T.A.R. Lombardia–@@@@@@@ – Sez. III - Sentenza 3 febbraio 2009, n. 1086 
 

                      N.  1086/09  Reg. Sent..

N. 221/2008 Reg. Ric.

 
 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA

(Sezione  III)

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso R.G. n. 221/2008, proposto dal sig. @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dall’avv. -

contro il

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di @@@@@@@ e domiciliato presso gli uffici di questa, in @@@@@@@, via Freguglia 1

per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione,

del decreto, a firma del Capo della Polizia, prot. n. 333.D/@@@@@@@ del 5 novembre 2007, notificato al ricorrente il 6 novembre 2007, con cui è stato disposto il suo trasferimento immediato, per motivi di opportunità ed incompatibilità ambientale, dal Compartimento della Polizia Stradale di - – Sottosezione Autostradale di @@@@@@@ alla Questura di @@@@@@@, in base all’art. 55, commi quarto e quinto, del d.P.R. n. 335/1982. 
 

VISTO il ricorso con i relativi allegati;

VISTO l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

VISTA la domanda di sospensione del provvedimento impugnato, proposta in via incidentale dal ricorrente;

VISTA l’ordinanza n. 221/08 del 14 febbraio 2008, con la quale è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione;

VISTA l’istanza di prelievo e l’ulteriore documentazione depositata dal ricorrente;

VISTI tutti gli atti della causa;

NOMINATO relatore, alla pubblica udienza del 4 dicembre 2008, il Referendario dr. -ed udito lo stesso;

UDITI, altresì, i difensori presenti delle parti costituite, come da verbale;

RITENUTO in fatto e considerato in diritto quanto segue

FATTO

Il ricorrente, sig. @@@@@@@ @@@@@@@, espone di essere Vice Sovrintendente della Polizia di Stato e di aver prestato servizio, fino al trasferimento disposto con l’impugnato provvedimento, presso la Sottosezione Autostradale di @@@@@@@ (VA) del Compartimento della Polizia Stradale di @@@@@@@.

In data 29 dicembre 2006, il Dirigente del Compartimento della Polizia Stradale per la Lombardia segnalava che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di @@@@@@@ aveva avanzato, il precedente 4 dicembre 2006, richiesta di rinvio a giudizio nei confronti del sig. @@@@@@@ per i reati di cui agli artt. 56, 61, n. 2, 81, 323, 476 e 479 c.p.: ciò, con riferimento agli accertamenti svolti dal medesimo, quale capo pattuglia, in data 20 maggio 2005 in relazione ad un sinistro verificatosi sulla autostrada A/8 (bivio di Fiorenza).

Pertanto, il Dirigente del Compartimento, ritenendo sussistere in capo al sig. @@@@@@@ una situazione di grave incompatibilità ambientale, con la predetta nota chiedeva alla Direzione Interregionale della Polizia di Stato di valutare l’opportunità di un trasferimento dello stesso ad altro Ufficio.

Acquisito il parere della Direzione Interregionale della Polizia di Stato favorevole al trasferimento, il Dipartimento di Pubblica Sicurezza comunicava al dipendente l’avvio del procedimento per il trasferimento d’ufficio.

Il 24 febbraio 2007 l’interessato presentava una memoria, cui seguivano le note della Direzione Interregionale della Polizia e del Dirigente del Compartimento della Polizia Stradale per la Lombardia, che ribadivano l’opportunità di trasferire il dipendente ad altra sede.

Il Capo della Polizia, valutate le risultanze istruttorie, con decreto del 5 novembre 2007, prot. n. 333.D/@@@@@@@, ha disposto il trasferimento del sig. @@@@@@@ @@@@@@@, per motivi di opportunità ed incompatibilità ambientale e con effetto immediato, alla Questura di @@@@@@@.

Avverso il citato decreto di trasferimento è insorto l’esponente, impugnandolo con il ricorso in epigrafe e chiedendone l’annullamento, previa sospensione.

