge 8 agosto 1995 n. 335, ogni elemento della retribuzione fissa mensile, ad esclusione dell’assegno per il nucleo familiare, va assoggettato al contributo ai fini della pensione, con decorrenza dal 1 gennaio 1996.

In buona sostanza, ogni elemento della retribuzione fissa mensile costituisce emolumento assoggettabile a ritenuta ai fini pensionistici e va, pertanto calcolato ai fini della determinazione della pensione.

L’art. 3 del D.P.R.1092/1973, peraltro, stabilisce che lo stipendio, la paga, la retribuzione o gli altri assegni personali spettanti ai dipendenti statali in attività di servizio sono assoggettati a ritenuta in conto entrate del Tesoro secondo le norme concernenti il trattamento economico di attività e, tale disposizione deve essere correlata con l’art. 15 comma 3, legge n.724/1994 nel quale è previsto che la pensione spettante debba essere determinata in base agli elementi retributivi assoggettati a contribuzione, compresa l’indennità integrativa speciale.

L’esame di tutte le predette disposizioni fanno affermare che il trattamento definito .indennità di amministrazione. debba essere considerato come elemento generale e costante della retribuzione e, in quanto tale, rientrante nella base pensionabile, ai sensi degli artt. 3 e 43 del D.P.R. n. 1092/1973, e parte integrante della retribuzione imponibile ai fini contributivi ed ai fini del calcolo della base pensionabile.

A maggior sostegno della esatta qualificazione giuridica della indennità di amministrazione. nell’ambito della retribuzione costituente la base pensionabile, basti richiamare la fonte normativa costituita dal successivo CCNL, oggi in vigore, per il periodo 1998/2001:

- l’art. 33 di detto contratto considera l’indennità di amministrazione quale elemento necessario nel processo di .perequazione delle retribuzioni complessivamente spettanti al personale del comparto. E richiama espressamente l’art. 34 comma 2, lett. a) del CCNL 1994/1997;

- l’art. 28 del CCNL 1998/2001 elenca nella struttura della retribuzione le diverse voci che la costituiscono includendovi espressamente la .indennità di amministrazione di cui all’art. 33. (che rinvia all’art. 34 del CCNL 1994/1997).

Può dirsi, allora, che è la stessa fonte normativa del contratto che, senza porre più alcuna distinzione tra trattamento fondamentale e trattamento accessorio, considera testualmente l’indennità di amministrazione parte dello stipendio base, quale riconoscimento delle effettive funzioni svolte quotidianamente.

Ritiene questo Giudice che la natura retributiva dell’indennità in questione possa ritenersi confermata anche dall’art. 17, comma 11 del CCNL del comparto ministeri del 16 maggio 2001, secondo cui .l’indennità di cui al presente articolo è corrisposta per dodici mensilità, ha carattere di generalità ed ha natura fissa e ricorrente..

Sulla stessa natura dell’indennità di amministrazione e dello stipendio ha avuto modo di pronunciarsi anche l’Amministrazione del Tesoro che, in occasione di un parere sulla sequestrabilità dell’indennità stessa, ha testualmente osservato che .la denominazione indennità attribuita all’assegno in questione, appare collegata alla funzione di conservazione del trattamento economico già in godimento, sottesa alla norma che ne ha previsto l’istituzione. Occorre tenere presente, nondimeno, che il diritto alla percezione dell’indennità in discorso è ricondotto, di norma, alle medesime fattispecie in cui viene erogato lo stipendio tabellare, per espressa previsione del terzo comma della tabella 1, allegato .B. al più volte citato contratto collettivo nazionale.... (nota n. 62204 del 23 dicembre 1996 della Direzione Generale dei Servizi Periferici del Ministero del Tesoro).

Dalla lettura delle norme di settore emerge, quindi, che l’indennità di amministrazione, è emolumento avente carattere di generalità e continuità, e, in quanto tale, rientrante nella base pensionabile nel calcolo della quota A) di cui all’art. 13 D.lgs. n. 503/1992.

Tale norma, infatti, disciplina il passaggio dal vecchio al nuovo sistema di calcolo della pensione per i dipendenti statali, stabilendo, per una quota della base pensionabile, il riferimento all’importo relativo all’anzianità contributiva acquisita anteriormente alla data dell’1.1.1993.

Per tale periodo, la pensione deve essere determinata sulla base dell’art. 43 del D.P.R. 1092/73, integrato dalla successiva evoluzione normativa che ha introdotto la contrattazione collettiva quale fonte primaria di regolamentazione del rapporto di pubblico impiego; al riguardo, non può negarsi che i contratti collettivi nazionali di lavoro portano alla valutazione della base pensionabile comprensiva della indennità di amministrazione la quale, per le sue caratteristiche, costituisce un elemento fisso e continuativo della retribuzione percepita.

Recentemente la Sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle Amministrazioni

dello Stato, nell’adunanza congiunta del 26 febbraio 2004, modificando indirizzo giurisprudenziale, ha deliberato nel senso di affermare la legittimità dell’operato dell’Amministrazione laddove, la stessa, ha inserito nella quota .A. di pensione l’importo della retribuzione di posizione, nelle due componenti fissa e variabile (Deliberazione n. 2/2004/P) anche se il Collegio, nella delibera de qua ha più volte ribadito che l’indennità in discussione mantiene, a suo parere, la .natura variabile ed accessoria..

La Sezione centrale di controllo, nella delibera de qua ha ritenuto che l’avvenuto frazionamento dell’emolumento, originariamente ricompreso in quota .A. nella sua interezza, non potesse determinare una differenziata collocazione, ai fini della pensione, in quota A e in quota B, in quanto, nel disporre in ordine all’emolumento, l’innovazione introdotta dal contratto di categoria consiste nel rendere fissa una parte della retribuzione di posizione .di importo uguale per tutti, impermeabile ai cambiamenti di incarico e costante anche in caso di assenza temporanea di funzioni. attraendola nel trattamento economico fondamentale (art. 38, comma 3 CCNL) che assorbe l’indennità in discorso.

Non si può escludere, a parere della Sezione di controllo, che il rapporto di derivazione con l’indennità di cui alla legge 334/97 si ponga con l’intera retribuzione di posizione, nelle due componenti fissa e variabile, e che, conseguentemente, entrambe mutuino il requisito della pensionabilità in quota A.

Per tutto quanto sopra esposto, ritiene questo Giudice che l’indennità di amministrazione, per il suo carattere di generalità e continuità, debba essere considerata nella base pensionabile per il calcolo della quota A) di cui all’art. 13 D.Lgs. n. 503/1992

 

PQM

 

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, il Giudice Unico per la Pensioni, definitivamente pronunciando accoglie il ricorso della sig.ra C. Giovanna e, per l’effetto, dichiara il diritto della ricorrente alla rideterminazione del trattamento pensionistico con l’inclusione dell’indennità di amministrazione, corrisposta ai dipendenti ministeriali ai sensi dell’art. 34 comma 2 del CCNL comparto ministeri del 16.5.1995 e dell’art. 33 del successivo CCNL del 16.2.1999 nella cd. quota .A . di pensione, di cui all’art. 13 comma 1 lett. a) del D.L.vo 30.12.1992 n. 503;

Le somme spettanti a seguito della rideterminazione del trattamento pensionistico sono maggiorate con la rivalutazione monetaria e con gli interessi legali, con decorrenza dalla scadenza dei singoli ratei pensionistici e fino al soddisfo ove essa risulti superiore agli interessi legali, e senza cumulo con quest’ultimi, restando in caso diverso attribuibili solo gli interessi medesimi.