REPUBBLICA ITALIANA N.              Reg.Sent.
In nome del popolo italiano N.  Reg.Ric.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione Prima ter, composto dai Signori Magistrati:  

 
 

Luigi Tosti Presidente

Salvatore Mezzacapo Consigliere, est.

Ada Maria Russo                       Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 11137/2004 Reg. Gen., proposto da (omissis), rappresentato e difeso dall’Avv. Alberto Angeletti presso lo studio del quale è elettivamente domiciliato in Roma, via G. Pisanelli n. 2

CONTRO

il Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, nno costituito in giudizio

per l'annullamento

del decreto del Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza del 4 giugno 2004 con cui è respinta l’istanza del ricorrente intesa alla riammissione in servizio.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le difese delle parti costituite;

Viste le memorie difensive per l’udienza di discussione del ricorso;

Visti gli atti tutti della causa;

Udito alla pubblica udienza del 7 luglio 2005 il magistrato relatore, Consigliere Salvatore Mezzacapo;

Uditi altresì gli avvocati delle parti costituite come indicati nel verbale di udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

      Il ricorrente ha prestato servizio per oltre trenta anni nella Polizia di Stato ed è stato dispensato dal servizio per inidoneità permanente nella forma assoluta.

Avverso tale determinazione il ricorrente ha proposto ricorso al Tar del Lazio, respinto con sentenza 2685/98, appellata con giudizio ancora pendente.

Nel frattempo, essendo venuta meno ad avviso dell’interessato, l’infermità per la quale era stato dispensato, lo stesso ha chiesto di essere riammesso in servizio, anche previo trasferimento in corrispondenti qualifiche di altri ruoli della Polizia di Stato o di altre amministrazioni dello Stato.

Ha quindi impugnato innanzi a questo Tribunale il diniego opposto dall’amministrazione, motivato con la mancanza, allo stato, di vacanze disponibili.

Il T.A.R. del Lazio, con sentenza n. 4818 del 2003, ha accolto il predetto ricorso rilevando come in concreto, contrariamente a quanto ritenuto dall’Amministrazione, i posti vacanti esistevano. La citata sentenza è stata quindi confermata in appello con pronuncia della IV Sezione del Consiglio di Stato n. 7757 del 2003.

In particolare, il primo giudice ha osservato che “…il Ministero, stante l’esistenza di posti vacanti, annullato l’atto impugnato, dovrà procedere oltre nell’istruttoria finalizzata all’eventuale riammissione in servizio del ricorrente, mentre sarebbe prematura la disposizione di una consulenza tecnica d’ufficio sulla condizione fisica e psichica del ricorrente, poichè questo accertamento spetta in via prioritaria all’amministrazione, che non lo ha ancora effettuato solo in quanto riteneva di non avere disponibilità di posti”. Il ricorso dunque è stato accolto, “fatti salvi i provvedimenti dell’amministrazione”.

Formatosi il giudicato, l’odierno ricorrente diffidava in data 1 marzo 2004 l’Amministrazione a voler dare piena ed integrale esecuzione al giudicato medesimo. Perdurando l’inerzia dell’Amministrazione, espone il ricorrente di aver presentato ricorso per ottemperanza dinanzi a questo Tribunale, altresì rappresentando che, nelle more della presentazione del ricorso per ottemperanza, riceveva comunicazione in data 13 gennaio 2004 con cui il Ministero siginificava l’impossibilità di dare esecuzione al giudicato, avendo il ricorrente superato il limite massimo d’età previsto per la cessazione dal servizio degli appartenenti al ruolo dei sovrintendenti della Polizia di Stato. Nelle more della fissazione della camera di consiglio per la trattazione del giudizio di esecuzione (R.G. n. 6317/2004), il Ministero dell’interno ha depositato un nuovo provvedimento con il quale, preso atto del parere negativo espresso dalla Commissione di cui all’art. 69 del D.P.R. n. 335 del 1982, ha respinto l’istanza di riammissione in servizio.

Avverso detto ultimo provvedimento del 4 giugno 2004 è dunque proposto il presente ricorso, a sostegno del quale deduce il ricorrente violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241 del 1990, con riguardo alla lamentata violazione delle regole procedurali poste dalla richiamata normativa di legge, violazione dell’art. 60 del D.P.R. n. 335 del 1982 e dell’art. 132 del resto unico n. 3 del 1957 nonché eccesso di potere per ilogicità, omessa istruttoria, omessa valutazione di presupposti, difetto di motivazione, violazione del giudicato. Lamenta in particolare il ricorrente il carattere apodittico, illogico e discriminatorio delle motivazioni portate a sostegno del diniego di riammissione con riguardo all’età del ricorrente medesimo ed al periodo di servizio che rimarrebbe fino al collocamento a riposo.

