Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I quater , sentenza n. 7609/2005

Il Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio

Sez. I Quater

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 13999/02 proposto dal signor C. C., rappresentato e difeso dall’Avv. R. Gozzi ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Roma, via Simone de Saint Bon, 61;

contro

IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

dell’atto comunicato con fax n. 0294484/35914 del 14.10.2002, col quale si nega la riammissione in servizio del ricorrente nel ruolo della polizia penitenziaria, su istanza del medesimo, dopo una intervenuta dispensa dal servizio stesso per infermità, con successivo passaggio nel ruolo civile dell’amministrazione;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Viste le memorie depositate dalle medesime parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 20 giugno 2005, il Consigliere G. De Michele e uditi i difensori delle parti come da verbale di udienza in data odierna;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Attraverso il ricorso in esame, notificato il 10.12.2002, si contesta il diniego opposto dall’Amministrazione – con atto comunicato tramite fax n. 0294484/35914 del 14.10.2002 – ad una istanza di riammissione in servizio nel corpo di polizia penitenziaria, presentata il 3.6.2002 dopo la cessazione delle ragioni di inidoneità fisica, che avevano determinato il passaggio del dipendente in questione nel ruolo civile dell’Amministrazione.

Nell’atto sopra citato si rappresenta testualmente quanto segue: "ai sensi degli articoli 42 e 80 del D.Lgs. 30.10.1992, n. 443 non può essere riammesso il personale dispensato dal servizio per infermità e il personale trasferito ad altri ruoli dell’Amministrazione penitenziaria non può essere riammesso nel ruolo di provenienza".

Avverso tale atto, nell’impugnativa vengono prospettati i seguenti motivi di gravame:

-violazione degli articoli 132 del D.P.R. n. 3/1957 e 42 del D.Lgs. n. 443/1992; illegittimità costituzionale dell’art. 80 del D.Lgs. n. 443/1992; eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, illogicità e contraddittorietà manifeste, nonché carenza di motivazione, essendo applicabile nella fattispecie la norma del T.U. sul pubblico impiego – richiamata dall’art. 42 del D.Lgs. n. 443/1992 – che prevede la riammissione del personale "cessato dal servizio per dimissioni, collocamento a riposo o decadenza dall’impiego nei casi previsti dalle lettere b) e c) dell’art. 127" e che è stato dichiarato illegittimo con sentenza n. 3 del 26.1.1994 della Corte Costituzionale "nella parte in cui non comprende, tra le fattispecie di cessazione del rapporto di pubblico impiego, in ordine alle quali è possibile la riammissione in servizio, la dispensa dal servizio per motivi di salute"; non potrebbe non essere ritenuto costituzionalmente illegittimo, pertanto, l’art. 80 del D.Lgs. n. 443/92, secondo cui "il personale di cui ai commi 1, 3 e 5 dell’art. 75, trasferito ad altri ruoli dell’Amministrazione penitenziaria o ad altre Amministrazioni dello Stato, non può essere riammesso nel ruolo di provenienza".

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, sottolinea l’impossibilità di riammissione per il personale di polizia penitenziaria, per le specifiche disposizioni contenute negli articoli 42, 75 e 80 del D.Lgs. n. 443/1992; quanto sopra, in corrispondenza dell’interesse pubblico allo svolgimento del peculiare servizio di polizia penitenziaria da parte di soggetti pienamente idonei sul piano fisico; una volta accertato, come nel caso di specie, una assoluta e permanente inidoneità fisica, pertanto, il rientro nel Corpo sarebbe stato giustificatamene escluso dal legislatore.

Nella situazione in esame, peraltro, risulta che il ricorrente abbia firmato per accettazione il giudizio medico della CMO, che lo dichiarava inidoneo in modo assoluto e permanente al servizio svolto ed aveva consapevolmente presentato istanza di transito nei ruoli civili dell’Amministrazione, assumendo poi regolare servizio in qualità di collaboratore amministrativo, con conseguente insussistenza di qualsiasi obbligo per l’Amministrazione di procedere ad ulteriori accertamenti medico-legali.

DIRITTO

In base alla motivazione dell’atto impugnato, il Collegio è chiamato ad affrontare la seguente, duplice questione:

a) preclusività, o meno, dell’art. 42 del D.Lgs. 30.10.1992, n. 443[1], in ordine alla possibilità di riammissione in servizio – ex art. 132 del D.P.R. 10.1.1957, n. 3– del personale di polizia penitenziaria, che sia stato dispensato dal servizio stesso per ragioni di salute;

b) in caso di risposta affermativa al quesito, di cui al precedente punto a), applicabilità dell’istituto della riammissione in servizio ai casi in cui sia intervenuto passaggio ad altri ruoli dell’Amministrazione, ai sensi dell’art. 75 del medesimo D.P.R. n. 443/1992, nonostante la preclusione enunciata nel successivo art. 80.