A supporto del gravame, ha dedotto i seguenti motivi:

- violazione di legge in relazione ai termini perentori per lo svolgimento e la conclusione del procedimento, perché il procedimento si è concluso il 5 novembre 2007, ben oltre la scadenza del termine di centoventi giorni dal suo avvio;

- violazione delle norme procedimentali, in quanto, trattandosi di provvedimento a carattere sostanzialmente sanzionatorio, si sarebbero dovute osservare le norme procedimentali disciplinanti un tal genere di provvedimenti;

- eccesso di potere per carenze di istruttoria, contraddittorietà dell’atto rispetto ai presupposti di fatto e deviazione dallo scopo tipico, giacché il decreto impugnato:

a) sarebbe basato su una situazione di fatto (la presunta incompatibilità ambientale del dipendente) in realtà inesistente;

b) si porrebbe in contraddizione con la recente proposta di ricompensa a favore del dipendente per la qualità del lavoro svolto (poi accordata), in cui era segnalato il procedimento penale a suo carico;

c) sarebbe viziato nella sua motivazione, attesa l’insufficienza del mero richiamo alla natura del reato ed al nocumento al prestigio della P.A.;

d) nel disporre il trasferimento, non avrebbe tenuto in alcun conto né le esigenze di servizio, né la situazione familiare del ricorrente.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, depositando una memoria difensiva con la pertinente documentazione, e chiedendo la reiezione del ricorso, previa, altresì, reiezione dell’istanza incidentale di sospensione.

Nella Camera di Consiglio del 14 febbraio 2008 il Collegio, rilevato che il decreto impugnato faceva riferimento all’oggettiva situazione di incompatibilità venutasi a determinare, indipendentemente dall’esito del processo penale e dagli stessi profili di responsabilità ascrivibili all’interessato, con ordinanza n. 281/08 ha respinto la domanda incidentale di sospensione.

In data 18 settembre 2008 il ricorrente ha depositato copia della sentenza con cui il giudice penale (Tribunale di @@@@@@@) lo ha assolto dai reati ascrittigli perché i fatti non sussistono, unitamente ad una breve memoria.

All’udienza pubblica del 4 dicembre 2008 la causa è stata trattenuta in decisione. 
 

DIRITTO

Il ricorrente, sig. @@@@@@@ @@@@@@@, impugna il decreto con cui il Capo della Polizia ha disposto il suo trasferimento, in base all’art. 55 del d.P.R. n. 335/1982, per motivi di opportunità e di incompatibilità ambientale, alla Questura di @@@@@@@.

Con il primo motivo lamenta la violazione del termine – che assume perentorio – di centoventi giorni per la conclusione del procedimento, essendo questo iniziato il 7 febbraio 2007 (data di notificazione della comunicazione di avvio) ed essendosi concluso con il provvedimento gravato, datato 5 novembre 2007.

Il motivo non può essere condiviso.

In senso contrario, infatti, si osserva che il menzionato termine di centoventi giorni è individuato dal D.M. 2 febbraio 1993, n. 284, Direzione Centrale del Personale – Tabella A – Parte I, quale termine per il procedimento di trasferimento ex art. 55 del d.P.R. n. 335/1982 (anche se, per la verità, la Tabella de qua lo riferisce solo al procedimento di trasferimento a domanda di cui al primo comma dell’art. 55 cit.), e che però l’ora vista normativa non lo qualifica come perentorio.

Se ne deduce che, nella vicenda in esame, trova piena applicazione il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. VI, 20 aprile 2006, n. 2195; T.A.R. Lombardia, Sez. IV, 13 febbraio 2008, n. 323), secondo cui, anche dopo la novella della l. n. 80/2005, il termine finale del procedimento deve essere considerato ordinatorio, qualora non qualificato espressamente, dalla legge o da un provvedimento dell’autorità giudiziaria, come perentorio. Il mancato rispetto dello stesso, quindi, pur denotando un comportamento non conforme a correttezza, non si ripercuote sulla validità della determinazione finale, anche per un’applicazione puntuale dei principi di efficacia ed economicità dell’azione amministrativa: detti principi risulterebbero violati, laddove si reputasse che, decorso il termine fissato, l’Amministrazione non potesse più provvedere (così anche T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 9 febbraio 2007, n. 252).

