REPUBBLICA  ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima-ter, composto da:

Patrizio GIULIA                                         – Presidente

Italo VOLPE                                                – Consigliere – Estensore

Ada RUSSO                                                 – Primo Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 4551 del 2005, proposto da ...omissismsmvld.... ...omissismsmvld...., rappresentato e difeso dall’avv.to Massimo Colarizi ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, Via Panama, 12;

contro

il Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dalla ex lege Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per la declaratoria

del diritto del ricorrente ad ottenere la completa ricostruzione, agli effetti giuridici ed economici, della propria carriera di agente ausiliario trattenuto e, conseguentemente,

per la condanna

del Ministero dell’interno al pagamento, a favore del ricorrente, degli arretrati maturati e maturandi a titolo di trattamento retributivo non corrisposto, maggiorati di interesse rivalutazione monetaria.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Udita alla pubblica udienza del 25 ottobre 2007 la relazione del Consigliere dott. Italo Volpe e udite, altresì, le difese di parte, come da verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

1. Ritenendosi leso, col ricorso in epigrafe ...omissismsmvld.... ...omissismsmvld...., premesso:

- di essere rimasto in servizio con la qualifica di agente ausiliario trattenuto per un ulteriore biennio, una volta assolto gli obblighi di leva nel Corpo della Guardie di P.S.;

- di essere stato avviato nel luglio 1995 alla frequenza del corso per l’immissione nel ruolo degli Agenti ed Assistenti di P.S.;

- di essere stato sospeso cautelarmente dal servizio di P.S. con decreto 22.9.1995 – non potendo così partecipare al corso innanzi detto –, essendo stato nel frattempo tratto in arresto e sottoposto a procedimento penale per concorso in furto aggravato (poi rubricato in favoreggiamento reale);

- essendo conseguentemente rimasto assente dal corso per più di trenta giorni, di essere stato dimesso dal corso, ai sensi dell’art. 4, co. 1, lett. d), del d.l. n. 325/1987, convertito con l.n. 402/1987, con d.m. n. 333-D/99319 S.L.Aus. in data 20.10.1995, e contestualmente dichiarato cessato dal rapporto con l’Amministrazione di P.S. ex art. 4, co. 5, del citato d.l. n. 325/1987, come poi convertito in legge;

- di essere stato quindi assolto dall’imputazione penale, per non aver commesso il fatto, con sentenza, divenuta definitiva il 4.3.2003, della Corte d’Appello di Roma n. 360 in data 16.1.2003;

- di aver chiesto perciò all’Amministrazione di assumere i provvedimenti consequenziali;

- che con decreto del Capo della Polizia n. 333-D/913217 in data 18.11.2003 era disposta la revoca a tutti gli effetti del decreto 22.9.1995 di sospensione cautelare dal servizio;

- di aver intimato al Ministero dell’interno di disporre la propria riammissione in servizio, la ricostruzione della carriera ad effetti sia giuridici sia economici, nonché l’avvio alla frequenza del corso semestrale per l’immissione nei ruoli della P.S., essendo rimasta priva di efficacia la disposta revoca del provvedimento di sospensione cautelare dal servizio;

- che, al riguardo, l’Amministrazione ha solo determinato, con provvedimento n. 333-D/99319 in data 17.1.2005, l’avvio del ricorrente al primo corso utile per agenti ausiliari trattenuti che sarebbe iniziato presumibilmente nel successivo mese di aprile;

- che da allora nessuna ulteriore iniziativa era stata assunta dalla Amministrazione;

tutto ciò premesso, formulava le domande di accertamento e di condanna pure in epigrafe trascritte.

2. Si costituiva in giudizio il Ministero dell’interno, solo formalmente.

3. Acquisita documentazione, la causa veniva quindi chiamata all’udienza pubblica di discussione del 25 ottobre 2007 ed ivi trattenuta in decisione.

4. Il ricorso è infondato.

4.1. Giova preliminarmente ricordare che il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza n. 644 del 25 ottobre 2005-17 febbraio 2006 ha avuto modo di soffermarsi sulla diversità di natura che assume il servizio prestato presso l’Amministrazione dell’interno in qualità di agente ausiliario, ancorchè trattenuto, e quello, eventualmente successivo, del soggetto che – già agente ausiliario trattenuto – viene immesso nei ruoli dell’Amministrazione medesima al superamento dei prescritti scrutini di idoneità.

Nella fattispecie, un agente trattenuto, nei cui riguardi si faceva questione di comportamenti suscettibili, in astratto, di essere qualificati come tipici dell’illecito disciplinare, si doleva del fatto di non essere stato sottoposto al giudizio disciplinare sibbene semplicemente dimesso dal rapporto (lavorativo) instaurato come agente ausiliario.

