REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 
 
N.        Reg. Sent.

Anno 2005

 
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO
N. 15738 Reg. Ric.

Anno 1995

 
- Sezione I-bis -
 

 
 
 

ha pronunciato la seguente

Sentenza

sul ricorso n. 15738 del 1995, proposto da ................, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alessandro Martini e Nino Caminiti, presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliato, in Roma, via XX Settembre n. 4

contro

il Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è elettivamente domiciliato, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12

per l'annullamento

Visto il ricorso con la relativa documentazione;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 19 gennaio 2005 il dr. Roberto POLITI; uditi altresì i procuratori delle parti come da verbale d’udienza.

Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:

Fatto

Espone il ricorrente – Vice Ispettore della Polizia di Stato – di essere stato adibito, nel corso di un servizio ultratrentennale, ad attività lavorative contrassegnate da modalità di espletamento aventi carattere fisicamente molto impegnativo e disimpegnate in condizioni ambientali sovente avverse.

Ricoverato nel 1993 presso l’Ospedale di Imola, veniva quindi dimesso da tale nosocomio, a seguito di intervento chirurgico, con la conclusiva diagnosi di “lobectomia superiore destra e linfoadenectomia per carcinoma polmonare destro di tipo epidermoidale”.

La richiesta di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle descritte infermità riceveva un giudizio negativo ad opera sia della Commissione Medica di Bologna, che della Commissione Medica di II istanza.

Impugna ora il ricorrente il parere – confermativo del giudizio reso dagli organi sanitari sopra indicati – espresso dal Collegio Medico Legale presso il Ministero della Difesa, sulla base dei seguenti argomenti di censura:

  1. Illegittimità per violazione di legge per violazione ed errata applicazione dell’art. 64 del D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, del D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686, come riformato dal D.P.R. 20 aprile 1994 n. 349;
  2. Illegittimità per eccesso di potere per illogica e contraddittoria motivazione, contraddittorietà fra provvedimento adottato e presupposti fattuali, disparità di trattamento.

Assume parte ricorrente che l’infermità dal medesimo contratta sia ascrivibile alla 6^ categoria, misura massima, di cui alla Tabella A annessa alla legge 313/68; sostenendo che il carattere particolarmente gravoso del servizio prestato si porrebbe quale antecedente causale per l’insorgenza della riscontrata neoplasia, come del resto confermato anche da taluni orientamenti medico-legali e della giurisprudenza amministrativa.

Lamenta quindi l’interessato che l’avversato giudizio non riveli carattere di logica conseguenzialità rispetto alle circostanze fattuali (segnatamente, la natura e le caratteristiche del servizio prestato) a fondamento dell’insorgenza della riscontrata patologia; conclusivamente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L'Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 19 gennaio 2005.

Diritto

1. Contesta parte ricorrente il giudizio con il quale il Collegio Medico Legale (C.M.L.) presso il Ministero della Difesa ha respinto la richiesta volta al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia “esiti di lobectomia e linfoadenectomia mediastinica in pregresso carcinoma polmonare”, confermando il giudizio negativo precedentemente espresso dalla Commissione Medica Ospedaliera di Bologna e dalla Commissione Medica di II grado.

2. Va preliminarmente rammentato, al riguardo, come la giurisprudenza abbia avuto reiteratamente modo di chiarire che:

Nel procedimento finalizzato alla liquidazione dell'equo indennizzo i due pareri (del C.P.P.O. e della C.M.O.) non rivestono, dunque, equiordinata valenza: dimostrandosi, per l’effetto, insuscettibili di essere posti su un piano paritario di valutazione agli effetti della determinazione da assumere e fra i quali scegliere, motivatamente, ove discordanti.

La Commissione Medica Ospedaliera è, infatti, l'organo che l'Amministrazione ha l'obbligo di interpellare nel procedimento preordinato ad accertare la dipendenza dell'infermità da causa di servizio, ed è anche l'unico organo tecnico legittimato ad intervenire in detto procedimento.

In quello successivo – preordinato a valutare la fondatezza della pretesa del pubblico dipendente alla liquidazione dell'equo indennizzo e nel quale essa non ha titolo per intervenire – il parere da essa già reso costituisce solo un elemento di conoscenza (e, quindi, un mero antecedente, al quale non può essere annessa alcuna valenza condizionante) di cui il C.P.P.O. deve tenere conto – unitamente all'avviso del Consiglio di Amministrazione (ove richiesto) e agli altri elementi forniti dall'Amministrazione e dall'istante – prima di esprimere le proprie definitive conclusioni di tutti i presupposti di legge in ordine alla liquidazione della prestazione richiesta.

Posto, dunque, che l’ordinamento affida al C.P.P.O. il compito di esprimere un giudizio conclusivo anche sulla base delle conclusioni rassegnate dalla Commissione Medica Ospedaliera, ne consegue che, in quanto momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi resi da altri Organi precedentemente intervenuti, il parere reso da tale organo si impone all'Amministrazione, la quale è tenuta solo a verificare:

3. In altri termini, alla Commissione Medica Ospedaliera è rimessa la funzione di valutare soltanto gli aspetti medico-legali del caso sottoposto al suo esame, mentre il Comitato è chiamato ad un'indagine finale ben più complessa che investe tutti gli aspetti individuati dall'ordinamento come rilevanti ai fini del decidere, e cioè non solo quelli sanitari, ma anche quelli tecnico amministrativi.

