REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, sez. I ter

composto dai signori magistrati:

Patrizio Giulia        Presidente

    Italo Volpe       Componente 

    Maria Ada Russo       Componente rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 632/2007  proposto da ...omissismsmvld.... ...omissismsmvld....,

rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi ...omissismsmvld.... ed elettivamente domiciliato in Roma, Viale delle Milizie, n. 114;

CONTRO

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, legale domiciliataria; 

per l’annullamento previa sospensione

<dell’ordinanza di rilascio del Prefetto della provincia di Roma, emessa in data 7.11.2006 e notificata il successivo 14.12.2006, con la quale è stato ordinato al ricorrente il rilascio con effetto immediato dell’alloggio di servizio; di ogni altro atto presupposto e connesso>;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti tutti di causa;

Data per letta nella pubblica udienza del 6.12.2007 la relazione del dr. Maria Ada Russo e uditi altresì i difensori come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

Fatto e diritto

Il ricorrente, dipendente della Polizia di Stato, aveva ottenuto l’assegnazione in concessione onerosa di un alloggio individuale di servizio.

A seguito del collocamento in quiescenza (1993) ha perso il titolo ad occupare l’alloggio in questione.

Con ordinanza in data 7.11.2006 il Prefetto di Roma ha ordinato al ricorrente il rilascio con effetto immediato.

Con il ricorso in epigrafe il ricorrente ha prospettato le seguenti censure :

1). Eccesso di potere e violazione di legge sub specie di violazione del combinato disposto degli artt. 8, comma IV, e 12, commi I, II e III del DM n. 574 del 1992, in relazione agli artt. 51 e 52 del DPR n. 782 del 1985;

2). Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, commi II e III, e 3, comma IV, 5 e 7 e 8 della legge n. 241/90;

3). Violazione ed erronea applicazione di legge e violazione dei principi vigenti in materia di alloggi costruiti dallo Stato in virtù di leggi speciali; disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta; difetto di istruttoria.

In data 16.2.2007 controparte ha depositato relazione difensiva di replica.

In data 22.2.2007 il ricorrente ha depositato ulteriore memoria difensiva.

Giova richiamare, in via preliminare, il DM 6 agosto 1992 n. 574 con il quale è stato dettato il Regolamento recante norme sui criteri per la classificazione degli alloggi di servizio in temporanea concessione.

L’art. 7 si occupa della durata della concessione e, al comma 2, espressamente prevede che <in caso di collocamento a riposo o di trasferimento in comune non limitrofo al comune in cui è ubicato l’alloggio, la concessione cessa al termine del novantesimo giorno dalla data di cessazione del rapporto ovvero di effettuazione del trasferimento>. L’art. 8 disciplina le altre ipotesi di cessazione delle concessioni (diverse dall’art. 7) e, al comma 4, attribuisce il relativo avviso alla competenza del Questore.

I successivi articoli 9 e 10 si riferiscono ai diversi casi di decadenza e di revoca della concessione e prevedono, tra l’altro, che l’organo competente alla notifica del provvedimento è il Prefetto.

Tanto precisato, il Collegio ritiene che possa prescindersi dall’esame dell’eccezione di tardività dell’impugnativa sollevata da controparte in ragione dell’infondatezza nel merito della stessa.

1). Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che <la PA ha lasciato trascorrere ben oltre dodici anni prima di provvedere alla notifica dell’ordinanza impugnata>; in particolare, sarebbero stati violati i termini per la conclusione dell’intero procedimento che avrebbero natura perentoria.

Le censure sono da respingere.

Sul punto, il Collegio rileva che si tratta – pacificamente – di termini non perentori ma semplicemente ordinatori per cui, dalla loro violazione,  non può scaturire alcun effetto  invalidante sui provvedimenti impugnati.

Ugualmente infondata è la censura relativa alla mancata ammissione dell’avviso di cessazione della concessione, di competenza del Questore, alla luce della lettura delle norme del citato DM n.574 del 1992 che, espressamente, distingue l’ipotesi di cessazione della concessione per collocamento a riposo o trasferimento (art.7) rispetto a quelle previste dall’art.8.

Nella vicenda si tratta di cessazione “ex lege” della concessione rientrata nell’art.7 (qualificata come “decadenza” dell’art.8, primo comma) e,p pertanto, ai sensi del comma 2 dell’art.9, sussiste la esclusiva competenza del Prefetto.

2). Con la seconda censura il ricorrente lamenta la mancata comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.

Inoltre, controparte non avrebbe comunicato alcune indicazioni, tra le quali il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge n. 241/1990.

Il Collegio ritiene insussistenti anche questi vizi.

L'art. 7 l. n. 241/1990, invero, nel prescrivere che l'avvio del procedimento sia comunicato <ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti>, ha introdotto nell'ordinamento un principio di carattere generale, atto a conformare in chiave partecipativa l'azione dei pubblici poteri, con funzione integrativa delle discipline di settore, antecedenti o successive, che non contengano analoghe previsioni.