Ha affermato, in particolare il Consiglio di Stato che <<2.2. Priva di consistenza è poi anche l’ulteriore censura con la quale l’appellante sostiene che sarebbe stata necessaria nel suo caso la sottoposizione a procedimento disciplinare finalizzato all’irrogazione di un’eventuale sanzione, anziché l’allontanamento dal corso sopra menzionato - come in effetti disposto dal direttore della scuola di formazione suddetta - e che, di conseguenza, l’Amministrazione non avrebbe fatto buon uso del potere attribuito e sarebbe incorsa in vari vizi di eccesso di potere, non avendo peraltro sentito il Collegio dei docenti che doveva esprimere il proprio parere ex artt. 9 e 10 del D.M. in data 9.3.1983. Ritiene, infatti, il Collegio che nel caso in esame si trattava di valutare un allievo a conclusione del corso in questione e che dal relativo giudizio dipendeva la continuazione o meno del rapporto di servizio, per cui, avendo concluso gli organi preposti nel senso che quel giudizio non poteva essere positivo, l’applicazione eventuale di sanzioni disciplinari non assumeva alcun senso, giacchè, in tale situazione, l’unica soluzione possibile era quella di interrompere (come appunto avvenuto) il particolare rapporto instaurato dall’agente ausiliario in parola, disponendone la dimissione. Sono, pertanto, infondate le doglianze relative all’asserita mancanza di contestazione di addebiti per non essere stato avviato, nel caso in esame, alcun procedimento disciplinare, in quanto l’Amministrazione non aveva alcun onere procedimentale del tipo indicato, dovendosi determinare esclusivamente sulla base degli elementi negativi riscontrati ed in relazione alla carenza di altri requisiti generali necessari al superamento del corso.>>.

Si ricava dalle parole del Consiglio di Stato che, in effetti, la diversità di natura esiste effettivamente fra i due tipi di rapporto di servizio, ed implicitamente che essa sta nella precarietà del primo (quello dell’agente ausiliario, ancorché trattenuto) e nella stabilità del secondo.

Perciò l’interruzione di un rapporto lavorativo precario, giacchè tale, non abbisogna – in presenza di condizioni che ostano insanabilmente alla sua prosecuzione – di momenti rescindenti specifici, quale può essere quello che deriva dalla sanzione disciplinare estrema: il rapporto in questione, in presenza di quelle condizioni, molto più semplicemente viene interrotto, e tanto basta.

4.2. Merita altresì ricordare quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza n. 1757 del 22 novembre 2005-5 aprile 2006, che, sempre in ordine al rapporto lavorativo dell’agente ausiliario, ha sostenuto: <<Secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa (cfr. tra le altre Cons. St. VI 31 marzo 1999, n. 378 e V, 29 aprile 2003, n. 2153), l’annullamento dell’atto amministrativo che fa cessare illegittimamente un rapporto di pubblico impiego (o ne ritarda la progressione) determina come conseguenza la reviviscenza del rapporto stesso nella sua pienezza, quale si svolgeva e avrebbe dovuto continuare a svolgersi, con tutte le conseguenze di “restitutio in integrum” anche ai fini retributivi. E ciò in quanto la corresponsione del trattamento economico, normalmente subordinata all’effettiva esplicazione dell’attività lavorativa – in virtù del nesso di corrispettività intercorrente tra retribuzione e prestazione lavorativa – subisce una deroga ogni qualvolta sia stato il comportamento illegittimo della Amministrazione ad impedire la naturale evoluzione di un rapporto giuridico già costituito e consolidato. Nella fattispecie in esame è del tutto evidente che il rapporto di lavoro iniziato con l’atto di incorporazione nella Polizia di Stato in qualità di agente ausiliario sarebbe proseguito senza alcuna interruzione fino al passaggio nel ruolo degli agenti di polizia – come è accaduto per i compagni di corso che sono stati immessi in ruolo dal 5.4.1995 – se l’Amministrazione non avesse respinto la domanda di ammissione al corso per asserito difetto dei requisiti. Quantunque il rapporto intercorso con l’Amministrazione in qualità di agente ausiliario trattenuto abbia natura diversa da quello successivamente instaurato come agente di polizia – secondo quanto ha osservato l’Avvocatura erariale – non v’è dubbio però che il passaggio dall’uno all’altro sarebbe avvenuto senza alcuno iato, venendosi semplicemente a trasformare il primitivo rapporto in conseguenza del superamento del corso.>>.

4.3. La seconda pronuncia ora citata non smentisce la prima, anzi ne rinforza la portata, quanto alla più chiaramente affermata differenza di natura giuridica dei due rapporti lavorativi sopra detti.

Così essendo, se ne ricava però che quella dell’agente ausiliario, ancorchè trattenuto, non può essere definita, propriamente, una carriera, giacchè al relativo rapporto lavorativo fa difetto un requisito indispensabile per poterne inferire l’idoneità a dar vita una carriera: la stabilità.

E’ allora infondata, quanto meno per questo aspetto, la domanda di accertamento del ricorrente nella parte in cui essa mira ad ottenere l’affermazione di un diritto alla <<(…) completa ricostruzione, agli effetti giuridici ed economici, della (…) carriera di agente ausiliario trattenuto (…)>>.