Per quanta riguarda il primo problema proposto, in effetti, il Collegio stesso ritiene che possa ritenersi fondata la censura di violazione delle norme richiamate (art. 132 D.P.R. n. 3/1957 e art. 42 D.Lgs. n. 443/1992), la prima delle quali è stata dichiarata incostituzionale, con pronuncia della Suprema Corte 26.1.1994, n. 3, nella parte in cui non prevede che il dipendente dispensato dal servizio per motivi di salute possa chiedere di essere riammesso in caso di guarigione, tale da consentire il regolare svolgimento del lavoro di istituto.

Detta pronuncia, di natura cosiddetta additiva, è stata ritenuta sufficiente per consentire ai pubblici dipendenti, che si trovino nella situazione sopra indicata, di avvalersi dell’istituto di cui al citato articolo n. 132 delD.P.R. n. 3/1957[2] (cfr. in tal senso Cons. St., sez. VI, 4.7.1994, n. 1129, nonché – per quanto riguarda la natura ampiamente discrezionale del potere dell’Amministrazione di decidere sull’istanza, secondo le esigenze organizzative della medesima – sez. IV, 25.5.1989, n. 343; sez. II, 29.1.1990, parere n. 225 e successiva giurisprudenza pacifica).

Il medesimo principio, ad avviso del Collegio, deve essere riconosciuto applicabile agli agenti di polizia penitenziaria, anche se l’art. 42, secondo comma, del D.Lgs. n. 443/1992 dispone formalmente che non possa "essere riammesso il personale dispensato dal servizio per infermità": tale disposizione, infatti, segue l’enunciazione – contenuta nel primo comma della norma – della applicabilità dell’art. 132 del D.P.R. n. 3/1957 per la riammissione in servizio del personale del corpo di polizia penitenziaria, di modo che – secondo un’interpretazione adeguatrice rispetto ai principi costituzionali e, quindi, senza che occorra sollevare questione di costituzionalità rispetto alla lex specialis – la preclusione di cui trattasi non può che ritenersi esclusa, quando sia venuta meno l’infermità che aveva determinato la cessazione del rapporto di lavoro (cfr. in tal senso TAR Toscana, 20.12.1999, n. 1102).

Quanto sopra, in considerazione delle ragioni fatte proprie dalla Suprema Corte, che ha rilevato come la dispensa dal servizio per ragioni di salute si fondi su una situazione (lo stato di infermità) "ovviamente indipendente dalla volontà dell’interessato" e che "non può considerarsi in assoluto irreversibile, tanto più alla luce delle odierne cognizioni della scienza medica", tanto da dover ritenere che "l’avere precluso in radice, sulla base evidentemente di una presunzione assoluta di irreversibilità dello stato di infermità, la possibilità di riammissione di chi sia stato dispensato dal servizio per motivi di salute integri la violazione del principio di eguaglianza", implicando un trattamento "irrazionalmente deteriore", rispetto ai soggetti ammessi alla reintegrazione del rapporto di lavoro, interrotto per altre cause.

Tenuto conto, dunque, delle considerazioni sopra riportate, la disposizione contenuta nell’art. 42 del D.Lgs. n. 443/1992 assume una diversa valenza, dovendosi intendere come preclusiva di valutazioni di opportunità, circa la riammissione in servizio di un dipendente, quando l’allontanamento del medesimo sia dipeso non da un atto volontario, ma da ragioni oggettive discendenti da valutazioni tecnico-discrezionali, superabili – queste ultime – solo in via eccezionale, in presenza di una modifica della situazione di fatto presupposta.

Le considerazioni sopra enunciate, d’altra parte, suggeriscono una chiave di lettura del citato art. 42 del D.Lgs. n. 443, che non può non estendersi al successivo art. 80, secondo il quale "il personale di cui ai commi 1, 3 e 5 dell’art. 75, trasferito ad altri ruoli dell’Amministrazione penitenziaria o ad altre Amministrazioni dello Stato non può essere riammesso nel ruolo di provenienza".

Le norme cui il medesimo art. 80 fa riferimento, infatti, riguardano appunto il personale giudicato non idoneo per motivi di salute ad un determinato servizio nella amministrazione penitenziaria, ma in grado di assolvere ad altre funzioni presso la medesima o altre amministrazioni, con possibile passaggio, pertanto, ad altri ruoli.