Acquisiti a seguito di apposita istruttoria i criteri di massima dettati dalla Commissione per i sovrintendenti della Polizia di Stato in tema di riammissione inservizio, di cui alla delibera del 22 novembre 1984, il ricorrente ha prodotto motivi aggiunti con cui, in sostanza, ribadisce la illegittimità del rigetto dell’istanza di riammissione in servizio.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione dell’interno affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.

Alla pubblica udienza del 7 luglio 2005 la causa è stata rimessa in decisione, in esito alla discussione orale.

D I R I T T O

Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.

Un primo punto fermo è che il ricorrente è cessato dal servizio poiché dispensato per inidoneità permanente nella forma assoluta. Quindi, la sua istanza di riammissione in servizio del 13 maggio 1999, è stata illegittimamente respinta, per come ricordato nella narrativa in fatto, avendo l’Amministrazione fatto indebito riferimento alla indisponibilità di vacanze in organico, laddove vi era disponibilità di posti. Non a caso con la sentenza di accoglimento avverso quel rigetto dell’istanza di riammissione in servizio, il T.A.R. del Lazio ha rilevato che “…il Ministero, stante l’esistenza di posti vacanti, annullato l’atto impugnato, dovrà procedere oltre nell’istruttoria finalizzata all’eventuale riammissione in servizio del ricorrente, mentre sarebbe prematura la disposizione di una consulenza tecnica d’ufficio sulla condizione fisica e psichica del ricorrente, poichè questo accertamento spetta in via prioritaria all’amministrazione, che non lo ha ancora effettuato solo in quanto riteneva di non avere disponibilità di posti”. In altri termini, annullato in sede giurisdizionale il diniego di riammissione per erroneità della motivazione posta a suo fondamento (l’asserita mancanza di posti), è risorto l’obbligo dell’Amministrazione di dare risposta all’istanza del ricorrente, emendata ovviamente del vizio riscontrato ed accertato dal giudice. Peraltro, l'annullamento giurisdizionale di un provvedimento, se basato sul difetto di motivazione, non preclude infatti all'Amministrazione il potere di rinnovare l'atto con lo stesso contenuto, a condizione che l'annullamento giurisdizionale sia intervenuto per vizi di ordine formale e l'Amministrazione non sia nel frattempo decaduta dal potere di provvedere (cfr. T.A.R. Napoli, 15 maggio 2003 n. 5799). Nel caso di specie, peraltro, la riedizione del potere amministrativo è prospettata come doverosa dal giudice che ha annullato il primo diniego dell’istanza di riammissione (il Ministero…..dovrà procedere oltre nell’istruttoria finalizzata all’eventuale riammissione in servizio del ricorrente).

Del resto, ciò è quanto avvenuto nel caso di specie: confermata in appello la prima pronuncia favorevole con decisione del Consiglio di Stato del novembre del 2003, l’Amministrazione, nella dichiarata volontà di dare così esecuzione al giudicato formatosi, è tornata nuovamente a provvedere sulla originaria istanza di riammissione in servizio a suo tempo presentata dal ricorrente, sulla scorta del parere medio tempore acquisito dalla Commissione di cui all’art. 69 del D.P.R. n. 335 del 1982. Ciò che era inibito all’Amministrazione era di riprodurre l’atto avversato con la medesima motivazione, già censurata dal giudice amministrativo, ben potendo, per come avvenuto, riprodurre un avviso negativo ma sulla scorta di elementi di fatto e di diritto diversi, che a loro volto possono essere e sono stati censurati innanzi al giudice amministrativo.

