REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L’ABRUZZO

L’AQUILA

Ric.   n.479/93

Sent. n.

Anno 2003

 
 

nelle persone dei Signori

Santo Balba Presidente, rel. ed est.

Luciano Rasola Consigliere

Maria Luisa De Leoni Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n.479/93 proposto dal sig. (omissis) Roberto, rappresentato e difeso dall’avv. Pierluigi Pezzopane e domiciliato elettivamente presso il suo studio in L’Aquila, via Sassa, n.16;

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato presso la quale domicilia in L’Aquila, Portici di San Bernardino, n.3;

per la declaratoria

del diritto alla corresponsione di emolumenti per lavoro straordinario svolto e non liquidato.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Visti gli atti tutti della causa;

Udito alla pubblica udienza del 9 luglio 2003 il relatore pres. Balba e uditi altresì l’avv. Fausto Corti (per delega dell’avv. Pezzopane) per il ricorrente e l’avv. dello Stato Fabio Tortora per l’amministrazione resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

Esposizione del fatto

Con ricorso notificato il 24/4/1993 il dott. Roberto (omissis), Vice Questore aggiunto della Polizia di Stato, in servizio presso la sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale dell’Aquila, adiva questo Tribunale chiedendo l’accertamento del diritto al compenso per lavoro straordinario da lui svolto (oltre le 39 ore mensili medie previste dall’amministrazione dell’Interno con circolare n.558/A/661S.TER del 2/2/91 in relazione alla qualifica rivestita) per ordine del magistrato del Pubblico Ministero per far fronte a impellenti e indilazionabili esigenze di servizio: compenso più volte richiesto all’amministrazione di appartenenza ma dalla stessa denegato per pretese difficoltà finanziarie e per mancanza di preventiva autorizzazione.

A sostegno della pretesa dedotta in giudizio, quantificata in lire 4.847.291 al netto delle ritenute (in applicazione del D.P.R. 5/6/90 n.147), il ricorrente dichiarava di esperire azione di arricchimento senza causa (art.2041 c.c.), sottolineando da un lato che le prestazioni lavorative da lui rese su ordine del magistrato oltre quelle normativamente previste costituiscono arricchimento senza causa, la cui utilità è stata espressamente riconosciuta dall’amministrazione (Procura della Repubblica) competente a valutare, richiedere e utilizzare l’attività lavorativa del personale assegnato alle sezioni di polizia giudiziaria; e deve essere perciò retribuito, a prescindere dalla preventiva autorizzazione, peraltro improponibile nella fattispecie per le peculiarità della stessa che non consente di precisare preventivamente il fabbisogno di prestazioni straordinarie che si modulano in rapporto alle diversificate e reali esigenze delle indagini di polizia giudiziaria.

Resisteva al ricorso l’amministrazione intimata, chiedendone (nell’atto di costituzione e in successivo scritto difensivo) la reiezione siccome inammissibile (riferendosi i rilievi formulati dal ricorrente sull’indebito a materia civilistica) e infondato (le prestazioni lavorative svolte oltre il limite massimo consentito non essendo assistite dalla preventiva necessaria autorizzazione).

Chiamato all’odierna udienza pubblica, il ricorso passava in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso -- (che pretende la declaratoria del diritto a compenso per prestazioni lavorative rese dal ricorrente in eccedenza al previsto limite massimo su disposizione del magistrato della Procura della Repubblica presso il Tribunale dell’Aquila – sezione di polizia giudiziaria - presso la quale prestava servizio e quantificato nella somma complessiva di £. 4.847.291 oltre interessi e rivalutazione monetaria) -- è fondato e va accolto.

Al riguardo si deve però preliminarmente affermare che, alla stregua di insegnamento giurisprudenziale consolidato, che il collegio condivide, ai fini della retribuibilità del lavoro straordinario dei pubblici dipendenti in linea generale è necessaria l’autorizzazione formale e preventiva delle prestazioni in plus orario, al fine di controllare, nel rispetto dell’art.97 Cost., la reale esistenza delle ragioni di pubblico interesse che rendono necessario il ricorso a prestazioni lavorative eccedenti l’orario normale di servizio; in via eccezionale, per contro, e solo in caso di prestazioni rese per improcrastinabili esigenze di servizio, è ipotizzabile che l’autorizzazione (normalmente formale e preventiva) intervenga successivamente a sanatoria (cfr. ex plurimis tra le decisioni più recenti Cons. di Stato, Sez. VI, 10/4/2003, n.1899; 14/3/2002, n.153).