Perciò, si deve ritenere che la menzione del termine di centoventi giorni nella nota del Ministero dell’Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza n. 333.D/@@@@@@@ del 2 febbraio 2007, invocata dal ricorrente, abbia solo la funzione di un lodevole richiamo (ad uso interno) alla massima correttezza comportamentale da parte della P.A.: certamente, però, tale richiamo non serve a conferire al suddetto termine il carattere perentorio non attribuitogli dalla normativa.

Ne discende l’infondatezza della doglianza ora analizzata.

Passando al secondo motivo di ricorso, con lo stesso si deduce la violazione delle norme cogenti che regolano i procedimenti sanzionatori – quale in effetti sarebbe il procedimento sfociato nell’impugnato trasferimento – dalla mancata nomina di un funzionario istruttore, all’omissione della previa contestazione dell’addebito e dell’assegnazione al dipendente dei termini a difesa, alla mancata nomina, altresì, del Consiglio di disciplina.

Il motivo non può trovare accoglimento.

Invero, il ricorrente pretende di dedurre il carattere sanzionatorio del procedimento de quo, al di là del nomen juris, da una serie di elementi e cioè:

- dal fatto che la richiesta di trasferimento del 29 dicembre 2006 si baserebbe sulla mera contestazione formale dei fatti in sede penale e non recherebbe riferimenti ad accertati elementi di incompatibilità ambientale effettiva, né a tal riguardo la P.A. avrebbe compiuto alcun atto di acquisizione probatoria;

- inoltre, dal fatto che la proposta di trasferimento sarebbe stata formalizzata molti mesi dopo l’intervenuta conoscenza dei fatti e che durante questo tempo l’odierno ricorrente avrebbe continuato a prestare regolare servizio nello stesso Ufficio, per di più maturando attestati di merito e ricompense.

In senso contrario, rileva, tuttavia, il Collegio che una cosa è la completezza della istruttoria procedimentale (nonché la congruenza tra i suoi esiti ed il contenuto del provvedimento finale) – elementi che formeranno oggetto di disamina in sede di analisi del successivo motivo di gravame – altra cosa è invece l’affermazione della natura sanzionatoria del procedimento stesso: affermazione che in nessun modo si può condividere, alla luce del costante orientamento della giurisprudenza, secondo cui il trasferimento per incompatibilità ambientale del pubblico dipendente non ha carattere sanzionatorio, né ha natura disciplinare (non postulando comportamenti contrari ai doveri di ufficio), ma è condizionato solo alla valutazione, ampiamente discrezionale, dei fatti che possano far ritenere nociva per il prestigio, il decoro e la funzionalità dell’Ufficio la permanenza del dipendente in una determinata sede (C.d.S., Sez. IV, 30 settembre 2008, n. 4716; id., 5 ottobre 2006, n. 5923; T.A.R. Molise, 12 novembre 2007, n. 749).

L’impossibilità di riconoscere al procedimento il carattere sanzionatorio, comporta che ad esso non può applicarsi la disciplina dettata per i procedimenti aventi tale carattere: donde l’infondatezza della censura ora esaminata.

Venendo al terzo motivo, con esso si deduce l’eccesso di potere sotto i profili delle carenze istruttorie, della contraddittorietà dell’atto rispetto ai presupposti di fatto e della deviazione dallo scopo tipico.