4.4. Sempre la seconda pronuncia sopra citata potrebbe, tuttavia, far ritenere non infondate le domande del ricorrente sotto un diverso profilo.

Quello, cioè, del diritto del ricorrente ad essere collocato dalla Amministrazione nella stessa situazione di partenza, prima dell’incidente del procedimento penale che lo ha attinto e prima della sua sospensione cautelare dal servizio di agente ausiliario.

Questa “ricollocazione”, invero, gioverebbe al ricorrente sotto il profilo della sua possibilità di riprendere il corso degli eventi lavorativi ed avere, perciò, buone chances di transitare nei ruoli dell’Amministrazione dell’interno con un rapporto stabile di lavoro.

Del resto, nell’ottica del ricorrente, dopo l’annullamento d’ufficio del provvedimento di sospensione cautelare, null’altro si frapporrebbe alla “ripresa” del suo rapporto lavorativo con l’Amministrazione dell’interno ed ingiustificata, pertanto, sarebbe l’inerzia manifestata, al riguardo, dalla stessa Amministrazione.

4.5. Occorre tuttavia osservare che proprio la difesa del ricorrente espone lealmente che la parte, essendo rimasta assente dal corso per più di trenta giorni (a causa della vicenda penale occorsagli e della sua conseguente sospensione cautelare dal servizio), era stata dimesso dal corso, ai sensi dell’art. 4, co. 1, lett. d), del d.l. n. 325/1987, convertito con l.n. 402/1987, con d.m. n. 333-D/99319 S.L.Aus. in data 20.10.1995, e contestualmente dichiarata cessata dal rapporto con l’Amministrazione di P.S. ex art. 4, co. 5, del citato d.l. n. 325/1987, come poi convertito in legge.

Ebbene, questo provvedimento non risulta essere mai stato impugnato dal ricorrente, e certamente non con l’atto introduttivo del presente giudizio.

L’effetto di tale omissione è che il rapporto di servizio – e quello lavorativo retrostante – del ricorrente con l’Amministrazione si è interrotto da tempo e che tale interruzione non può certo dirsi superata dal provvedimento di autotutela di cui al decreto del Capo della Polizia n. 333-D/913217 in data 18.11.2003 che ha riguardato unicamente la sospensione cautelare dal servizio.

Le domande formulate con il presente giudizio non sono tali da consentire uno scrutinio di legittimità in ordine al decreto ministeriale sopra citato, di per se stesso formalmente corretto in quanto oggettivamente il ricorrente è stato riscontrato assente dal corso (che, all’epoca, lo stesso frequentava) per più di trenta giorni.

Pertanto, non essendosi in presenza di una illegittima interruzione del rapporto da parte dell’Amministrazione, il consolidato principio giurisprudenziale richiamato nella predetta sentenza n.1757/2006 del Consiglio di Stato non può trovare applicazione.

4.5.1. La pretesa del ricorrente non può ottenre favorevole considerazione nemmeno alla stregua dell’invocato art.97 del T:U. 10.1.1957, n.3.

Invero le conseguenze della piena assoluzione in sede penale del dipendente sospeso cautelarmene dal servizio, determinate dalla norma (revoca della sospensione e diritto al trattamento economico non percepito nel periodo di sospensione) presuppongono che sia intervenuta la sola sospensione dal servizio-automaticamente ripristinato con la revoca della sospensione – e non anche, come nel caso in esame, la cessazione del rapporto d’impiego.

4.5.2. In tale situazione, la possibilità per il ricorrente di essere reintegrato nel posto precedentemente ricoperto e di transitare nei ruoli dell’Amministrazione dell’Interno non può che ricollegarsi al decreto del Capo della Polizia n.333-D/99319 in data 17.1.2005, con il quale è stata disposta la sua ammissione al primo corso utile per agenti ausiliari trattenuti, previo accertamento dei requisiti attitudinali e psico-fisici ed ad successivo ricorso giurisdizionale, tuttora pendente, con il quale è stata contestata – dell’interessato – la legittimità della prescrizione di detto accertamento e del giudizio di inidoneità attitudinale emesso nei suoi confronti.

4.5.1. Né a dire che, nell’ambito di questo processo, il bene della vita perseguito sostanzialmente dal ricorrente possa essere “recuperato” al thema decidendum del giudizio, con una qualche possibilità di soddisfazione degli interessi propri del ricorrente medesimo.

Le domande di parte, invero, non includono quella di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., ossia dell’unica domanda che, in queste condizioni, avrebbe consentito, nella ricostruzione dell’eventuale fattispecie di illecito aquiliano dell’Amministrazione, di valutare la legittimità o meno del decreto ministeriale innanzi detto e della sua mancata rimozione d’ufficio.

5. Il ricorso deve essere conseguentemente respinto. Ricorrono, peraltro, sufficienti elementi per compensare integralmente fra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima-ter, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 ottobre 2007.

IL PRESIDENTE                                                                        L’ESTENSORE

Ric. n.  
 

Reg. dec.  
 

Anno 2007