Premesso quanto sopra in linea generale, con specifico riguardo al caso in esame, se, da un lato, si deve dare atto che nella fattispecie le prestazioni lavorative straordinarie svolte dal ricorrente non trovano copertura in atti autorizzativi formali e preventivi; dall’altro, va sottolineato che la tipologia del servizio prestato (servizio connesso a indagini di polizia giudiziaria definite “inderogabili né delegabili” dal competente magistrato della Procura, il quale di volta in volta certificava che le prestazioni lavorative straordinarie erano richieste e rese per esigenze di servizio) induce a ritenere che le ore di lavoro straordinario prestate dal ricorrente non fossero in qualche modo da lui evitabili, e fossero piuttosto in un certo senso imposte e tali sostanzialmente da doverle ritenere preventivamente autorizzate; in ogni caso esse risultano espressamente autorizzate dal P.M. della Procura della Repubblica presso il Tribunale dell’Aquila, il solo in grado di attestare la necessità di quelle prestazioni e le ragioni di pubblico interesse per giustificare il ricorso a prestazioni lavorative eccezionali nel rispetto del principio di buon andamento enunciato nell’art.97 della Costituzione.

Le considerazioni svolte sono sufficienti per accogliere il ricorso, dichiarandosi il diritto del ricorrente al compenso per le ore di lavoro straordinario prestate nei mesi di marzo-aprile 1990; settembre-dicembre 1992 e gennaio-febbraio 1993 e non pagate; il compenso stesso, quantificato nel ricorso in lire 4.847.291 (non contestato dall’Amministrazione) deve essere aumentato da interessi e rivalutazione cumulati fra loro (trattandosi di credito retributivo sorto anteriormente all’entrata in vigore delle norme di legge che hanno sancito il divieto di cumulo (artt.16 comma 6 legge 30/12/1991 n.412 e 22 comma 36 legge 23/12/1994 n.724) dalla notificazione del ricorso, come chiede espressamente il ricorrente, all’effettivo pagamento; e l’Amministrazione conseguentemente deve essere condannata al pagamento del relativo importo.

La conclusione cui si è pervenuti sconta evidentemente la reiezione della preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso adombrata dalla difesa dell’amministrazione resistente ad avviso della quale sarebbero irrilevanti e inidonei a sostenere la pretesa dedotta in giudizio i rilievi svolti dal ricorrente in ordine all’indebito e all’arricchimento senza causa. Al riguardo sembra sufficiente osservare che, a prescindere dall’azione formalmente evocata dal ricorrente a sostegno della pretesa dedotta in giudizio, quest’ultima trova fondamento in generali principi dell’ordinamento giuridico vigente (prima e oltre che in ragioni di ordine etico) in forza dei quali le prestazioni lavorative rese dal lavoratore dipendente nell’interesse dell’amministrazione devono essere regolarmente retribuite.

Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza nella liquidazione che se ne fa in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo - L’Aquila, definitivamente pronunciando sul ricorso sopra indicato, lo accoglie e, per l’effetto, dichiara il diritto del ricorrente al compenso per lavoro straordinario reso in eccedenza il previsto limite massimo, condannando l’Amministrazione dell’Interno al pagamento in suo favore della somma complessiva di lire 4.847.291, come quantificata in ricorso, con interessi e rivalutazione dalla notificazione del ricorso all’effettivo pagamento nei sensi precisati in motivazione.

Condanna l’Amministrazione medesima a rifondere al ricorrente spese e onorari del giudizio, che liquida nella somma complessiva di € 1.000,00 (euro mille).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso a L’Aquila nella camera di consiglio del 9 luglio 2003.

Santo Balba  Presidente, estensore 
 
 
 

     Pubblicata mediante deposito in segreteria il 
 

     Il Segretario generale 
 
 
 

     Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo - L’Aquila 
 

     A norma dell’art.87 del regolamento di procedura n.642/1907, copia conforme alla presente è stata trasmessa a:  
 
 
 

      L’Aquila, li  
 

                  Il Direttore della Segreteria

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Ric. n.479/93