In particolare, il ricorrente lamenta che:

a) non vi sarebbe stato alcun effettivo accertamento dei fatti e la P.A. non avrebbe considerato una serie di elementi favorevoli al dipendente (la sua assoluzione già ad opera del G.I.P. per uno dei capi di imputazione, le spiegazioni da lui fornite all’autorità giudiziaria, gli attestati di stima dei colleghi);

b) non vi sarebbe stato nessun riflesso negativo delle vicende giudiziarie in parola né sull’opinione pubblica, né negli ambienti di polizia e giudiziari, e non sarebbe mai venuta a mancare la fiducia goduta dall’interessato nell’ambiente in cui opera, come dimostra la ricompensa da questi ottenuta per la qualità del servizio prestato (attribuitagli nonostante l’Ufficio proponente la ricompensa avesse segnalato pure la pendenza del procedimento penale);

c) il provvedimento si sarebbe limitato a richiamare la natura dei reati contestati e il conseguente nocumento al prestigio della P.A., senza un’attenta disamina della situazione e – ancora una volta – senza considerare taluni elementi favorevoli al dipendente (il verificarsi dei fatti ascrittigli in una situazione di grave emergenza e difficoltà, l’assenza di colpa e dolo, l’assenza di una sentenza penale di condanna, la mancanza di qualunque inquinamento delle relazioni lavorative, o di discredito ambientale dell’Autorità di P.S., ecc.);

d) l’omessa considerazione della situazione familiare del ricorrente medesimo, in violazione di quanto dispone l’art. 55, terzo comma, del d.P.R. n. 335/1982 (per il quale, nel disporre il trasferimento d’ufficio, la P.A. deve considerare le esigenze di servizio, nonché le situazioni di famiglia del dipendente ed il servizio da questi già prestato in sedi disagiate).

Il motivo è fondato, dovendosi in particolare condividere le doglianze descritte nei punti a), b) e c) sopra riportati.

Ed invero il provvedimento gravato si fonda, anzitutto, sul fatto che, dagli illeciti addebitati al ricorrente, sarebbero derivati nei colleghi di pari qualifica, nonché nei sovraordinati, dubbi e perplessità in ordine al corretto ed obiettivo esercizio delle funzioni istituzionali demandate allo stesso, facendo venir meno, nei suoi riguardi, la necessaria fiducia di cui debbono godere gli appartenenti alle Forze dell’ordine nell’ambiente in cui operano. Inoltre, si fonda sulla circostanza della conoscenza dei fatti all’interno ed all’esterno dell’ambiente di lavoro, da cui sarebbe derivato un grave nocumento all’immagine ed al prestigio dell’Amministrazione.

Pertanto, si sarebbe determinata nei riguardi dell’interessato una situazione tale da non consentirgli più di adempiere ai compiti affidatigli con la dovuta serenità, con possibili gravi ripercussioni sul buon andamento dell’ufficio: situazione di grave incompatibilità, rimuovibile solo con il trasferimento del ricorrente, a prescindere dall’esito della vicenda penale pendente.

Orbene, a fronte di un simile quadro motivazionale, il Collegio non può non tener conto del fatto che la sentenza penale intervenuta in proposito non solo ha assolto il sig. @@@@@@@ dai reati ascrittigli, ma ha vivamente elogiato il comportamento da lui tenuto nell’occasione da cui sono derivati il procedimento penale ed il rinvio a giudizio, affermando che in tale occasione il sig. @@@@@@@ ha svolto il proprio lavoro in modo esemplare e con notevole urbanità, infondendo nel cittadino una positiva sensazione di una Polizia attenta e sensibile alle necessità degli utenti, mostrando così capacità professionale e di esempio a tutto il personale. La predetta sentenza ha, invece, criticato la valutazione che dei fatti aveva compiuto l’Amministrazione (e quindi la valutazione che ha portato all’adozione del trasferimento impugnato in questa sede), osservando in particolare come l’Amministrazione stessa non abbia compreso le condizioni di elevato stress e di pericolo personale in cui l’odierno ricorrente (con un collaboratore) si è trovato ad operare nella vicenda in discorso, dovendo stazionare per quasi due ore sul luogo dell’incidente (perciò sulla corsia autostradale) senza godere di altra protezione fuorché le barriere mobili. Ebbene, in una simile situazione il sig. @@@@@@@ – correttamente, ad avviso della sentenza – ha privilegiato l’esigenza di scongiurare il rischio di un altro incidente, senza forzare in modo impietoso ed ottuso l’automobilista rimasto coinvolto nel sinistro, e che non riusciva a trovare il contrassegno assicurativo, a cercarlo (cosa che avrebbe richiesto lo stazionamento sulla strada dell’automobilista e del mezzo di soccorso, aumentando il rischio sopra citato), e senza elevare alcuna contravvenzione, nella situazione di dubbio esistente ed a fronte di molteplici elementi, da cui si deduceva che solo la concitazione del momento ed il trauma occorso impedissero lì per lì il ritrovamento del suddetto contrassegno.

