N. 0045

ANNO 2004

REG. DEC.

N.810 Reg. Ric.

ANNO 1992

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLE MARCHE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n.810 del 1992 proposto dal sig. XXXXXXXXXXXXX, rappresentato e difeso dall’avv. Maurizio Discepolo ed elettivamente domiciliato in Ancona, Viale della Vittoria n.7;

contro

- il MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempo-re, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege, in Ancona, Piazza Cavour n.29;

- il sig. CAPO della POLIZIA ed il sig. QUESTORE di ANCONA, pro-tempore;

per l’accertamento

del diritto alla percezione, a decorrere dal mese di gennaio del 1987, di uno stipendio base mensile pari all’importo di L.1592.229, ovvero alla somma maggiore o minore che verrà ritenuta spettante, oltre accessori ed emolumenti ulteriori, con condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento delle differenze stipendiali, oltre interessi legali ed indennità di rivalutazione monetaria a decorrere dalle singole date di maturazione dei crediti, previo annullamento di ogni atto presupposto, inerente o consequenziale.

   Visto il ricorso con i relativi allegati;

   Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

   Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

   Visti gli atti tutti della causa;

   Relatore, alla pubblica udienza del 17 dicembre 2003, il Consigliere Giancarlo Giambartolomei;

   Uditi, altresì, l’avv. Maurizio Discepolo per il ricorrente e l’avv. Gabriele Moneta per l’Amministrazione resistente;

   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1.- Il sig. ------------, arruolatosi nel Corpo delle Guardie di P.S. in data 1° settembre 1996, al momento della riforma della Polizia rivestiva la qualifica di Maresciallo di 2^ classe ed era inquadrato, ai sensi della L. n.121 del 1981 e della L. n.336 del 1982, Ispettore Principale a decorrere dal 25 giugno 1982; in data 7 giugno 1986 lo stesso era promosso Ispettore Capo.

      Con ricorso notificato il 10 giugno 1992 il sig. ------------- ha chiesto l’accertamento del proprio diritto a percepire, a decorrere dal mese di gennaio del 1987, uno stipendio base mensile pari all’importo di L. 1.592.229, ovvero alla somma maggiore o minore che verrà ritenuta spettante, oltre accessori ed emolumenti ulteriori, con condanna del-l’Amministrazione resistente al pagamento delle differenze stipendiali, oltre interessi legali ed indennità di rivalutazione monetaria a decorrere dalle singole date di maturazione dei crediti, previo annullamento di ogni atto presupposto, inerente o consequenziale.

      Fonda la sua domanda nella mancata o non corretta applicazione nei propri confronti dell’art.2, co.22/bis del D.L. 21 settembre 1987, n.387, convertito in legge 20 novembre 1987, n.472, anche in riferimento all’art.36 della Costituzione.

      Dal momento che il ricorrente percepisce (così afferma) uno stipendio base mensile inferiore rispetto a quello corrisposto ad altri dipendenti (in particolare, all’Ispettore Principale Sartori Serafino, inquadrato nello stesso livello ma in qualifica inferiore) dovrebbe porsi rimedio alla sperequazione stipendiale mediante applicazione della disposizione sopra richiamata.

      Il Ministero dell’Interno si è costituito ed ha prodotto (in data 10 e 14 novembre 2003) memorie alle quali ha controdedotto il sig. ------------ con scritti difensivi del 6 dicembre 2003.

2.- La pretesa non ha fondamento ed il ricorso è infondato.

      L’art.2, co.22/bis della L. n.472 del 1987, che ha introdotto il meccanismo della perequazione economica (c.d. “galleggiamento”), consentiva l’allineamento stipendiale del personale del Ministero del-l’Interno solo se appartenente alla medesima qualifica e con riferimento ai trattamenti economici aventi il carattere della generalità (al personale della Polizia di Stato con trattamento stipendiale inferiore a quello spettante al pari qualifica, avente pari o minore anzianità, ma promosso successivamente, doveva essere attribuito il trattamento economico di quest’ultimo).

      Il ricorrente ha avuto applicato l’istituto nel 1992 e lo stipendio percepito dal collega (il sig. Sartori) preso a riferimento per dimostrare l’esistenza di una discriminazione perpetrata a suo danno non è valido elemento di comparazione in quanto i due soggetti messi a confronto non avevano pari qualifica (condizione alla quale la norma subordinava l’applicabilità dell’istituto).

      Ad ogni buon fine, dirimente ed assorbente è il rilievo che l’art.2 co.22/bis della L. n.472 del 1987 è stato abrogato in forza dell’art.2, co.4, del D.L. 11 luglio 1992, n.333, convertito dalla legge 8 agosto 1992, n.359, e dell’art.7, co.7, del D.L. 19 settembre 1992, n.384, convertito dalla L. 14 novembre 1992, n.438, per il quale l’art.2, co.4 citato va interpretato nel senso che dalla sua entrata in vigore non possono essere più adottati provvedimenti d’allineamento, ancorché aventi effetto anteriore all’11 luglio 1992.

      Secondo un costante indirizzo giurisprudenziale (cfr. Cons.St., sez.IV, 7 maggio 1998, n.774; id., 18 giugno 1998, n.958; id., 11 febbraio 1999, n.145; id., 26 maggio 2000, n.3056) il divieto d’allinea-mento stipendiale dispiega effetti tanto nel caso d’attribuzione in via amministrativa, quanto per il caso d’attribuzione in sede giurisdizionale e si applica anche ai giudizi relativi ai ricorsi antecedenti alle norme sopravvenute, in quanto (cfr. Cons.St., sez.IV, 8 gennaio 1998, n.5) il diritto degli interessati resta inciso nonostante costoro avessero ma-turato i requisiti a quel fine richiesti dall’abrogata normativa.

      Con ordinanza 15-28 dicembre 1995, n.523 e con successiva sentenza 30 settembre-7 ottobre 1999, n.379 la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.2, co.4, sollevata in riferimento agli artt.3, 36 e 97 della Costituzione.

      L’intervento della Corte Costituzionale ha posto fine ad ogni ulteriore dibattito interpretativo della norma abrogativa la cui portata, dopo la data dell’11 luglio 1992 di sua entrata in vigore, toglie ogni spazio di operatività, sia a livello amministrativo, sia in sede giurisdizionale.

3.- Il ricorso deve essere, pertanto, respinto.

      La mancata desistenza dal coltivare la controversia in ragione dell’esistenza di un indirizzo giurisprudenziale sfavorevole alla sua pretesa (seppure formatosi dopo la proposizione del ricorso), induce il Collegio a porre le spese processuali a carico del ricorrente soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche respinge il ricorso.

      Condanna il ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari di giudizio che liquida a favore del Ministero dell’Interno in complessivi euro 1000,00 (mille/00).

      Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità ammini-strativa.

      Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio del 17 dicembre 2003, con l’intervento dei Magistrati:

Dott. Bruno Amoroso - Presidente

Dott. Giancarlo Giambartolomei - Consigliere, est.

Dott. Giuseppe Daniele - Consigliere 
 
 

      Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno –3 FEB. 2004

      Ancona, –3 FEB. 2004

IL SEGRETARIO GENERALE