La portata generale della disposizione, per la quale essa non tollera eccezioni alla sua applicazione che non siano espressamente contemplate dalla legge, è stata riconosciuta dalla stessa giurisprudenza, la quale ha avuto modo di affermare che <i procedimenti sottratti alle regole sulla partecipazione al procedimento amministrativo sono specificamente individuati in via normativa; pertanto, ai sensi dell'art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241, la PA ha l'obbligo di dare comunicazione di avvio in ordine a qualsiasi procedimento non espressamente contemplato tra quelli esclusi dall'art. 13 legge cit.> (cfr., ex multis, C. Stato, sez. VI, 20.1.2000 n. 276; Cass., sez. un., 1.4.2000 n. 82).

Tuttavia, nel caso di specie, dalla lettura e interpretazione della norma di cui all’art. 7 del citato DM del 1992, il Collegio ritiene di dover condividere quanto sostenuto da controparte circa la sussistenza di una ipotesi di <cessazione ex lege della concessione onerosa dell’alloggio individuale> che, data la sua peculiare natura, non richiedeva la partecipazione dell’interessato al relativo procedimento.

In altre parole, i provvedimenti impugnati non sono illegittimi, pur essendo mancata la comunicazione di avviso di procedimento, in quanto la misura adottata (cessazione della concessione) - come si desume dalla lettura della normativa in materia - costituisce chiaramente un atto dovuto e vincolato a seguito dell’atto di collocamento a riposo del dipendente originariamente beneficiario dell’alloggio.

Peraltro, ai sensi dell'art. 21-octies della l. 241/1990, il provvedimento viziato per mancato avviso di avvio del procedimento stesso che non avrebbe comunque potuto avere contenuto diverso non è assoggettato a un regime di invalidità o irregolarità diverso da quello ordinario ma è considerato dalla legge non annullabile perché la circostanza che il suo contenuto sia, malgrado i vizi, quello corretto priva il ricorrente dell'interesse a coltivare un giudizio, da cui non potrebbe ricavare alcuna concreta utilità (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 7 luglio 2006, n. 4307).

Infine, la circostanza che il provvedimento impugnato non reca né l’indicazione del termine, né dell’autorità cui fare ricorso rileva soltanto ai fini del termine per impugnare (e della tempestività del ricorso) ma non ai fini della legittimità dello stesso provvedimento.

Sul punto si veda l’orientamento giurisprudenziale (cfr., T.a.r. Valle d’Aosta, 22-1-1999, n. 6; T.a.r. Puglia, sez. II, 24-5-1999, n. 311; T.a.r. Lazio, sez. Latina, 24-08-1998, n. 664) in base al quale l’omessa indicazione nell’atto amministrativo del termine e dell’autorità cui è possibile ricorrere integra una incompletezza che non determina di per sé alcuna lesione nei confronti del ricorrente che abbia comunque prodotto rituale ricorso al giudice competente. In altre parole, esclusa l'illegittimità dell' atto, può procedersi al riconoscimento dell'errore scusabile in caso di eventuale ritardo nell'impugnazione di quest'ultimo, quando ne sussistano i presupposti (cfr, ex multis, T.A.R. Lazio, sez. I, 6 febbraio 2003, n. 750).

3). Con il terzo motivo di ricorso l’interessato lamenta che – in base alle previsioni di cui alla legge n. 537 del 1993 – l’Amministrazione doveva considerare e accertare le specifiche condizioni personali dell’istante che, nella specie, versa in una complessiva situazione economica di disagio.

Inoltre, l’interessato contesta la sua qualificazione di occupante sine titulo in ragione dell’avvenuta regolare corresponsione dei canoni di indennità di occupazione e della relativa apprensione delle somme da parte dell’Amministrazione.

Le censure sono da respingere in relazione alle seguenti argomentazioni :

a) la ratio complessiva del sistema è quella di riconoscere il beneficio del godimento dell’alloggio a personale in <attività di servizio> sia per alleviare le difficoltà abitative che per salvaguardare le esigenze di buon funzionamento dell’amministrazione assicurando un pronto ed efficace utilizzo dei dipendenti nelle rispettive sedi di servizio;

b) in ragione della stessa ratio della normativa in materia l’esistenza del rapporto di servizio e le esigenze ad esso connesse sono il presupposto per la concessione del beneficio dell’alloggio; ne deriva, pertanto,  che qualsiasi modifica intervenga in capo al dipendente si riverbera sul godimento dell’alloggio che deve tornare nella disponibilità dell’Amministrazione;

c) in definitiva, la giurisprudenza ha più volte ritenuto che è legittima la revoca degli alloggi da parte dell’Amministrazione quando vengano meno le esigenze di servizio (ad esempio, collocamento a riposo del soggetto) (cfr., Cons. Stato, IV, 13 marzo 1998, n. 417), mentre la giurisprudenza richiamata dalla parte ricorrente riguarda gli alloggi ex I. I.N.C.I.S. per militari e non alloggi di servizio;

d) in ragione delle predette argomentazioni appena svolte non rileva l’argomentazione difensiva relativa al regolare pagamento dei canoni, né la situazione concreta in cui versa l’interessato;

e) infine, non può rilevare neanche la norma citata dal ricorrente (art. 9, comma 7, della citata legge n. 537/1993) in quanto si riferisce ad alloggi di competenza di altra amministrazione (Ministero della Difesa).

In conclusione il ricorso deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma, Sezione I ter, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio. 
 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 6.12.2007.

PRESIDENTE  Patrizio Giulia   ESTENSORE  Maria Ada Russo