Emerge, dunque, un’inadeguatezza della valutazione dei fatti compiuta dalla P.A. al tempo dell’adozione del provvedimento qui gravato e ciò tanto più, in quanto – come ricorda l’interessato – il G.I.P. presso il Tribunale di @@@@@@@ aveva, in epoca anteriore al parere definitivo sul trasferimento (il 6 marzo 2007), assolto (e con la formula più ampia) il dipendente da uno dei capi di imputazione.

Perciò, alla luce di tale elemento, della complessità della vicenda (con gli annessi pericoli) in cui si era trovato ad operare il dipendente (come poi ricostruita dalla sentenza penale), della pregressa situazione di servizio di quest’ultimo, nonché dei vari attestati di stima rilasciatigli dai colleghi di Ufficio, si deve concludere che la P.A. avrebbe dovuto effettuare una più approfondita valutazione delle circostanze, al fine di riscontrare se davvero ci si trovasse dinanzi ad un comportamento nocivo per il prestigio dell’Ufficio (C.d.S., Sez. IV, n. 4716/2008, cit.): valutazione, la cui omissione non può che tradursi nell’illegittimità dell’impugnato provvedimento di trasferimento.

In altre parole, se la condotta tenuta nell’occasione dall’interessato avrebbe potuto essere valutata – come poi ha fatto la sentenza penale – quale espressione di una notevole capacità professionale; se, del resto, la presenza di siffatta capacità non è stata mai disconosciuta dalla P.A. (come dimostra la proposta di ricompensa – poi accolta – formulata a favore del sig. @@@@@@@ in pendenza del procedimento penale); se infine vi era nell’ambiente di lavoro una diffusa stima e solidarietà nei riguardi del ricorrente (testimoniata dalla lettera dei colleghi del 15 novembre 2006), deve allora ritenersi che il giudizio di grave incompatibilità espresso nel provvedimento avrebbe meritato un ben maggiore approfondimento e ciò indipendentemente dalle risultanze penali (come appunto afferma il provvedimento stesso).

Ne discende che, come detto, sono da condividere le doglianze esposte ai punti a), b) e c) del motivo di ricorso in esame:

a) non potendosi considerare dimostrata quella situazione di grave incompatibilità ambientale addotta a fondamento del trasferimento, in disparte il contrasto con il Comandante della struttura (peraltro, venuto meno in virtù del passaggio di questi ad altro incarico);

b) non essendo venuto meno il clima di fiducia nei confronti del ricorrente da parte di colleghi e superiori (come dimostra la proposta di ricompensa);

c) non avendo l’Amministrazione adeguatamente sviscerato la condotta tenuta dal ricorrente nei fatti di cui si discute, né le particolari circostanze in cui i fatti stessi ebbero a verificarsi.

In definitiva, pertanto, il ricorso è fondato, attesa la fondatezza del terzo motivo di ricorso sotto i profili riportati e, come tale, va accolto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. 
 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, @@@@@@@, Sezione Terza, così definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie.

Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento di spese ed onorari di causa, che liquida in via forfettaria in complessivi € 1.500 (millecinquecento/00), più I.V.A. e C.P.A., come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in @@@@@@@, nella Camera di Consiglio del 4 dicembre 2008, con l’intervento dei signori magistrati:

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