Il giudizio formulato dalla Commissione Medica Ospedaliera in sede di accertamento della dipendenza da causa di servizio delle infermità denunciate dal dipendente non pregiudica quindi – né, a fortiori, condiziona – il diverso ed autonomo giudizio del C.P.P.O. in sede di concessione dell'equo indennizzo; ben potendo il Comitato stesso negare l'ascrivibilità di talune delle riscontrate infermità a categoria pensionistica, a condizione che dia compiutamente atto delle ragioni dello scostamento dal precedente giudizio della Commissione ospedaliera (Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre 2002 n. 6613; T.A.R. Lazio, sez. II, 10 settembre 1997 n. 1382; T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 12 settembre 1997 n. 442; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 5 giugno 1996 n. 383).

L’Amministrazione, in presenza di pareri tecnici di segno opposto resi da organi consultivi diversi nel corso del procedimento di cui si discute, non ha, pertanto, l'obbligo di motivare la scelta in favore dell'uno o dell'altro; disponendo invece in questa fase di un solo parere – quello, appunto, reso dal C.P.P.O. – il quale ben può assurgere a fondamento della conclusiva determinazione provvedimentale, previa verifica:

Segue da ciò che l'obbligo della motivazione incombe non già sull'Amministrazione (che non dispone neppure delle cognizioni tecniche necessarie) ma solo sul C.P.P.O.: il quale, in presenza di un giudizio medico-legale reso da un organo tecnico, sia pure in altro precedente procedimento, ove ritenga di non condividerlo deve esplicitare le ragioni del proprio dissenso (Cons. Stato, sez. IV, 23 marzo 1982 n. 160, 9 maggio 1985 n. 174, 15 settembre 1992 n. 764, 27 aprile 1993 n. 483 e 6 giugno 1997 n. 616; T.A.R. Lazio, sez. I, 8 novembre 1978 n. 929 e T.A.R. Calabria, Reggio Calabria 20 novembre 1991 n. 450).

Se è vero che, come affermato in giurisprudenza, il C.P.P.O. agisce, ai fini del procedimento di riconoscimento dell'equo indennizzo, quale organo tecnico esprimente pareri tecnico-discrezionali, non censurabili in sede di giudizio di legittimità salvo che per illogicità (cfr. Cons. Stato, sez. II, 20 marzo 1996 n. 228/96), deve allora ritenersi che l'ambito espansivo al riguardo individuabile nell'esercizio del sindacato giurisdizionale, lungi dal trasmodare in preclusi apprezzamenti di merito, non possa eccedere dalla ricognizione del percorso logico-argomentativo che ha condotto all'espressione del parere; conseguentemente potendosi valutare se, in base agli elementi conoscitivi confluiti nel procedimento, il giudizio espresso si ponga all'interno delle divisate coordinate di legittimità (evidenziate dall'apparato motivazionale esplicitato in occasione della formulazione dell'avviso dall'ordinamento rimesso a tale organo).

Laddove emerga, con carattere di assoluta evidenza, lo svolgimento di un approfondito apprezzamento e la compiuta valutazione dei rilevanti elementi e circostanze, si rivela dunque precluso, in capo all'adito organo di giustizia amministrativa, un sindacato che, fuori dalla verifica della legittimità estrinseca del giudizio (e, conseguentemente, della legittimità del provvedimento sulla base di esso adottato), si esprima in un pratico "rifacimento" del parere medico-legale, con riveniente apprezzamento nel merito delle valutazioni condotte dall'organo a ciò deputato.

4. Le considerazioni in precedenza svolte – e, con esse, il delineato ambito di sindacabilità del giudizio medico a presupposto del provvedimento emesso dall'Amministrazione in materia di equo indennizzo – inducono a dare atto dell'incondivisibilità delle censure in esame.

I giudizi resi dalla Commissione Medica Ospedaliera e dalla Commissione Medica di II grado, nonché il successivo parere del Collegio Medico Legale (in data 26 aprile 1995) hanno concordemente escluso la riconducibilità a fatti di servizio della patologia diagnosticata a carico9 dell’odierno ricorrente.

In particolare, il C.M.L. si è soffermato:

concludendo, quindi, che – anche in ragione del mancato riscontro, in capo al ricorrente, di “infermità bronchiali a carattere cronico” durante e nel corso del servizio – dovesse escludersi la riconducibilità a causa di servizio della patologia precedentemente indicata.

5. Nel ribadire l’esclusa censurabilità del parere medico-legale, nell'ambito del giudizio di legittimità, fuori dal ricorrere di tipologie inficianti sub specie dell'eccesso di potere per omessa e/o insufficiente motivazione, per travisamento dei fatti, ovvero per palese illogicità – ipotesi che, quanto alla sottoposta fattispecie, non si dimostrano ravvisabili – deve conseguentemente escludersi la fondatezza delle dedotte censure.

Il ricorso deve, conseguentemente, essere respinto; tuttavia rilevando il Collegio la presenza di giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione I-bis – respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 19 gennaio 2005, con l’intervento dei seguenti magistrati:

Roberto POLITI – Presidente, relatore, estensore

Pietro MORABITO – Consigliere

Roberto CAPONIGRO – Primo Referendario 
 

IL PRESIDENTE – ESTENSORE


 
 

Ric. n. 15738/1995