Tutto ciò premesso, occorre ora aver riguardo alle nuove motivazioni che sorreggono il rinnovato diniego della medesima istanza di riammissione in servizio, non senza preliminarmente ricordare che in materia, nel caso appunto che vi sia vacanza di posto in organico, l'Amministrazione gode di ampia discrezionalità nel valutare se riammettere in servizio o meno il dipendente che ne ha fatto richiesta e può quindi limitare preventivamente la propria discrezionalità, stabilendo i criteri in base ai quali valutare se accogliere o meno la domanda. Ed e ciò che peraltro ha fatto la resistente Amministrazione, riferendosi il Collegio ai criteri di massima adottati in data 22 novembre 1984 dalla Commissione per i sovrintendenti della Polizia di Stato (cfr. Cons. Stato, IV Sezione, 23 settembre 2003 n. 4078 che ha ritenuto legittimo che l'Amministrazione della Polizia di Stato fissasse preventivamente un limite di età quale criterio di massima al quale attenersi nell'esame delle istanze di riammissione in servizio dei dipendenti). Tra i richiamati criteri di massima vi è infatti quello di esprimere parere contrario nei confronti del personale che “non sia in possesso di età adeguata al compiuti espletamento del servizio di polizia, rapportato alla qualifica” e che “a causa del periodo di interruzione del servizio nel ruolo della Polizia di Stato, per il suo complesso di durata e di utilizzazione da parte del richiedente, non sia in possesso dei requisiti necessari ai compiti di istituto”. In aderenza ai ricordati criteri di massima, il diniego ora avversato si regge, per relationem, su quanto osservato in sede di parere dalla Commissione per i sovrintendenti, ad avviso della quale “in considerazione dell’età avanzata (57 anni) ed in relazione al tempo trascorso dalla cessazione (quattro anni poiché cessato nel 1995) il Correale non può svolgere i propri compiti istituzionali per un tempo adeguato e conveniente all’Amministrazione (il limite massimo di servizio è di 60 anni d’età) ed inoltre l’assenza di ben quattro anni fa ragionevolmente pensare che non abbia le necessarie  garanzie per svolgere i compiti istituzionali con adeguata professionalità”. E’ doveroso osservare che, essendo il ricorrente nato il 29 maggio 1942, allorquando l’Amministrazione rileva il dato relativo all’età del richiedente ed al lasso di tempo trascorso dalla cessazione del servizio opera correttamente con riferimento alla data dell’istanza di riammissione in servizio, e cioè alla data del 13 maggio 1999, in pratica rivisitando l’istanza di riammissione ora per allora per come doveroso in presenza dell’annullamento del primo diniego per difetto di motivazione.

Orbene, anche al di là della sussistenza di adeguati criteri di massima, è pacifico che nel decidere sull'istanza di riammissione in servizio proposta da un ex dipendente, l'Amministrazione deve valutare l'opportunità del reinserimento dello stesso nella propria struttura organizzativa in relazione ad una serie di elementi (età, salute, qualità del servizio prestato, ragioni della sua risoluzione ), dai quali possa desumersi la rispondenza all'interesse pubblico della riassunzione, dal che consegue peraltro che l'interessato non ha alcun diritto soggettivo ad ottenere la riammissione, pur se nell'organico sia disponibile il relativo posto (cfr. Cons. Stato, I Sezione, 15 novembre 2000 n. 900). Con specifico riguardo al dato dell’età, merita anche di essere ricordata la pronuncia del Cons. Stato, IV Sezione, 11 dicembre 1998 n. 1783, che ha ritenuto legittimo il diniego opposto alla domanda di un magistrato dichiarato decaduto dall' impiego per non aver assunto servizio nel termine perentorio assegnatogli, motivata con riferimento all'età avanzata del richiedente ed al suo prolungato distacco dall'Ordine giudiziario.

Ad avviso del Collegio, e sulla scorta delle considerazioni innanzi formulate, non può allora dubitarsi della legittimità, e prima ancora della logicità e della ragionevolezza dell’avversato diniego di riammissione in servizio. Ed infatti, attesa la ampia discrezionalità che caratterizza nel caso di specie l’esercizio del potere amministrativo e la logicità ed intima coerenza dei criteri di massima di cui l’Amministrazione ha fatto poi concreta applicazione, non può non rilevarsi la congruenza sia del dato relativo all’età “avanzata” del ricorrente, tale non certo da un punto di vista strettamente anagrafico, ma sicuramente quanto alla carriera del personale della Polizia di Stato (57 anni di età alla data della domanda di riammissione, a fronte di un limite massimo di servizio pari a 60 anni d’età) che del dato relativo all’intervallo intercorso tra cessazione dal servizio e domanda di riammissione in servizio (ben quattro anni). Ragionevolmente i segnalati elementi depongono dunque nel senso della non rispondenza all'interesse pubblico della richiesta riassunzione.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni. il ricorso va rigettato poiché infondato.

Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione interna Prima Ter, RESPINGE il ricorso proposto da (omissis), di cui in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 luglio 2005. 
 

Luigi Tosti Presidente

Salvatore Mezzacapo                 Giudice est.