Anche rispetto a tale personale non può ammettersi un trattamento deteriore – in caso di guarigione, nonché di manifestata volontà di riprendere il servizio originario – in rapporto a soggetti che, in quanto presumibilmente affetti da patologie più gravi o non disponibili a svolgere altre funzioni, siano stati del tutto dispensati dal servizio.

Per la medesima logica in precedenza enunciata, pertanto, il Collegio ritiene che anche del predetto art. 80 sia possibile una lettura adeguatrice, che escluda l’incostituzionalità della norma, circoscrivendone la portata a fattispecie in cui debba escludersi ogni apprezzamento discrezionale dell’Amministrazione – nei casi di trasferimento per motivi di salute ad altro servizio – in rapporto alla riammissione nel ruolo di provenienza: fattispecie, quelle appena indicate, che debbono ritenersi limitate ai casi in cui permangano oggettive ragioni di inidoneità fisica all’impiego, ferma restando una possibilità di rivalutazione della situazione, ove i presupposti del trasferimento siano successivamente venuti meno (dovendosi ritenere sempre possibili, in tale situazione, nuovi accertamenti e nuove scelte organizzative dell’Amministrazione stessa: quanto sopra, per una interpretazione conforme ai già ricordati principi di rilevanza costituzionale, che si oppongono ad una presunzione assoluta di irreversibilità dello stato di infermità e richiedono pari trattamento del personale, intenzionato – su tale base – ad avvalersi dell’istituto di cui al citato art. 132 D.P.R. n. 3/1957).

Anche in relazione alla problematica, di cui al precedente punto b), il Collegio ritiene dunque che possano condividersi le ragioni difensive ricondotte ad irrazionalità della norma, ove interpretata come preclusione assoluta ad operare le valutazioni anzidette, in presenza di sopravvenuta insussistenza di qualsiasi ragione di inidoneità fisica (inidoneità che si poneva come unica ragione giustificatrice – secondo la stessa Amministrazione resistente – della esclusione operata dal legislatore, "in corrispondenza dell’interesse pubblico allo svolgimento del peculiare servizio di polizia penitenziaria da parte di soggetti pienamente idonei sul piano fisico" e che costituiva l’unico presupposto del richiesto trasferimento ad altro ruolo).

Per le ragioni esposte, in conclusione, il ricorso viene accolto, con assorbimento delle altre censure prospettate e conseguente annullamento dell’atto impugnato; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, si ravvisano giusti motivi per disporne la compensazione.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, (Sez. I quater), ACCOGLIE il ricorso n. 13999/02, specificato in epigrafe e, per l’effetto, ANNULLA il diniego di riammissione in servizio del ricorrente, comunicato con fax n. 0294484/35914 del 14.10.2002.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 20 giugno 2005, con l'intervento dei Magistrati:

Presidente Pio Guerrieri

Consigliere est. Gabriella De Michele

Consigliere Giancarlo Luttazi

 

 

 

Depositata in Segreteria il 28 settembre 2005

[1] L’art. 42 D. lgs. n. 443/1992 ("Ordinamento del personale del corpo di polizia penitenziaria, a norma dell’art. 14 , comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395") è il seguente:

1. La riammissione in servizio del personale del corpo di polizia penitenziaria è disciplinata dall’articolo 132 del Testo Unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.

2 . Non può essere riammesso il personale dispensato dal servizio per infermità.





[2]
L’art. 132 D.P.R. n. 3/1957 (" Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato") stabilisce che l'impiegato con qualifica inferiore a direttore generale, cessato dal servizio per dimissioni o per collocamento a riposo o per decadenza dall'impiego nei casi previsti dalle lettere b) e c) dell'art. 127, può essere riammesso in servizio, sentito il parere del Consiglio di amministrazione. Può essere riammesso in servizio l'impiegata dichiarata decaduta ai sensi della lettera a) dell'art. 127, quando la perdita della cittadinanza italiana si sia verificata a seguito di matrimonio contratto con cittadino straniero e l'impiegata abbia riacquistata la cittadinanza per effetto dell'annullamento o dello scioglimento del matrimonio. L'impiegato riammesso è collocato nel ruolo e nella qualifica cui apparteneva al momento della cessazione dal servizio, con decorrenza di anzianità nella qualifica stessa dalla data del provvedimento di riammissione. La riammissione in servizio è subordinata alla vacanza del posto e non può aver luogo se la cessazione dal servizio avvenne in applicazione di disposizioni di carattere transitorio o speciale.